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Autore: Dafne    13/01/2008    6 recensioni
"Mi suoni qualcosa?"
Il ragazzo la fissò seccato, minaccioso, ma la bimba congiunse le mani in segno di preghiera e sbatté le ciglia con fare supplichevole. "Eddai, per favore, ti ho sentito suonare prima! Tipregotipregotiprego!"
"Tsk, al diavolo." fu la risposta di lui, mentre afferrava con stizza lo strumento e si scostava la sciarpa dal mento.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Tenten
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Faceva caldo

Faceva caldo.
Faceva decisamente troppo caldo quel giorno.

Era l'unica cosa a cui riuscisse a pensare Tenten, mentre le mani che brandivano i kunai quasi danzavano, fendendo l'aria come se fosse stata solida.
Sì, anche l'aria era insopportabile quel giorno: le sembrava di avere un peso addosso che le impediva i movimenti ed ovviamente i vari discorsi che stavano facendo Lee e Gai sensei sulla forza della giovinezza non miglioravano di molto il suo umore.

Il primo kunai attraversò in pochi secondi lo spazio che la divideva dal bersaglio e si conficcò al centro della testa del manichino; a quel gesto, parte della tensione accumulata parve attraversarle il braccio ed abbandonare il suo corpo, seguendo la scia immaginaria lasciata dall'arma.

Ora va un po' meglio.


Qualcuno forse avrebbe potuto pensare che riempire di armi un povero burattino indifeso era alquanto violento e di certo non si addiceva ad una ragazza, ma a lei bastava sfiorare la superficie fredda di una qualsiasi lama per sentirsi rinfrancata.
Per questo si accorse di essere completamente ricoperta di gocce di sudore solo quando ebbe finito le armi da tirare; lanciò un'occhiata a quello che era rimasto del suo bersaglio, nascondendo a stento un sorriso di orgoglio nel completare il proprio operato.

"Tenten..." la chiamò la voce di Neji Hyuga, comparso alle sue spalle. "Hai finito l'allenamento?"
"Sì, giusto ora!" rispose, indicando il bersaglio con un cenno del capo; il compagno di squadra grugnì qualcosa, annuendo appena con disinteresse. Se c'era qualcuno che riusciva a buttarti il morale sotto le scarpe con quel fare così distaccato, quel qualcuno era proprio Neji Hyuga, ma la ragazza si era ormai abituata al carattere cinico del compagno e fece finta di nulla.

"Io anche, me ne torno a casa." borbottò lui, raccogliendo la propria sacca da terra e lanciandole una bottiglia d'acqua ancora piena, che Tenten prese al volo; osservò poi il ragazzo alzare la mano in segno di saluto e sparire lungo il sentiero prima che lei potesse ricambiare con il suo solito entusiasmo.

Facendo spallucce, la kunoichi si lasciò cadere con malagrazia sul masso più vicino, mentre le dita armeggiavano con la chiusura della bottiglia tentando di smuoverla. "Ah! Al diavolo!" sospirò, quando vide il piccolo tappo saltare in aria e finire in mezzo ai cespugli. Come poteva essere così maldestra quel giorno?

Appoggiò la bottiglia alle labbra e la inclinò, socchiudendo gli occhi che andarono a posarsi di nuovo sul lavoro appena svolto: non le andava granché di riordinare quell'enorme numero di kunai ma avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di tornare a casa il prima possibile e piazzarsi davanti ad un ventilatore. Quel caldo le impediva di respirare.
E Neji non l'aveva aiutata, visto che lei si ritrovò a sputare per terra quel poco di liquido rimastole in bocca: Kami, era così bollente che ci si poteva cuocere il ramen!

Allora ditelo che ce l'avete con me... Io non sopporto il caldo...

No, decisamente il clima afoso non faceva per lei e rimpianse l'aria fresca dell'inverno mentre si decideva a staccare le proprie armi dal manichino.
Constatò di aver colpito solo i punti vitali, finché l'occhio non le ricadde di lato, a sinistra, dove l'ultimo kunai, conficcato nella mano di legno del bersaglio, brillava pigramente alla luce del sole.

Era alquanto strano, visto che non aveva mai mirato in quel punto e che difficilmente mancava un bersaglio; districò la lama dal legno e si sedette a gambe incrociate, sospirando.

Allora lasciò che alcuni ricordi sepolti nella sua memoria si ridestassero e ripensò alle mani di quella persona e a quella fredda serata d'inverno.

