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Autore: Astral    13/01/2008    3 recensioni
"In pozze di rancore, odio e morte, intinga l’animo traviato i suoi pennelli, affinché risorga la speranza come ginestra dopo distruttiva lava."
A volte il passato non si può dimenticare nonostante gli sforzi più tenaci.
A volte questo è un bene perchè ci ricorda di vivere quando è molto più facile dimenticarsene...
[Fanfiction partecipante al concorso "Handle with care" indetto da Claheaven e Anfimissi]
Questa fanfiction partecipa al concorso 100 Prompt indetto dal forum Fanfiction contest- Collection of Starlight
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blazing Hope

Questa fanfiction partecipa al concorso  100 Prompt  indetto dal forum Fanfiction contest- Collection of Starlight





In pozze di rancore, odio e morte, intinga l’animo traviato i suoi pennelli, affinché risorga la speranza come ginestra dopo distruttiva lava.


“Ama la morte fida sorella
Diniega la vita, pena eterna.
Vos maledico, figli di Atropo,
scura la nebbia
vi avvolga in inganno”

Parole mortali non nacquero per favellar di tali luoghi, onde aliti caldi mai dimorarono.
Nel silenzio, suoni stridenti ma soffocati, si dipanano come arazzi d’infernale seta.
Rapidi, raggi di luce attraversano feritoie nella bruna roccia.
Troppo pura perché visi indegni si sollevino a mostrarle riverenza.
Arriva…ricorda loro cosa fuor, in cosa errarono.
E si riflette, si annida, nelle pozze di scura melma sparse lungo il corridoio, donandole sparuti riflessi dorati.
Facendone saggiare lo splendore e poi sottrarlo, aggravando la pena.


