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Autore: Mini GD    30/06/2013    1 recensioni
Non credo nell’amore a prima vista. Non ci ho mai creduto, a dire il vero.
Sono eternamente convinto che non è un innamorarsi, ma un ritrovarsi, un meritato premio dopo tempo passato a cercare quegli occhi, quell’anima incastonata nel sorriso della dolce metà. Un segno del destino, per l’appunto.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: G-Dragon, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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JiYong
 
“Grazie YoungBae” mi giro verso il guidatore, mantenendo una mano sul viso, dove lei mi ha lasciato il segno leggero delle sue labbra. E’ una cosa che ho fatto d’istinto, come una paura di poter perdere il ricordo del suo tocco delicato.
Sto cadendo sempre più in basso, il bello è che non mi fermo, ho preso una pala e continuo a scavare, raggiungendo e superando i miei limiti.
“Carina la ragazza, ti piace proprio, eh?” domanda, certo, lui, guidando la macchina noleggiata con una sicurezza innata, come se fosse la sua da sempre.
“Non mi piace, smettila” tronco sul nascere ogni suo eventuale film romantico, che alla fine è anche un po’ il mio, degno dell’oscar. Scriverò un libro e farò registrare il film, intitolato “L’amore in tutte le sue forme, quando ti colpisce non c’è via di scampo” anche se è lunghino come titolo, credo che sia assolutamente perfetto per me, visto che in tutti questi anni ero un di quelli che credeva nell’amore che nasce poco a poco, non così, al colpo di sguardi.
Come fa Seungri ad avere sempre ragione io non lo so, anzi, sono convinto che in questo momento gongola come pochi al mondo, fiero di avere vinta su di me.
“Allora è ancora più seria come cosa. Bene, era ora che tornassi a pensare a una ragazza, sembri ancora più tenero e coccoloso del normale, quando sei in amore” mi riferisce il suo pensiero, seguendo a debita distanza il taxi delle due ragazze, così dal trovare la via del nostro albergo una volta arrivati al loro.
“Perché, si nota così tanto che quella ragazza mi interessa?” mi arrendo, almeno con lui posso farlo subito, è inutile mentirgli, è la voce della mia coscienza alla fin fine.
“Mi dispiace dirtelo, ma sì, è palese” sorride, aggiustandosi gli occhiali da sole che indossa, inutilmente visto che il sole è calato ormai da ore “Altrimenti non l’avresti mai fatto” aggiunge, lasciando in sospeso la sua frase, non ho bisogno che continui, mi pare ovvio che si riferisca al ballare un tango vestito così.
“Lascia correre” lo liquido, non ho voglia di continuare a parlare di questa serata, della sua presenza così vicina alla mia da farmi sentire in soggezione, del suo sorriso che mi fa ricordare che anche io sono vivo, sotto tutti questi vestiti costosi e abbinati a caso.
Lei mi ricorda che sono JiYong anche se voglio essere il sicuro G-Dragon, il ragazzo che con il solo sorriso può uccidere milioni di fan. Si, mi ha fatto sentire dubbioso, mi ha messo in testa problemi che in realtà, in altre occasioni non mi sarei mai posto.
Mi ha messo in discussione quando altre avrebbero sorvolato tutto, accontentandosi della parte famosa di me.
“Mi sembra molto simpatica, perché domani non ce la fai conoscere?” domanda, imboccando finalmente la strada per il lussuoso albergo in cui alloggiamo.
“Tu mi stai chiedendo di invitarla a passare un pomeriggio con noi?” rispondo con un'altra domanda, spalancando la bocca per la sorpresa.
“Anche la sua amica, così non si sente del tutto in soggezione” ride innocente, celando il fatto che è l’ambasciatore di un’idea nata da tutto il mio gruppo.
“Ho altre scelte?” lo guardo interrogativo, sperando nella sua buona fede.
“No” risponde secco, sorridendo e parcheggiando la macchina davanti l’entrata dell’hotel, lasciandomi il compito di inviarle un messaggio, o peggio, chiamarla.
 
