Fanfic su artisti musicali > Muse
Ricorda la storia  |      
Autore: piuma_rosaEbianca    01/07/2013    3 recensioni
Un pianoforte troppo silenzioso, gli Air Studios deserti e un sacco di tempo da perdere.
Ricordi e fantasmi nascosti fra le note. Promesse infrante e rinnovate.
Matt suona.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I'm heading straight for the cloud. ~
Matt vagava come un fantasma per gli Air Studios deserti.
L'orchestra sarebbe arrivata intorno alle undici, Chris lo aveva avvisato di essere imbottigliato nel traffico e prima che Dom si svegliasse e si ricordasse delle prove ci sarebbero volute ore.
Ed erano solo le sette e mezza.
Gli addetti alla sicurezza insonnoliti non lo degnavano di uno sguardo, e in giro non c'era neanche un uomo delle pulizie.
Attraversò indisturbato la Lyndhurst Hall, facendo lo slalom fra sedie e porta spartiti, facendone cadere ogni tanto qualcuno e fermandosi a raccoglierlo con estrema lentezza.
Aveva sonno e bisogno urgente di un caffè italiano.
Il pensiero del caffè richiamò bei ricordi alla sua mente annebbiata.
Il rumore familiare della caffettiera, unico modo per tirarlo giù dalle cuccette del tour bus gelato, innumerevoli mattine prima.
L'odore amaro che invadeva le stanze della sua villa sul Lago di Como, in quella che sembrava ormai un'era fa.
E il suo calore corroborante che si diffondeva lento dalla bocca, allo stomaco, al resto del corpo.
Senza neanche accorgersene, perso com'era nelle sue divagazioni mentali, era passato dall'enorme salone al molto più basso e piccolo Studio 1.
Si divertì un po' fra le porte scorrevoli finché non gli iniziò a girare la testa e si fermò in un ampia sala, completamente vuota, occupata solo da un maestoso pianoforte a coda.
Le lampade erano spente e c'era solo la luce esterna, grigia e fredda, proveniente dalle alte finestre, ad illuminare e riscaldare la stanza.
Cedendo ad un impulso più forte di lui, Matt si avvicinò allo strumento e si sedette sullo sgabello imbottito.
Il coperchio si sollevò senza il minimo rumore, e gli occhi di Matt si illuminarono alla vista della fila di tasti lucenti.
Sorrise sfiorandoli, e un brivido di piacere gli attraversò la schiena.
La stanza era immersa in un surreale silenzio.
Vide gocce di pioggia scendere lungo i vetri delle finestre, ma non poteva sentirne il suono.
Stette ad osservarle per un po', le mani sollevate sopra la tastiera, lo sguardo che andava fuori fuoco, come a voler vedere oltre gli spessi vetri smerigliati.
In un gesto più naturale del respirare, premette le dita sui tasti, trovando ad istinto quelli giusti, e senza neanche pensarci cominciò a suonare.
Mischiava improvvisazioni a pezzi di cui non riusciva a ricordare il nome; si staccavano dalle profondità della sua mente come detriti dalle sponde di un fiume. Vorticavano, trascinati dalla corrente di musica che saliva fluida dalle corde del piano, e davano vita e colore a quell'acqua, rendendola scura e torbida, ma in modo così naturale da farla risultare stupenda.
Lasciò andare le mani, la mente spenta, e si lasciò cullare da quella sinfonia fatta di ricordi annebbiati e istinto.
E gli venne automatico paragonarsi al bambino prodigio che faceva la stessa cosa ad otto anni con colonne sonore dei cartoni animati.
Fu ancora più facile ricordare e guardare con affetto e compassione l'adolescente infuriato con il mondo che riarrangiava ad orecchio canzoni dei Nirvana su un pianoforte scordato.
E pensando a quel ragazzino, ai suoi primi approcci alla musica, all'unica valvola di sfogo per quella sua malinconica rabbia, si risollevò dai meandri della sua mente uno spartito polveroso, scrollandosi di dosso undici anni di altre note, altre melodie, altre parole.
Serpeggiante ed insidioso si srotolò davanti alle sue palpebre chiuse, e andò a far vibrare le corde del pianoforte.
