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Autore: xyoumakemesing    30/06/2013    22 recensioni
Harry Styles, il ragazzo che vive nel piccolo appartamento di fianco al condominio lussuosissimo in cui abita Eleanor, quello che lei ha sempre descritto come un poveraccio, frocio e pure mezzo drogato, è davanti a lui con un sorriso enorme sulle labbra rosse, i ricci scompigliati che gli ricadono sulla fronte cosparsa qua e là da qualche brufoletto e il suo skateboard sottobraccio.
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Harry/Louis, Louis/Eleanor, Niall/Zayn | Skaterboy!Harry, Rich!Louis | Note: Omofobia
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cut out all the ropes and let me fall.



Louis si guarda intorno, lanciando un’occhiata alle case che lo circondano e un’altra al cielo  stellato di Settembre sopra la sua testa, mentre Eleanor fruga dentro la sua borsetta griffata alla ricerca delle chiavi di casa. Hanno passato una serata al Bowling, insieme a Liam e Danielle, e Louis ha anche trascorso un’ora buona a cercare di acchiappare un ippopotamo rosa di peluche dentro una di quelle macchinette ruba-spiccioli. Alla fine non ha vinto, comunque, ma Eleanor gli ha dato un bacio sulla guancia per ringraziarlo di averci provato.
“Trovate!” esclama la ragazza, sventolando in aria il mazzo di chiavi. Louis le sorride, si stringe maggiormente nel suo giubbino di jeans e poi si sporge verso di lei per darle il bacio della buona notte.
“Ci vediamo domani?” le domanda, prima ancora di avvicinarsi alle sue labbra. Sa già la risposta, ma è ormai un’abitudine. Lei annuisce, scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte. Louis allora le rivolge un altro sorriso, sollevando poi la mano per accarezzarle la guancia.
Non fa in tempo a sfiorarle le labbra che qualcuno, alle sue spalle, gli afferra un braccio e lo costringe a voltarsi. Louis spalanca la bocca per gridare un “Hey!” di protesta ma, quando solleva lo sguardo per puntarlo sul viso della persona che gli sta di fronte,  ogni parola gli muore sulla lingua. Harry Styles, il ragazzo che vive nel piccolo appartamento di fianco al condominio lussuosissimo in cui abita Eleanor, quello che lei ha sempre descritto come un poveraccio, frocio e pure mezzo drogato, più piccolo di lui di qualche anno e che frequenta il liceo pubblico, è davanti a lui con un sorriso enorme sulle labbra rosse, i ricci scompigliati che gli ricadono sulla fronte cosparsa qua e là da qualche brufoletto, il suo skateboard sottobraccio e con addosso un maglione leggerissimo probabilmente di tre taglie più grandi con lo scollo a V che fa intravedere lievemente l’inchiostro nero dei tatuaggi che ha sul petto.
Louis rotea gli occhi, irritato dalla sua presenza. Apre di nuovo la bocca per lanciargli contro qualche parolaccia e mandarlo via ma, per la seconda volta, Harry glielo impedisce: gli afferra il viso con entrambe le mani e poi preme le labbra contro le sue.
Louis posa i palmi aperti sul petto del ragazzo, cercando di spingerlo via mentre Eleanor, alle sue spalle, urla indignata ad Harry di lasciare andare il suo ragazzo.
Eventualmente, dopo pochi secondi, Harry l’accontenta. Si stacca da Louis e fa un passo indietro, gli lancia un’occhiata impertinente, si morde il labbro inferiore e “Questi pantaloni ti stanno benissimo” mormora a voce bassa, indicando con un cenno della mano i jeans rossi che Louis indossa. “Soprattutto qui” puntualizza poi, dandogli una pacca rumorosa sul sedere.
Louis spalanca la bocca indignato, scoccandogli un’occhiataccia - non riesce davvero a capire come mai non abbia ancora denunciato quel ragazzo per molestie, è davvero stanco di essere assalito in quel modo bruto ogni volta che malauguratamente incrocia la sua strada.  
Harry gli fa l’occhiolino e, senza degnare di uno sguardo Eleanor, gira i tacchi. Louis sbuffa e fa una smorfia seccata, chiedendosi cosa accidenti abbia fatto di sbagliato nella sua vita per meritarsi le attenzioni di Harry Styles.

La prima volta che lo vede, Louis si trova in un locale, completamente ubriaco e sudato, e si sta scatenando sulla pista da ballo insieme al suo piccolo gruppo di amici snob.
Harry è appoggiato al bancone del bar, una bottiglia di birra in mano e gli occhi che percorrono ogni centimetro del corpo piccolo, compatto e formoso di Louis, un sorriso da predatore stampato sul volto. E okay, Louis potrebbe aver incrociato il suo sguardo un paio di volte, magari gli ha anche fatto l’occhiolino, dimenando ancora di più i fianchi, ma è completamente ubriaco, grazie tante. Perciò, non è davvero colpa sua se Harry ha travisato i suoi gesti, prendendoli come un invito ad avvicinarsi, a sfiorargli il braccio e sussurrargli all’orecchio “Voglio ballare con te”. 
E Louis è sempre stata una persona gentile, probabilmente un po’ snob ma, hey, ha un mucchio di soldi e guida una Porsche, chi non lo sarebbe? E Harry ha una t-shirt nera aderentissima, un sacco di tatuaggi sul braccio – a Louis sono sempre piaciuti i tatuaggi – e profuma di Vodka alla pesca e muschio bianco e di maschio, quindi accetta senza nemmeno pensarci troppo.
Balla insieme ad Harry e potrebbe anche aver strusciato il sedere contro il suo inguine in più occasioni, o avergli morso il collo e aver lasciato che le mani grandi di Harry lo toccassero ovunque – Louis fa comunque finta di averlo dimenticato il mattino seguente.
E’ Liam, il suo migliore amico, ad interromperli. Afferra Louis per il polso e, dopo aver lanciato un’occhiata schizzinosa ad Harry e ai vestiti sgualciti che indossa - sicuramente meno costosi  e griffati dei suoi – come se fosse la persona più disgustosa del pianeta, e averlo apostrofato con un “Tornatene dalla merda da cui sei venuto”, lo trascina via.
Il giorno dopo, mentre arranca sul marciapiede diretto verso il condominio dei Calder, la testa che gli martella furiosamente a causa della sbronza della notte prima, Louis nota la figura di Harry accovacciata sul suo vialetto, la schiena curva, gli occhi bassi e le stesse mani che avevano toccato il corpo di Louis impegnate ad avvitare le rotelline del suo skateboard.
Louis si blocca e rimane lì impalato per un po’, mordicchiandosi il labbro inferiore. Harry ci mette un po’ ad alzare lo sguardo ma, eventualmente, lo fa. I suoi occhi scintillano di sorpresa quando si accorge della sua presenza e la sua bocca carnosa si piega in un piccolo sorriso.
Louis avvampa e, senza nemmeno salutarlo, volta la testa e riprende a camminare.

Louis si trova dentro un negozio, seduto su una poltroncina rossa di velluto da quella che è più o meno un’eternità, la borsetta di Eleanor sulle ginocchia mentre lei è chiusa dentro uno dei camerini, impegnata a provare mille e più vestiti. Esce fuori solo di tanto in tanto, per specchiarsi con occhio critico da ogni angolazione e chiedergli un parere  che, Louis ne è piuttosto sicuro, non ascolta nemmeno.
Louis sospira annoiato e tamburella le dita sulle cosce, accarezzando con la mente l’allettante idea di mollare Eleanor in quella boutique e filarsela via quando, improvvisamente, una voce alquanto familiare, proveniente da qualche parte dietro di lui, rompe il silenzio del piccolo ed elegante salottino di prova chiamando il suo nome.
Il ragazzo balza in piedi, lascia cadere la borsetta di Eleanor sul pavimento e inizia a guardarsi freneticamente intorno alla ricerca di un nascondiglio, optando per correre dentro uno dei camerini.
“Louis, ti ho visto!” ridacchia Harry, proprio mentre Louis chiude le tendine blu e mormora tra i denti una litania di vaiviaperfavorevaivia.
L’Universo, comunque, deve proprio odiarlo perché pochi secondi dopo le tendine vengono scostate da due mani enormi e la testa di Harry fa capolino dall’esterno. Ha le labbra carnose piegate in un sorriso allegro, gli occhi scintillanti di malizia, i ricci nascosti da un berretto di lana arancione e un paio di fossette gemelle sulle guance.
“Lou!” esclama, infilandosi dentro il camerino senza chiedere nemmeno il permesso. Louis alza gli occhi al soffitto, lasciandosi sfuggire un rantolo rassegnato. Harry gli prende il viso tra le mani, sovrastandolo interamente con il proprio corpo,  spingendolo verso la parete.
Louis si divincola e apre la bocca per ordinargli di lasciarlo andare ma Harry è più veloce e cattura le sue labbra in un bacio, inghiottendo qualsiasi sua protesta. Tenta di allontanarlo di nuovo, serrando le mani in due pugni e premendoli contro il suo petto fasciato da una semplice t-shirt nera, ma alla fine finisce per aprire la bocca e garantirgli libero accesso. Ma solo perché una volta ottenuto quello che vuole, Harry sarà più disposto a lasciarlo in pace, ovviamente. E se, per caso, quando le labbra di Harry scendono a premere veloci baci sul suo collo, Louis piega la testa, abbassa le palpebre e si lascia scappare qualche basso gemito, è solo perché il suo corpo sta rispondendo in maniera del tutto naturale, grazie tante.
Le mani di Harry s’intrufolano sotto il maglione grigio che Louis ha indossato quel pomeriggio, spingendolo maggiormente verso la parete finché la schiena del più grande non vi aderisce completamente. Continua a baciarlo e Louis continua a farsi baciare, lasciandosi scappare qualche pigolio affannato di tanto in tanto, mentre la sua ragazza è lì, a poche cabine di distanza, ignara di tutto. Quando Harry si stacca, le mani enormi che rimangono posizionate sui fianchi tondi di Louis, ridacchia un po’, strofinando insieme le punte dei loro nasi. “Da quanto tempo la aspetti?” domanda, riferendosi chiaramente ad Eleanor. Louis storce la bocca e apre gli occhi. Alza le spalle con aria vaga. “Io non ti farei mai aspettare, Lou.”
Il riccio lo sussurra ad un passo dalle sue labbra, abbastanza vicino per Louis da sentire il suo fiato caldo sulla propria bocca, abbastanza vicino da respirare Harry.
C’è una nota di sincerità e urgenza nella sua voce profonda davvero difficile da ignorare – così come sono, purtroppo, difficili da ignorare le sue mani che continuano ad accarezzargli la schiena – e le guance di Louis si colorano di rosso.
Harry sorride. Il suo viso da bambino, un po’ fuori luogo su quel corpo da adulto, ha un accenno di barba appena sopra il labbro superiore e un’espressione compiaciuta. Louis sbuffa e lo spinge via, rassettandosi i vestiti spiegazzati. “Un giorno di questi ti denuncerò per molestie” lo avverte con un sussurro minaccioso.
Il ragazzo di fronte a lui rotea gli occhi, lasciando andare la presa sui suoi fianchi. “Ti saresti annoiato senza di me, oggi. Tu ed Eleanor fate sempre shopping. Scopate almeno?”
Louis ci mette un po’ ad assorbire le sue parole, ma quando lo fa spalanca la bocca con fare indignato. Gli schiaffeggia il braccio destro e stacca la schiena dalla parete, alzando il mento.
“Certo che sì!” esclama. Harry alza un sopracciglio, scettico. Louis assottiglia gli occhi e “Non sono affari tuoi, comunque” borbotta, appiattendosi la frangia sulla fronte per poi uscire dal camerino.
(Harry lo afferra per un gomito e lo bacia un’ultima volta sulle labbra e poi su entrambe le guance. Louis protesta debolmente, ma poi si arrende. Ovviamente.)

Louis gira la chiave d’accensione della Porsche, facendo illuminare il quadro. Il motore risponde con un rombo e lui ha già una mano sul cambio, il piede premuto sulla frizione, quando la macchina comincia a tremare e spegnersi improvvisamente.
Aggrotta la fronte perplesso. Gira di nuovo la chiave, una, due, sei volte consecutive, ottenendo lo stesso risultato. Louis lascia cadere la fronte contro il volante della Porsche, sospirando sconfitto. L’Universo deve proprio farsi delle grasse risate alle sue spalle.
Afferra l’Iphone dalla tasca dei jeans e invia un sms ad Eleanor, spiegandole che non potrà accompagnarla al corso di yoga e sperando che la lunga sfilza di x a fine messaggio bastino per non farla arrabbiare. Poi compone il numero di suo padre.
Suo padre, Mark Tomlinson, non è il suo vero padre, ma l’unico che si preso la briga di riempire quel posto lasciato vacante. E’ uno di quegli uomini in giacca e cravatta che girano il mondo per lavoro con un telefono perennemente attaccato all’orecchio, che mancano sempre alle partite di calcio o alle recite scolastiche dei figli e sono convinti di poter ripagare la loro assenza comprando loro prima giocattoli, poi macchine di lusso.
Louis ha ottenuto la sua Porsche nera dopo il divorzio dei suoi genitori – un modo un po’ alternativo per fargli accettare il fatto che sua madre e suo padre non sarebbero più vissuti sotto lo stesso tetto. Magari a lui sarebbe bastato un abbraccio, o un va tutto bene, non è colpa tua, o che i suoi padri semplicemente smettessero di abbandonarlo.
Ma, a quei tempi, Louis aveva diciotto anni, due genitori ricchissimi e una Porsche a sua disposizione. E, insomma, c’è sempre chi sta peggio, no?
Eventualmente, suo padre risponde al terzo squillo. Louis non gli parla da qualche settimana ed è un po’ deluso quando Mark lo saluta con un semplice “Louis” dal tono quasi seccato e formale.
Il ragazzo deglutisce, grattandosi pigramente una tempia. “Ciao, papà. Disturbo?”
L’uomo all’altro capo del telefono sospira. Louis sente un vociare confuso in sottofondo, poi il fruscio di un plico di fogli che viene sfogliato rapidamente, il rumore della sedia girevole stridere sul pavimento e capisce che forse non è un buon momento.
“Sono in ufficio. Ho un meeting importantissimo tra qualche minuto. Ti serve qualcosa?” risponde Mark distrattamente. Louis si morde il labbro inferiore – la figura autoritaria e imponente di suo padre, lo mette ancora un po’ in soggezione, nonostante non sia più un bambino da un bel pezzo.
“Uhm—” Louis esita un po’, abbassando lo sguardo sui suoi jeans. Mark sbuffa impaziente. “La Porsche non si accende” dichiara infine con voce sottile, timida.
Mark sbuffa e Louis può quasi sentirlo roteare gli occhi. “Ti manderò una e-mail con l’indirizzo di Tom, il mio meccanico di fiducia. Adesso devo andare” e senza nemmeno salutarlo, interrompe la chiamata. Louis rimane con il cellulare attaccato all’orecchio, lo sguardo vacuo davanti a sé.
A volte, pensa, scambierebbe volentieri quella Porsche, tutte le sue carte di credito e gli abiti griffati con un po’ di vero affetto.

