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Autore: BlueWhatsername    01/07/2013    5 recensioni
Non chiedetemi di spiegarmi, non sono la persona più adatta.
Commetto errori, non me ne accorgo, ferisco le persone e dopo le rimpiango.
Non sono cattiva no, solo tendo a dimenticarmene.
Ma il tempo, quello mi martella nel cervello.
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Raccolta di OS, scritte con la più totale libertà e senza una scadenza precisa.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Sai qual è stato il fondamentale problema con te?
Lo sai?
No, probabilmente no.
Perché fondamentalmente – e scusami le ripetizioni, davvero, come dicevi sempre tu, io ero quella che ‘ripeteva le cose insistentemente, convinta che gli altri non capissero mai’ – tu, le domande, non te le sei mai poste.
O comunque, non ti sei mai posto quelle giuste.
Oh, e sai che c’è?
Che anche qui mi viene in mente una cosa che dicevi sempre tu.
Orgogliosa, puntigliosa, saccente
E che altro?
Testarda, acuminata, maledetta
E ancora – potrei continuare all’infinito, sai?
Intelligente, terrificante, strabiliante
Me le ricordo tutte, le cose che mi ha detto.
Me lo ricordo tutte, e non credere che me le scorderò mai facilmente.
E cavolo, sto anche ridendo.
Non ci crederai, ma sto ridendo davvero.
E sai perché?
Perché anche qui, sento di nuovo la tua voce nel cervello che mi parla e mi suggerisce la risposta alla domanda che io stessa mi sono posta.
Com’era? Ah già, ora ricordo.
Inutile che ti poni le domande, attendendo risposte che tu stessa hai già formulato
Me lo dicevi sempre, quando ti chiedevo insistentemente qualcosa senza ottenerla.
O quando continuavo a cantarti nell’orecchio, con la speranza di farti incazzare e poi, quando decidevo di farla finita, tu mi chiedevi sempre di continuarla, quella canzone, che non l’avevi capita bene.
Oppure, Dio, te lo ricordi quando litigammo la prima volta?
La prima vera litigata, quella in cui lanciai il casco del motorino e lo feci rotolare più lontano di quanto pensassi, quando lo fissai e corsi immediatamente a raccoglierlo – perché ehy, lo sapevo quanto diamine avessi dovuto penare per ottenere quel modello e quel colore.
Insomma, te la ricordi?
Mamma mia, giuro che non penso d’aver mai urlato così forte.
E nemmeno d’aver mai pianto così senza motivo.
Voglio dire, tu te ne stavi zitto a fissarmi, che gusto c’era a disperarmi con uno che nemmeno mi dava retta, fondamentalmente?
(E lo so che questo avverbio lo uso troppo, me lo hai sempre detto)
Insomma, da dove ero partita?
Visto, ci risiamo.
Io lo sapevo che poi tornavamo a questo punto.
Mi ci sarei giocata, non so… Cos’è che dicevi tu? Ah sì, ‘Due dei tuoi neuroni, tanto ne hai talmente tanti e così superdotati che non ne sentiresti mai la mancanza’.
Che poi non ho mai capito se lo dicevi per farmi attaccare a parlare di quanti neuroni possedesse davvero il cervello umano o se volevi semplicemente dirmi che apprezzassi il mio cervello.
Che poi… Sia chiaro, avrei saputo spiegartelo.
Perché sì, se c’era una cosa che tu sapevi di me – e bene – era quanto maledetto orgoglio mi scorresse – scorra – nelle vene.
E sapevi anche come agitarlo, questo orgoglio, come infiammarlo, come renderlo esplosivo e portarlo a scatenarsi.
Ed io, scema, che ti davo anche retta.
Insomma, era un po’ strano, no?
(Che poi nemmeno ricordo da dove diamine fossi partita, accidenti)
Avrei saputo spiegartelo davvero, come funzionava il cervello umano, eppure non l’ho mai fatto.
Almeno avresti potuto giovarne, no?
Oh sì.
La risento la tua voce, giuro, anche adesso che sto ridendo.
(Sto ridendo, credimi, non credo d’aver mai riso come ora)
Credi che la cosa mi interessi davvero?
Era sempre quello il problema con te.
Vedi? Alla fine ci sono arrivata a chiarire la prima domanda.
Non l’ho mai capito, se ti interessasse o meno.
Se ti sia interessato davvero, dico.
Non se ti sia interessato per un po’.
Sul serio.
Realmente.
Fondamentalmente – già, il mio vizio di ripetere le cose, lo so – che diamine pensavi, non l’ho mai capito.
Che poi eri un gran bastardo, fattelo dire.
Io sarò stata anche una stronza, ma tu quant’eri bastardo?
Lo sapevo che avevo un debole per gli occhi chiari ed i capelli biondi, capisci?