Lord Damon Michael Howthorne, principe delle tre oscure spose, camminava tra le pozze a tratti luminescenti.
Ammirava, con le iridi di cielo insanguinato, l’ambiente dai contorni indefiniti, evanescenti.
-Per le gonne di Morgana!- una smorfia disgustata si esibì sul volto elegante, quando i piedi nudi s’immersero nella fanghiglia scura.
Si trovava sdraiato sul divano in raffinata pelle chiara davanti al camino del proprio attico all’Hyde Park, quando i palmi di Morfeo si erano poggiati sulle rosee palpebre.
Tuttavia camminava sereno, tranquillo.
Temere la morte?
Oh no… quelli come lui la guardano impavidi mentre le sue orbite vuote si posano sui figli di Adamo.
La morte era la sua vita.
Lui stesso un giorno sarebbe stato Morte.
Un Pacificatore. Un Custode eterno di anime.
E poi, perché esserne intimoriti ?
La morte è così semplice, molto più della vita.
Tuttavia questo il legimors lo aveva compreso solo da poco … troppo poco.
Con gli anni aveva imparato che dinanzi all’epilogo c’è solo un buco nero o un tunnel di luce calda.
E non c’è modo di scegliere.
Non ci sono ipotesi, alternative. Quelle appartengono ai vivi.
Fu facile in tal rumoroso silenzio udire quei passi.
Così leggeri, gentili.
Il piccolo Lord si voltò appena, sorrise come ormai da tanto non faceva.
Da quando di nuovo solo si era spinto tra gli uomini, memore dei tempi in cui occhi di velluto avevano vegliato sui suoi dolori.
La figura snella comparsa alle sue spalle, tanto diafana, da permettergli di vedere attraverso essa la parete di roccia scura e liscia, su cui opale e ossidiana incrementavano la sensazione di fluorescenza fredda che quel luogo emanava.
-Dove siamo?-
-Nel luogo in cui tutto finisce- mormorò sibillina.
-Siamo all’inferno?- il tono indifferente.
Alzò le spalle con linda innocenza.
-Lo chiamano Limbo dell’Oblio.-
-Chi lo chiama così?- sussurrò il legimors guardandosi attorno.
Ombre sinuose si snodavano sulle pareti, confondendosi con la scura pietra.
I movimenti erano flessuosi, rapidi.
-Quelli che ci guardano?- chiese ancora con circospezione.
Eppure… eppure si sentiva al sicuro, come a casa.
- No - rispose con sorriso ingenuo l’altro- i Demoni di stirpe … -
- I demoni?- domandò allibito.
Il bambino annuì serio.
-Lo crearono secoli fa membri di una potente famiglia … -
-Perché?-
-Per gioco … ci si annoia a vivere per sempre- lo schernì il bimbo – Attento! -tirò Damon per una manica, prima che rimettesse i piedi nel fango scuro.
-E io come ci sono arrivato?-
-Tu devi vedere … -
-Io ho già visto- soffiò computo il legimors - il giorno in cui sei scappato- continuò stavolta con astio
Thomas Maximilian Riddle chinò il capo ferito.
Lo sguardo del legimors non si placò.
Le iridi divennero laghi intorbiditi dal rancore, dall’angoscia dell’abbandono.
Avvelenati dai giuramenti infranti.
Semper fidelis.
Le parole sono solo foglie, troppo leggere perché il vento non le faccia svanire oltre l’orizzonte.
-Perché proprio tu sei qui? E perché … così?- sibilò osservandolo.
Una fitta ghermì feroce il petto del Veggente, quando con maggiore ardimento il suo sguardo si posò a lungo su Riddle.
Il crine scuro e scarmigliato arrivava appena alla vita del giovane Howthorne.
Gli zaffiri scuri del suo volto lo studiavano tristi, ingenui.
Puri.
Damon rivide il bambino spaurito di otto anni prima, accoccolato su una delle poltrone nella sala d’attesa del ministero.
“-Ehi tu hai ucciso qualcuno per caso?-*
Il Tom davanti a lui era lontano, molto lontano … in tanti, forse troppi, sensi.
Sbiadito, evanescente, come quei ricordi che Damon cercava disperatamente ogni giorno da sette anni di allontanare.
Di distruggere.
Ma non ci riusciva … e in quella foto sul comodino, i loro volti sorridevano, mentre brindavano con i calici colmi di champagne.
Dorato, come quella patina che ricopriva l’istante immortalato.
-Sei tu che mi vuoi qui … -sussurrò intimidito il bimbo.
Gli occhi del legimors si sgranarono stupiti, mostrando con maggiore fervore le cangianti sfumature del cielo, che risiedevano nei suoi occhi di Veggente.