Louis solleva lo sguardo dal suo cellulare puntandolo sull’insegna luminosa attaccata al muro, appena sopra l’enorme ingresso dell’officina. Si guarda un po’ intorno, assicurandosi di non aver parcheggiato l’auto di sua madre in divieto di sosta, per poi varcare la soglia del garage.
Il locale odora di olio per motori, benzina e sudore; Louis arriccia il naso, infastidito dal tanfo. Si schiarisce la gola, infilandosi il cellulare dentro la tasca anteriore dei jeans, girovagando per l’officina che, a prima vista, sembra desolatamente vuota.
Scansa rapidamente una cassetta degli attrezzi, qualche pneumatico e pezzi di carrozzeria, stando bene attento a dove mettere i piedi per non macchiare le scarpe di Gucci che porta ai piedi. “Salve?” dice ad alta voce, con tono piuttosto titubante.
Sente il rumore di una porta che si spalanca e un “Arrivo subito!”, passi veloci che si fanno sempre più vicini e il rumore metallico di qualche cianfrusaglia che cade a terra. Louis strabuzza gli occhi quando, da dietro un’automobile mezza smontata, spunta la figura alta e dinoccolata di Harry Styles. Il ragazzo stringe tra le mani un panno sporco, sfregandoselo contro la pelle per rimuovere le tracce di olio; i suoi occhi verdi s’illuminano, sorpreso e allo stesso tempo divertito dalla situazione. “Lou!” esclama allegro, buttandosi lo straccio su una spalla.
Louis grugnisce e, quando Harry si dirige verso di lui già pronto a saltargli addosso, lo blocca con l’indice. “Non ti azzardare” borbotta, “Sei sporchissimo” e indica con un cenno del capo le sue mani ancora unte e la canottiera bianca che lascia piacevolmente scoperti i muscoli delle sue braccia – e anche i suoi stupidi tatuaggi – piena di macchie grigiastre.
Harry mette il broncio. “Un solo bacio!” protesta con un lamento petulante. Louis rotea gli occhi.
“Cosa ci fai qui, piuttosto? Mi perseguiti? ” domanda, cambiando completamente discorso.
Harry allarga le braccia, “Ci lavoro” replica ridacchiando. “Non tutti siamo fortunati come te, Lou” continua poi, camuffando l’ironia amara nella sua voce con un sorriso tutto denti e fossette.
Louis lo guarda male. Vorrebbe dirgli che è fortunato lui, ad essere libero, a non essere costretto a vivere una vita già preconfezionata, a non tornare a casa da una madre le cui uniche preoccupazioni sono quelle di bere cocktails con olive e ombrellini e da un patrigno che non ricorda nemmeno il suo secondo nome.
Si limita però a passarsi una mano tra i capelli, ad aggiustarsi la camicia bianca abbottonata fino al collo e a dire: “Ho un problema alla macchina. A chi posso rivolgermi?”
Harry gonfia leggermente il petto e se lo indica con un dito, “A me!” esclama. Louis storce il naso, col cazzo che lascerà ad un mocciosetto troppo cresciuto libero accesso alla sua Porsche nera da cinquecentomila sterline. “Dov’è Tom?” chiede, guardandosi intorno alla ricerca del proprietario.
Harry fa qualche passo in avanti alzandosi i pantaloni blu della tuta da lavoro che ha lasciato aperta, la parte superiore che gli ricade ai lati delle gambe, le maniche strette con un nodo intorno ai suoi fianchi magri. Louis si mordicchia il labbro inferiore, un po’ accaldato da tutta quell’aria da meccanico sporco, sudato e sexy che possiede il ragazzo davanti a lui.
“Tom si è allontanato. Ma puoi fidarti di me, Lou.” Harry gli offre un sorriso per poi abbassare lo sguardo sulle sue labbra sottili.
Louis fa un passo indietro, determinato a lasciare almeno quaranta centimetri di distanza tra le loro bocche. Ma Harry si lecca il labbro superiore, fa un altro passo avanti, si scosta un riccio dalla fronte sudata e gli lancia un’occhiata sfacciata, un’espressione da spaccone sul suo bel volto.
“Non ci provare” lo avvisa Louis, staccando nuovamente un piede dal pavimento per portarlo dietro all’altro. “Sei sporco. E sono un cliente, i clienti hanno sempre ragione!”
Harry alza noncurante le spalle, lo afferra per i fianchi e lo attira contro il proprio corpo – Louis spalanca gli occhi, cerca di divincolarsi e “Ho la camicia bianca, stupido idiota!” urla – poi lo bacia sulla bocca. E’ appena uno schiocco di labbra, niente lingua, niente scambio di saliva. Quando Harry si tira indietro, Louis ha le guance rosse e l’aria ancora mezza indignata.
Il riccio ridacchia, chinandosi di nuovo per lasciargli un piccolo bacio sulla guancia.
“Allora, cos’ha esattamente la tua macchina che non va?”
Louis trattiene un lamento esasperato. Dovrebbe proprio denunciarlo per molestie.

Harry impiega circa venti minuti per far ripartire il motore della Porsche e Louis rimane letteralmente a bocca aperta, non pensava davvero che Harry fosse così abile con la meccanica.
Harry chiude lo sportello dell’auto con le labbra rosee piegate in un sorriso, gli lancia le chiavi della macchina e “Non era davvero nulla” gli spiega, raccattando tutti gli attrezzi sparsi per il garage di villa Tomlinson prima di lanciarsi in una dettagliata descrizione, colma di termini tecnici che Louis non riesce nemmeno a comprendere, della causa che impediva alla Porsche di accendersi.
Louis non lo ascolta, comunque, perso com’è a tastare con gli occhi ogni centimetro della pelle d’alabastro che la canottiera sporca e spiegazzata del ragazzo lascia esposta - seguendo i contorni dei tatuaggi marchiati sul suo braccio sinistro e sulle clavicole,  mordendosi le labbra con cipiglio frustrato quando fa scivolare lo sguardo su quelli sul suo petto che spuntano leggermente dallo scollo della canottiera.
Harry continua a parlare e ad agitare le mani, beatamente ignaro della direzione in cui i pensieri di Louis si stanno dirigendo. Alza un braccio e si passa una mano tra i capelli mossi e li tira indietro un attimo per poi far scivolare le falangi tra le ciocche marroni sulla sua nuca, facendo inavvertitamente alzare l’orlo della canottiera.
Louis si passa una mano sul viso, il cavallo dei pantaloni che si fa più stretto, sforzandosi di non fissare la striscia di pelle bianchissima del suo addome e la leggera, quasi invisibile, peluria che dall’ombelico scende sinuosamente fino a scomparire dentro la fascia nera dei boxer che sbuca da sotto i pantaloni da lavoro di Harry. Si costringe a prendere un lungo respiro, scuote leggermente la testa per scacciare via quei pensieri, e guarda Harry negli occhi.
“… ma non dovrebbe darti più problemi!” conclude finalmente il ragazzo, passandosi una mano sul collo per asciugare via il leggero strato di sudore che lo ricopre. Harry gli scocca un altro sorriso, mostrandogli le sue fossette – e Louis non sta davvero pensando che vorrebbe morderle, proprio no – per poi voltargli le spalle e raggiungere la cassetta degli attrezzi che ha poggiato sulla pila impolverata di scatoloni lì in un angolo.
E’ in quel momento che Louis lo nota: un livido violaceo, quasi scolorito, sulla base del suo collo, grande quanto una moneta. E Louis potrebbe anche essere sessualmente confuso in quel momento, ma non stupido. Sa benissimo che quello è un succhiotto.
“Chi te lo ha fatto?” Probabilmente la domanda non sarebbe dovuta uscire fuori con quel tono così inquisitorio perché, dopotutto, Louis non ha il diritto di pretendere alcuna spiegazione.
Lui e Harry non sono niente.
Ma, ma, non riesce a fare a meno di sentirsi un nodo all’altezza dello stomaco, un groviglio di fastidiosa gelosia che gli fa assottigliare gli occhi, mentre la sua mente immagina uno sconosciuto senza volto che lo ha toccato, assaggiato, visto il suo viso accaldato e i suoi enormi occhi verdi colmi di piacere. Harry si blocca, volta la testa nella sua direzione e rimane a fissarlo con cipiglio confuso. “Il succhiotto” chiarisce subito Louis, indicandolo con un cenno del capo. Harry aggrotta la fronte, le labbra schiuse e rossissime, finché un lampo di realizzazione non attraversa il suo viso.
Arrossisce sulle guance, voltandosi completamente verso Louis.
Si tocca con una mano la base del collo, strofinando con le dita il livido che gli macchia la pelle.
Louis incrocia le braccia al petto, battendo un piede sul pavimento. “Chi è stato?” ripete impaziente. Harry si prende il labbro inferiore tra i denti, lascia cadere il braccio lungo il fianco e guarda da un’altra parte.
“Non lo so, non ricordo,” ammette debolmente. “Qualche sera fa sono andato in un night club e, uhm—” si schiarisce la gola, si porta una mano alla bocca per tossire, poi alza le spalle con fare vago.
“Uno sconosciuto quindi?” Louis lo incita a proseguire la sua frase e Harry arrossisce ancora di più, limitandosi ad annuire con la testa.
Louis sbuffa. Sa che non dovrebbe prendersela in quel modo, che Harry ha diciannove anni ed è questo che fanno gli adolescenti: scopano in un bagno pubblico e poi grazie e tanti saluti – e solo perché Louis non lo ha mai fatto non significa che ha il diritto di biasimarli.
Ma non riesce ad impedire alla gelosia di trafiggergli il petto come tanti piccoli spilli perché Harry lo bacia, lo tocca, lo confonde, lo lusinga e, nonostante continui a negarlo, a Louis gira la testa quando le loro labbra si uniscono, il cuore gli batte forte come le ali di un colibrì quando Harry lo guarda con quei suoi occhi ardenti, e ha paura perché è un ragazzo ed è sbagliato e, santo cielo, cosa penserebbero i suoi genitori?
“Lou, non è davvero successo nulla” la voce di Harry trema un po’, le sue guance sono ancora rosse, gli occhi che fissano un punto indefinito alla sua sinistra. Louis alza un sopracciglio. “Beh, stava—stava per succedere ma—” balbetta, lasciandosi scappare una risatina nervosa.
Harry fa per aprire la bocca un’altra volta ma Louis lo raggiunge con due grandi falcate, gli afferra il viso con entrambe le mani, guarda le sue iridi verde foglia allargarsi, si alza sulle punte e “Non puoi baciare me e poi farti baciare da degli estranei” sussurra prima di baciarlo prepotentemente. Harry si lascia scappare un gemito sorpreso mentre Louis gli morde il labbro inferiore, i pollici che gli accarezzano le guance morbide, il capo leggermente inclinato da un lato, costringendolo così a schiudere le labbra e a garantirgli libero accesso.
Louis sente le braccia del riccio circondargli la vita e avvicinarlo maggiormente a sé, il suo odore pungente di sudore e olio di motori dentro le narici. Sposta una mano sui suoi capelli, artigliandoli forte, inghiottendo il gemito roco che sfugge dalla bocca rossa di Harry.
E’ la prima volta che lo bacia di sua spontanea volontà e Louis sente brividi di eccitazione attraversare ogni fibra del suo corpo. Con la mano libera scende ad accarezzare il petto di Harry, facendola poi scivolare sotto la sua canottiera, premendo i polpastrelli sul suo addome piatto.
Quando Harry, ormai senza fiato, si stacca dalla sua bocca, le labbra rosse e gonfie di baci, gli occhi lucidi e leggermente dilatati che s’intrecciano con i suoi, il petto che si alza e abbassa ritmicamente, Louis pensa che sia la cosa più bella che abbia mai visto.
Non esiste Eleanor in quel momento, non esiste il fatto che Harry provenga da un mondo totalmente diverso dal suo, gli pare persino che i fili invisibili - legati al suo cognome, alla sua estrazione sociale, a suo padre -  che lo muovono come una marionetta si siano allentati un po’.
Scende a baciare il collo pallido di Harry, lasciando una scia bollente di baci umidi su ogni centimetro di pelle che riesce a raggiungere; leccandolo, mordendolo, succhiandolo fino a marchiarlo con una chiazza rossastra che presto diventerà un altro livido su quel corpo, la prova che Louis è stato lì, un promemoria per gli altri sconosciuti che lo toccheranno.
Harry fa scontrare i loro bacini, catturando nuovamente la sua bocca e gemendo tra un bacio e l’altro. Louis è, ormai, a tanto così dallo spogliarsi e a farsi scopare sul pavimento.
Con movimenti frenetici e un po’ goffi, cerca di sfilare la canottiera di Harry ma il ragazzo gli blocca i polsi, fa un passo indietro e “No, è meglio fermarci qui” ansima, schioccandogli un veloce bacio a fior di labbra. Louis emette un verso di protesta ma Harry scuote la testa e “No” dichiara con voce ferma. “Devo tornare all’officina. Tom potrebbe arrabbiarsi.”
E Louis allora sbuffa, mette il broncio e incrocia le braccia al petto, ignorando il pulsare della sua erezione bloccata dentro il cavallo dei pantaloni. Harry ridacchia e afferra la sua cassetta degli attrezzi. Lo bacia un’ultima volta, sulla guancia, prima di girare i tacchi e abbandonare il garage.

(Se, quella sera, dentro la sua vasca da bagno, Louis si tocca pensando ad Harry, inclina la testa all’indietro contro le mattonelle azzurrine della parete, e raggiunge l’orgasmo mordendosi forte le labbra per impedirsi di gridare il suo nome, beh, nessuno deve saperlo.)


Louis ha sempre fatto quello che i suoi genitori ritenessero opportuno facesse qualcuno del suo rango. Ha frequentato le scuole che loro avevano scelto per lui, ha studiato sodo senza mai mancare un test o un’interrogazione, si è iscritto a Legge, proprio come aveva deciso Mark, perché voleva renderli fieri. Voleva che si accorgessero di lui. Che lo abbracciassero e baciassero sulle guance quando tornava a casa con una A scribacchiata in rosso nell’angolo di un foglio.
Louis ci prova da tutta una vita, sperando e pregando affinché finalmente gli rivolgessero qualcosa in più di una semplice pacca sulla spalla e un apatico “Congratulazioni”.
Louis ha persino accettato la fidanzata che sua madre gli ha consigliato di scegliere, Eleanor Calder, figlia di un imprenditore molto influente e amico di famiglia; si è circondato di amici avidi, altezzosi, ipocriti e si è adattato, mimetizzandosi tra loro. E' nel giorno del suo diciannovesimo compleanno, mentre è chiuso dentro la sua camera e sta ascoltando una canzone davvero deprimente, che realizza finalmente di aver accettato di vivere una vita fatta di scelte non sue solo per il bruciante, ingordo, desiderio di sentirsi amato.
Una vita fatta solo bianco e nero, senza alcuna sfumatura; divisa tra quello che può e non può fare, tra quello che deve sacrificare e ciò che potrebbe ottenere in cambio. 
Magari Louis è un po’ un codardo, avrebbe dovuto imporsi, far valere le sue opinioni, battersi quando qualcosa non gli andava bene. Invece ha sempre abbassato il capo e obbedito, mettendo a tacere la vocina nella sua testa che lo incitava a tirare fuori le unghie, a frantumare le pareti della sua prigione fatta di cristallo. E forse, Louis sorride al pensiero, dopo tutto questo tempo ce l’ha fatta. E’ riuscito a scalfirle un po’. Adesso, con il sapore di Harry ancora sulle labbra e la sensazione della sua pelle bollente sotto i propri polpastrelli come memento dei loro baci consumati dentro il suo garage – proprio lì, a casa sua, sotto il naso dei suoi genitori -, la voglia di abbatterle una volta per tutte lo consuma dentro.