Quella musica così dolorosamente familiare riempì quella stanza di fantasmi, la mente di Matt di ricordi e i suoi occhi di lacrime.
Ma continuò a suonare, senza sbagliare una nota nonostante le mani tremanti.
Non si accorse di Dom che socchiudeva la porta alle sue spalle e sbirciava, preoccupato.
Continuò a suonare, e pareva non esistere altro tranne lui e il pianoforte.
Poi, d'improvviso, la realtà tornò a farsi sentire, facendogli effettivamente accorgere di cosa stesse suonando, e facendolo immobilizzare per un attimo, con l'affanno e il cuore a mille.
Staccò di colpo le mani dall'avorio e se le portò sul volto, appoggiandosi i gomiti sulle cosce e rannicchiandosi sulla tastiera, invaso da una terribile stanchezza.
Aveva infranto quella promessa di nuovo. Aveva lasciato che i vecchi spettri del suo passato tornassero a prendersi gioco di lui, della sua debolezza, di quanto era patetico.
Stava per crollare, ma poi un pensiero attraversò la sua mente, come un raggio di sole fra nuvole cariche di brutti ricordi.
Sono padre.
Quelle due parole, così semplici ma così importanti, risuonarono nella sua testa come urlate dalla vocetta allegra di suo figlio. Pensò al suo sorriso, una scoperta recente, pensò alle sue manine tese verso di lui, pensò ai suoi occhi azzurri, e si disse che non aveva senso crollare.
Non ora. Non più.
Era cresciuto davvero, stavolta, e i fantasmi non avevano alcun motivo di tornare a far rumore.
Tutto quello che quella canzone voleva dirgli, tutta la merda che voleva tornare a riversargli addosso, ormai non aveva più senso, e spariva prima di attaccarglisi, come la neve sulla strada bagnata.
Tirò su col naso, strinse gli occhi per ricacciare indietro le lacrime e respirò profondamente.
Si calmò, e lentamente riportò le mani sul pianoforte.
Ricominciò a suonare, più sicuro e più deciso, stavolta prendendo i ricordi, anche quelli brutti, e rivivendoli con un sorriso.
Era stato stupido a pensare di poter dimenticare. Non avrebbe mai dovuto neanche provarci, perché ben sapeva che non ci sarebbe mai riuscito.
Doveva invece far leva sui suoi ricordi per rialzarsi e andare in alto, piuttosto che evitarli e cadere sempre più in basso.
Per rimarcare quella nuova scoperta, gli sembrò giusto mormorare quel verso della canzone.
I could not forget you.
Il mormorio, per istinto, venne fuori intonato, e sempre per lo stesso moto d'abitudine, non riuscì a fermarsi lì.
Iniziò a cantare senza neanche accorgersene.
Era tanto preso dalla musica, dalla canzone e da quella strana, nuova felicità che sarebbero potuti arrivare anche degli uomini lucertola a suonargli il sax davanti e lui li avrebbe ignorati completamente.
Dom se n'era andato com'era venuto, in completo silenzio e con discrezione, e Matt era di nuovo solo.
Solo e sereno, riuscendo per la prima volta dopo undici anni a stare con i suoi fantasmi senza averne paura.
~

Questa storia è stata concepita verso inizio Arena tour, quando ho scoperto che avevano ricominciato a suonare Falling Down dopo tanto. Mi sono provata ad immaginare un perché e un come. That's it.
La dedico a quei coglioni dei Muse, che amo con tutto il mio cuore e che mi mancano da morire pure se li ho visti tre giorni fa.
Sopratutto perché li ho visti tre giorni fa.
La dedico anche alla cara Annie, che è le foglie autunnali che scendono lente sugli schermi della piramide, e che si merita davvero tutte le Falling Down del mondo. Ti voglio bene cucciola. Divertiti a Roma ♥
(e scusami se ti ho rubato il titolo, ma ecco, ci stava)
Il titolo è di una canzone dei Mumford & Sons, anche voi cuccioli belli vi amo come boh mi mancate così tanto.
Grazie a tutti che siete arrivati fino a qua.
Presto posto la seconda parte, trust me.
Piuma_
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: piuma_rosaEbianca