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Autore: H24    01/07/2013    9 recensioni
Mi avvicinai a lui, calandomi con le ginocchia, in modo da poter arrivare all'altezza del suo orecchio.
-Non devi dirlo per forza a voce alta.- lo rassicurai, sorridente. -Pensa a qualcosa che vuoi ardentemente ed esprimi il tuo desiderio.-
Mio figlio scosse la testa, più sicuro, come se quei pochi istanti fossero bastati a chiarire le idee su ciò che volesse davvero, a dargli la sicurezza necessaria per parlare senza paure.
-Voglio che papà torni il prima possibile.- mormorò.
Soffiò sulle candeline, mentre in stanza si levavano mugolii commossi e i bambini gridavano felici: evidentemente non avevano appreso a pieno il significato di quelle parole nostalgiche.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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15 monts without you.


Rigirai tra le mani quel pezzo di carta stropicciato, lessi un'ultima volta.
Come se far scorrere nuovamente lo sguardo tra quelle righe ordinate avesse potuto cambiare le cose. Alzai lo sguardo, ricacciando in dentro lacrime, perché farmi vedere in quello stato pietoso da Noah, proprio il giorno del suo compleanno, non l'avrebbe di certo reso felice. Aveva già ricevuto abbastanza delusioni quella mattina, quando gli avevo spiegato con pazienza il contenuto di quelle tristi parole.
Notai Rachel e Sophia entrare in cucina, parlottavano sottovoce, quasi divertite, ma non appena mi videro seduta dietro al bancone da colazione si zittirono e mi affiancarono in men che non si dica.
-E' la lettera di Liam, vero?- mi chiese la prima, intenta a sistemarsi i capelli rossi, rigorosamente tinti, in una coda alta.
-Già.- borbottai, avvilita.
Strinsi le mani a pugno e dopo aver preso un respiro profondo, posai la lettera in un mobiletto che ormai ne era pieno zeppo. Lì dentro conservavo cinque anni di lettere sporche di terriccio, stropicciate, stracciate, consumate.. ma le condizioni di quei pezzi di carta non mi importavano, perché in fondo parlavano di lui, avevano letteralmente vissuto con lui.
Ed io avevo schifosamente bisogno di lui.
-Zoe, non devi avercela con..-
-Non ce l'ho con Liam.- interruppi Sophia e mi accorsi di essere stata un po’ troppo brusca quando la vidi sobbalzare. -So che non è colpa sua.-
-Credo che il generale ce l'abbia con tuo marito.- sospirò Rachel. -Anche perchè quest'anno Zayn è riuscito a tornare per il compleanno di Denise! C'eravate anche tu e Noah, no?-
Annuii debolmente, ricordando quella giornata così felice per la mia amica e sua figlia, ma tanto nostalgica per me.
Trovavo tutto ciò terribilmente ingiusto!
 
Io, Sophia e Rachel ci eravamo incontrate per la prima volta in aeroporto, tre anni fa. Eravamo sedute sulla stessa panchina nella sala d'attesa, e per ammazzare il tempo le due ragazze avevano iniziato a chiacchierare, coinvolgendo anche me chiedendo del mio pancione leggermente accennato.
Spiegai loro perché avessi scelto il nome Noah, che significa'luce, sorpresa, casa'; parlai di mio marito, partito in missione con l'esercito, che non sapeva fossi incinta e quindi al suo ritorno, che sarebbe avvenuto nel giro di pochi minuti, avrebbe trovato una bella sorpresa. E allora, stupite, mi raccontarono di essere lì per lo stesso motivo.
Oggi, a pensarci, ancora ridiamo del nostro tanto casuale quanto strano incontro.