Louis sta fissando il tomo di Diritto Privato da ormai dure ore – o forse tre, non ne è sicuro. La finestra della sua camera è chiusa, il cielo non promette nulla di buono, ma la sua mente sembra essere fuggita via comunque: è così distratto da ritrovarsi più volte a leggere la stessa identica frase senza capirne il senso. Non riesce a concentrarsi ed è tutta colpa di Harry Styles.
Sono passati quasi sette giorni dal loro ultimo incontro e Louis è arrivato persino a pensare di distruggere la sua Porsche – magari giusto un piccolo tamponamento, ecco – pur di tornare in officina e vederlo. Certo, potrebbe anche optare per la decisione più semplice e sicura: andare a casa sua e, magari, chiedergli che razza di fine ha fatto. Ma non può perché, perché.
Perché Eleanor abita lì e sarebbe davvero, davvero, difficile spiegarle il motivo per cui stia bussando alla porta di casa Styles, se venisse scoperto. Lei non sa che il suo secolare fidanzato l’ha tradita – con un altro ragazzo, per giunta -  e, nonostante sia troppo presa dalla sua Università, dai party, dalle sue amiche e dagli abiti costosissimi che i suoi genitori le regalano per interessarsi a lui, è abbastanza certo che non la prenderebbe assolutamente bene.
Sospira con aria rassegnata e si passa una mano sul volto.
Ci ha provato, sul serio, a non pensare ad Harry.  Il giorno prima ha portato a cena la sua fidanzata, ha pagato il conto e, quando lei lo ha invitato dentro casa sua, l’ha baciata – costringendosi a non lanciare un’occhiata al portoncino degli Styles – e poi l’ha trascinata nella sua camera da letto.
Eleanor è bellissima, intelligente, il suo corpo magro è sensuale, perfetto. Louis è davvero fortunato ad averla, ma. Ma. Louis ci ha provato, ma non ci è riuscito.
Il sesso è sempre stato noioso tra loro, Louis ci ha sempre messo un po’ prima di raggiungere l’orgasmo. Ha sempre pensato che dipendesse dal fatto che si conoscessero da ormai cinque anni, che sapessero il corpo dell’altro a memoria, che il fuoco dei primi mesi insieme si fosse ormai assopito (o forse, in realtà, non è mai attecchito). Eventualmente, quella sera, mentre Eleanor gemeva piano sotto di lui, le gambe spalancate per fargli spazio e i capelli ondulati sparpagliati sul cuscino, Louis si è finalmente reso conto che il problema era Eleanor.
Anzi, il problema era quello che Eleanor non era: Harry.
Nel profondo, è consapevole di essere sempre stato attratto dagli uomini – anche se non è mai stato con uno di loro – ma ha sempre pensato fosse normale, una fase che tutti gli adolescenti maschi attraversano. (Anche se il fatto di masturbarsi guardando filmini porno gay avrebbe dovuto fargli suonare un campanellino d’allarme dentro la sua testa.)
Gli era bastato immaginare il volto di Harry, le sue mani enormi toccarlo dappertutto, le sue labbra rosse chiuse intorno alla sua erezione, per venire con un rantolo dentro di lei.
E, solitamente, scoprire il proprio vero orientamento sessuale – soprattutto dopo una vita passata a credere di essere (quasi) etero – è un po’ traumatico, da aneurisma. Ma Louis, dopo essersi rivestito e salutato Eleanor con un bacio sulla fronte, aveva ridacchiato un po’, incamminandosi verso la sua Porsche. “Fottuto bastardo” aveva detto, sinceramente divertito, lanciando un’occhiata alla casa di Harry.

Liam interrompe la sessione di studio di Louis alle sette e un quarto di sera con un sms in cui gli propone di bere qualcosa in un pub. Louis accetta immediatamente l’invito perché Diritto Privato lo sta lentamente spingendo verso il suicidio e ha bisogno di distrarsi, ubriacarsi e riuscire finalmente a pensare a qualcosa che non sia Harry Styles. (Accetta soprattutto perché ha già controllato il profilo Facebook di Harry qualcosa come sei volte e si sente davvero, davvero, patetico e non ha intenzione di passare così il resto della sua serata, grazie tante.)
Quindi indossa i suoi pantaloni rossi – sì, perché ad Harry piace come gli stanno addosso, fategli causa adesso - , una camicia azzurrina a maniche corte abbottonata fino al collo e le sneakers bianche rigorosamente senza calzini. Dopo essersi spruzzato addosso una quantità industriale di profumo, si guarda un’ultima volta allo specchio e poi si precipita fuori dalla sua camera, giù per le scale e verso la porta d’ingresso.

Arrivano al pub alle nove e venti. Louis ha lasciato la Porsche a casa, accettando il passaggio che Liam gli ha offerto con la sua decappottabile rossa fiammante.
Quando varcano la soglia del locale, la musica e le luci soft li accolgono. Liam lo trascina verso il bancone, ordinando due bottiglie di birra per entrambi. Poi, si perde a raccontargli di come ha trascorso la giornata, della partita a calcio fatta insieme agli altri, degli esami che sta preparando per l’Università, mentre Louis rimane a fissarlo in silenzio, annuendo di tanto in tanto e tracannando la sua birra, mentre con la mente pensa ad Harry, chiedendosi dove sia, cosa stia facendo in quel momento.
Dopo almeno un’ora spesa a sorbirsi le chiacchiere del suo migliore amico, Danielle fa finalmente il suo arrivo e, dopo aver salutato Louis con un sorriso, bacia Liam sulle labbra e lo trascina sulla pista da ballo. Louis lancia un’occhiata torva ai due mentre si allontanano, poi sbuffa, beve un ultimo sorso di birra e decide di abbandonare il locale - premurandosi di inviare un sms a Liam, ovviamente, giusto per non farlo preoccupare, inventando un finto mal di testa.
E’ fuori dal locale e sta fissando lo schermo del suo iPhone, ponderando se chiamare un taxi e farsi già accompagnare a casa o rimanere ancora un po’ in giro, magari raggiungere il parco poco lontano da lì, sedersi su una panchina e riflettere su importantissime questioni esistenziali – ergo la sua sessualità e Harry.
Decide per il parco, comunque. Lì, per lo meno, è libero di essere chi gli pare.

Louis sta attraversando il lungo viale alberato del parco; la brezza settembrina lo colpisce in pieno viso, scompigliandogli la frangia liscia e facendolo rabbrividire. Si stringe le braccia al petto, maledicendosi mentalmente per non aver indossato un cardigan.
Il parco, a quell’ora, è piuttosto desolato – eccetto che per alcuni ragazzi con vestiti larghi da rapper e catene spesse appese al collo, radunati intorno ad una panchina che bevono birra e ridono sguaiatamente. E, visto che tutto di Louis sembra urlare: sono un figlio di papà che indossa mutande che valgono più delle vostre case, accelera il passo perché Dio solo sa cosa potrebbero fargli se si accorgessero di lui.
Sorpassa un uomo corpulento con tanto di baffi e cane a guinzaglio e quasi inciampa nei suoi stessi piedi quando uno skateboard sfreccia davanti a lui, tagliandogli la strada. Louis si blocca, aggrottando la fronte e si guarda intorno alla ricerca del proprietario dell’aggeggio.
“Hey, mi dispiace!” urla un ragazzo biondo e dal pesante accento Irlandese – Louis è andato in Irlanda una volta, insieme ad Eleanor. E’ stata la vacanza più brutta e noiosa della sua vita.
Il ragazzo corre verso di lui, sventolando una braccio in aria, le labbra piegate in un sorrisone enorme. Louis gli rivolge un sorriso di circostanza. “E’ tutto okay” dice, quando il biondo lo ha ormai raggiunto. Il ragazzo afferra il suo skateboard riponendolo al sicuro sotto la sua ascella, poi gli lancia un’occhiata e “In realtà, l’ho fatto di proposito” ammette con tono cospiratore, coprendosi la bocca con una mano. Louis lo guarda con cipiglio confuso. “Sono Niall. E Harry si è nascosto lì dietro—” con un il pollice indica un albero poco lontano, “— ed è letteralmente andato fuori di testa appena ti ha visto.”
Louis sbarra gli occhi sorpreso. Si volta nella direzione dell’albero indicato dal biondo – Niall – e scorge la figura dinoccolata di Harry far capolino da dietro il tronco, i ricci schiacciati sotto un berretto nero con la visiera al contrario e l’espressione imbarazzatissima.
“E’ bello incontrarti, amico. Finalmente ho l’onore di conoscere il ragazzo a cui Harry pensa quando si fa le seghe!” esclama allegramente Niall, dandogli una pacca amichevole sulla spalla. Louis quasi si strozza con la sua stessa saliva. Torna nuovamente a guardare Niall, la bocca aperta e le guance rossissime. Oddio.
Niall lo abbaglia con un altro sorriso, mostrando i fili metallici del suo apparecchio odontoiatrico, si tira su il cappuccio della felpa grigia, lo afferra per un braccio e “Andiamo da Harry prima che si faccia strane idee e diventi geloso!”

Niall lo trascina in un piccolo spiazzo che sembra più uno skate park improvvisato, dotato di piccole rampe  di legno dall’aspetto piuttosto spartano (“Si chiamano half-pipe” gli spiega Niall indicandole, “Le abbiamo costruite noi” e poi sorride, con una nota orgogliosa nella voce) gremito di ragazzi che saltano da una parte all’altra insieme ai loro skateboard.
Harry ha la schiena poggiata ad un muretto pieno di graffiti, improperi contro la Polizia e il sistema, e organi riproduttivi maschili. Louis deglutisce, guardandosi intorno a disagio. Niall se ne accorge immediatamente e gli concede un sorriso incoraggiante.
Quando raggiungono Harry, il riccio ha sul volto un’espressione timida, le guance rosa e il labbro inferiore stretto tra i denti. Indossa dei jeans neri aderentissimi e Louis deve davvero mettercela tutta per non abbassare lo sguardo sulle sue gambe magre che sembrano andare avanti per chilometri. Il suo skateboard ha le ruote arancioni e la tavola ricoperto da un tribale leggermente sbiadito; lo tiene fermo con un piede fasciato da una Coverse bianca e rovinata, con la punta rivolta verso l’alto. Louis abbassa appena gli occhi, infila le mani dentro le tasche dei jeans e gli rivolge un piccolo sorriso.
“Ciao” lo saluta Harry finalmente. Niall, ancora accanto a lui, sbuffa annoiato e rotea gli occhi. “Che c’è?” borbotta allora il riccio con tono difensivo, lanciandogli un’occhiataccia seccata. Quello scoppia a ridere, schiocca la lingua, alza le spalle e poi si guarda intorno.
“Dov’è Zayn?” domanda, aggrottando la fronte. Harry solleva un sopracciglio, un cipiglio eloquente  sul volto. Niall mette il broncio e “E’ proprio difficile per lui resistere un minuto senza scattare foto a destra e a manca?” sbotta, prima di scuotere la testa e allontanarsi insieme al suo skateboard.
Louis e Harry lo seguono con lo sguardo finché non scompare dalla loro visuale, poi il maggiore si volta e “Chi è Zayn?” chiede interessato.
“Il ragazzo di Niall” risponde subito Harry. Louis lo guarda con occhi spalancati e colmi di sorpresa e oh, non avrebbe mai creduto che anche Niall fosse gay. Beh, a dire il vero, non avrebbe mai pensato che nemmeno Harry fosse gay: sprizza virilità da ogni poro, con il suo fisico asciutto, la sua voce roca e profonda, i suoi tatuaggi e i jeans strappati.
Harry lo guarda con un sorriso curioso ad increspargli le labbra carnose. “A cosa pensi?” domanda. Lascia andare lo skateboard che sbatte rumorosamente sull’asfalto, allungando poi una mano per afferrargli la stoffa della camicia. Lo attira a sé.
Louis alza le spalle, guardandosi nervosamente intorno perché qualcuno potrebbe riconoscerlo e spifferare tutto in giro. Okay, Louis potrebbe non aver avuto una crisi isterica dopo essere venuto a termini con la sua sessualità, ma. Ma non è ancora pronto alle effusioni pubbliche. O che il mondo sappia che preferisce le spalle muscolose e il pomo d’Adamo degli uomini al seno e alle curve morbide delle donne.
Harry gli sorride, gli circonda entrambi i polsi con le dita affusolate e “Rilassati” mormora piano. Louis annuisce e prende un lungo respiro. Allora Harry lo lascia andare, allarga le braccia, un’espressione compiaciuta sul volto e “Abbraccio?” chiede, sbattendo le ciglia velocemente con fare da ruffiano. Il maggiore scoppia a ridere e poi, vincendo la tentazione di guardarsi intorno, si accuccia contro il suo petto.

Louis non sa quand’è stata l’ultima volta che ha riso davvero. Quel tipo di risata che ti scoppia in gola e ti fa piegare in due, strizzare gli occhi e lacrimare come un pazzo. Ma adesso, appoggiato a quel muretto con le braccia sopra le cosce divaricate di Harry che è seduto lì in cima, le proprie spalle premute contro il suo busto, mentre Niall sta raccontando a tutti una barzelletta sporchissima, lo sta facendo. Si copre la bocca con il palmo della mano, scuotendo divertito la testa in direzione del biondo che continua ad intrattenere la piccola folla radunatasi lì, un braccio stretto intorno ai fianchi di Zayn – un ragazzo abbastanza silenzioso, con la pelle color cappuccino, due piccoli dilatatori incastonati in entrambi i lobi, i capelli neri acconciati in un ciuffo che sfida quasi la forza di gravità e una Nikon appesa al collo.
Anche Harry ride e Louis volta indietro la testa più volte per bearsi delle sue labbra rosse distese che lasciano scoperta la fila di denti bianchissimi e diritti, e le fossette gemelle che gli bucano entrambe le guance arrossate. Niall dimentica il finale della barzelletta e aggrotta le sopracciglia castane con fare concentrato prima di arrendersi e alzare le braccia in segno di sconfitta. Il piccolo gruppetto di persone, però, ride ancora più forte e il biondo rivolge a tutti un sorriso splendente prima di intrecciare le sue dita con quelle di Zayn, schioccargli un bacio sulla bocca e raggiungere Louis e Harry.
Zayn, prima di sedersi, scatta loro una foto: Niall passa un braccio intorno alle spalle del riccio e lo indica con un indice, Louis alza i pollici in su e tira fuori la lingua mentre Harry si china in avanti e schiaccia una guancia contro la sua.
Quando la foto è stata scattata e tutti e tre si radunano intorno a Zayn per vederla, Louis gli chiede se può stamparla e fargliela avere perché vorrebbe davvero appenderla in una parete della sua camera e guardarla nei giorni in cui la sua gabbia dorata gli si stringe intorno, facendolo soffocare.

Quella sera, Harry lo porta a casa sua per la prima volta (Niall, da cui hanno accettato un passaggio nella la sua Jeep mezza scassata, butta lì qualche frecciatina che fa arrossire Louis fino alla punta dei capelli guadagnandosi uno schiaffo sulla nuca da parte di Zayn).
Non è difficile capire che la famiglia Styles non nuota nel denaro, Louis lo ha sempre saputo ma se ne rende davvero conto non appena varca il portoncino d’ingresso. La casa è piccola e con poco mobilio; le pareti sono bianche e lisce, piene di foto e disegni incorniciati che hanno l’aria di essere stati fatti da un bambino di tre anni. C’è una sola televisione, in salotto; le assi del pavimento scricchiolano in più punti e il computer posto sulla scrivania, in un angolo della cucina, ha l’aria di avere almeno mille anni. Harry fa accomodare Louis sul divano di un beige quasi sbiadito del salotto e corre a mettere su l’acqua del tè. Louis si guarda intorno a disagio, una sensazione comune a tutti quelli che entrano per la prima volta in casa di qualcuno; tiene le mani in grembo mentre perlustra ogni centimetro di quella stanza. Non è abituato ad entrare in case che non hanno, come minimo, tre piani e una piscina in giardino, però questa è accogliente, profuma di fiori di campo e di casa e di famiglia e di colazioni della domenica mattina e di affetto. Louis farebbe volentieri a cambio con la sua che sì, ha una palestra e i pomelli dorati, ma sembra più una prigione di lusso.
Quando Harry torna con due tazze di tè fumante, Louis gli dice: “E’ bello qui”. Harry lo guarda con un sopracciglio alzato, come se stia cercando di capire se sia serio o meno – eventualmente poi alza le spalle e gli sorride.
Tra un sorso di tè e l’altro, Harry gli racconta che i suoi genitori hanno divorziato quando lui aveva sette anni e che suo padre non paga più gli alimenti da mesi; gli racconta che sua madre ha due lavori perché Gemma è all’Università e, nonostante lavori part-time, non riesce ancora a cavarsela da sola; gli racconta anche che ha ottenuto una borsa di studio grazie ad un concorso scolastico di scrittura creativa e che il suo sogno è quello di continuare gli studi e “Chissà, diventare anche uno scrittore famoso un giorno. Vorrei davvero rendere fiera mia madre e guadagnare così tanto da non vederla più impazzire per far quadrare i conti.” – Louis spalanca gli occhi sorpreso perché, davvero, Harry Styles è la persona migliore che abbia mai avuto il piacere di incontrare.
Ad un certo punto, dopo aver poggiato le tazze sporche sul tavolo da caffè vicino al divano, Louis lancia un’occhiata all’orologio quadrato appeso alla parete e si lascia scappare un lamento sbigottito. “Sono le quattro del mattino! Devo proprio andare!” esclama, balzando in piedi.
Harry allora ridacchia e si alza anche lui. Posa una mano sulla base della sua schiena e “Ti accompagno alla porta” dice, e Louis sente un’ondata di calore attraversargli il petto.
Il tragitto verso la porta è breve, Harry gliela apre in un gesto di galanteria e poi lo saluta con un abbraccio. Louis si aspetta un bacio a quel punto perché le labbra di Harry sono così invitanti da fare quasi male, ma Harry non dà segni di voler fare il primo passo. Quando sciolgono l’abbraccio, mosso da uno slancio di coraggio che non sapeva di possedere, Louis si alza sulle punte e preme le labbra contro quelle di Harry. Il riccio è piuttosto sorpreso, ma poi ridacchia contro la sua bocca, facendo scivolare le mani tra i suoi capelli lisci e poi sulla base del suo collo per attirarlo a sé.
Dopo qualche minuto, quando la necessità di prendere una boccata d’aria si fa più urgente, Louis fa un passo indietro e “Dammi il cellulare, ti salvo il mio numero” dice.
Harry infila una mano dentro la tasca posteriore dei jeans – Louis scoppia a ridere quando lo vede mordersi la lingua, lottando per riuscire a tirare fuori il cellulare da quei jeans strettissimi.
Alla fine ci riesce e, con un sorriso, allunga a Louis un Nokia che ha sicuramente avuto giorni migliori. Louis digita velocemente il suo numero sulla tastiera, salvandolo poi con il nome: Tommo<3. Quando restituisce il cellulare a Harry, lui intreccia le loro dita e gli posa un ultimo bacio all’angolo della bocca.