Peccato avesse smesso di volare ormai da tanto …
-Non è vero … - ma le parole non sfiorarono mai quelle labbra.
-Io vengo da qui. -
Tom si alzò buffamente sulle punte, allungò la mano chiara sul petto di Damon.
-Dal tuo cuore … -precisò arrossendo.
D’istinto il piccolo Lord portò la mano su quella dell’amico.
Semper Fidelis.
I giuramenti che mai perirono negli animi.
-Non è questo l’ultimo ricordo che ho di te … -
-Lo sai … -
-Fa male … -
A volte le parole sono inutili. Sono di troppo.
-Te ne sei andato … -un soffio di vento, un sussurro di fata.
Non un biasimo.
La supplica accorata di un’anima che ormai girava trascinata dal resto, senza opporsi, senza integrarsi.
-Dovevo … -
-Nessuno te lo ha mai chiesto-continuò testardo.
Con stizza infantile, il piccolo lord ricacciò dietro le lacrime che ormai spuntavano, pericolosamente traboccanti, dalle ciglia chiare.
Giovane rugiada ai fasci della prima alba rosata, dopo notte di lunga tempesta.
Lacrimano i fiori, per la mancanza del gioioso Apollo, chiare perle.
Tom sorrise, come aveva imparato a fare.
Con quell’atteggiamento che ormai si era cristallizzato nella mente del giovane legimors.
Di riflesso. Per dovere.
Tanti, troppi sorrisi uguali, privi di espressione vera, che avrebbero dovuto essere un’avvisaglia.
Ma per una volta era lui, il grande Veggente, che stupidamente si era rifiutato di vedere.
Di scorgere, prima.
Poi di capire.
Fino a giungere a parlare con i propri ricordi.
-Vieni... -
Il piccolo Tom lo sorpassò con passo compito.
Con quell’eleganza e algidità che lo avevano sempre caratterizzato.
Come se la vita, l’affetto per i demoni, lo avessero plasmato al di sopra dei comuni mortali.
Gli avessero donato quell’aura eterea che lo accompagnava in ogni sua movenza.
Come se fosse riuscito a carpire la loro essenza immortale e infonderla nella propria corruttibilità.
E amare un demone è forse impresa comune?
Damon lo seguì in silenzio, senza chiedere oltre.
Il largo corridoio in rozza pietra proseguiva tra buche, lievi tratti scoscesi.
In un angolo, a ridosso di una parete ruvida, notò due colonne.
Lo stile classico greco, a scanalature larghe. Il fregio ormai in rovina, come si trovassero lì da decenni.
Erano come vuote, accartocciate su se stesse, e ripiegate l’una sull’altra.
Private del loro antico splendore.
Quando la luce manca, perfino i germogli più tenaci finiscono per piegarsi umili dinnanzi alla sconfitta.
Vi passò davanti, gettando curioso lo sguardo oltre.
Un piccola grotta, sulle cui pareti, lingue aranciate si spandevano a ritmo incalzante.
Una danza frenetica di perdizione, peccato, inferno.
Le Menadi giungono, si stringono attorno al cerchio del dannato.
E ridono … ridono, perseguitandolo con l’argento della propria vita eterna.
Al centro, una bara rischiarata da fiamme che l’avvolgevano in un abbraccio dilaniante.
Ipnotizzato Damon superò le colonne. Un brivido gelido si insinuò sotto l’epidermide ambrata, nonostante il fuoco divampasse ovunque.
Fu come immergersi in un lago ghiacciato d’inverno, nessun tepore emanava quel fuoco insistente.
Nessun tepore che potesse scaldare un’anima …
Plumbeo l’avello arde, ma la fiamma non purifica.
Sevizia, tortura. Strappa urla a chi pretese di superare il mortale limite.
-E’uno dei portali-spiegò Tom, distogliendo lo sguardo.
-Per dove?-
Riddle sorrise, di sbieco stavolta.
La lama affilata si infranse contro la friabile creta chiara.
La maschera cadde sotto gli occhi dello spettatore.
A terra, solo le briciole di un’illusione perduta, infranta come quello scudo.
Sembrò più una smorfia, di dolore, repulsione.
Per sé o per quelle urla strazianti?
-Quello è mio padre … -pronunciò strascicato il bambino, come se quella risposta bastasse a spiegare.
Non si può temere il dolore se non si teme la morte.
Il demonio … il demonio segnò quegli occhi.
Sussurrò le proprie nenie sulle ciglia abbassate di neonato.
Non più paura della morte.
Non più paura del proprio dolore.