"Cerchi qualcosa?" domandò lui, scrutando con occhi inespressivi la bambina dinanzi a sé; questa non rispose, sorreggendo il viso con le piccole manine e sorridendo.
"Come mai stai qui?" chiese poi, sbattendo gli occhi e tirando rumorosamente su con il naso; il freddo non le aveva impedito di liberarsi dell'ennesima, odiosa sciarpa che le irritava la pelle, ma ormai le colava il naso e le gote erano colorate di rosso. Si strinse nel proprio cappotto e dalla sua bocca uscirono varie nuvolette di vapore caldo, che svanirono subito nell'aria gelida della sera.

Da ciò che riusciva a vedere grazie alla fioca luce delle lanterne ai bordi della strada, la bimba notò che il ragazzo non doveva avere più di quindici anni e che ricambiava il suo sguardo curioso con occhi inespressivi; lui sbuffò, inarcando un sopracciglio. "Non dovresti allontanarti dai tuoi genitori." fece, cercando di scollarsi quella seccatura di torno; ma lei non vi badò.
"Non hai freddo seduto per terra con quei vestiti leggeri?" chiese di nuovo, imperterrita, puntandogli il piccolo indice contro; il giovane non distolse lo sguardo, sembrava che si aspettasse una domanda del genere: non era da tutti stare con solo una giacca di pelle nera addosso in pieno inverno.
"No, non sento freddo." buttò lì, sistemandosi bene la sciarpa a righe attorno al collo per coprirlo interamente e sprofondandovi il mento. "Piuttosto, mocciosa, hai intenzione di darmi qualcosa o preferisci stare qui ad infastidirmi?" chiese, seccato, accennando con il capo al logoro cappello vicino a lui dentro il quale luccicava qualche moneta.
La bimba si sporse un poco più avanti, poggiando entrambe le mani per terra proprio davanti al ragazzo e squadrandolo offesa. "Non sono piccola! Ho già quattro anni e da grande sarò una kunoichi!" sbottò, sporgendo appena il labbro inferiore in avanti; non si ritirò neanche quando il giovane allungò la mano verso di lei, posandogliela sulla testa coperta dal cappello.
"Certo, certo... mocciosa..."

La neve ai lati della strada, nonostante le luci delle lanterne, appariva azzurra quella sera; il ragazzo fece vagare lo sguardo altrove, prima a destra e poi a sinistra; si era sistemato nell'unico posto da cui poteva controllare entrambe le entrate del villaggio e parte del piano che aveva elaborato quel pomeriggio aveva già preso forma nella sua testa.
Certo, fosse stato per lui sarebbe già intervenuto da un pezzo, ma il capo gli aveva ordinato di procedere con quella patetica messinscena e "gli ordini del capo non si discutono mai, soprattutto dopo il casino che hai combinato quando sei entrato nell'organizzazione"... Però, cazzo, odiava aspettare!

"Si può sapere cosa vuoi ancora?" sbottò, irritato, quando vide che la bambina non si era mossa di un centimetro; lei gonfiò appena le guance, stavolta indicando il flauto abbandonato malamente accanto a lui. "Mi suoni qualcosa?"
Il ragazzo la fissò seccato, minaccioso, ma la bimba congiunse le mani in segno di preghiera e sbatté le ciglia con fare supplichevole. "Eddai, per favore, ti ho sentito suonare prima! Tipregotipregotiprego!"
"Tsk, al diavolo." fu la risposta di lui, mentre afferrava con stizza lo strumento e si scostava la sciarpa dal mento.
Restò silenzioso per un istante, come se stesse pensando a cosa suonare, poi poggiò le labbra sul becco del flauto e socchiuse gli occhi.
La melodia che ne scaturì era lenta e si fondeva con l'aria gelida; la bambina poggiava i gomiti sulle ginocchia, sorreggendosi il volto con le manine, ed osservò rapita il giovane. Le sue mani fasciate da guanti neri che gli lasciavano scoperte le dita si muovevano con eleganza lungo tutto lo strumento, dando vita ad una musica così intrisa di magia a cui lei non poteva sottrarsi.