(Il mattino seguente Louis si sveglia con la voce spazientita di sua madre che tenta di spiegare alla nuova domestica Portoricana – e che non sa un bel niente d’inglese - quali compiti svolgere, e due sms da parte di Harry.
‘Ieri è stata una bella serata. Xx’, dice il primo. ‘Mi piaci davvero, Lou. xxx’, recita l’altro.
Louis allora schiaccia il viso contro il cuscino per soffocare un urletto poco mascolino, scalcia i piedi contro le lenzuola e si sente vagamente una dodicenne stupida alle prese con una cotta.)

Settembre sta lentamente volgendo al termine mentre la sessione d’esami all’Università si avvicina inesorabilmente, Louis dovrebbe proprio essere barricato nella sua stanza in quel momento, chino sui suoi tomi enormi e sui suoi appunti, ma invece si trova davanti al cancello di casa Calder, annoiandosi da morire mentre Eleanor finisce di truccarsi.
Sono invitati ad un party a casa di Liam – di quelli frequentati da gente ipocrita e con la puzza sotto il naso, bloccati nel loro piccolo mondo fatto di brunch, partite di golf e scarpe Armani – e Louis preferirebbe davvero non presentarcisi. Avrebbe voluto piuttosto passare un’altra serata con Harry e i suoi amici – oppure con Harry e basta, magari pomiciando sul suo divano – ma Eleanor non ha accettato un no come risposta. L’unica magra consolazione sarebbe l’alcool, se solo Louis non dovesse guidare per riaccompagnare Eleanor a casa.
“Lou?” Louis si volta con uno scatto, trovandosi un Harry a petto nudo e tuta da jogging davanti. Gli occhi del maggiore s’incantano per un po’ troppo tempo a fissargli il petto scolpito, sul quale fanno bella mostra di sé due rondini d’inchiostro. I muscoli che guizzano sotto la pelle tesa e imperlata di sudore dell’addome – è una farfalla, quella lì? – gli fanno quasi girare la testa (per un momento, vorrebbe davvero mandare all’aria il suo contegno e saltargli addosso).
“Ciao” sussurra dopo attimi interminabili in cui gli unici pensieri coerenti formulati dalla sua testa lo vedono nudo sopra Harry, la sua lingua a tracciare i contorni di ogni singolo tatuaggio. E’ certo di avere le guance un po’ rosse ma Harry sembra non accorgersene – oppure fa finta e, in quel caso, gli è estremamente grato. Harry gli fa cenno di avvicinarsi, Louis lancia un’occhiata dietro di sé, in direzione della finestra che dà alla camera di Eleanor, per assicurarsi che la luce sia ancora accesa, prima di raggiungerlo.
Harry lo afferra per i fianchi e, con un movimento veloce, lo spinge in direzione di un muretto lì vicino, alto abbastanza da coprirli da occhi indiscreti. “Ciao” mormora poi, ad un soffio dalle sue labbra, prima di catturarle in un bacio che sa di dentifricio alla menta.
Louis sorride contro la sua bocca, “Potrebbero vederci” allungando un po’ il collo per guardarsi intorno – elettrizzato dal pericolo di essere scoperto forse più di quanto avrebbe voglia di ammettere. Poggia gli avambracci sulle spalle nude di Harry e incrocia i polsi dietro la sua nuca, tornando a baciarlo.
Dopo quella notte allo skate park, quattro giorni prima, Louis non ha avuto la possibilità di vederlo, impegnatissimo tra lo studio e la sua soffocante vita da rampollo. Sono riusciti a sentirsi tramite sms ad ogni ora del giorno – Harry gli risponde persino durante il lavoro all’officina – e della notte, ma a Louis sono davvero mancati i baci del più piccolo e, Dio, le sue labbra. E adesso che le ha lì, non può fare a meno di baciarle con urgenza, di far scontrare le loro lingue in una danza affamata e ardente.
Si staccano solo quando ormai non hanno più ossigeno dentro ai polmoni; Harry strofina il naso contro quello di Louis prima di fare un passo indietro e distanziare i loro corpi. Louis si lascia scappare un verso di protesta e quasi lo supplica di tornare a spalmarsi su di lui, ma il riccio scuote la testa e comincia a squadrarlo da capo a piedi. “Dove vai conciato così?” domanda con espressione divertita, indicando con un cenno della mano i suoi Chino lilla risvoltati fino alle caviglie.
Louis aggrotta la fronte e incrocia le braccia al petto, “Ad una festa. Perché?” replica con tono fintamente offeso. Harry ridacchia  e poi arrovella l’indice in aria, chiedendogli una giravolta. Louis obbedisce e si esibisce in una breve piroetta – preoccupandosi di agitare lievemente il sedere quando ha le spalle rivolte verso il riccio. Il fischio d’apprezzamento di Harry non tarda ad arrivare così come le sue mani enormi che afferrano Louis di nuovo per i fianchi, attirandolo al suo corpo, petto contro schiena. “Hai intenzione di andare ad una festa con questi pantaloni?” sussurra nel suo orecchio, mordicchiandogli appena il lobo. Louis annuisce con decisione. Harry lecca una striscia di pelle appena sotto l’orecchio, strusciando il cavallo della sua tuta contro il sedere tondo del più grande, guadagnandosi un gemito di sorpresa da parte sua.
“Tutti ti guarderanno il culo” continua poi, la voce più bassa e impertinente. Una delle sue mani scivola sulla curva del fondoschiena di Louis, e poi giù fino alla sua natica che stringe in una morsa possessiva. “Potrei essere geloso, sai?”
Louis pigola piano quando la mano di Harry stringe più forte; il fiato caldo del più piccolo gli solletica il collo, facendogli venire la pelle d’oca. “Potrebbe piacermi il fatto che tu sia geloso” trova il coraggio di mormorare, torturandosi poi il labbro inferiore con gli incisivi.
Harry ridacchia e gli preme un bacio umido sul collo.

Comincia a passare a casa di Harry – o all’officina – praticamente ogni minuto libero a sua disposizione. La sessione d’esami è arrivata e passata in fretta (“Vai lì e conquista il mondo!” aveva esclamato Harry, la sera prima del suo esame, per allentare i suoi nervi. Poi lo aveva baciato, ovviamente.) regalandogli un trenta e qualche giorno di libertà per riprendere fiato.
Quando è seduto sul divano dal tessuto sbiadito di Harry, con le sue mani tra i capelli, il corpo del più piccolo sotto di lui e le loro bocche unite, riesce a dimenticare il suo mondo fatto di lustrini e menzogne e a catapultarsi in un altro: un mondo dove c’è qualcuno che apprezza sul serio la sua compagnia, dove le stupide regole che gli hanno inculcato in testa fin da ragazzino non contano, dove nessuno pretende o gli impone assolutamente nulla.
Harry è la libertà che ha sempre sognato, le sue labbra sono le parole che ha sempre voluto dire, il suo corpo, invece, quello che ha sempre desiderato e non ha mai avuto il coraggio di perseguire.
E’ proprio lì, sopra quel divano, che Harry si offre di fargli un pompino, una sera. E’ una richiesta inaspettata, nonostante si stiano baciando da più di mezz’ora e strusciandosi freneticamente l’uno contro l’altro; Louis è un po’ in imbarazzo perché ha ricevuto un pompino solo una volta nella sua vita, da una ragazza sconosciuta, nel bagno pubblico di una discoteca mentre lui era piuttosto ubriaco. Non si ricorda praticamente nulla di quella notte ed Eleanor è sempre stata schizzinosa e non molto interessata alle attività di letto - o per lo meno, non con lui – per fargli ripetere l’esperienza.
Mentre Harry scivola tra le sue gambe in attesa della sua decisione, Louis deglutisce puntando gli occhi sulle labbra rosa e carnose del riccio, immaginandole intorno a lui. Si morde il labbro inferiore e annuisce. Harry gli schiocca un bacio sulle labbra prima di trafficare con la cerniera dei suoi jeans e abbassarglieli poi fino a metà coscia; gli rivolge un sorriso rassicurante e china il capo fino a sfiorare la pancia di Louis con il naso. Preme qualche piccolo bacio qua e là, curvando le dita affusolate intorno ai suoi fianchi morbidi – Louis sospira, chiude gli occhi e si sistema meglio sul divano cercando di rilassarsi. Harry preme i polpastrelli contro la sua pelle, procedendo a baciarlo lungo la sottile striscia di peluria che porta al suo pube. Prende tra i denti l’elastico dei boxer tirandolo un po’ prima di lasciarlo andare con un sonoro smack contro la sua pelle.
Louis apre gli occhi e “Ow!” grugnisce, mettendo il broncio. Harry ridacchia e scosta di nuovo i boxer per premergli un bacio sulla pelle lievemente arrossata, a mo’ di scuse. La sua bocca scivola poi sul leggero rigonfiamento che fa capolino da sotto l’intimo, stuzzicandolo con baci e morsi leggeri attraverso la stoffa nera. Louis solleva d’istinto i fianchi, lasciandosi sfuggire un rantolo.
“Sei impaziente” mormora Harry, strofinando le labbra contro l’erezione coperta del più grande. Louis annuisce velocemente, gemendo ancora quando Harry torna a stuzzicare con la bocca il tessuto elasticizzato. Dopo qualche momento, Harry sembra capire il suo necessario bisogno di sollievo, afferra con le dita l’elastico dei boxer e li tira giù, liberando finalmente l’erezione di Louis da qualsiasi costrizione.
Louis butta fuori un respiro tremante quando l’aria fredda lo solletica, contorcendosi sul divano in attesa che Harry faccia qualcosa.  Serra le palpebre e “Harry, Harry, Harry” lo supplica, mordendosi le labbra.
“Cosa vuoi, Louis?” domanda l’altro con voce roca, soffiando leggermente sul suo glande già bagnato di liquido pre-orgasmico. Louis solleva di nuovo i fianchi, le mani che cercano a tentoni un qualche appiglio. “Dimmi cosa vuoi, Louis” lo incita di nuovo Harry, baciandogli la pelle morbida dell’interno coscia.
“Harry!” quasi urla Louis con tono disperato, premendosi i talloni delle mani contro gli occhi. Harry gli lascia un altro bacio sulla pelle, dove la gamba e l’inguine s’incontrano, curvando poi le dita intorno alla erezione del più grande che fa un verso strozzato, divaricando maggiormente le gambe. Harry muove ritmicamente la mano sul membro di Louis, abbassandosi per lasciare piccoli baci e lappate su tutta la lunghezza, beandosi dei miagolii sommessi che escono dalla sua bocca. Dopo aver depositato un bacio rumoroso sul glande, schiude le labbra e - attento a coprirsi i denti per non fargli male – lo prende in bocca. Louis stringe gli incisivi sul labbro inferiore inghiottendo le urla, gli occhi ancora coperti dai palmi delle mani e il respiro accelerato; Harry incava le guance, spingendolo più in profondità fino a raggiungere il retro della sua gola. Louis scosta le mani dalle sue palpebre per poi spalancarle: gli occhi verdi di Harry sono puntati su di lui, le sue labbra rosse aperte in maniera quasi oscena intorno a lui e il volto accaldato. Ed è troppo da sopportare, Louis sente la familiare sensazione di piacere proveniente dal basso ventre scoppiargli dentro le vene, raggiungendo ogni fibra del suo essere.
Viene qualche minuto più tardi – ridicolmente presto - con un gemito strozzato dentro la bocca calda di Harry che ingoia remissivo, mandando piccole vibrazioni sulla sua pelle sensibilissima. I movimenti sinuosi della lingua del riccio lo accompagnano durante tutto l’orgasmo; quando si stacca, leccando con occhi scintillanti di malizia le goccioline di sperma rimaste sulle sue labbra, Louis si affloscia sul divano, leggermente scosso.
“Vuoi che—“ si trova comunque a dire, lanciando un’occhiata eloquente prima ad Harry e poi al visibilissimo rigonfiamento nei pantaloni stretti. Il riccio si morde le labbra rosse come ciliegie mature e poi scuote la testa.
“L’ho fatto per farti sentire bene, Louis, non perché volevo che tu ricambiassi il favore.” Gli dice, sporgendosi in avanti per premergli un bacio sulle labbra. (Louis dovrebbe probabilmente essere disgustato di assaggiare se stesso dentro la bocca di Harry ma, in realtà, non lo è nemmeno un po’.)

Louis si ritrova quasi ogni giorno con le labbra di Harry chiuse intorno alla sua erezione – sul suo divano sbiadito, nel retro dell’officina o dentro la sua piccola camera da letto. Harry non gli chiede mai nulla in cambio e Louis ha ormai imparato a non insistere nonostante cominci a sentirsi un po’ un opportunista, perché Harry gli regala i migliori orgasmi della sua vita e vorrebbe davvero ricambiare il favore - vorrebbe anche vederlo nudo ma non è ovviamente questo il punto.
Fanno anche altro durante le ore passate insieme, comunque. Quel pomeriggio infatti, approfittando del fatto che Eleanor sia fuori città per passare qualche giorno in un centro benessere insieme alla madre, Louis è allo skate park. E’ seduto sul muretto di pietra, le gambe ciondolanti e gli occhiali da sole calati sul naso, accanto a Zayn che gli sta mostrando i suoi scatti. Di tanto in tanto si distrae un attimo, giusto il tempo di sollevare il capo per lanciare un’occhiata ad Harry impegnato a mostrare a Niall e altri ragazzi un kickflip – sì, Harry ha provveduto ad insegnargli tutti i nomi dei trick nonostante Louis ne ricordi pressoché la metà.
Comunque, Zayn è davvero bravissimo con la sua Nikon. I soggetti delle sue foto sono assolutamente normali ma il modo in cui lui li cattura, inscatolando le emozioni di un attimo dentro quella macchina fotografica e facendole sue per sempre, li rende straordinari. Le foto sembrano così reali che Louis può quasi sentire il miagolio del gatto nero che Zayn ha immortalato, o il profumo di quel roseto, le risate di un gruppo di bambini che corrono sul marciapiede bagnato di pioggia. Il suo soggetto preferito, comunque, sembra essere Niall; Zayn arrossisce sulle guance quando il viso biondo appare sullo schermo e Louis trattiene un sorriso mentre scruta le foto di Niall che sorride assonnato, Niall che fa qualche trick con lo skateboard,  Niall in boxer che tenta di cucinare una omelette. “Sembra quasi che lui sia la tua musa” scherza Louis dopo l’ennesima foto del biondo (un autoscatto in cui bacia Zayn sul naso), Zayn abbassa la testa e si morde appena le labbra prima di sussurrare un flebile: “Lo è.”
Louis gli dà una pacca sulla spalla, soffocando un ‘Awww’ pieno di tenerezza. Poi solleva lo sguardo e incrocia quello di Harry che lo saluta con un bacio volante e un occhiolino prima di buttare a terra il suo skateboard e saltarci sopra.
Forse, pensa, Harry è il suo Niall.