Damon avanzò verso il feretro, in trance posò lo sguardo dentro esso.
Si agitava come in preda a febbri orientali.
Le mani, disgustosamente ibride, si affannavano contro lo specchio che sigillava il suo tormento.
I palmi umani premevano, le unghie grottesche urtavano contro la superficie opaca per lui, che altri non poteva vedere.
Gli occhi di brace solo quel volto potevano ammirare, mentre le fiamme divoravano ogni cosa.
Il volto perlaceo, gli occhi di notte.
La bocca rossa e avida.
Vorace aveva rubato con sottile violenza sospiri alla Lady dal cuore lontano.
La perfezione a lungo bramata, perduta nella ricerca ostinata, stava dinnanzi ai suoi occhi.
Si ergeva beffarda contro le sue grida.
Perché neanche l’ultima lacrima avrebbe potuto salvarlo da quella perdizione.
Il piccolo Lord osservò impassibile la scena.
Chinò il capo, pur sapendo che il gesto non sarebbe stato scorto dal dannato.
Non si può forse essere grati ad un assassino?
Retrocedette preceduto dal piccolo Tom.
Lo osservò proseguire convinto sino all’uscita.
Senza mai voltarsi.
Per una volta Orfeo non rimpianse di perdere la sua Euridice…
-Avevi detto che questo non è l’inferno … -mormorò poco convinto Howthorne, facendosi strada tra cunicoli sempre più stretti.
-Non ti ho mentito. -
-E tuo … Voldemort? Perché ho potuto vederlo?-
-Dovevi … -spiegò semplicemente il bambino- era solo un portale, uno dei tanti … sono diversi.-
-Come fai a sapere dove portano?-
-Questo è la tua visione Damon … - si giustificò con semplicità Riddle.
-Ma questo posto esiste davvero.- obiettò il legimors.
-Non credo … -
-Come?- allibì il giovane legimors - ma tu hai detto … -
-Ho detto che i demoni crearono il Limbo dell’Oblio, non che questo esista davvero- concluse enigmaticamente.
Damon Michael Howthorne si fermò sbigottito a quella risposta.
Il suo dono gli aveva insegnato a non badare mai alle apparenze.
A guardare oltre il velo.
Ancora una volta lo aveva dimenticato.
Eppure avrebbe dovuto imparare, l’ultima volta questo errore gli era costato caro. Un fratello.
L’essere. L’esistere.
Chi mai sentenziò arditamente che debbano coincidere?
Un’altra ombra sfilò longilinea sulla parete alle spalle di Damon, facendolo voltare di scatto.
-Cosa diavolo sono?-le mani corsero ai pantaloni molli della tuta, frugarono inutilmente alla ricerca del pacchetto di sigarette.
- Gli Eterni -spiegò Tom rivolgendole un’occhiata sfuggevole.
- Gli Eterni … -ripeté laconico Howthorne, tipico posto frutto della malata psiche dei demoni, pensò sbuffando.
-Sono ciò che passa e non cambia, che vigila e governa … -
-I boss insomma!-
Tom rise leggero al tono cinico dell’amico.
-Il Limbo dell’Oblio, Damon, è, ma non esiste. Sono loro che permettano esista per ognuno … come per te adesso. -
Il piccolo Lord si massaggiò stancamente le tempie vezzeggiate da disordinati ciuffi chiari, più lunghi dai tempi di Hogwarts.
Erano anni che non aveva una visione così estenuante, da parecchi punti di vista.
-Di qui … -gli fece cenno Riddle .
Faticosamente entrarono in un cunicolo basso, ma più largo dei precedenti.
Dalle pareti tappezzate di edera scura, pendevano grossi frutti rubicondi che esalavano un terribile odore di marcio.
Gonfie melagrane, lucide come preziosissimi rubini.
Dalla parvenza tentatrice e l’essenza decaduta.
Continuando a premere forte la mano sinistra sulle narici, Howthorne uscì da quel passaggio.
Comparve direttamente dietro alle spalle di Tom, assorto fissava la grande sala in pietra che si apriva dinnanzi a loro.
Ai lati, due solenni arcate romane su cui si snodavano volute tempestate di auree foglie d’acanto.
Il soffitto dipinto in modo rudimentale, secondo scene di un’apocalittica battaglia.
La guerra immortale che sempre ritorna.
Schiere di alate creature armate di lunghe spade e scudi di aria e fuoco.
E al centro il principio, Lucifero.
Luce eterna sussurra il suo nome,
ma codesta ferì fatalmente i suoi occhi.
Cieco di brame la spada alzò contro l’Alto Fattore,
demonio dalle nere chiome fregiato d’aspetto di splendente Serafino.