 
Sono davanti la camera 321, aspettando un minimo di coraggio da parte mia nel voler bussare, di certo non uscirà da sola, le ho specificato che sarei andato a prenderla per portarla al bar con i miei compagni.
Busso,  portando poi le mani dietro la schiena, dondolando sul posto come un bambino che aspetta l’ascensore.
“Sara, perché dimentichi sempre le chiavi io non lo so, ma ti pare giusto?” una voce impastata dal sonno grida leggermente, seguita da un rumore di passi molto profondi, quasi dei tonfi.
La porta si spalanca, e l’unica cosa che riesco a focalizzare è la figura di Cristina immersa nella maglia di un pigiama, suppongo, grande il doppio di lei, che le fascia il corpo come un vestito.
Le paperelle che decorano quello che indossa, rende ancora più comica la situazione. Si, perché avrei riso se non fossi rimasto davanti la porta a guardare la camera dove vivono, tutta sottosopra, quando in realtà lei doveva già essere pronta da una ventina di minuti, visto il mio ritardo.
Lei non si è accorta di aver aperto a me, essendo che ha solo spalancato l’entrata, strofinandosi gli occhi, per poi fare dietrofront per tornare nel letto dove ora è nuovamente distesa.
Perché a me, tra tutti gli uomini di questa terra, perché proprio a me lei doveva giocarmi questo scherzo?
Lo voglio prendere come uno scherzo, perché non voglio accettare il fatto che lei si sia dimenticata di me, dormendo beatamente da non so quanto, visto che in questa camera la luce non entra, con tutto che sia una giornata dal calore mai visto.
“Cristina” la chiamo, chiudendo la porta dietro di me, ho già sopportato abbastanza i commenti della signora che stava su questo pianerottolo.
“Cristina” alzo di più la voce, facendomi strada tra le sedie piene di vestiti e le valige aperte. Alzo gli occhi al soffitto, costatando che anche lì sopra non c’è un po’ d’ordine. I vestiti sono arrivati anche sul lampadario, sicuramente costosissimo e di vetro.
“Cristina” non voglio arrivare ad urlare, ma lei non mi sente proprio. E’ stesa sul fianco destro, con il volto rivolto verso la parete opposta alla porta, la stessa parete che ha l’unica finestra, di tutta la stanza, chiusa.
Mi sento in colpa a svegliarla, perciò lascio perdere, cercando di concentrarmi su qualcos’altro. Mi ha chiamato Sara quindi presuppongo che la sua amica sia uscita e a momenti ritorna, aspetterò lei per richiamarla dal mondo dei sogni.
 

“Si, YoungBae, sta dormendo ti dico. Lo so, è da un ora che aspettate e io sarei già dovuto andarmene, ma non hai visto le condizioni della camera prima, ora è umana, ecco” spiego al mio amico, che mi ha chiamato per farmi compagnia. Si, né l’amica è tornata e né lei si è svegliata, intanto ho dato una sistemata, ordinando i vestiti nell’armadio, sistemando le loro valige per infilarle sotto il letto e ho aperto la finestra, per permettere all’aria di circolare.
“Ormai svegliala, su, ti aspettiamo ancora, ciao” mi saluta, chiudendo la chiamata e lasciandomi solo ad affrontarla.
“Cristina” ritento, provandola a chiamare con un tono di voce elevato, quasi a gridare. Nulla, non si è mossa di una virgola.
Mi avvicino, preoccupato, visto che non ho mai conosciuto nessuno che nel sonno non si sposta per nulla.
“Cristina, su, non voglio svegliarti, ma…” sono così vicino che avverto il suo respiro, leggero, che mi da un segnale di vita.
Le tocco la spalla leggermente, cercando di essere delicato. Dopo due o tre tentativi, i suoi occhi castano verdi si spalancando, vicinissimi ai miei. Li vedo sgranarsi, ma né io né lei ci muoviamo di un millimetro, fermi per la stessa paura di aver fatto una grandissima figuraccia.
“JiYong” mi chiama, la sua voce, a differenza di prima, sembra più attiva. Forse la paura l’ha risvegliata all’istante e di certo il fatto che le sono vicino non l’aiuta. Dovrei togliermi, eppure non riesco a sciogliere il mio sguardo dal suo, è talmente ipnotico che perdo la lucidità.
“Cristina” la chiamo a mia volta, è l’unica cosa che ho fatto oggi, pronunciare il suo nome.
“Scusa” proferisce, assumendo una smorfia triste,  con i suoi occhi colorati di una tinta di sensi di colpa.
“Non fa nulla” deglutisco, cercando di sorridere in modo naturale, per alleviarle la coscienza.
“Non mi sono scordata, solo che Sara ha detto che sarebbe tornata in tempo per farmi alzare e preparare, ma a quanto pare non c’è” mi racconta, senza separare i nostri sguardi, così vicini e uniti. Mi sento letto da lei, sento tutto ciò che riesce a capire dai miei occhi così come io riesco a leggere i suoi pensieri, così sinceri come le sue scuse.
“Non devi giustificarti, ti credo” le nascondo quanto in realtà prima desideravo una spiegazione.
“Scusami comunque” mi dice, prima di stingermi nelle  sue braccia. 


- Eccomi con il capitolo 6 *festeggia*, sono felice che leggete la mia storia <3
Vorrei sapere il vostro parere, sono aperta a tutto
Vi voglio bene uou <3 *manda cuori*
  
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