11. WHITE LIGHTS
I fari bianchi illuminano la strada buia verso casa.
In
macchina, il silenzio è quasi più assordante
della musica
che mi ha stravolto i sensi all’interno del locale, prima che
si consumasse la
tragedia di cui, mio malgrado, sono stata protagonista.
Trascinata
fuori da una furia che mi ha trasportato sulle
spalle come niente fosse, attirando lo sguardo di centinaia di persone,
sono
stata scaraventata in macchina senza nessuna spiegazione, urlando cose
di cui
mi vergogno e che sono state sensibilmente ignorate dall’uomo
alla guida di
quest’auto che, adesso, fissa i suoi occhi gelidi sulla
strada, muto e assente
come è mai stato prima.
Mia sorella gli è seduta accanto, occupa il lato del passeggero e guarda fisso oltre il finestrino, immobile.
La
paura che il battito ormai feroce e senza tregua del
mio cuore sia udibile ai due, abbastanza da rompere questo silenzio
imbarazzante e carico di parole non dette, mi annienta, confinandomi
sui sedili
posteriori a torturarmi le mani preda di una ansia che si impossessa dei
miei
nervi e della mia facoltà di pensare lucidamente.
Perché ha agito in
questo modo davanti a Katherine?
Il momento in cui mi trascinata nell’assurda illusione
che avrei potuto significare qualcosa per lui è in
realtà lo stesso istante in
cui ha spezzato il mio cuore presentandosi come il fidanzato di mia
sorella.
Ha permesso che entrassi, che abbassassi le difese, che
cominciassi a fidarmi di lui, a pensarlo come quel qualcuno di cui non
sono mai
andata alla ricerca ma che ho sempre aspettato.
Prima
di scoprire quanto in realtà mi sbagliassi.
Damon rimane di sasso, sembra evitare lo specchietto
retrovisore di proposito per sfuggire ai miei occhi e ringrazio il cielo
di
questo.
Stai
bene? Sono
così preoccupata da aver passato l’ultima
mezz’ora in preda al panico, in
attesa del taxi. Risultato: unghie consumate e una nuova litigata con
quel
tizio biondo amico del folle che ti sta portando a casa. Evita le
tragedie. Ti
chiamo domani, Care.’
Deglutisco sentendo la rabbia ribollire in me pochi
istanti prima che l’auto accosti sul vialetto di casa dopo un
tragitto
sembrato infinito.
Apro
la portiera schizzando fuori così veloce da
rischiare una caduta distesa sull’asfalto, fortunatamente
l’adrenalina che ho in
corpo rende le mie gambe ben salde mentre avanzo speditamente verso
casa.
Le
si rivolge altrettanto calmo con una fermezza nella sua
voce tanto affascinante quanto inquietante.
“Ci stava già pensando lei a mettersi in
ridicolo” -
grida quasi, feroce e in qualche modo ferito- “non ha fatto
altro che muoversi
in quel modo strano tutta la sera attirando le attenzioni di idioti
come quel tipo. Ho
solo evitato l’inevitabile”
“Non ne avevi alcun diritto! Elena è grande
abbastanza da
saper gestire situazioni del genere senza il tuo aiuto o quello di
chiunque
altro. Conosco mia sorella da molto più tempo di te,
è la persona che più stimo
insieme a mio padre. Non ballava per attirare l’attenzione di
un qualche
imbecille, ballava perché ha bisogno dei suoi spazi per
qualcosa che la
tormenta dentro e che non è ancora pronta a dirmi! Quindi ti
prego, da ora in
avanti, di evitare certi scatti impulsivi specie se coinvolgono la
persona che
amo di più al mondo. Buonanotte!-
Chi mai potrebbe amarti'-
Le parole di mio padre pronunciate in una fredda stanza
di ospedale, la notte in cui ho detto addio a mia madre, spesso
risuonano nella
mia testa e, in momenti come questo, mi convinco che abbia sempre avuto
ragione.
Esco
dal vialetto di casa Gilbert ingranando la prima ad
una velocità inaudita, lasciandomi alle spalle la figura
delle due donne che
sto ferendo di più, comportandomi da coglione con entrambe.
Il
giorno in cui conobbi Katherine, mi fu promessa da
quegli occhi verdi e luminosi, una speranza perduta
nell’istante in cui il
cuore di mia madre smise di battere a causa mia.
Il nuovo rifiuto della società, il corpo vuoto, ormai
privo di emozioni e di sogni che si trascinava per strada annullando
ogni
secondo della propria giornata, pronto a farla finita per combattere
quel
rimorso troppo grande da accettare, con cui condividere il resto dei
miei
giorni.
In una notte fredda ed umida fui trovato, raccolto e
rassicurato da chi in seguito mi mostrò che potevo ancora
farcela, che la colpa
di quell’incidente non era da attribuire a me, non quanto il
fatto che fu mia l’idea
di portare fuori mia madre, quando avrebbe solo voluto rimanere in casa
per
recuperare un po’ di sonno perso a causa del lavoro e dei tre
uomini della sua
vita a cui badava a tempo pieno.
Ci
volle un intero anno prima che lei mi trovasse, prima
che mi mostrasse la prospettiva di una vita nuova e diversa che ho
davvero
assaporato solo nell’istante in cui ho incontrato Elena.