Mi avvicinai al frigorifero e ne estrassi un'enorme torta al cioccolato, la sua preferita. Sorrisi involontariamente al pensiero di quella mattina, quando Noah aveva insistito tanto per aiutarmi a decorarla ma non aveva fatto altro che leccare cucchiai e scodelle.
-Credo sia ora di mandare a casa queste piccole pesti.- dissi tra me e me, mentre sistemavo al centro della torta tre candeline azzurre e bianche. Rachel le accese con un'abilità disarmante, ma non mi meravigliai più di tanto: fumava come una vecchia turca ed era ormai abile quando si parlava di maneggiare un accendino.
Feci la mia entrata trionfale in soggiorno con il vassoio della torta fra le mani e tutti i bambini presenti in stanza scoppiarono in un boato di grida eccitate. Poggiai il dolce sul tavolo decorato con tovaglioli e bicchieri blu, in tinta col dolce, e mio figlio trotterellò felice sulla sedia posizionata dietro questo. Le luci spente, solo la fiammella delle candele ad illuminare il viso dolce del piccolo. I presenti presero ad intonare la tradizionale canzoncina da compleanno, mentre Noah restava lì, imbarazzato, attendendo con impazienza di poter spegnere le candeline.
-Esprimi un desiderio.- urlò mia madre dall'altro lato della stanza.
La canzone finì e gli invitati sembrarono attendere con il fiato sospeso le parole del festeggiato, come se avesse dovuto rivelare la verità sull'origine di tutto.
I suoi occhietti chiari erano diventati insicuri: Noah non era mai stato un bambino sfacciato e queste situazioni lo mettevano palesemente a disagio.
Mi avvicinai a lui, calandomi con le ginocchia, in modo da poter arrivare all'altezza del suo orecchio.
-Non devi dirlo per forza a voce alta.- lo rassicurai, sorridente. -Pensa a qualcosa che vuoi ardentemente ed esprimi il tuo desiderio.-
Mio figlio scosse la testa, più sicuro, come se quei pochi istanti fossero bastati a chiarire le idee su ciò che volesse davvero, a dargli la sicurezza necessaria per parlare senza paure.
-Voglio che papà torni il prima possibile.- mormorò.
Soffiò sulle candeline, mentre in stanza si levavano mugolii commossi e i bambini gridavano felici: evidentemente non avevano appreso a pieno il significato di quelle  parole nostalgiche.
-Sei un deficiente, un buon a nulla!- La voce acuta di Rachel riecheggiò in tutta la stanza mentre mia madre sussurrava qualcosa come 'Ci sono i bambini, per l'amor del cielo!'. -Era il momento perfetto per uscire, cerebroleso!-
La testa rasata di Liam fece capolino dalla porta, un sorriso commosso dipinto in viso.
Le mie labbra si schiusero in un'espressione esterrefatta e la vista si appannò a causa del fiume di lacrime che non ne voleva sapere di straripare dai miei occhi. Il cuore prese a battere all'impazzata e la testa sembrava girare vorticosamente. Pensai fosse tutto frutto della mia immaginazione, ma quando vidi Noah saltare giù dalla sedia e 'Papà!' strillare, non potei far a meno che sorridere felice, consapevole di ciò che stava accadendo. 
Il piccolo corse tra le braccia spalancate di suo padre, le quali si chiusero intorno a lui come fossero una gabbia. Liam lo stringeva forte, come mai aveva fatto prima, gli occhi chiusi, le gote bagnate dal pianto e le labbra distorte in una smorfia di gioia: non vedeva la sua famiglia da 15 mesi circa.
-È reale, puoi toccarlo.- ridacchiò Rachel. 
-Che aspetti ad andare da lui?- domandò poi Sophia.-
-V-voi sapevate c-che lui era qui e non mi avete detto niente.- farfugliai. -Vi odio.-
Mi sorrisero innocenti, facendomi sollevare: per tutto il tempo ero rimasta nella posizione iniziale, accovacciata ai piedi della sedia sulla quale poco prima sedeva mio figlio. 
Non ebbi nemmeno il tempo di alzare lo sguardo che sentii delle labbra carnose premere forte sulle mie, quasi disperate. Chiusi gli occhi, mentre un paio di braccia mi stringevano la vita e una lingua prepotente entrò senza troppa fatica nella mia bocca, esplorandola e scontrandosi con la mia. Le sue mani, prima ferme e sicure, presero a carezzarmi dolcemente i fianchi, tremanti.
Mi beai di quel tocco che per 15 fottutissimi mesi mi era stato negato.