“Sei proprio un idiota.” Louis piega le labbra in una smorfia mentre tampona il gomito di Harry con un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante. Harry strizza gli occhi e sibila qualche impropero tra i denti quando la medicina viene a contatto con la pelle abrasa. E’ seduto sul tavolo della sua cucina, le gambe divaricate per fare spazio a Louis che si agita intorno a lui continuando a ripetergli quanto sia idiota e quanto lo skateboard sia un’arma letale.
“Ho solo perso l’equilibrio” sospira, dondolando appena i piedi. Louis gli lancia un’occhiataccia e preme più forte sulla ferita facendolo sussultare.
“Potevi romperti qualcosa. Riportare un trauma cranico!” dice in un sussurro arrabbiato. Harry rotea gli occhi, sbuffando. “Mi hai fatto prendere un colpo, Harry. Non ti azzard—mphf
Harry lo zittisce con un bacio sulle bocca, inghiottendo i suoi lamenti indignati e bloccando ogni suo tentativo di spingerlo via. Stringe le braccia intorno alla sua vita, avvicinandolo finché i loro petti sono premuti insieme e “Stai cercando di distrarmi?” soffia Louis contro le sue labbra, mordendogli lievemente il labbro inferiore. Harry piega gli angoli della bocca all’insù in un sorriso sfacciato e poggia il palmo aperto della sua mano sulla natica di Louis.
Il più grande piega la testa, soffocando una risatina contro la pelle del suo collo mentre con le mani percorre la schiena larga di Harry. Rimangono così per un po’, senza parlare, scambiandosi di tanto in tanto qualche piccolo bacio; Louis sospira contento, stretto tra le braccia dell’unica persona che lo fa sentire vivo. 

Il loro primo (quasi) litigio arriva pochi giorni più tardi. Louis è a cena a casa di Harry – ha dovuto inventarsi un finto mal di testa con Eleanor e parcheggiare la Porsche a qualche isolato di distanza per non farsi beccare -, ha le gambe incrociate sul divano, la testa poggiata sulla spalla di Harry e lo scatolo semivuoto di una pizza sulle cosce. E’ venerdì sera, stanno guardando un documentario della BBC sulle Alci dell’Alaska (Harry sbadiglia e sbuffa annoiato da più o meno un’ora, pregandolo di cambiare canale, ma Louis lo zittisce con un “Shh!” severo e un bacio sulle labbra sporche di pomodoro) e tutto sembra andare per il verso giusto finché Louis si alza dal divano annunciando a gran voce di aver sete. Harry risponde con un urletto vittorioso per poi allungare una mano per afferrare il telecomando.
Louis storce le labbra e “Quando torno farai meglio a cambiare di nuovo canale!” strilla, entrando in cucina. Si dirige verso il frigorifero, lo apre e rimane a fissarlo per un po’, afferrando poi una lattina di Coca Cola e chiuderlo di nuovo. Ha già sollevato la linguetta metallizzata della lattina quando il suo sguardo cade su un foglio che ha tutta l’aria di essere importante, attaccato sulla superfice lucida del frigorifero con una calamita a forma di rana. Louis sa che non dovrebbe ficcare il naso, ma ha già letto il grosso ‘Sollecito di pagamento’ scritto a caratteri cubitali in cima al foglio e non riesce davvero a trattenersi. Si morde le labbra e stringe maggiormente le dita intorno alla lattina fredda, piega leggermente la schiena all’indietro, lanciando un’occhiata al salotto per assicurarsi che Harry sia ancora sul divano e poi torna a leggere.
Louis scopre che gli Styles sono indietro con il pagamento dell’affitto – cinque mesi di ritardo, precisamente – e hanno trenta giorni di tempo per risanare il debito, rischio lo sfratto. Quasi non riesce a credere che la situazione economica di Harry sia così precaria e disastrata, sente il senso di colpa bruciargli dentro, vergognandosi del suo stile di vita, della poca attenzione con cui sperpera il denaro dei suoi genitori, mentre esistono famiglie come quella di Harry che non riescono nemmeno ad arrivare a fine mese.
“Cosa stai facendo?” La voce di Harry lo fa sussultare, facendogli quasi perdere la presa sulla lattina. Volta la testa verso la porta della cucina dove trova Harry, una spalla poggiata allo stipite e le braccia incrociate al petto. Louis arrossisce, come un bambino colto con le mani dentro il vasetto di marmellata. “Stavo— ho letto che siete in ritardo con l’affitto” mormora piano, indicando con un dito il foglio.
Harry si stacca dallo stipite, “Non è niente, ce la caveremo” dice, un sorriso tirato sulle labbra piene. Louis abbandona la Coca Cola sul piano cottura e gli va vicino.
“Se vuoi, posso prestarti i soldi che—” Non fa nemmeno in tempo a finire la frase, Harry gli lancia un’occhiataccia gelida che lo fa ammutolire immediatamente.
“Non ho bisogno dei tuoi soldi” replica stizzito, punto nell’orgoglio.
“Harry, voglio solo aiutarti,” Louis allunga una mano per sfiorargli il braccio ma Harry si ritrae, gli occhi tempestosi. E’ la prima volta che Harry rifiuta un suo tocco e Louis sente gli occhi pizzicargli e un nodo stringergli la gola. “Harry” tenta di nuovo, ma il  riccio volta il capo rifiutandosi di guardarlo. “Posso farlo, Harry. Non è un problema—”
Ancora una volta, Harry interrompe il corso delle sue parole. “Ho già trovato un altro lavoro. Il mio amico Nick ha un negozio di dischi ed è disposto ad assumermi part-time così potrò continuare a lavorare in officina. Non devi preoccuparti.”
Louis aggrotta la fronte. “Come farai con la scuola? E’ il tuo ultimo anno, dove troverai il tempo di studiare?” obietta perplesso.
Harry abbassa lo sguardo, si passa una mano tra i capelli e alza le spalle. “Non andrò a scuola. Non—non è importante” borbotta piano, appoggiando la schiena al muro. 
Louis ci mette un po’ per assimilare quelle parole ma quando eventualmente lo fa spalanca la bocca, colto di sorpresa. Sente nuovamente quel bruciante senso di colpa ostruirgli lo stomaco e non può, non può davvero lasciare che Harry faccia una cosa simile.
Potrebbe vendere la Porsche, pensa subito, così da non svuotare la sua carta di credito in caso suo padre la controlli, potrebbe dire loro che si è stancato di guidarla o che non è più di suo gradimento – i suoi genitori non sospetterebbero nulla. Afferra le mani di Harry, stringendole tra le sue, “Harry, no. Non puoi farlo, tua madre non—”
Harry affonda gli incisivi sul labbro inferiore, lo sguardo ancora basso, “Lou, devo farlo” è il suo sussurro rassegnato. “Siamo nei guai con la banca, non capisci?” La sua voce trema un po’ verso la fine, trasformandosi presto in un singhiozzo. Tira via le mani dalla presa di Louis e le porta al viso per coprirsi gli occhi, mentre una grossa lacrima scivola lungo la sua guancia. Louis sospira, il cuore che gli si stringe dentro il petto.
“Shh” mormora, abbracciandolo. Harry tira su col naso, le spalle larghe scosse da singhiozzi sempre più violenti. “Harry, lascia che ti aiuti. Per favore.”
“Non potremo più restituirteli.”
Harry seppellisce il viso nell’incavo del collo di Louis che gli posa un bacio tra i capelli e “Non voglio che li restituiate”, mormora, senza smettere di accarezzargli la schiena.
Harry butta fuori un respiro tremolante, circondando il collo di Louis con le braccia. “Non voglio essere il tuo caso di carità,” sussurra contro la sua pelle. “Non voglio che tu lo faccia per sentirti bene con te stesso, Lou.”
Louis scuote la testa, premendo lievemente le labbra contro il suo orecchio. “Non sei il caso di carità di nessuno. Sei—cazzo, Harry, sei la cosa più vera che abbia mai fatto parte della mia vita. Sei l’unico che parla con me perché vuole farlo e non perché ho un mucchio di soldi e guido una stupida Porsche—”
“La tua Porsche non è stupida.” Lo interrompe Harry tirando di nuovo su con il naso, una piccolo sorriso sul volto. Louis ridacchia.
“Voglio solo aiutarti, tesoro. Faresti lo stesso se mi trovassi nella tua posizione.” Louis continua, dandogli un piccolo buffetto sulla guancia. Harry si lascia scappare un singhiozzo strozzato e Louis lo stringe più forte contro il suo corpo. “Grazie” mormora poi, la voce smorzata e le mani che scivolano sulla schiena del più grande. “Grazie, Lou. Ti—ti voglio bene.”
Louis piega le labbra in un sorriso e Anche io, pensa. Anche io. Grazie a te. 

Non vende la Porsche, comunque. Harry minaccia di non rivolgergli più la parola altrimenti, e Louis non sa se potrebbe sopravvivere ad una cosa del genere. Preleva quindi un’ingente somma di denaro dalla sua carta di credito – un poco alla volta, così da non insospettire i suoi genitori – e Harry fa mille storie prima di accettare l’involucro di carta contenente i soldi ma poi, alla fine, cede e ringrazia Louis con un bacio sulla guancia e un altro a fior di labbra.
Louis potrebbe aver prosciugato praticamente tutto il suo conto ma non gli importa minimamente: è disposto a fare questo e anche altro per Harry – e questo pensiero lo spaventa decisamente.
“Te li restituirò tutti,” promette risoluto Harry, mentre stanno andando allo skate park. Accanto a loro, Niall e Zayn stanno battibeccando senza sosta sulle presunte avances che una ragazza dai capelli lilla che dovrebbe chiamarsi Perrie – Louis non ne è molto sicuro – fa a Zayn. E’ divertente vederli bisticciare, Niall ricorda vagamente un bambino geloso della scuola materna, e Louis si copre la bocca con una mano per nascondere una risata, il braccio di Harry posato intorno alle sue spalle e il suo berretto della Obey calato sui capelli. “Farò il doppio turno all’officina e cercherò di risparmiare ogni centesimo e—” riprende Harry, ma Louis rotea gli occhi e lo interrompe premendogli l’indice sulle labbra. Harry solleva le sopracciglia per poi posargli un piccolo bacio sul polpastrello, facendo ridacchiare Louis.
“Non voglio che li restituisci, Harry.” Louis ha ripetuto questa frase qualcosa come miliardi di volte, ma Harry sembra non darsi pace. “E non voglio nemmeno che tu faccia doppi turni. Voglio che tu continui gli studi e che un giorno diventi uno scrittore famosissimo così potrò dire al mondo intero che –” allunga il collo per accostare la bocca contro l’orecchio di Harry e abbassa notevolmente la voce per non farsi sentire da nessuno, “— che Harry Styles mi ha fatto un pompino!” ridacchia poi.
Harry si morde le labbra e “Te ne ho fatti a decine!” esclama divertito spintonandolo leggermente, poi afferra la visiera del berretto che Louis gli ha rubato e lo tira via, posizionandolo sui suoi ricci. Louis s’imbroncia e incrocia le braccia al petto, corrugando le sopracciglia con aria fintamente offesa. Harry gli rivolge un sorriso prima di voltarsi verso Niall e Zayn e rimbeccarli di smetterla con i loro stupidi litigi da vecchia coppia sposata, e Louis allora lo guarda. Lo guarda con gli angoli della bocca piegati all’insù, come se fosse il sole e la luna e le stelle insieme, come la prima giornata di Primavera dopo un Inverno freddo e senza fine.
E riesce a sentirlo perfettamente, il rumore delle crepe che sfaldano le pareti della sua prigione di cristallo.

“Come accidenti riesci a rimanere in equilibrio su questo coso?!” Louis si aggrappa al braccio di Harry con entrambe le mani, le ginocchia rigide e lo skateboard che oscilla pericolosamente sull’asfalto. Harry scoppia a ridere, avvolgendo le braccia intorno ai suoi fianchi per non farlo cadere. E’ colpa di Niall e la sua stupida boccaccia se, in quel momento, si trova su quella tavola infernale (“Non sei mai salito su uno skateboard, Louis?!” aveva strillato il biondo balzando giù dal muretto con un’espressione quasi offesa sul volto. “Harry, il tuo ragazzo non è mai salito su uno skateboard!”, Louis allora aveva iniziato a balbettare, rosso come un pomodoro perché, beh, non è mica il ragazzo di Harry, insomma!) sotto gli sguardi divertiti di tutti i presenti.
“Rilassati, Lou.” Harry lo ammonisce con voce morbida, baciandogli la spalla coperta dalla camicia di jeans. Qualcuno fischia e Louis s’irrigidisce un po’, le guance che gli vanno a fuoco. Non è ancora pronto ad amoreggiare in pubblico - anche se l’altro giorno, davanti casa di Eleanor, con Harry senza maglietta e spalmato contro di lui, non si era fatto poi così tanti problemi, ma comunque. Il punto è che gli amici di Harry sanno che lui è gay e a nessuno sembra importare granché, ma quelli di Louis non sarebbero sicuramente così comprensivi. Cosa succederebbe se passassero accidentalmente di lì e lo vedessero circondato da un gruppo di skaters, in atteggiamenti equivoci con uno di loro? Cosa succederebbe se mettessero in giro voci, se lo raccontassero ai suoi genitori – a suo padre?
Lo skateboard sotto di lui slitta leggermente e Louis si lascia scappare un urletto davvero poco virile e stringe in maniera spasmodica il braccio di Harry. “Voglio scendere” dichiara poi, ignorando le risatine degli altri. Harry stringe maggiormente la presa intorno ai suoi fianchi e lo solleva di peso dalla tavola, quasi fosse una leggerissima piuma, posandolo poi sull’asfalto.
Louis mette il broncio e “I tuoi amici mi prenderanno in giro per sempre,” borbotta imbarazzato. Harry corruga la fronte, l’ombra di un sorriso sulle labbra. “Non è vero,” replica, curvando lievemente la schiena per stampargli un veloce bacio sulla bocca. Prima ancora che Louis possa allontanarlo, Harry fa un passo indietro e “Mamma vuole invitarti a cena, domani sera” dice. Louis solleva sorpreso le sopracciglia. “Per ringraziarti del prestito. Ti va?”
Louis inizia a mordersi il labbro inferiore: non ha mai incontrato la madre di Harry, occupata com’è con i suoi due lavori, e il pensiero di cenare insieme lo innervosisce un poco. Non sa se Harry le ha detto la verità sul loro rapporto, per quanto ne sa Anne potrebbe essere convinta che lui sia il fidanzato di suo figlio – non vorrebbe davvero frantumarle i sogni presentandosi come il gay non dichiarato e spaventato che sfrutta la bocca di suo figlio per farselo succhiare.
Tentenna un po’ ed è a tanto così dal rifiutare l’invito quando Harry, che sembra sempre guardargli dentro e percepire al volo ogni sua emozione, gli sorride e “Rilassati, Lou. Le ho detto che sei solo un amico. Posso chiederlo anche a Niall e Zayn se vuoi.”
Louis sospira e scuote la testa. “No, è che—e se mi odiasse? Se mi trovasse spocchioso e arrogante e non—” abbassa gli occhi e alza le spalle con fare vago, “—se non volesse più che tu uscissi con me?” conclude con voce flebile.
Harry arcua le sopracciglia marroni e lo fissa con cipiglio incredulo. “Lou,” dice con un sorriso nel tono di voce, sollevandogli il mento con un dito e incatenando insieme i loro occhi. “Dopo quello che hai fatto per noi, credi davvero che mia madre sarebbe capace di odiarti?”
Louis sporge il labbro inferiore. “Non lo so” mugugna piano, “Non voglio che faccia finta di piacergli solo perché vi ho aiutato. O perché ho dei genitori ricchi. Tutti sembrano voler essere miei amici per quello, voglio—”. Harry gli prende il viso tra le mani e Louis smette immediatamente di blaterare. Si sente piccolo, indifeso e completamente esposto di fronte agli occhioni verdi del riccio; si sente fatto di vetro, vetro rotto, ed Harry è l’unica colla che può tenere insieme i suoi pezzi. “Louis,” Harry gli accarezza delicatamente le guance con i pollici, occhi negli occhi – Louis potrebbe annegarci dentro quello sguardo. “Sei molto di più di un conto in banca. Sei le rughette che ti spuntano intorno agli occhi quando ridi; sei le tue mani piccole, il tuo corpo tondo e robusto; sei la tua risata, sei il tè che bevi prima di andare a dormire; sei il modo in cui ti tocchi i capelli quando sei nervoso; sei i pantaloni aderenti e le camicette orribili che indossi; sei gli sms della buonanotte che mi invii; sei i baci e gli abbracci e tutte le cose belle che esistono al mondo. Sei molto di più, Louis. Non scordarlo.”
Louis ha la bocca dischiusa e le guance rosse, ha le lacrime agli angoli degli occhi e il cuore che gli scoppia. E poi ha anche Harry, lì davanti a lui, che continua a fissarlo, e lo stomaco che fa una piccola capriola. “Non lo scorderò,” dice allora Louis, prima di abbracciarlo. “E le mie camicette non sono orribili!” sussurra poi risentito quando si stacca, schiaffeggiandogli leggermente un braccio.