Quell’incredibile
giornata afosa e calda di Giugno in cui
mi sono imbattuto nella ragazzina prepotente ed ostinata che ha
sconvolto il
mio mondo, voltandolo di nuovo nel verso giusto, nel verso in cui ero
abituato
a viverci quando il sorriso di mia madre non era ancora qualcosa a cui
pensare
solo ogni tanto, quando faceva troppo male, con rimorso e vergogna.
Katherine
mi ha indicato una possibile via di fuga.
La
sua dolcezza ha sciolto il mio cuore e la sua
timidezza mista ad una fierezza e una ammirevole lealtà, ha
piano piano
nascosto le mie ferite, convincendomi che forse con lei, avrei potuto
farcela.
Avrei potuto lasciare tutto alle mie spalle, avrei potuto
amarla perché era riuscita a vedere in me qualcosa di buono.
Lei.
Con
i suoi sbuffi, le sue battutine taglienti, i rossori
delle sue guance, l’orgoglio contrapposto al sorriso ingenuo
dei suoi vent’anni
che scavano un solco nel mio cuore ogni volta.
Ogni volta in cui, adesso, mi rivolge gli sguardi carichi
di odio e di rancore che mi rendono impossibile persino respirare,
perché ho
sopportato di essere odiato persino dal mio stesso sangue ma non
sopporto
quello sguardo nei suoi occhi.
Non
negli occhi della donna che mi ha regalato la
speranza di potermi rendere migliore.
Avrei
potuto rinunciare alle avventure di una notte,
conseguenza di qualche bevuta di troppo.
Abitudini collaudate sull’orlo del baratro che ti spingono
a sperimentare l’estremo, perché la tua vita non
ha più un senso ed un corpo
diverso ogni notte, in cui spingere tutto te stesso per affogare i
dispiaceri
dello schifo di vita che stai vivendo, è la migliore
distrazione cui si può
aspirare.
Una
donna con cui avere una storia seria, rispettandola,
provando ad amarla un giorno nello stesso modo in cui lei ti ama
già.
E’
per questo che devo dire addio alla parte veramente
speciale di questa equazione scombinata che rischia di rovinare la vita
di due
persone unite ancor prima che apparissi io ad incasinarle.
Devo lasciare andare Elena perché è questo che
lei vuole,
perché so di non essere importante quanto sua sorella e
perché so che non
potrebbe mai lasciare che soffrisse a causa sua.
La
gelosia cieca che ha annebbiato tutto di me questa
sera è il sentore di allarme che devo allontanarmi da lei e
da ciò che
significa per me, devo farlo per il suo bene e per quello di Katherine,
la
donna dolce a cui devo la vita e a cui sarò riconoscente per
il resto dei miei
giorni.
E’ la preghiera silenziosa che le leggo negli occhi ogni
qualvolta mi ritrovo a casa sua a stringere la mano di sua sorella,
stretti l’uno
all’altra sul divano.
Ha
il diritto di essere felice e nonostante il pensiero
mi distrugga devo farmi da parte perché ho promesso molto
tempo fa che non
avrei più mandato all’aria la vita delle persone
a cui tengo.
Stanco,
distrutto, disilluso.
Una
lotta già persa con qualcosa che per la prima volta
in vita mia, pulsa troppo forte dentro di me.
***
“Elena. Dormi?”
Katherine spegne la luce del bagno e in punta di piedi,
con indosso la corta camicia da notte si avvicina al mio letto
sussurrando.
“No,
sono sveglia”
“Bene” –si siede sul materasso e mi volto
per guardarla
negli occhi ancora un po’ lucidi- “è la
nostra prima litigata, sai?”
“Non avreste dovuto…”
“No” –mi interrompe sorridendo pregandomi
di lasciarla
finire- “non è stata colpa tua, sei mia sorella e
mi batterò sempre perché tu
venga rispettata. Sempre. Nessun ragazzo potrà mai cambiare
il fatto che sono
legata a te più che a chiunque altro. Vorrei solo
che…”
“Cosa?”
“Vorrei solo che le cose funzionassero tra te e Damon.
Magari hai tutte le ragioni per non sopportarlo e lui non è
certo un tipo
facile ma…è uno dei buoni, Elena. Lo è
sempre stato con me. Faresti questo per la
tua sorellona? Gli daresti una possibilità?”.
E’ carico di bugie verso mia sorella, bugie che galleggiano nel profondo di me e che nascondono una verità che mi è ormai difficile negare persino a me stessa.
SPAZIO AUTRICE:
La settimana non è ancora finita e, anche se ad un orario poco decente, sono riuscita finalmente a postare questo capitolo che, come avrete potuto notare, dice qualcosa in più del nostro Damon e del suo passato.
Non è poi così st***zo, no?
In realtà scopriamo che Katherine non è arrivata per caso nella sua vita come invece ha fatto Elena.
Lei lo ha materialmente salvato dal momento più buio della sua esistenza e spesso, la riconoscenza enorme che si ha verso qualcuno che fa per te qualcosa del genere non può essere ignorata. Ti spinge a legarti a quella persona e...poi le cose diventano complicate.
Volevo solo che anche lui avesse il suo 'spazio' nella storia perchè le cose da ora in avanti si faranno ancora più complicate e sarà divertente leggere i pensieri di entrambi, o almeno spero!
Grazie come sempre a chi commenta sempre e comunque.
Mi scuso se non ho ancora risposto a qualche recensione, prometto di farlo domani.
Bacio.
ele