Una conca profonda si snodava sotto quel soffitto di foschi dipinti [tetri presagi], seguendo una linea ovale imperfetta.
In fondo un lamento, un mugolio sommesso di donna.
Tom costeggiò la parete sinistra di pietra azzurrognola, più chiara di quella finora intravista.
Il piccolo Lord lo seguì con viso contratto, mentre lo stomaco si stringeva ad ognuno di quei versi sconnessi.
Gli entravano fin nelle ossa, demolendo la sicurezza che non lo aveva fatto esitare dinnanzi alla bara ardente.
Quei lamenti, gli entravano dentro, lo dilaniavano.
Il suo cuore di uomo, la sua anima di Veggente si fusero nell’udire quella funesta melodia di gemiti.
Un’orchestra di morte, di future sventure.
Che il cuore di amico sentiva. Che l’anima di veggente presagiva.
In fondo alla piccola stanza la vide.
Una figura alta, snella, avvolta in un flessuoso peplo purpureo che splendeva nella notte, nel buio dell’ambiente, con le sue mille sfumature cangianti.
Rifletteva quella luce che non riusciva a penetrare.
La stoffa liscia scendeva debole sulle spalle scoprendo le alabastrine tonalità dell’epidermide, tessuto forse più pregiato dello stesso peplo.
Dal capo tendeva un velo scuro, nero, che le copriva il volto, trattenuto da una mano della giovane donna sulla parte sinistra.
Quell’odore intenso, che sapeva di ghiaccio … quel lezzo di fiori freddi che l’avvolgeva come una nube.
Tossica, dallo scrigno di carne spandeva,
dilaniava lo spirito affondandovi le mani di deleteria immortalità.
Le labbra di Damon fremettero nell’avvertirlo.
Quell’odore così familiare e raggelante al tempo stesso.
-Trix … -sussurrò in un battito d’ali.
-Mmmmh….mmmh…
La donna continuò a dondolare il capo, avanti e indietro, seguendo quella nenia infernale che le labbra rosse pronunciavano.
-Mmmmh….mmmmh…
Scandiva il tempo in quell’atrio desolato e roccioso, insinuandosi con bramosia demoniaca sotto la pelle del piccolo Lord.
-Trix ti prego … -supplicò.
Non poteva abbandonarlo anche lei, non poteva … non doveva.
Con gesto dolce e capriccioso al tempo stesso, le afferrò il braccio portandosela al petto.
-Ti prego non lasciarmi anche tu … non ce la faccio … -la pregò all’orecchio.
Beatrix Mirabel Vaughn rimase rigida come la più bella delle statue.
Vuota esattamente come quelle.
Lunghe e pesanti catene ricoperte di sangue, le stringevano con violenza i polsi, costringendola a piegarsi leggermente verso terra.
Perché il sangue lega quell’anima all’inferno.
Le coefore si trascinano intorno piangendo quella morte che giungerà per lo spirito.
-Trix … -mormorò scostandola da sé.
La donna alzò il viso su di lui.
Lentamente la mano sinistra scivolò lontana, abbandonando il velo che fino a quel momento aveva con solerzia trattenuto.
In un fruscio leggero la stoffa cadde a terra, delicata come petalo di rosa.
E nel silenzio il rumore dei fiori rivela il vero,
perché tacendo possiamo ascoltare il frastuono dei cuori, le grida degli spiriti.
Un gemito si librò straziato dalla gola del legimors.
-Il tuo viso …
Gli occhi celesti si bloccarono pallidi e privi di luce sul volto scoperto della ragazza.
Striature rosse e sanguinolente lo segnavano dalla guancia sinistra, sul collo, sulla fronte chiara.
Artigliavano persino l’angolo di quella bocca piena di gerani, come infeste creature dell’Ade.
Si goda questi anni principe, perché la bambina che ama presto sarà un demone.*
-Trix che ti hanno fatto?-mormorò con le lacrime agli occhi -Che le hanno fatto?- urlò verso il piccolo Tom, che impassibile osservava la scena. Lo afferrò per le spalle scuotendolo per ottenere una reazione.
Una qualsiasi reazione.
Voleva che agisse. Che rispondesse.
Che non fosse passibile e gentile.
Che non sparisse di nuovo come già aveva fatto, abbandonandoli tutti.
-Perché?-urlò ancora- cos’altro le vogliono fare?
-Non c’è pace per i dannati-mormorò con voce lontana Riddle, mentre gli occhi blu vagavano oltre le spalle larghe del giovane veggente.
-Devo impedirlo!-
Tom sorrise amaramente a quelle parole. Con un’espressione che non sarebbe dovuta appartenere ad un semplice undicenne … ma lui era cresciuto in fretta.
-Non hai ancora imparato Damon …
-No!
Portandosi una mano alla bocca, Damon si voltò nuovamente verso Beatrix. Fissava il vuoto, come se in quella stanza oltre a lei non ci fosse nessun altro.
Premette il palmo per trattenere altre urla.
Perché Howthorne capì che sarebbero state inutili.
La ricordava la sensazione del vuoto che attanaglia lo stomaco, quando sai … ma non ti ascoltano.
Le parole di Tom giunsero da dietro come una terribile minaccia.
Come una profezia funesta intrisa velenosamente di dolore e sofferenza.
-Ci sarà la luce. Ci sarà il buio.
Ci sarà la lotta con fazioni avverse nell’anima donna. Nel corpo di demone, di bestia sopita.
L’alloro di gloria incoroni il più forte alla fine della lunga battaglia. -
Luce e tenebra. Cacciatrice e preda.
Il contrasto di un angelo perduto, caduto dal cielo.
Un soffio gelido carezzò il legimors alle spalle, risvegliandolo dai suoi pensieri, dalle sue paure.
Ridestandolo da quel senso di sconfitta, che ancora una volta lo aveva messo in trappola.
Gli occhi celesti furono attratti da una luce forte, calda, potente.
Proveniva dall’entrata opposta a quella in cui aveva trovato la sua Beatrix.
Confuso per quell’odore così familiare di fiori, non l’aveva notata.
Non avrebbe dovuto …
E lì lo vide. Scorse la natura maestosa ergersi con solenne perfezione.
Le fiamme, così diverse da quelle che aveva visto avvolgere il corpo dell’Oscuro Signore, dominavano una stanza come regnanti esigenti e dispotici.
Innalzavano i propri scettri ardenti contro quel letto di cristallo puro e ghiaccio.
Non si agitava la donna che serena riposava nella bara cristallina.
Le spirali di biondo grano sparse a ventaglio attorno al viso diafano, rifulgevano come ridestate a nuova vita ad ogni fiammata irriverente.
Vivevano del fuoco, lo bramavano coi propri eterei bagliori dorati e sottili.
Sdraiata lì, come una regina, avvolta in un lungo manto bianco di pura seta, giaceva nel più ardito dei sogni.