Louis ignora le chiamate e gli sms di Eleanor, senza staccare gli occhi dalla madre di Harry che da dietro la pila di piatti sporchi che regge in mano sta raccontando loro la giornata appena trascorsa. E’ seduto di fianco ad Harry, i loro gomiti che si sfiorano di tanto in tanto, il ginocchio del riccio che pungola la sua coscia.
La cucina profuma di chiacchiere, peperoni verdi ripieni e spaghetti e del vino bianco comprato da Anne per l’occasione. Louis non riesce nemmeno a capire come mai, il giorno prima, si sia preoccupato così tanto, Anne è assolutamente deliziosa e alla mano, con uno spiccato senso dell’umorismo e il sorriso più luminoso del mondo – ed è così identica ad Harry che, mentre la guarda parlare, si dà mentalmente dello stupido per aver temuto che potesse non accettarlo.
“A chi va un po’ di gelato?” domanda raggiante, poggiando i piatti sul fondo del lavello. Harry annuisce e lancia un’occhiata a Louis che sorride e alza le spalle. Anne lo prende comunque per un sì e, sorridendogli di rimando, afferra tre tazze di vetro pulite dal mobiletto sopra il piano cottura e li mette sul tavolo, dirigendosi poi verso il frigo.
“Allora?” Harry si avvicina al suo orecchio strofinandogli la punta del naso contro la guancia prima di lasciargli un piccolo bacio lì. “Ti piace mia madre?”
Louis si volta a guardarlo negli occhi, “Sì, è proprio una bella donna. E quel vestito a fiori le sta d’incanto, potrei davv— hey!” borbotta imbronciandosi quando Harry gli pizzica il mento con cipiglio indispettito. Louis rotea gli occhi ma sorride, scuotendo appena la testa. “E’ davvero simpatica. E adesso capisco perché sei così perfetto…” sussurra piano, facendo guizzare lo sguardo dagli occhi alle labbra rosse di Harry e poi di nuovo ai suoi occhi che scintillano sotto il neon della lampada. Il viso del riccio si allarga in un sorriso enorme e luminoso che, pensa Louis, potrebbe comodamente illuminare l’intera Australia per cinque mesi interi.
“Sapevo che mi stavi mentendo quando mi hai detto che Louis fosse solo un tuo amico” esordisce improvvisamente Anne, la vaschetta di gelato tra le mani, muovendo sorniona le sopracciglia. Harry e Louis interrompono bruscamente il loro contatto visivo muovendo di scatto la testa nella sua direzione, le guance rosse per l’imbarazzo di essere stati beccati. Anne li guarda compiaciuta per un attimo e Harry grugnisce passandosi una mano sul viso. “Siamo amici” mugugna dopo un po’ – Louis annuisce prontamente – ma Anne ha ancora su quell’espressione di chi la sa lunga e  non si fa mica prendere in giro dal primo che capita, perciò Harry alza gli occhi al soffitto e lascia cadere con un sospiro l’argomento.

Harry fa scivolare i palmi delle sue mani sulle cosce robuste di Louis sollevandolo dal pavimento piastrellato del piccolo bagno di casa sua, non lasciando a Louis altra scelta che quella di stringere le gambe intorno ai suoi fianchi stretti e incrociargli le braccia dietro al collo per non cadere. La bocca di Harry succhia un livido sul collo del più grande strappandogli via un gemito sommesso, la sua erezione già sveglia contro la propria coscia nuda, coperta soltanto da un misero asciugamano, e il bacino che si muove freneticamente su e giù.
Louis artiglia con una mano i capelli bagnati di Harry, miagolando contro la conchiglia del suo orecchio. “Mi sei mancato oggi” trova la forza di sussurrare, tra un fremito e l’altro. Harry borbotta qualcosa che Louis non riesce a comprendere prima di fiondarsi di nuovo sulla pelle martoriata del suo collo.
Quel pomeriggio Louis, dopo aver passato un’intera mattinata a fare shopping insieme ad Eleanor, probabilmente anche a causa del fatto che la sera prima durante la cena insieme ad Anne non ha potuto baciare e toccare Harry come in realtà avrebbe voluto, è eccitato da morire. Tutto quello che vuole in questo momento è il corpo di Harry: passare la lingua sulla sua pelle bagnata e cosparsa di tatuaggi, far sparire quell’asciugamano maledetto e prenderglielo in bocca e poi farsi scopare così forte da vedere le stelle e i pianeti e tutto il fottuto universo perché ne ha bisogno ed è determinato a non accettare un no, Louis come risposta.
Perciò “Ti voglio dentro di me” soffia contro la guancia di Harry prima di nascondere il volto nell’incavo del suo collo e lasciarsi scappare un debole singhiozzo pregno di piacere. Harry piega di poco la testa lasciandogli un bacio umido sulla mascella e “No” mugugna poi, staccando la bocca da quella pelle perennemente abbronzata e perfetta.
Louis sbuffa. “Harry guaisce disperatamente, senza smettere di muovere il bacino. Ma Harry slaccia delicatamente le sue gambe dalla propria vita e lo rimette a terra, baciandolo un’ultima volta sulla bocca prima di scostarsi completamente dal suo corpo. Louis barcolla un po’ quando i suoi piedi toccano il pavimento, la sua erezione continua a sfregare prepotentemente contro i suoi jeans ed è così frustrato che si strapperebbe tutti quanti i capelli perché non può fare a meno di scacciare la martellante paura che Harry non si senta attratto da lui, che non desideri il corpo che ha da offrirgli. “Non ti piaccio” e non è nemmeno una domanda, la voce di Louis è appena udibile, carica di dubbi e insicurezze; si passa una mano tra i capelli lisci, scompigliando un po’ la frangia e abbassa lo sguardo.
Harry sgrana gli occhi sorpreso. “Certo che mi piaci, Lou” replica. Louis non risponde, scuote un po’ la testa e si morde il labbro inferiore. “Louis, ti stai sbagliando. Non pensare nemmeno—”
“Non mi sto sbagliando, Harry!” esclama di colpo Louis alzando lo sguardo. “Voglio solo farti sentire bene e tu continui a respingermi. Non mi vuoi, non— è ovvio che preferisci farti degli emeriti sconosciuti dentro qualche squallido bagno di un pub piuttosto che me.”
Dentro il piccolo bagno cala un pesante silenzio, interrotto solamente dal gocciolare continuo del rubinetto. Harry serra la mascella, le labbra carnose premute insieme in una linea stretta, fissa Louis con occhi duri e offesi. “Non mi faccio emeriti sconosciuti dentro i pub, non più” chiarisce risentito. Louis incassa la testa tra le spalle, chiude brevemente le palpebre e sospira affranto.
“Non volevo” dice passandosi una mano sul volto. Harry annuisce, le mani sui fianchi, una punta di scetticismo negli occhi, piccole goccioline d’acqua che dai suoi capelli scivolano lungo la sua tempia, giù fino alle spalle. “Sul serio, Harry. Non volevo. Non— voglio solo che tu smetta di respingermi.”
Harry sospira. “Non ti respingo,” dichiara laconico. “Non sai nemmeno con quanta forza ti desideri. Ma prima voglio che tu sia sicuro. Non sei mai stato con un ragazzo, è tutto nuovo per te. Potrebbe non piacerti, il sesso intendo, e potresti andartene via da me. E io ci sono troppo dentro per—” muove vagamente una mano, scuotendo appena la testa, “—per lasciarti andare. Non voglio essere il tuo piccolo esperimento, Lou. Per favore.”
Louis si sente infinitamente ridicolo e patetico e l’essere umano più stupido del mondo, in questo momento. Non può davvero credere che l’unico motivo per cui Harry si freni con lui sia la paura che lui possa riscoprirsi di nuovo etero e poi abbandonarlo. E, davvero, non riesce a capire come qualcuno come Harry possa essersi accorto di lui, un bambino viziato troppo cresciuto che finge indossando ogni giorno una maschera per paura di non essere accettato.
Harry è troppo per lui, Harry meriterebbe il mondo, meriterebbe qualcuno che gli prenda la mano per strada senza guardarsi intorno mille volte per essere sicuro che siano da soli – e Louis è troppo spaventato per farlo.
Si ritrova a piangere senza nemmeno accorgersene; l’espressione angustiata di Harry si trasforma immediatamente in una preoccupata e “Lou,” sussurra, avvolgendolo subito tra le sue braccia. Louis nasconde il viso contro il suo petto ancora bagnato mormorando parole sconnesse, i suoi singhiozzi s’infrangono contro la pelle tatuata del riccio. “Perché stai piangendo?”
“Perché tu sei perfetto” Louis tira su col naso e prende un respiro tremolante, sfiorando lievemente con le labbra le ali della rondine sinistra che marchia la pelle di Harry. “E io sono uno stupido.”
Harry scoppia a ridere e Louis si stringe ancora di più a lui. Quando appoggia il mento sopra la sua testa e gli deposita un bacio tra i capelli, “Non sei stupido” Harry lo rassicura con un piccolo sorriso. “Non sei mai stupido.”
“Perché perdi tempo con qualcuno come me?” biascica Louis, perché proprio non ce la fa a smettere di piangere e a darsi dell’imbecille e accidenti, Harry, perché sei così perfetto?
Harry lo allontana di poco e, guardandolo negli occhi, “Perché ci sono dentro, Lou.”
E Louis non sa cosa intenda Harry – o forse sì e magari, pensa, c’è dentro anche lui.

Eleanor avvicina con un gesto elegante il calice di vetro alle labbra ridacchiando piano ad una battutina detta da Liam. Louis, seduto al tavolo del ristorante in cui si trovano, li guarda con l’espressione di chi preferirebbe attaccarsi un cappio al collo.
“Quindi è venuto questo tizio,” continua Liam agitando le braccia. “e mi ha chiesto una sigaretta. Ma lo vedevo da come mi fissava che era un finocchio e infatti, poi, ci ha provato con me!” esclama, come se fosse la cosa più sconvolgente del mondo. Louis giocherella annoiato con i piselli dentro il suo piatto, costringendosi a non roteare gli occhi. “Un frocio ha cercato di abbordarmi, capisci?”
Eleanor beve un sorso di Coca Cola e poi ride ancora più forte, coprendosi la bocca con una mano dalle unghie perfettamente curate. Louis scuote appena la testa, più irritato che annoiato adesso.
Liam butta la testa all’indietro, tenendosi la pancia. “Gli ho dato un cazzotto sul viso e lui è caduto a terra e s’è messo a frignare come una ragazzina—”
Louis sbarra sconcertato gli occhi e “Che cosa?” sibila tra i denti lasciando cadere la forchetta sul piatto – sparpagliando un po’ di piselli sulla tovaglia di stoffa -  fissando l’amico con rabbia. Il sorriso sul volto di Liam si affievolisce lasciando posto ad un’espressione confusa. Eleanor poggia il bicchiere sul tavolo e gli lancia un’occhiata curiosa. “Hai picchiato un tizio solo perché ci ha provato con te?”
Liam aggrotta la fronte e storce il naso. “Pensava fossi frocio!” esclama risentito. Louis scuote la testa e poggia i gomiti sul tavolo, la realizzazione di avere un amico omofobo e stupido lo colpisce duro come un muro di mattoni. Come potrebbe mai ammettere ad alta voce di essere gay quando potrebbe rischiare di essere picchiato e denigrato da quello che considera(va) il suo miglior amico?
“Comunque,” riprende Liam, voltandosi di nuovo verso Eleanor. “Poi è arrivato un tizio, un irlandese frocio pure lui, che ha iniziato ad insultarci e a difendere quella checca—”
“Era biondo?” lo interrompe bruscamente Louis. Liam sposta gli occhi marroni su di lui, assottiglia le palpebre e “Lo conosci, per caso?” indaga.
Louis arrossisce un po’ e “No!” esclama in fretta. Troppo in fretta. “Sì” sospira pochi secondi dopo. Eleanor, accanto a lui, assottiglia le palpebre ricoperte da un leggero velo di ombretto dorato, alza un po’ il mento e storce il naso. “Come fai a conoscerlo? Chi è?” domanda. Louis tergiversa un po’, afferra il bicchiere che ha davanti e se lo porta alle labbra, mugugna qualcosa di incomprensibile e poi scrolla le spalle.
Cala un silenzio imbarazzante tra loro, Louis si agita un po’ sulla sedia, gli occhi di Liam ed Eleanor puntati con insistenza su di lui. Alla fine, però, “Beh, comunque Andy gli ha spaccato il naso” prosegue con tono disinteressato Liam, tagliando la sua scaloppina. Louis quasi si strozza con la sua birra, tossisce violentemente e, ignorando l’occhiata preoccupata di Eleanor, allontana la sedia dal tavolo facendola stridere sul pavimento e scatta in piedi. “Sei impazzito?” lo accusa, cercando di moderare il tono di voce.
Liam apre la bocca per parlare ma Louis afferra il cardigan che ha appeso allo schienale della sedia e “Me ne vado” annuncia improvvisamente, precipitandosi fuori dal locale.