Non sarebbe mai stata in grado, in seguito, di dire con esattezza per quanto tempo fosse rimasta lì, in ginocchio, in mezzo alla neve; fu quando lui mise via il flauto che si riscosse, scuotendo la testa come se fosse stata svegliata bruscamente da un sogno.
"Perché hai smesso?"
"Perché ho finito."
"Perché hai finito?"
"Perché non conosco un'altra melodia."
La bimba non capiva. "E perché no?" chiese, tentando di alzarsi in piedi per avvicinarsi ancora di più al giovane; questi alzò gli occhi al cielo, senza comunque cambiare espressione. "Parli troppo, mocciosa."
"Non mi chiamo mocciosa! Ho un nome, io, sai?" sbottò, pestando i piedi per terra. "Mi chiamo Tenten!"
"Che nome buffo." fu il commento inespressivo del ragazzo, che poggiò la testa contro il muro ed alzò il viso verso il cielo stellato; ricorreva quella sera un festival di cui non ricordava il nome e la gente avrebbe festeggiato tutta la sera, occupando le strade.
Il suo spettacolo -fremeva al solo pensiero- sarebbe iniziato solo verso le due del mattino, e di certo sarebbe stato il più memorabile bagno di sangue che quel villaggio avrebbe mai avuto.

Sempre se rimaneva qualcuno che lo potesse raccontare, ovvio.

"Signore?"
Non si degnò neanche di abbassare la testa per prestare attenzione alla bimba, al che lei continuò. "Era una melodia bellissima, signore... Da chi l'hai imparata?"
"Non credo siano affari tuoi."
"Ma è così bella! E poi le tue mani sono belle da osservare mentre suoni, anche se hai le unghie coperte di viola." commentò, riferendosi allo smalto. "Mamma dice che solo le ragazze se le colorano."
"Mamma allora dovrebbe imparare a tenersi certe opinioni per sé."
"Lo dice anche papà." fece Tenten, annuendo e cercando di assumere un'aria grave, prima di continuare. "Però si vede che ti piace, sai? La musica, dico. Gli altri musicisti sulla strada suonano in modo diverso."
Lui sembrò rassegnarsi all'idea di dover sorbirsi quella piccola peste logorroica; sospirò, lasciando ciondolare la testa in avanti; la bimba subito gli si avvicinò, dandogli due lievi colpetti sul capo come se stesse bussando. "Ehi! Ti sei addormentato? Non dormire!"

Restò sorpresa quando udì il lieve eco di un rumore secco, come se la testa del giovane fosse fatta di legno; prima di poterci riprovare, però, lui rialzò lo sguardo. "Sei una maleducata, mocciosa." sibilò, facendola sussultare.
"Scusa, signore... è che mi sono accorta adesso che hai dei bei capelli" esclamò, allegramente, e come per confermare ciò che aveva detto gli afferrò una ciocca ramata dal capo, intrappolandola tra le dita.
La testa era dura, ma i capelli... come erano soffici....
"Se tiri ancora un po' diventerò calvo." borbottò, attendendo che lei lo lasciasse andare; la bambina gli liberò i capelli e fece un passo indietro, il che indusse il giovane a pensare che si fosse stancata di stare lì; si dovette ricredere quando se la ritrovò di nuovo davanti, seduta per terra.
"Allora?"
"Allora cosa?"
"Ti piace la musica?"
Lui sospirò, sconfitto. "Sei testarda..."
"Lo dice anche mamma." mormorò lei, con occhi fieri. "E non me ne vado finché non rispondi."
"Tsk..." si passò una mano tra i capelli rossi, scuotendo la testa. "E va bene... sì, mi piace la musica."
"Come mai?"
"Perché è eterna... Perché non morirà mai nonostante lo scorrere del tempo... Perché tutto ciò che è eterno è Arte."
"Eh??" Tenten inclinò leggermente la testa di lato. "Che vuol dire?"
"Io sono un'artista e come tale venero l'Arte... Ma bada, non una cosa qualsiasi, bensì la bellezza eterna, in grado di vivere per sempre senza mai logorarsi... anzi, a volte perfino migliorandosi... Le armi, per esempio." spiegò, lapidario, benché il suo tono ora sembrava decisamente più caloroso rispetto a prima.
"Uhn..." fece lei, con aria pensosa. "Ho capito!" esclamò, poco convinta. "Però, signore, sei un'artista ma io non ti ho mai visto... Non sei famoso?"

A quella domanda, il giovane distese le labbra in quello che poteva essere scambiato più per un ghigno che per un sorriso ed una luce crudele gli illuminò per un attimo gli occhi vitrei.
"Oh... più di quanto immagini."
Tenten non sembrava convinta. "Ma allora come ti chiami?"