“Fuoco impavido

lega la principessa,
lieta succube
del maestro di fiamme.”

Parole che giunsero lontane e flebili, occultate dal fragore immenso delle fiamme alle orecchie del giovane legimors.
Tre ombre bardate di scure armature bluastre levitavano velocemente attorno a Damon, circondandolo con il proprio alito gelido, avvolgendolo con quelle parole profetiche come con una coltre troppo pesante e pungente.

“Non è tempo!”

L’ultimo sibilo, prima che decine di funi metalliche imprigionassero lontano dagli occhi del piccolo Lord quella bara cristallina.
Si allontanò con uno scatto quando il fragore del metallo si scontrò contro i suoi occhi incantati, lasciandolo osservare inerte la chiusura dello spettacolo.
Ancora inebetito da quella sensazione di sortilegio, si voltò attratto da un verso leggermente raschiato.
Vide la mano delicata di Tom piegarsi su una testa adorna di piume blu acceso.
Gli occhi dell’animale, cerchiati da splendide sfumature del verde, erano chiusi per l’abbandono al piacere di quelle coccole, mentre il becco tirava giocosamente i pantaloni scuri della divisa di Riddle.
Il giovane Lord sentì un tremito all’altezza del petto, quasi presagendo quel gesto dell’animale.
Quel movimento che aprì nuove ferite.
Che lo costrinse a rivivere ulteriori dolori.
Come se tutto quello che aveva visto fino allora non fosse bastato.
Le ciglia lunghe del variopinto pavone si aprirono assieme al movimento armonioso della propria ruota.
Altre maledette fiamme bruciarono stavolta più intimamente quel legimors.
Di scatto si voltò altrove, per impedire a quegli Occhi di fuoco, di sfiorarlo ancora, di ferirlo nuovamente.
-Belli vero?- chiese innocentemente Tom, carezzando ancora il capo dell’uccello.
Io vengo dal tuo cuore. Sono la tua voce.
-Lo hai visto anche tu Tom. Il fuoco brucia, arde. Non allieta, lui punisce. Come per Voldemort, per quella ragazza. Le fiamme sono solo prigione, trappola. Il fuoco … il fuoco fa male, lacera dentro, Tom. Ti attraversa e poi ti distrugge lentamente. Perché non puoi farne a meno, eppure lo perdi … lascia solo cicatrici, e non servono a niente, se non a ricordartela ogni volta. A rammentarti la sensazione del fuoco sulla pelle- concluse fievolmente.
Il fuoco ti libera, spezza le catene. Ti rende te stesso, più di quanto tu lo sia mai stato.
Quando ti sfiora, mentre ti bacia.
***
La musica era alta, potente.
Racchiudeva il mondo...
Sette note per raccontare in mille modi una vita, un amore,un dolore.
Li avvolgeva dall’alto del palco, dove il gruppo suonava senza fermarsi.
Perché il tempo non esiste. E questo voleva. Solo questo.
Che il tempo si fermasse. Che nulla cambiasse più.
Che non ci fossero morti, recriminazioni. Che sparissero quelle dannate etichette che lo avevano rovinato per anni.
Le guance erano rosse. La voce roca per le urla piene che seguivano la melodia.
Chiuse gli occhi sentendo profumo di mirto riempirgli le narici.
Abbassò il capo, affondando le labbra in una cascata di sole.
La sentì girarsi, sorridergli sulle labbra.
Schiuse la bocca per sfiorarla più intimamente. Per ricordarsi ancora una volta che davvero era sua.
Solo sua.
Aprì gli occhi azzurri, passando una mano sulla fronte chiara di Neely, la costrinse a piegare il capo indietro, mentre l’attirava, premendo delicatamente sulle spalle esili, verso il proprio solido torace.
-Adesso …
-Cosa?- la sua risata argentina. Vera. Non forzata, non frivola.
Neely rideva solo se lo sentiva.
-Farei l’amore con te. Qui, adesso. La musica, tu … è tutto perfetto.
Rise di nuovo.
-Non credo che la sicurezza gradirebbe … - sussurrò con sottile malizia a un soffio dalle sue labbra
***

