Non lo sai?
[NdA:
Fanfiction nata quasi per caso e, ahimè, tenuta nel
cassetto per tanto, forse troppo tempo. Alla fine l’ho
ritrovata e ho deciso di
pubblicarla lo stesso, anche se è un po’ melensa,
temo! ^^ Spero vi piaccia e
mi raccomando, fatemelo sapere! Ci tengo e ci conto, eh? Grazie‼]
‘Quando
mi sono accorta di essermi innamorata di te?’
È
già da diverso tempo ormai che questa domanda mi riempie la
mente, impedendomi
quasi di porre concentrazione sul resto. Compreso il libro che ho tra
le mani,
ancora maledettamente fermo alla prima pagina. Ancora bloccato ai primi
tre
righi. Perché, sebbene le parole siano scorrevoli come un
fiume nel suo dolce
alveo, il mio intelletto fatica enormemente a posare concentrazione
alcuna su
di esse. E allora, di nuovo, mi ritrovo a ripropormi quelle misere tre
righe
iniziali senza riuscire mai ad andare veramente avanti.
La
cosa mi irrita parecchio. Non è da me. Non dalla Hermione
Jean Granger abituata
a leggere pile e pile di libri solo per il gusto di farlo, di
apprendere. Non
dalla me stessa che tenta quasi disperatamente di sapere quanto
più possibile
grazie proprio a questi libri.
Ma
poi, nel momento stesso in cui alzo lo sguardo, mi ritrovo a sorridere
e a
capire il motivo di questa mia distrazione.
“Scacco
matto!”, ulula raggiante Ron, mentre il re bianco di Harry si
ritrova ‘minacciato’
dalla sua torre nera (scusate se ci sono
delle incongruenze con il gioco degli scacchi, ma io personalmente non
so
giocarci! Ho cercato di informarmi, ma si sa che tra il dire e il
fare… NdA).
Non
posso fare a meno di ridacchiare nel vedere l’espressione
torva sul volto di
Harry. Poverino…è già la terza volta
che perde questa sera! Ron gliele sta
davvero suonando, come si suol dire!
“Rivincita?”,
Ron glielo chiede ancor prima che l’altro apra bocca,
intuendo al volo le sue
parole.
A
volte li invidio quei due. Siamo amici da tanto tempo, noi tre, ma loro
due
hanno una complicità che io non avrò mai con
nessuno di loro. Riescono a
capirsi senza neanche parlare e quando si lanciano quegli
sguardi…beh, pagherei
per sapere cosa si dicono! Anche se questo non lo confesserò
mai a nessuno dei
due!!
Mentre
il loro gioco ricomincia, io tento di nuovo di tuffarmi nel librone che
ho
appoggiato sulle ginocchia.
È
sera, ormai. Il Sole è scomparso già da qualche
ora dietro le alte montagne che
si vedono proprio lungo l’orizzonte, e le stelle hanno
già preso il sopravvento
in una notte illuminata caldamente dalla presenza di una Luna tonda e
piena
come non mai.
E
io sono qui, seduta su una delle poltroncine nella sala comune dei
Grifondoro,
lambita dalla calda presenza del fuoco scoppiettante nel camino. Lo
stesso
fuoco che fa bruciare i tuoi capelli amaranti.
Ecco,
di nuovo mi sono ritrovata a fissarti. Ancora, senza quasi
accorgermene. E per
l’ennesima volta mi ritrovo a domandare a me stessa quale sia
stata la prima
volta che l’ho fatto, che ti ho fissato così
ardentemente.
Non
lo ricordo. Per quanto mi sforzi, per quanto a fondo tenti di andare
nei
meandri della mia memoria, non mi sembra di ricordare un solo momento
in cui
non ti abbia fissato. In cui non abbia desiderato potermi stringere a
te,
sentirmi cullare dalle tue forti braccia, sentirmi carezzare dalle tue
lunghe
mani. In cui non ti abbia semplicemente amato. E allora mi rendo conto
che
probabilmente questa mia mancanza non è altro che una
conseguenza del fatto che
non c’è mai stato nemmeno un singolo istante in
cui io non ti abbia amato. So
che può sembrar strano, se non addirittura ridicolo, che io
provi tali
devastanti sentimenti nei tuoi confronti, visto che sin dalla prima
volta che
ci siamo incontrati sul treno che andava ad Hogwarts non abbiamo fatto
altro
che litigare e punzecchiarci a vicenda in un gioco che
tutt’ora non trova fine.