Anche se avesse voluto rispondere non avrebbe potuto: proprio in quel momento, il cielo venne illuminato da tante luci colorate, accompagnate da fragori assordanti; la bimba alzò il naso per aria.
"I FUOCHI!" strillò, felice, balzando in piedi. "Hai visto, signore? Sono iniziati i fuochi!" e gli saltellò vicino, a piedi uniti, agitando le braccia. "Come sono belli!"
Lui alzò gli occhi al cielo ma rimase in silenzio, indifferente a quello spettacolo di luci; Tenten, ovviamente, se ne accorse.
"Non ti piacciono?"
"... No."
"Perché?"

Il ragazzo voltò la testa verso di lei, sbuffando nell'udire il suo tono deluso. "Perché possono essere bellissimi, ma spariscono all'istante... Sono effimeri, come la vita umana." disse, gravemente. "Questo non ha niente a che vedere con l'Arte."
"Oh..." fece la bimba, triste; rimase in silenzio un momento, osservando come l'immagine del ragazzo venisse illuminata ad intervalli regolari dalle luci colorate dei fuochi d'artificio.
"Allora non mi piacciono." decise, incrociando le braccia e distogliendo lo sguardo dallo spettacolo pirotecnico; il giovane sembrò stupirsi, sgranando appena gli occhi.
"Sei simpatico e io ti credo. Diventerò una kunoichi ed imparerò ad usare tutte le armi, che per te sono eterne!"

In un altro momento, di fronte a quest'affermazione, si sarebbe volentieri messo a ridere -ma si ricordava davvero come si faceva?-; quella sera, invece, si limitò a distogliere lo sguardo, alzandosi da terra.
Che cosa stava blaterando quella mocciosa?
Che cosa avrebbe detto se si fosse resa conto di avere proprio un'arma dinanzi a sè?

"Tenten?"
La bambina sobbalzò, voltandosi all'istante: sua madre la stava squadrando con cipiglio severo.
"Tenten, quante volte ti ho detto di non allontanarti senza dire nulla? Ti ho cercata ovunque!" esclamò, con le mani sui fianchi, ansimando per la corsa fatta. "Una bambina di quattro anni non se ne può stare da sola seduta sulla strada! E non hai neanche la sciarpa!"
"Ma non ero da sola!" ribatté lei, con il broncio. "Ho parlato con il signor..."
Si voltò, ben decisa a far conoscere a sua madre il giovane musicista, ma non vi trovò più nessuno: il ragazzo era sparito e lei si rese conto di non sapere neanche il suo nome.
Sentì un tocco freddo, sulla fronte, che le fece alzare lo sguardo verso l'alto; sua madre le stava facendo la ramanzina, ma lei non ascoltava, osservando i candidi fiocchi scendere dal cielo.
Sua madre parve accorgersene, perché sospirò e la prese per mano. "Andiamo, stasera torniamo a Konoha e non possiamo fermarci ancora."

Il giorno dopo, quel villaggio di cui non avrebbe ricordato il nome sarebbe stato distrutto ed i suoi abitanti scomparsi nel nulla, ma Tenten l'avrebbe saputo solo dopo molto tempo.
Quella sera, mentre tornava al suo villaggio con i genitori, l'unico suo pensiero fu quello di chiedersi se anche la neve sarebbe potuta essere Arte.

"Che cosa assurda." disse tra sé la ragazza, scuotendo la testa e riponendo le armi nella sacca; si era dimenticata di quell'episodio e di certo non era quello il motivo per cui era divenuta una maestra d'armi.
Il sole stava ormai tramontando quando s'incamminò verso casa ed un fresco venticello prese a solleticarle il volto; alzò allora gli occhi al cielo e si ritrovò stranamente a pensare che da quando avevano salvato Gaara dall'Akatsuki, a Konoha non era più nevicato.






Probabilmente so a cosa state pensando: "cosa si sarà bevuta questa matta per scrivere una cosa del genere?"
Beh, è la stessa cosa che mi chiedevo anche io... Benché non si possa considerare un crack pairing, l'idea di scrivere qualcosa con Sasori e Tenten mi ha stuzzicata ed ecco qui!
Ho scelto "Yuki", come titolo, in quanto vuol dire appunto "neve" (che fantasia)... In realtà questa one-shot nasce da un episodio accadutomi a Vienna, un anno fa, quando ho notato un ragazzo che suonava il flauto seduto in mezzo alla strada nonostante stesse nevicando... Uhn, spero di aver reso l'idea, ho sempre pensato che Sasori, se mai avessi scritto un'AU, sarebbe stato un musicista...

Spero vi sia piaciuta e che mi lasciate qualche piccolo commentino (anche negativo)... Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno recensito le mie altre one-shot! Grazie, mi avete resa davvero felice!

Alla prossima!


  
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