-Perché? Perché mi fai tutto questo … -domandò risvegliandosi dai propri pensieri.
La sua voce non era più quella di un uomo. Suonava come l’invocazione di un bambino bisognoso di rassicurazioni.
-Tu devi ritrovarla … -sorrise Tom.
-Cosa?Lei se ne è andata , come te. Io non so amare, Tom. Io … io sono solo morte.-
Gli occhi azzurri si riempirono di lucide lacrime, mentre la bocca si stringeva per fermare grida di dolore. Quelle che nel petto del veggente sobillavano da troppi anni.
- La speranza … devi ritrovare la speranza - chiarì il piccolo Tom.
-Chi? Quell’ubriaca che non riesce a trovare l’uscita del vaso?- ironizzò perfidamente.
-No, Damon. Quella che ti permette di vivere. Di cercare la luce anche quando tutto suggerisce il buio.-
-A te piace il buio?-chiese limpidamente.
-Cosa?- la voce del legimors echeggiò nella spelonca, esprimendo con ridondanza lo stupore del ragazzo.
-Allora?-
-No . -
-Perché ti ricorda quella notte?-
-Mi ricorda ogni maledetta notte-ringhiò quasi Damon.
-No, ti ricorda quella- ripeté con tranquillità testarda- la notte in cui tutto è iniziato, quando ancora non lo avevi accettato.-
Il giovane Lord rimase in silenzio.
D’altronde era o no la sua coscienza a parlare?
-Però a Milo piace … anche alla mamma.-
-Dove vuoi arrivare?-
-Non è tutto bianco o nero … ci sono sfumature. Il fuoco brucia, distrugge. Ma dal fuoco si può anche rinascere … come Fanny - esclamò illuminato Tom.
Damon guardò ancora quegli occhi, dove ali rossastre si destreggiavano nell’azzurro più vivido.
Abbassò le palpebre, riuscendo nuovamente a percepire le carezze di quello sguardo che lo scaldava la notte dopo gli incubi più terrei.
Lo cullavano, accompagnate dalle dita affusolate che si infilavano tra i suoi capelli chiari, mentre cantava per lui. Solo per Damon. Per quel guerriero che non si stancava mai di combattere.