Eppure è così. Non posso fingere che proprio quel
nostro primo incontro non abbia
suscitato in me un cambiamento tanto evidente.
A
volte mi viene da urlare, sai?
Quando
penso che ti amo, e che non riesco a dirtelo, e che non posso
dimostrartelo per
pura vigliaccheria, e che non sono in grado di reprimere…
Perché,
semplicemente, io non sono capace di fare altro se non litigare con te.
“Beh,
ragazzi, io vado a dormire!”, all’improvviso Harry
si alza, forse deluso
dall’ennesima imminente sconfitta a cui è stato
abilmente indotto. “Domani è
una giornata pesante…”
Annuisco,
mentre cerco di trovare la forza necessaria per seguire il suo esempio.
Dopotutto sono molto stanca anche io, visto il pesante orario di
lezioni a cui
mi sottopongo ogni giorno.
“Ron,
tu non vieni?”, Harry si volta, un cipiglio sorpreso.
“No,
non ancora. Non ho sonno”, Ron scuote la testa e
d’improvviso tutta la voglia
di salire in camera sembra scemare in me.
“D’accordo.
E tu, piccola?”, adesso il nostro amico Harry è
rivolto verso di me.
Io
scuoto il capo.
“Salgo
tra un po’”, mormoro, incapace di trattenere un
sorriso che gli fa addolcire lo
sguardo.
“Va
bene. Allora buonanotte!”
Lo
sento avanzare lungo la scala e lo seguo con l’udito fino a
che i suoi passi
muoiono in lontananza.
Il
mio cuore freme un istante. Adesso siamo solo io e Ron nella sala
comune.
Gli
getto un’occhiata fugace, sperando che non si accorga del mio
sguardo posato su
di lui. Sembra pensoso e io mi chiedo cosa abbia di così
tanto importante a cui
pensare. Forse gli allenamenti di Quidditch. O forse la doppia lezione
di
Pozioni di domani. Non saprei, ma fatto sta che solo in rare occasioni
l’ho
visto così serio e pensieroso.
“Perché
mi fissi?”, la sua voce mi fa sobbalzare, inaspettata e
inquisitoria.
Io
abbasso il capo, imbarazzata. Evidentemente si era accorto che lo stavo
osservando.
“Niente”,
rispondo con tono forse troppo duro, più di quanto io stessa
avrei voluto,
indurita dalla figuraccia appena commessa che avrei con piacere evitato.
E
forse proprio per questo lo sento sospirare pesantemente, mentre si
passa – ne
sono certa dal rumore appena percettibile – una mano nei
folti capelli
amaranti.
“Scusa”,
borbotta lui a quel punto.
E,
per la seconda volta nel giro di una manciata di attimi, mi ritrovo a
sobbalzare stupita mentre pongo i miei occhi marroni nelle iridi
azzurre di
lui.
“Non
volevo essere così sgarbato”
A
questo punto dovrei dirgli di non preoccuparsi, che è tutto
okay. E, allora,
apro la bocca per farlo ma dalle mie labbra il suono che ne esce non ha
nulla
di rassicurante.
“Tu
non lo vuoi mai, però ogni volta lo sei!”, lo dico
ancor prima di accorgermene,
ma subito desidero di poter sprofondare seimila metri sotto terra.
Ecco,
adesso quello che non volevo accadesse, succederà. Adesso
litigheremo
sicuramente.
Stupida…
“Non…non
è vero! Io non sono sgarbato!! Sei tu che ti alteri per
nulla!”, si difende
prontamente Ron.
“Cosa?!”,
mi ritrovo ad arrossire, piccata, e d’un tratto i miei
propositi di chiedergli
scusa per averlo punzecchiato ancora una volta si dissolvono
miseramente.
“Sì!”,
insiste lui. “Tu ti arrabbi. Tu ti arrabbi sempre, anche
quando non ce n’è
bisogno!”
“Questo…questo
non è vero!!”
Sono
sconvolta…
“Invece
è la pura verità! Tu sei sempre arrabbiata, ecco.