Harry risponde alla chiamata dopo cinque squilli. “Lou?” domanda, la sua voce bassa e dolce come il miele basta a calmare i nervi di Louis. Il ragazzo sospira, una mano che stringe saldamente il volante della Porsche fino a far sbiancare le nocche, l’altra che regge il cellulare vicino l’orecchio.
“Come sta Niall?” domanda, premendo appena un piede sul freno. Dall’altra parte del telefono, Harry esala un verso sorpreso e “Come fai a saperlo?” chiede - Louis può chiaramente vederlo mentre aggrotta la fronte e si gratta perplesso la guancia.
“Erano i miei amici—” replica flebilmente, vergognandosi a morte. Uno strano e pesante silenzio cala tra loro e Louis si morde le labbra nervoso e incerto e così dannatamente spaventato che Harry possa dargli la colpa di quanto successo a Niall e mandarlo a quel paese. “Non odiarmi” soffia piano, incastrando il cellulare nello spazio tra la spalla e l’orecchio per ingranare la marcia.
Harry prende un respiro e “Non ti odio, Lou. Non è colpa tua. Ma vorrei che smettessi di considerare tuoi amici gente del genere.”
“Sono gli unici amici che ho, Har—” Harry sbuffa dall’altra parte della cornetta e Louis s’interrompe a metà. “Cosa c’è?” sospira.
“Non sono gli unici amici che hai. Hai me. Hai Niall e il suo naso rotto. Hai Zayn. Hai qualcuno che ti vuole bene per quello che sei veramente.”
Louis è così sopraffatto da quelle parole che quasi inchioda la Porsche in mezzo alla strada; sente il cuore gonfiarsi in maniera esagerata, la cassa toracica troppo piccola per contenerlo tutto, un calore intenso alle guance e gli occhi che pizzicano. “E’ difficile,” mormora, stringendo  brevemente le palpebre quando la voce gli trema. “E’ davvero difficile crederti quando ho passato la mia vita intera circondato da persone a cui non importa niente di me — be', nemmeno ai miei genitori.”
“A me importa di te, Lou. E voglio che tu mi creda e anche che adesso tu venga al parco. Ti bacerò così forte da toglierti il fiato.”
Louis sorride tra sé: tu mi togli sempre il fiato, vorrebbe dirgli, ma rimane in silenzio.

Niall ha il naso gonfio e livido, un cerotto rosa di Barbie sulla fronte ("E' un regalo della sorellina di Zayn" ha ridacchiato il biondo) e un Zayn che si agita intorno a lui e gli urla di fare piano con lo skateboard se non vuole rompersi qualcos’altro. Ma sta sorridendo quando Louis lo abbraccia e alza le spalle quando gli chiede scusa per avere degli amici del genere, ride anche per una battuta di Harry ma poi piega le labbra in una smorfia di dolore e Zayn spintona lievemente il riccio perché “Smettila di farlo ridere, gli fa male tutto!”
Harry, comunque, mantiene fede alla sua parola e lo bacia forte – per la prima volta, Louis non si guarda nemmeno intorno: stringe solo la magliettina nera di Harry tra le sue dita e chiude gli occhi, mandando al diavolo ogni preoccupazione. “A me importa di te,” sussurra Harry tra un bacio e l’altro, una mano dietro la nuca di Louis e l’altra posata sulla base della schiena. “A me importa sempre di te.”
Louis apre le palpebre e sospira, stacca la bocca da quella di Harry, gli afferra il mento e gli volta il capo così da esporre il suo collo; preme le labbra contro la pelle bianchissima, ispirandone il profumo, prima di schiuderle leggermente e iniziare a baciarlo e a morderlo e a marchiarlo perché Harry è ormai suo, suo e di nessun altro. “Anche a me importa di te” mormora poco dopo.
Le labbra cremisi di Harry si piegano in un sorriso adorante e Louis è quasi certo che stia per baciarlo di nuovo, ma Niall ulula un “Oi! Prendetevi una stanza!”, facendoli arrossire entrambi e ridacchiare sommessamente.

“E’ stato il momento più brutto della mia vita; non dimenticherò mai il suo volto pieno di sangue.”
Louis è seduto tra le gambe di Harry, petto contro schiena, sul pavimento impolverato dello skate park, le braccia del riccio intorno ai suoi fianchi. Zayn è davanti a loro, gli occhi ambrati che non perdono di vista nemmeno per un attimo la figura di Niall poco più in là che sfreccia sul suo skateboard. Louis curva gli angoli della sua bocca in un piccolo sorrisino comprensivo.
“E’ successo tutto così velocemente,” riprende Zayn con un sospiro, tornando a guardarli. “Un secondo prima era vicino a me e l’altro dopo era a terra con il naso spaccato.” La sua voce trema un po’ mentre abbassa lo sguardo e giocherella con la tracolla della macchina fotografica. “Mi sono fatto prendere un po’ dal panico, tanto che Niall ha dovuto abbracciarmi e dirmi di rimanere calmo e il suo naso era fottutamente rotto e perdeva sangue e lui era lì, steso sul marciapiede, che consolava me!”
Harry ridacchia e allunga una mano per poggiarla sulla spalla del ragazzo. “Non pensarci, Niall adesso sta bene.” Lo consola con un sorriso stringendo l’altra mano intorno al fianco di Louis, lasciandogli un piccolo bacio sulla nuca. Zayn annuisce ancora piuttosto sconsolato prima di sollevare gli occhi e “Quindi, voi due..?” chiedere curioso, una pausa eloquente che lascia in sospeso la domanda.
Louis arrossisce e si agita un po’ tra le braccia di Harry mentre quest’ultimo preme nuovamente le labbra dietro il suo collo e gli rivolge un sorriso raggiante, le fossette in bella vista sulle guance.
“Non abbiamo bisogno di etichettare il nostro rapporto per il momento,” risponde. Louis piega indietro la testa per guardarlo e Harry abbassa lo sguardo su di lui, adorante. “Le etichette è meglio lasciarle ai vestiti, mmh?”
Louis fa sì con la testa e poi avvicina la bocca alla sua mascella. “Ma solo per il momento” però gli ricorda e Harry gli stampa un bacio su una tempia.

Novembre è iniziato da una settimana, gli alberi del parco hanno quasi perso del tutto le loro foglie, la temperatura si è sensibilmente abbassata e il cielo è sempre più grigio e carico di pioggia. Harry è troppo impegnato con la scuola e con il lavoro all’officina per ritagliare anche solo un momento libero da dedicare a Louis o al suo skateboard; perciò Louis ha rubato dal suo armadio alcune sue felpe e le indossa quando sente la sua mancanza così tanto da non poter nemmeno respirare. (Eleanor, un giorno, lo ha visto con una di queste addosso, ha corrugato la fronte perplessa per qualche attimo prima di scrollare le spalle.)
Quando riescono a vedersi, comunque, Louis passa buona parte del suo tempo attaccato alle labbra di Harry, le dita congelate sotto il suo maglione larghissimo a tracciare i contorni dei suoi tatuaggi.  Riesce persino a vincere le resistenze di Harry, una sera, mentre sono entrambi accoccolati sul letto del riccio a guardare una replica di Friends. Dopo quella che a lui è parsa un’eternità, Louis finalmente si trova tra le gambe del riccio, la lingua tra i denti in un’espressione concentrata, in procinto di fare il primo pompino della sua esistenza.
“Non devi farlo se—” Louis interrompe Harry con uno schiaffo sulla sua coscia pallida e un bacio a bocca aperta su un fianco. I suoi movimenti sono un po’ goffi all’inizio, nonostante Harry abbia le dita tra i suoi capelli e stia dettando il ritmo, e più di una volta rischia di soffocare e scorda pure di coprire i denti con le labbra, finendo col pizzicarlo un po’.
Lascia che Harry gli venga in bocca e arriccia un po’ il naso quando sente il suo seme caldo sulla lingua ma ingoia tutto, diligentemente; quando finiscono, Louis si pulisce la bocca con il dorso della mano e poi “Com’era?” domanda all’indirizzo di Harry, sfiancato e col fiato corto, le guance scarlatte.
“E’ stato—è stato l’orgasmo più fantastico che abbia mai—non so nemmeno perché ti abbia fatto aspettare così tanto—” balbetta, sollevandosi sui gomiti. Louis schiocca la lingua con un pizzico di orgoglio e poi gli salta addosso, attaccandosi alle sue labbra.

Due sere dopo, mentre è fuori da un pub insieme a Liam ed Eleanor, incontra Harry e i suoi amici dello skate park. Niall lo saluta con un sorrisone, Zayn attaccato al suo fianco come sempre, mentre Harry lo chiama a gran voce sventolando allegramente la mano. Louis si morde forte il labbro inferiore e si costringe ad ignorarlo, a voltare il capo e a ridere ad una battuta di Liam a cui non ha nemmeno fatto attenzione. Non sente, comunque, dall’altra parte del marciapiede, il cuore di Harry che si spacca a metà.
Quando rincasa, manda ad Harry una sfilza di sms con un mucchio di x alla fine.
Harry non risponde.

Harry non risponde nemmeno alle sue chiamate e, quando Louis decide di andare in officina, Tom lo manda via con un sorriso dispiaciuto sul volto e un “Mi dispiace, mi ha detto che non vuole parlarti.”
La sera va anche allo skate park ma qualcuno deve senza dubbio aver raccontato in giro quello che è successo la sera prima all’uscita del pub perché Louis viene accolto da occhiatine arrabbiate e sfuggenti e da cicalecci bassi che non promettono nulla di buono.
“Cosa ci fai qui?” Louis riconosce la voce di Niall e si volta velocemente. Il biondo ha lo skateboard sotto braccio, un berretto di lana azzurro e una felpa che Louis giura di aver visto un paio di volte anche addosso a Zayn.  Louis alza le spalle e “Cerco Harry”.
Niall solleva le sopracciglia, “Non vuole vederti,” dichiara risoluto. Dietro la sua schiena, appare la figura di Zayn che lancia un’occhiataccia a Louis – lui sbuffa perché oh andiamo! – e avvolge le braccia intorno alla vita del biondo, poggiando il mento sulla sua spalla.
“So che è qui, Niall. Voglio solo parlargli.” Louis sbotta impaziente. Niall scuote il capo. “Andiamo! Sa che Liam ed Eleanor non sanno—”
“Louis,” Niall lo interrompe, lascia cadere con un rumore sordo lo skateboard sull’asfalto e poggia una mano sopra quella di Zayn ferma sul suo addome. “Ci sono passato anche io. E’ come quando si è bambini, no? Vorresti solo una vita facile: divertirti con i tuoi amici, rimanere a letto tutto il giorno,  non fare arrabbiare i tuoi genitori e renderli felici. Ma poi cresci e ti rendi conto che devi svegliarti presto e andare a lavoro perché i tuoi genitori ti hanno cacciato fuori di casa quando hanno scoperto che ami un ragazzo,” Niall stringe maggiormente la mano di Zayn, intrecciando insieme le loro dita. “E non puoi uscire a divertirti con gli amici perché hai un affitto e delle bollette da pagare e devi risparmiare fino all’ultimo centesimo; e i tuoi genitori sono sempre arrabbiati con te e non vogliono nemmeno parlarti e l’unico modo per renderli felici è rinunciare all’unica persona che ti ama più al mondo. Quindi devi decidere: soffrire e nasconderti per il resto della tua vita o mandarli al diavolo ed essere felice per conto tuo. E non è semplice, e quelli che pensavi fossero i tuoi amici ti chiameranno frocio e tante altre brutte parole, ti diranno che fai schifo e ti umilieranno di fronte a tutti; e penserai: ‘sto davvero facendo la cosa giusta?’'. Ma poi tornerai a casa, nel tuo piccolo monolocale dove mancano i riscaldamenti e la muffa impregna gli angoli del soffitto, e troverai lui che riscalda la cena che sua madre ha preparato per te, con la sua stupida Nikon appesa al collo e il suo sorriso che ti toglie il fiato—” Zayn ride piano, posandogli un bacio dietro l’orecchio, “—ed è lì che capirai di aver fatto la scelta giusta. Probabilmente la più giusta di tutta la tua vita.”
Louis si morde l’interno della guancia e prende un respiro profondo. “Non siamo tutti così coraggiosi come te” borbotta stringendo le braccia al petto, le mani quasi interamente nascoste dalle maniche troppo lunghe della felpa di Harry (perché apparentemente non riesce a smettere di indossarla). “Ho paura,” ammette poi abbassando gli occhi sulle sue scarpe. “Mio padre non—”
“Louis,” Niall gli rivolge un piccolo sorriso comprensivo. “Immagina la tua vita tra vent’anni, quando sarai un ricco avvocato e sarai bloccato in un matrimonio noioso e senza amore.  Incontrerai Harry per strada e lui sarà felice e, probabilmente, stringerà la mano di un uomo che, al contrario di te, non ha paura di amarlo. E tu sarai lì, immobile che lo fissi, e penserai ad oggi e alla nostra conversazione e a quello che ti sei lasciato sfuggire dalle mani mentre permettevi a qualcuno di decidere la tua vita al tuo posto. Vuoi davvero essere quell’uomo?”
Niall alza un sopracciglio e Louis si prende la testa tra le mani, ingoiando le lacrime.
“Prenditi un po’ di tempo,” gli consiglia Niall. “Ma non troppo. Harry non ti aspetterà per l’eternità.”
Niall e Zayn lo lasciano lì, in piedi con la testa rivolta verso il cielo cupo e gli occhi che gli bruciano.

(Louis dorme con la felpa di Harry – anche se cerca di non indossarla spesso perché non vuole che il suo profumo sparisca - perché lo conforta e sa di casa. Tiene la fotografia che Zayn ha scattato loro quella prima sera trascorsa al parco sul cuscino, accarezzando con il pollice il volto sorridente di Harry.
Continua a mandargli sms, sentendosi anche davvero patetico, e non passa giorno in cui non pensi alle parole di Niall. Ha ancora paura. E non sente né vede Harry da una settimana.)

E’ difficile prendere una decisione (“Soffrire e nasconderti per il resto della tua vita o mandarli al diavolo ed essere felice per conto tuo?” la voce di Niall continua a rimbombargli in testa) e continua a spendere le sue giornate a pensare ad Harry, ad uscire con Liam ed Eleanor e ad evitare come la peste lo skate park. Ma, eventualmente, una sera, quando lui è al party di compleanno a casa di un’amica di Eleanor, alza decisamente il gomito e si sa: le parole degli ubriachi sono i pensieri dei sobri.
Barcolla verso Eleanor che sta conversando con la festeggiata, travolgendo gente a caso e inciampando un paio di volte persino nei suoi stessi piedi, i capelli scompigliati, la camicia leggermente sbottonata e gli occhi lucidi e “Ho fatto un pompino al tuo vicino di casa” ridacchia, bevendo un altro sorso di Vodka dal suo bicchiere di carta rosso. Eleanor interrompe la sua chiacchierata voltandosi lentamente verso di lui, gli occhi scuri quasi fuori dalle orbite. La ragazza che le sta accanto, dopo essersi ripresa dallo shock iniziale, decide che quello è un buon momento per defilarsi perciò li lascia da soli, ed Eleanor accartoccia il bicchiere che ha in mano – fortunatamente vuoto – e “Harry Styles?” domanda incredula.
Louis annuisce vivacemente, si morde le labbra con un’aria sognante e “El, credo di amarlo,” dichiara con tono strascicato facendo una mezza giravolta su se stesso. “E credo anche di dover vomitare” borbotta poi, arricciando il naso mentre si porta una mano alla bocca.
“Louis, sei ubriaco” sibila Eleanor a mezza voce, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno li stia guardando. Louis si lascia scappare un piccolo rutto e alza le spalle.
“E sono anche frocio!” urla improvvisamente gettando la testa all’indietro e scoppiando a ridere, catturando l’attenzione di buona parte dei presenti. “Ed è solo colpa vostra se adesso lui mi odia!”
Alcune ragazze radunate vicino ad un divanetto sbarrano gli occhi, le mani curate che scattano immediatamente davanti alle loro bocche per coprire i sussurri sorpresi che iniziano a scambiarsi. Louis rivolge loro un’occhiata velenosa. “Mi stai mettendo in imbarazzo di fronte a tutti” soffia irritata Eleanor, allungando una mano per afferrargli il braccio.
Louis però fa un passo indietro, allarga le braccia e “Sono frocio!” urla ancora più forte ridendo, facendola impallidire. Dalla porta che conduce alla cucina, sbuca la figura imponente di Liam che lo fissa con cipiglio confuso; quando Louis sposta lo sguardo su di lui, “Spaccherai il naso anche a me, adesso?” lo provoca  con un ghigno obliquo.
Liam sbatte le palpebre. “Louis, ti stai rendendo ridicolo” dichiara poi, con voce dura, andandogli vicino. Louis lo allontana con una debole spinta, sbilanciandosi un po’ troppo in avanti fino a quasi perdere l’equilibrio. “Lo dirò ai tuoi genitori” lo avverte minacciosa Eleanor, fumante di rabbia. Louis oscilla pericolosamente sulle gambe, la gola che gli pizzica per tutti gli alcolici che ha mandato giù, e “Fallo!” E’ quello che dice, scrollando le spalle, prima di precipitarsi – alcool permettendo – fuori da quella casa.