“Sing to me the song of the stars
Of Your galaxy dancing and laughing
and laughing again
When it feels like my dreams are so far
Sing to me of the plans that You have for me over again

So I lay my head back down
And I lift my hands and pray
To be only yours
I pray to be only yours
I know now you're my only hope

I give You my destiny
I'm giving You all of me
I want Your symphony
Singing in all that I am
At the top of my lungs I'm giving it back
….
I know now you're my only hope
***
Sorrise il giovane legimors, il sole sopra di lui era caldo, vivo sulla sua pelle.
Passò una mano davanti alle ciglia per proteggersi dalla luce troppo forte, mentre ascoltava quel respiro leggero insinuarsi sotto la camicia leggera.
-A che pensi piccolo Lord?- sentì il bacio dolce sulla guancia, sul naso, mentre la ragazza attendeva la risposta sdraiata accanto a lui nel mezzo di Hyde Park.
-Alla speranza … -
- Mmmh … forse quel pugno sul naso te l’ho dato troppo forte- rise Neely.
-E’stato il pugno migliore ricevuto in tutta la mia vita … -scherzò Damon cingendole i fianchi con un braccio.
L’attirò sotto di sé, lambendole il collo con baci impalpabili, lenti, assaporati.
Schiuse la bocca carezzandole delicatamente la lingua.
Le labbra si piegarono maliziose in un sorriso, ricordando quella sera del concerto.
-No . -
-Cosa?- chiese angelico Damon.
-So a cosa stai pensando. - rispose la Montgomery buffamente accigliata.
-A cosa sto pensando?- rise Howthorne riprendendo a baciarle il collo chiaro.
-Siamo in un luogo pubblico- lo riprese.
-Guarda che non sono un maniaco … -sbuffò Damon, puntando i gomiti in modo da non schiacciarla col proprio peso.
-Pensi a Tom? -
Donna sincera la cara Neely.
-Penso al 27 luglio- rispose sardonico il Veggente.
-Te l’ho detto penso a tutto io … -lo rassicurò baciandogli la punta del naso- ma poi mi dovrai spiegare questa premura. -
-Io spero di nuovo … -sussurrò enigmatico all’orecchio della ragazza.
O almeno che qualcosa potesse essere salvato.
Frammenti, che insieme l’avrebbero sostenuto anche in quei momenti che neanche il giovane Veggente aveva il potere di modificare.

“A voi affido l’abbietto dono di Apollo,
lettori di morte e dolore, come alla divina Cassandra,
che mai la vostra favella
vera risulti a orecchie straniere”



Note autrice:
Fiction partecipante al concorso “Handle with care” indetto da Claheaven e Anfimissi sul forum Leather&Libraries.I personaggi protagonisti non mi appartengono ma sono frutto della fantasia di Kysa e Axia :Damon Michael Howthorne, Thomas Maximilian Riddle, Lord Voldemort, Beatrix Mirabel Vaughn, Neely Montgomery, Vladimir Alexander Stokeford, Lucilla Lancaster, Glorya Artemisia Malfoy, Lucas James Potter(gli ultimi quattro solo come allusione).

1) “Vos maledico”: esclamazione latina per “voi maledico”
2) “Principe delle tre oscure spose: riferito alle Parche/Moire
3)“-Ehi tu hai ucciso qualcuno per caso?*”: citazione da “I bracciali del destino” Di Kysa.
4) “Serafino”: una delle gerarchie angeliche, della quale secondo molti faceva in principio parte anche Lucifero.
5)“Si goda questi anni principe, perché la bambina che ama presto sarà un demone.*”: citazione tratta da “I Figli della speranza” di Kysa
6)Traduzione parte di testo della canzone “Only Hope” di Mandy Moore:
" Cantami la canzone delle stelle
della tua galassia mentre balliamo e ridiamo più e più volte

e poi sollevo le mani e prego di essere solo tua
prego di essere solo tua
ora so che tu sei la mia unica speranza

quando sembra che i miei sogni siano troppo lontani, cantami ripetutamente dei piani che hai fatto per me
ti darò il mio destino
ti darò tutto di me
voglio che la tua sinfonia canti in tutto ciò che sono
mentre ti rispondo con tutto il fiato che ho..

ora so che tu sei la mia unica speranza."
Only hope- Mandy Moore


   
 
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