Anche…anche quando ci siamo
conosciuti la prima volta! E quando sbaglio una pozione. E anche al
Ballo del
Ceppo tu…ti sei arrabbiata”
Le
ultime parole le sento appena, tanto lievemente le ha pronunciate. Ma
energico
è invece il rossore che caratterizza le sue orecchie, mentre
tenta di sostenere
il mio sguardo allibito.
Non
posso credere a quello che dice… Voglio dire, io non mi
arrabbio per un
nonnulla!! È…è lui che mi fa
arrabbiare!
“Non
è…non è vero!”, ribatto
infatti, rivelando così i miei pensieri. “Io non
mi
arrabbio. Sei tu che con le tue stupide risposte mi fai
innervosire!”
“Ah
ha! Lo vedi che ti arrabbi?”, insiste lui con sguardo tronfio.
Vorrei
ammazzarlo quando fa così. È il mio dolce rivale.
“Oh,
smettila con queste sciocchezze, Ronald!”, la mia voce
risuona altera e quasi
schizzinosa, ma non posso farci niente se in queste occasione caccio il
peggio
di me.
Mi
odio quando è così, perché io non sono
così altezzosa! È lui che mi ci fa
diventare, con quelle sue risposte
così…così…così
infantili! Ecco, giusto
infantili! Come lui del resto! Un bambino troppo cresciuto, ecco cosa
sei
Ronald Bilius Weasley.
“Quante
volte dovrò ripeterti di non chiamarmi
così?”, Ron alza la voce e io un
sopracciglio.
“Così
come?”, chiedo con voce stupita, ma so perfettamente a cosa
si riferisce.
Ron
odia quando io utilizzo il suo nome per intero per chiamarlo. A Ron non
piace
essere chiamato Ronald, ma purtroppo per lui adesso che l’ho
scoperto
utilizzerò questa arma a mio vantaggio.
“Con…con
quel nome!”, si fa ancora più rosso lui, e lo vedo
stringere forte i pugni per
tentare di tenere a freno l’impetuosità che gli
aleggia nel cuore.
È
sempre stato così. Impetuoso e istintivo. Tutto il contrario
di me, insomma. E
forse è proprio questo che più mi ha colpito di
lui.
“Quale
nome, Ronald? Spiegati meglio, Ronald!”, insisto io con un
sorriso
vittorioso stampato in volto, che deve farmi sembrare quasi odiosa ai
suoi
occhi.
Ma,
ancora una volta, non posso farci niente. I battibecchi con lui sono un
qualcosa che mi da uno strano piacere.
Credo
di avere tendenze masochiste. Non so.
Però
quando litighiamo, io sto con lui. Lui parla – o dovrei dire
sbraita? – con me.
La sua attenzione è tutta su di me. E io…mi sento
importante.
“Io
mi chiamo Ron!”
“Credevo
il tuo nome fosse Ronald!”
“Infatti,
ma…oh, lascia perdere Jean!”
Lo
vedo sorridere, mentre la mia rabbia aumenta a dismisura.
Come…come
mi ha appena chiamata?!
J…Jean??
“Smettila!!”,
gli urlo contro, avvampando infuriata mentre senza accorgermene perdo
il libro
a terra.
“Di
fare cosa, Jean?”,
insiste lui.
Il
sorriso ancora sul suo volto. Più largo e raggiante di prima.
Sa
di aver toccato un tasto dolente. Sa che io odio il mio secondo nome. E
questo
deve divertirlo davvero parecchio!
“Beh,
sai che ti dico, Ron??”, sbotto d’un tratto io,
preda dell’impeto e della
voglia di rivalsa. “La prossima volta che mi
passerà anche solo per
l’anticamera del cervello di fermarmi un po’ di
più qui per stare da sola con
te, mi pesterò da sola!!”
Lo
dico in fretta, talmente tanto che fatico io per prima a capire
ciò che dico.
Ma
quando finalmente lo intendo…
CHE
DIAVOLO HO DETTO???
Ho
davvero pronunciato ad alta voce ciò che credo? Ditemi di
no, vi prego!!!
Oddio…vorrei
morire…o sprofondare sotto terra…o
eclissarmi… Insomma tutto, purché scompaia
da qui, ora, adesso, in questo istante!
Ma
sono scema o che?? Come ho potuto…come?!