Che poi ce l’ho anche adesso questo debole – che poi vorrei tipo raccontarti una cosa, ma… Davvero, se te la raccontassi penso che mi prenderesti in giro per tutta la vita, quindi me la tengo per me, magari alla prossima te la spiego, visto che non mi crederesti tanto facilmente.
Vedi quant’è stupido? Ti sto raccontando dei miei gusti fisici.
Ma che c’entra, Dio mio? Cosa c’entra?
Non ne ho idea, ma, se ben ricordi, quando iniziavamo a parlare io e te niente aveva più un senso.
Due parole e la fiamma divampava, roba da aver paura seriamente.
Che poi non l’ho mai capito, come facevi.
Seriamente, uno che mi dicesse ‘Sei alta quanto la mia riga da disegno ma lei è molto più precisa di te’ con quella faccia io non l’ho più trovato.
E spero di non trovarlo più, perché davvero penso lo prenderei a schiaffoni.
(Che poi era anche una battuta che faceva schifo, pensaci bene!)
E tu non lo ammetteresti mai, ma mi hai fatto sentire capita il più delle volte.
Diresti più volentieri che il tuo proposito era di farmi incazzare – e credimi se ti dico che nessuno ce la farebbe mai come facevi tu – che non di farmi scoppiare a ridere.
Roba che quando ti guardavo pensavi seriamente che il sopracciglio mi si sarebbe spezzato, vero?
Che poi era anche una sorta di gara, ammettiamolo.
È sempre stata una gara.
Perderai, con me perde chiunque’ dicevi sempre.
Tronfio, esibizionista, egocentrico.
Ma che io non le sopporto proprio le persone così?
Tu avrei ucciso, cavato quegli occhi chiari che ti ritrovavi e poi avrei ballato sul tuo cadavere.
Macabra, violenta, sadica
Quant’eri idiota?
No, spiegamelo.
Che poi ti piaceva stuzzicare quella mia poca vanità mascherata dall’orgoglio.
Ti piaceva farmi parlare, sapevi quanto fossi versatile e creativa, sapevi che ti avrei accontentato su ogni argomento, eri consapevole del fatto che la mia testa fosse sempre pronta a nuove sfide.
Lo sono tuttora, sai?
Cioè, ho mantenuto le passioni che avevo.
A dir la verità, credo che nessuno le conosca poi tutte come le conoscevi tu.
A volte sento parlare di qualcosa che alcuni ritengono chissà cosa e a me viene da sorridere perché, beh… L’ho letto da qualche parte, no?
E tu mi conosci troppo bene per credermi vanesia.
Lo sai meglio di me che me ne stavo zitta, quando era il caso.
Queste unghiette dovresti usarle non solo per fare male a me ma anche per farne a chi lo merita
Due domande.
Davvero mi incoraggiavi?
Davvero tu non lo meritavi ed altri sì?
Che poi – oddio, quanto rido – ti faceva anche schifo l’odore di smalto.
Giuro, me la ricordo ancora la tua faccia.
E mi ricordo i capelli biondi che ti ricadevano sempre sulla faccia perché non avevi mai la pazienza di sistemarteli.
E poi, ok.
Io ho sempre sostenuto che i tuoi occhi fossero verdi.
Tu no, dicevi che fossero azzurri.
Che cosa cretina, la verità è che siccome entrambi davamo ragione all’altro, ma non volevamo ammetterlo, non abbiamo mai trovato un accordo vero.
Che scemenza.
Questa è una scemenza, fondamentalmente.
(E non scocciare, ripeto le cose quante volte mi pare!)
Oh Dio, e ricordi quando ti raccontavo dei libri che leggevo?
Erano scene esilaranti, perché a volte erano più alte le pile dei libri che non io.
Che poi eri sempre tu a fare queste battute cretine, ma ok.
Ci rendiamo conto che eri un cretino?
Voglio dire, ho passato tutto questo tempo a ripetertelo, leggi tra le righe.
Anzi no, probabilmente sarai troppo occupato a dire che sono – come sempre – troppo prolissa.
E logorroica.
E mi piace rimarcare i concetti.
E devo piantarla.
Che altro?
Ah già, magari anche che così, io e te, sembriamo due idioti.
Probabile.
E anzi, sai che altro c’è?
Fondamentalmente – no, non lo sto facendo apposta, se te lo stai chiedendo – questa cosa sembra anche ridicola e senza senso, ma boh.
Magari domani me ne sarò scordata, come mi dicevi sempre tu, che dimenticavo più in fretta un errore che non un merito.
Eri un cretino, punto.
 
P.s.: ah, e se te lo stai chiedendo, quella fantomatica riga più precisa di me, che tu hai trovato magicamente spezzata nello zaino, te l’ho rotta io.
  
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