Gli occhi pizzicavano e sapevo che da un momento all'altro sarei scoppiata in lacrime. Così come tutte le notti piangevo, lasciando che il cuscino assorbisse la mia tristezza, quella volta fu il petto muscoloso di Liam ad assorbire le mie lacrime. 
Potevo dire con sicurezza di essere felice.
Schifosamente felice.
Mi staccai un attimo dal suo petto, puntando lo sguardo in quegli occhi intrisi di gioia che quella volta sembravano più belli del solito: più profondi, più limpidi, più brillanti.
Perchè è vero: ti accorgi di quanto è brillante una luce solo dopo averla persa. E la lontananza da Liam, la paura di perderlo erano state devastanti per me, quasi come se avessi avuto la sicurezza che non fosse più tornato.
-Mamma, ho fame.- sentii la vocina di Noah, e potei giurare di averla sentita ovattata, tanto ero altrove. Le sue manine che tiravano la mia camicia turchese verso il basso mi risvegliarono completamente dal mio stato comatoso.
-Facciamo noi.- mi avvertii Sophia, tranquilla. 
-Non preoccuparti!- aggiunse Rachel, scuotendo un pò troppo animatamente le braccia. -Scommetto che avete tanto da dirvi.- 
Liam annuì al posto mio e mi trascinò fuori, sul portico. Si accomodò sulle assi di legno delle scale e con delicatezza mi tirò verso di lui in modo da farmi sedere sulle sue cosce.
-N-non posso credere che tu sia qui.- mormorai. Mai in vita mia impiegai tanta forza per non mugolare: le sue labbra carnose, infatti, erano scese a torturare il mio collo, la lingua calda leniva la pelle mentre il fresco venticello di settembre faceva concorrenza a Liam per chi causasse più brividi.
Inutile annunciare il vincitore.
-Insomma.. la lettera in cui dicevi che il permesso di tornare per 24 ore era stato respinto, Rachel e Sophia..-
-Circa tre anni fa tu mi hai fatto una grandissima sorpresa..- sorrise, carezzandomi la pancia. -..adesso volevo ricambiare il favore.-
-Beh, hai rischiato di uccidermi, porca put..-
Mi zittì con un bacio e potei giurare che mai, in vita mia, ero stata così felice di essere  interrotta durante un monologo. E i miei monologhi sono sacri.
-Sempre fine come uno scaricatore di porto, eh?- sussurrò tra un bacio e l'altro. Non potei far a meno di sorridere sulle sue labbra.
Mi erano mancate le sue prese in giro, la sua infinita dolcezza, la sua ironia.
Mi era mancato Liam Payne, ecco.
-Ti amo.- sussurrai.
-Ti amo anche io.- rispose, e nei suoi occhi potevo leggere un interminabile senso di nostalgia.
Restammo lì, l'uno tra le braccia dell'altro, per un tempo che sembrava infinito. E avrei desiderato tanto che lo fosse realmente.
-Quando parti?- mi decisi a chiedere, pur non volendo sapere davvero la risposta.
Risposta che in realtà già conoscevo.
I permessi speciali duravano 24 ore, 48 nel caso della morte di un familiare.
Il solo pensiero che l'indomani la mia vita sarebbe ricominciata senza Liam distruggeva cuore e anima.
-Resto.- disse con un sorriso che partiva da un orecchio e terminava all'altro. 
Fu allora ripresi a piangere e lo feci con una velocità inaudita, come se le parole di mio marito avessero premuto un pulsante per far partire le lacrime.
Iniziò a carezzarmi dolcemente i capelli, con un sorrisetto felice stampato in viso. -Ieri dovevo decidere se firmare o meno per un'altro anno nell'esercito e per quanto io voglia servire la patria ho deciso che era meglio così, dovevo tornare dalla mia famiglia. Voglio amarti, e ripetertelo ogni giorno, voglio vedere nostro figlio crescere, portarlo a scuola, giocare con lui e sentirlo mentre mi chiama papà..-
-Quindi possiamo buttare la divisa? Tutto?- domandai. -Non è uno scherzo, vero?-
-Beh, se vuoi puoi buttarla tu, la divisa.- rise.



Salve!
Questa è la prima One Shot in assoluto che scrivo.
L'idea mi piaceva molto, magari non scritta da me, ecco.
L'idea mi è venuta leggendo 'Ricordati di guardare la luna', un libro di Spark bellissimo, ve lo consiglio vivamente!
Non siate cattivi con me, datemi il benvenuto su efp!
Scherzo, ovviamente. ahahah
Se avete qualche critica da fare, se volete darmi qualche consiglio recensite e fatemi sapere.
Ci tengo molto al vostro parere!
Un bacio♥
-Mariapia



Zoe è interpretata da Ashley Benson. 

  
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