Alzo
timidamente un occhio nella sua direzione, sperando di cuore che non
abbia
capito nulla di quello che ho detto. Caso contrario sarebbe troppo
imbarazzante
per me anche solo da valutarlo.
Ma
Ron ha lo sguardo paonazzo e l’espressione di chi fatica a
credere in qualcosa.
E allora comprendo che lui ha capito.
‘Voglio
morire!’, penso mentre tento di raccattare tutti i libri che
ho attorno per
svignarmela il prima possibile da qui.
Prego
di riuscire a farcela prima che Ron si riprenda dallo shock, ma
evidentemente
le mie sono solo futili preghiere perché quando alzo lo
sguardo a seguito di
uno strano tonf – forse
è caduto
qualcosa! – lo vedo ritto di fronte a me con un braccio che
mi blocca l’unica
mia via di fuga. E capisco che quel tonf
non era altro che la sua mano mentre si allungava fino a toccare lo
schienale
della poltroncina dietro di me.
“Cosa…cosa
hai detto?”
Il
suo alito caldo sfiora il mio viso e solo allora mi rendo conto
dell’effettiva
vicinanza che ci lega. Scorgo le sue orecchie rosse e capisco che
è in
imbarazzo anche lui, ma i suoi occhi azzurri sono decisi ad ottenere
una
risposta da me.
Deglutisco.
Sono
nei guai. E per colpa mia, per giunta.
“Io…non
ho detto niente!”, tento di farfugliare al colmo
dell’imbarazzo e della
vergogna.
Ma
perché non ho ascoltato il consiglio di Harry?
Perché non sono andata a
dormire??
“Andiamo
Hermione, non puoi fare finta di niente!”, insiste lui.
“Non puoi dirmi che
volevi stare sola con me e poi rimangiarti tutto!!”
Si
sta scaldando di nuovo, ma non molla la presa sulla poltrona.
E
io capisco che ha davvero inteso ogni cosa, per questo mi arrabbio a
mia volta.
Non tanto con lui, quanto con me stessa per essermi lasciata sfuggire
quella
maledetta frase che mi ha giocato totalmente la dignità.
Dopo
stasera, non avrò mai più la forza di guardarlo
negli occhi, ne sono sicura!
Dannata
me e la mia linguaccia!!
“E
invece posso!!”, ribatto come una bambina, vittima della
frustrazione e
dell’imbarazzo.
“No,
non puoi!”, si incaponisce Ron.
“Invece
sì!”
“E
invece ti dico di no!!”
“Sì,
sì!!”
“NO!”,
Ron ha quasi urlato e questo riesce a zittirmi per la meraviglia.
Lo
guardo basita, e lo vedo maledettamente serio e rosso.
“Dannazione,
no che non puoi Hermione! Non puoi farmi questo!”, e aggiunge
alla frase,
giusto per sottolineare la sua posizione, una botta alla spalliera con
la mano.
L’altra
penzola lungo il suo fisico dinoccolato.
“Non
puoi continuare a regalarmi solo stracci della tua attenzione per poi
rimangiarteli subito dopo! Non è giusto!”
Lo
vedo incupirsi, forse arrabbiato, mentre in me prevale lo stupore.
Ma
si sa che sono un tipo che si riscuote facilmente. E questa, non
è diversa
dalle altre volte.
“Io
non ti regalo solo stracci di attenzione!”, ribatto incredula.
“Ah
no?”
“No!
Io ti dedico molto del mio tempo. Lo dedico a te e a Harry
e…”
“Non
stiamo parlando di lui!!”, di nuovo la mano di Ron sbatte
sullo schienale,
facendomi sobbalzare per lo spavento.
Punto
di nuovo i miei occhi nei suoi, e di nuovo mi ritrovo a fissarlo
attonita.
Che
vuole dire?
“Non
stiamo parlando di lui, Hermione, ma di me! Di me!!”,
si indica con la mano penzolante, lo sguardo fiero come
quello di una pantera.
Io
rimango per un istante interdetta, prima di riacquisire l’uso
della parola.
“Lo
so che stiamo parlando di te!”
“Ah,
davvero? E allora perché hai tirato in ballo
Harry?”, insiste lui, incaponito.
“Perché…beh,
perché è…sì,
perché…”, ma mi rendo conto di non
avere la risposta a questa
domanda.