Harry lo trova accucciato sullo scalino di casa sua, stretto nella suo giubbino di jeans e le spalle scosse da singhiozzi sommessi. Si guarda intorno sospirando profondamente prima di avvicinarsi.
Louis ha gli occhi bassi, si accorge di lui solo quando le sue Converse bianche entrano dentro il suo campo visivo; alza di scatto la testa e “Harry?” mormora, sbattendo più volte le palpebre per cacciare via le lacrime e mettere a fuoco la figura davanti a lui.
“Cosa ci fai qui?” domanda quello, infilandosi le mani dentro le tasche dei jeans strappati sulle ginocchia. Louis scatta in piedi e gli è mancato così tanto che non riesce proprio ad impedirsi di saltargli al collo e sussurrargli all’orecchio una litania di ti prego, mi dispiace, ti prego non odiarmi.
Harry cerca di spingerlo via ma Louis lo stringe ancora più forte, affondando il naso contro la sua spalla. “L’ho detto ad Eleanor. E anche a Liam. Domani lo sapranno anche i miei genitori e— ti prego, non mandarmi via, ho bisogno di te.”
Harry blocca i suoi tentativi di scrollarselo di dosso e “Cosa hai detto ad Eleanor?” domanda a voce bassa. Louis non risponde per un po’ e Harry è costretto a ripetergli la domanda per ben due volte prima che il più grande apra bocca. “Che sono frocio,” mugugna contro la sua felpa, prendendo un respiro tremolante. “L’ho fatto per te, Harry” Louis fa una pausa, un sorrisetto sulle labbra sottili e screpolate. “Farei tante cose stupide per te.”
Il riccio sospira, posa una mano sulla sua nuca e l’altra sulla base della sua schiena chiudendolo in un abbraccio. “Non eri pronto, Lou. E sei ubriaco, probabilmente te ne pentirai già domani mattina.”
Louis scuote energicamente la testa, “No!” borbotta, giocherellando distrattamente con i lacci della sua felpa. “Mi sei mancato tantissimo. Non me ne pentirò.”
“I tuoi genitori non saranno contenti.”
Il più grande alza le spalle. “Non lo erano nemmeno quando ho passato la vita a fare quello che volevano loro” dice, la mente decisamente più lucida di prima. Harry fa per replicare ma Louis lo interrompe premendogli un bacio all’angolo della bocca. “Voglio fare l’amore con te, stanotte” sussurra, strofinando insieme le loro guance. “Ti prego,” lo supplica timidamente quando Harry fa segno di no con il capo. “Ho bisogno di sentirti dentro di me.”

“Sei sicuro?” chiede Harry per quella che è la millesima volta, facendo svolazzare le ciglia sulla pelle perennemente abbronzata dell’interno coscia di Louis, le labbra gonfie e lucide di saliva.
Louis annuisce con veemenza, le guance accaldate per essere completamente nudo ed esposto di fronte ad Harry. E’ la sua prima volta con un uomo, con Harry, e Louis ha fatto abbastanza ricerche su Google per sapere che sentirà dolore all’inizio - il suo stomaco si torce dall’ansia, un po’ spaventato all’idea di non essere all’altezza delle aspettative di Harry.
“Fai piano” Si trova a gracchiare, prendendo un respiro profondo prima di chiudere gli occhi e lasciare che le mani enormi di Harry gli afferrino i fianchi e lo voltino, pancia contro il materasso.
Harry gli accarezza le spalle cospargendole di baci e morsi. “Pianissimo” respira contro la sua pelle, venerandola con le sue labbra. Punta i palmi delle mani sul materasso e scivola lungo la schiena di Louis, strofinando la punta del suo naso sulle sue fossette di Venere e premendo baci veloci sulla curva morbida del suo sedere.
Louis trema un po’ quando le mani del riccio afferrano gentilmente le sue cosce rigidamente chiuse e le separano; affonda il viso dentro il cuscino, aggrappandocisi con le dita come fosse la sua unica ancora di salvezza e “Sei pronto?” domanda piano Harry, stuzzicando con un dito umido di lubrificante il suo perineo. Louis annuisce appena con il capo.
Harry si sistema meglio sopra di lui, gli schiocca un bacio tra le scapole e un altro sulla base del collo e, con estrema lentezza, insinua l’indice dentro la carne stretta del ragazzo sotto di lui. Louis sussulta e stringe forte il cuscino tra le braccia: non fa esattamente male, ma è una sensazione abbastanza strana. Harry continua a baciargli le spalle tentando in qualche modo di distrarlo prima di aggiungere un altro dito ed iniziare a muoverli. “Sei bellissimo,” mormora sulla sua pelle, senza smettere di baciarla. Louis esala un verso scettico. “No, Lou, sul serio.” Harry preme la propria erezione contro la coscia del più grande e “Vedi, questo è l’effetto che mi fai” sussurra, sforbiciando le dita dentro il corpo di Louis, guadagnandosi un gemito strozzato.
Passano pochi minuti prima che Harry finisca di prepararlo; Louis agita un po’ il sedere in aria quando il riccio tira fuori le dita e si affretta ad indossare il preservativo, gradendo poco il sentirsi improvvisamente vuoto. Sensazione che, comunque, dura solo qualche attimo e Louis la rimpiange ben presto quando Harry entra piano dentro di lui.
E’ come se stesse prendendo a fuoco, come se qualcuno lo stesse dilaniando da dentro, e Louis affonda i denti nella stoffa del cuscino mentre Harry gli sussurra mi dispiace, finirà presto, sei bellissimo, posso fermarmi quando vuoi sulla sua pelle.
Louis non chiede ad Harry di fermarsi, però. Continua a stringere e a mordere il cuscino finché il bruciore non passa del tutto, sostituito ben presto da un’elettrizzante scossa di piacere quando Harry sfiora qualcosa dentro di lui. “Credo che tu abbia trovato la mia prostata” ridacchia senza fiato, voltando un poco la testa per guardare con la coda dell’occhio il riccio. Lui sorride, le guance rosse come mele, i capelli sparati in tutte le direzioni, il fiato corto e il bacino che si muove con movimenti lenti e misurati. “Puoi andare più veloce, se vuoi” lo incoraggia Louis.
Harry annuisce. Esce dal corpo di Louis e, con mani più brusche, lo afferra per i fianchi e lo volta di nuovo, stavolta sulla schiena, occhi negli occhi. Harry lo bacia affamato sulle labbra, ansimando contro la sua bocca prima di spalancargli maggiormente le gambe ed entrare di nuovo dentro di lui con un colpo di reni. Louis, per un attimo, non risponde al bacio, strizza gli occhi e spalanca le labbra, gemendo a voce alta. Harry ride nascondendo il volto nell’incavo del suo collo, “Sveglierai mia madre” dice facendolo gemere, con un’altra stoccata, ancora più forte.
Louis spalanca gli occhi, sbattendo le ciglia un paio di volte prima di “Stiamo facendo sesso con— ohmiodio, più forte – tua madre in casa?!” sibilare piano, tra un mugolio e l’altro.
Harry si tira su e gli rivolge un sorriso malizioso, le fossette in bella vista sulle guance;  fa scivolare una mano tra i loro ventri, chiudendola intorno all’erezione di Louis che si morde le labbra e butta indietro la testa sul cuscino, cercando di trattenere eventuali lamenti.
Louis geme, si agita, blatera frasi sconnesse, stringe il lenzuolo tra le dita e preme i piedi sul retro delle cosce di Harry per spingerlo maggiormente dentro di lui; e Harry pensa che sia la cosa più bella che abbia mai visto e vorrebbe solo tatuarsi quest’immagine dietro le sue palpebre per rivederla all’infinito quando chiude gli occhi.
Venti minuti e un orgasmo dopo, Louis è stretto contro il petto appiccicoso di sudore di Harry, un sorriso sognante e appagato sul volto ancora stravolto e tinto di rosso.
“Possiamo rifarlo?” chiede allora, baciandogli una spalla.
“Vacci piano, tigre,” Harry sbadiglia senza  coprirsi la bocca e Louis arriccia il naso. “O non riuscirai più a camminare per giorni interi.”
Louis sbuffa ma poi sospira contento e “E’ stato il sesso più bello della mia vita. Ero vergine, comunque. Cioè, non proprio, io ed Eleanor lo abbiamo— però, mai con un uomo—”
“Sì, credo di essermene accorto ad un certo punto” scherza Harry scoppiando nella sua risata rumorosa e imbarazzantissima. “Sono contento di essere stato il tuo primo ragazzo, Lou.”
Louis rimane in silenzio per un po’, perso a tracciare con le dita i contorni dei tatuaggi di Harry. Ne bacia anche qualcuno – le due rondini e il cuore nero sul braccio – prima di far scorrere i polpastrelli sui fianchi magri del ragazzo. “Chi è stato il tuo primo ragazzo?” domanda a bruciapelo.
Harry si stringe nelle spalle. “Lou, non ho— ho fatto sesso con moltissimi sconosciuti. Ero probabilmente ubriaco, non lo ricordo nemmeno.”
Louis sbatte le ciglia, sollevandosi su un gomito per guardarlo meglio. “Hai perso la verginità con uno sconosciuto?” chiede incredulo.
Harry arrossisce e abbassa lo sguardo. “Si fanno cose stupide quando hai quindici anni e hai appena scoperto di essere gay, Louis,” si giustifica con una scrollata di spalle, giocherellando distrattamente con un lembo del lenzuolo.
“Quindici anni? Hai perso la verginità a quindici – okay” sospira interrompendosi. “Non importa. Quello che conta è che non ci saranno più sveltine insieme a degli sconosciuti. Sei mio.”
Harry gli prende il viso tra le mani, “Lo so” sussurra piano, un sorriso ricamato sulla bocca carnosa, lasciandogli un bacio sulla punta del naso.

Il mattino seguente Louis si sveglia con un pungente dolore al fondoschiena, un post-it giallo appiccicato alla fronte – lasciato lì da Harry per avvertirlo di essere andato a preparare la colazione – e un messaggio vocale di Mark in cui lo accusa di aver disonorato la famiglia invitandolo a prendere tutte le sue cose e ad andarsene via da casa sua.
Louis ascolta il messaggio per cinque volte di fila, rannicchiato in una palla al centro del letto con le ginocchia strette al petto e il cuscino umido di lacrime. Quando Harry torna reggendo un vassoio tra le mani e lo trova a singhiozzare sommessamente con il cellulare attaccato ad un orecchio, ha già capito tutto. Poggia la colazione sul comodino, s’infila sotto le lenzuola e “Lou,” mormora abbracciando da dietro il corpo ancora nudo del ragazzo.
Louis tira su col naso, butta il telefono sul materasso e stringe le mani di Harry. “Eleanor ha raccontato a mio padre quello che è successo ieri, al party.” E’ quello che dice, non una parola in più, la voce spezzata dal pianto. Harry sfrega il naso tra i suoi capelli, poggiandovi sopra il mento. “Ti sei pentito?” domanda poi, temendo la risposta del più grande. “Se vuoi andare via, lo capirò.”
Sorprendentemente, Louis scuote la testa. Si rigira tra le sue braccia e lo guarda diritto negli occhi prima di “Quello che voglio è essere amato da te,” dichiarare con voce ferma, sicura. “Non voglio andare via, Harry. Non se questo vuol dire rinunciare a te.”
Harry sorride, il cuore che si ferma un attimo prima di ricominciare a battere ancora più forte, e “Okay,” sussurra, baciandogli il mento. Louis sorride e si asciuga le guance bagnate con il dorso della mano. “Ci sono dentro, Lou.”
Louis gli pianta un bacio sul cuore e “Ci sono dentro anche io” risponde prima di rotolare sopra di lui e  fargli il solletico. E forse, pensa, quello è il loro modo di dirsi ti amo.

Louis aspetta un paio di giorni prima di tornare a casa sua per prendere la sua roba. Quando suona il campanello e una nuova cameriera corre ad aprirgli, trova tre borsoni sulla soglia e nessuna traccia di sua madre. Louis si morde le labbra e trattiene le lacrime mentre Harry lo aiuta a sollevare le borse dal pavimento e a trasportarle verso l’auto di Niall che li aspetta davanti al cancello – perché non gli è più permesso guidare la Porsche, ovviamente.
Passa l’intera notte a piangere tra le braccia di Harry che lo guarda, lo bacia e rimette insieme i pezzi rotti del suo cuore come se non avesse fatto altro per tutta la vita.
Eventualmente, Louis inizia anche a cercare lavoro – perché Mark ha bloccato anche la sua carta di credito – , rimanendo fuori anche tutto il giorno e facendo decine di colloqui, per poi sentirsi così frustrato e arrabbiato quando è costretto a  ritornare a casa senza uno straccio di contratto.
E’ difficile e, a volte, Louis pensa di non farcela – soprattutto quando litiga con Harry, uscendo arrabbiato e con le lacrime agli angoli degli occhi dalla porta di casa per poi tornare di nuovo indietro piagnucolando un’infinita serie di scuse mentre Harry lo stringe e lo consola e ci fa l’amore tutta la notte.
Riesce a trovare un posto come magazziniere nel supermercato dove lavora Niall, fortunatamente, ed è pesante e stressante e quando torna a casa, la sera, ha male ai piedi e alla schiena e crolla sfinito sul divano sbiadito dell’ingresso – mentre Harry, dopo una giornata passata a scuola e in officina riesce chissà come a trovare ancora le forze per studiare. (Anche Louis tenta di studiare, ogni tanto, ma finisce sempre per addormentarsi con la fronte schiacciata contro i libri.)
Comunque, per Louis, la parte preferita della sua giornata è quando lui e Harry sono accoccolati a letto. Si baciano, si accarezzano, parlano di questo e di quello finché Harry inizia a rispondere con monosillabi e mugugni, già mezzo assopito.
“Oggi ho visto Eleanor e Liam,” dice una sera tracciando con un dito ghirigori astratti sul petto nudo del più piccolo. Harry borbotta qualcosa a bocca chiusa, le palpebre calate e un braccio intorno alle spalle di Louis. “Non mi hanno nemmeno salutato.”
Harry storce il naso e “Stronzi” biascica con voce rauca e impastata dal sonno. Louis si perde un attimo per guardare il viso rilassato di Harry, le sue labbra rosa leggermente socchiuse e le ciglia lunghe che disegnano ombre scure sulle guance, “Sai che ti amo?” gli chiede, sfiorandogli la bocca con il pollice. Harry esala un mmh assente prima di iniziare a russare sonoramente.
Louis ridacchia piano, sospira contento e poi, dopo avergli lasciato un bacio sulla guancia, chiude gli occhi.

Sarà difficile, e ci saranno momenti in cui Louis penserà davvero di non farcela più, e litigheranno ancora e ancora e ancora. Ma Harry sarà sempre lì, unica costante della sua vita, corpo caldo e sicuro che sa di casa, che lo accoglierà e proteggerà sempre.
E Louis, adesso, non riesce più a sentirle quelle spesse pareti di cristallo intorno a lui.


___


OMG SONO RIUSCITA A FINIRE QUESTA ONE SHOT.
Se siete arrivate fin qui, congratulazioni! Avete letto venticinque pagine di Word e vi meritate un biscotto! 
(◡‿◡✿)
Spero vi sia piaciuta, grazie mille a chiunque abbia letto, ilysm. 

 

  
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