Per
la prima volta nella mia vita, io non so rispondere a qualcosa. Questo
mi
spiazza perché non era mai successo prima e allo stesso
tempo mi irrita perché con
la mia razionalità dovrei avercela una risposta a questa
domanda!
Forse
per questo mi volto brusca verso di Ron.
“Oh,
insomma, che stai cercando di dirmi??”
Ma
la mia domanda muore sulle sue labbra.
Il
mio cuore si dilata e si scioglie come neve al Sole, il mio stomaco
freme e le
mie gambe tremano quasi mentre la mia mente fatica a rendersi conto di
ciò che
sta accadendo.
Ma
la spinta lieve che il volto di Ron fa sul mio fino a quando non sento
la
spalliera dietro al mio capo, mi fa capire cosa realmente sta accadendo.
Ron…mi
sta baciando!!
Le
sue labbra sono calde e carnose, proprio come le ho sempre immaginate.
Il suo
respiro è caldo e d’improvviso sento che,
qualsiasi cosa accada, io sarò
protetta fin quando avrò lui al mio fianco.
Chiudo
gli occhi, assaporando il suo bacio che è giunto tanto
inaspettato quanto
gradito. Tremendamente gradito.
E
non vorrei separarmi mai, e non vorrei mai smettere di baciarlo, e non
vorrei
mai più riaprire gli occhi.
Ma
i sogni devono far sempre conto alla realtà e questa volta
non sarà di meno.
Così, dopo un po’, seppur con riluttanza finiamo
per separarci.
I
nostri respiri sono stranamente ansanti, i nostri cuori battono a mille
tanto
che mi sembra di udirli distintamente.
E
poi finalmente, dopo quella che mi è parsa
un’eternità, riesco a parlare.
“Per…perché
l’hai fatto?”
Lo
chiedo con voce flebile, quasi temessi la risposta. Ed in effetti la
temo,
perché potrei scoprire che mi ha baciata solo per farmi star
zitta, o perché
gli andava in quel dato momento, o perché succube di una
scommessa tra amici…
“Non
lo sai?”
La
sua domanda mi spiazza. Ancor di più la risposta che mi
rendo conto di avere.
Alzo
lo sguardo su di lui, sui suoi occhi ora dannatamente dolci e sicuri, e
capisco
che in effetti l’ho sempre saputo il perché. Ma
non è stato un libro a
suggerirmi la risposta, né una delle tante lezioni a cui
partecipo.
Semplicemente lo so.
Lo
so sin dal primo momento che ci siamo incontrati, sul treno cinque anni
fa.
Lo
so sin dalla nostra prima litigata, per una sciocchezza ovviamente.
Lo
so da quando sono stata male perché non mi parlava
più per via della scopa e
poi di Crosta, in terzo.
Lo
so dal Ballo del Ceppo, da quella scenata che ci siamo rivolti a fine
festa.
Lo
so dal bacio augurale che gli ho stampato su una guancia alla sua prima
partita, al quinto anno.
Lo
so dal modo in cui il mio sguardo indugia sulla sua figura, e da come
arrossiscono le sue orecchie quando lo sorprendo a fissarmi.
Lo
so da come ci affanniamo a litigare, solo per il gusto di sentire
l’attenzione
dell’altro completamente su di sé.
Semplicemente
lo so.
Prima
ancora di accorgermene, mi ritrovo a sorridere. A sorridergli.
“S…sì”,
rispondo finalmente. “Lo so”
Lo
vedo sorridere e non posso fare a meno di pensare quanto siamo stati
maledettamente
stupidi in tutti questi anni. Fingere quasi di odiarci, quando invece
non
volevamo altro che amarci.
Ma
litigare era più facile. Perché, diamine,
è più semplice continuare a litigare
e a fingere di non sopportarci, e a illudersi che non volevamo niente
cosicché
se un giorno lo si sarebbe perso ne avremmo sofferto di meno! Ma, alla
fine,
non è altro che mera illusione.
“Ti
amo, Ron”, lo dico con estrema semplicità, quasi
fosse la cosa più ovvia del
mondo.
E in effetti lo è.
Lui
mi sorride, di nuovo, e il mio cuore manca inevitabilmente di un
battito. Poi,
prima che di nuovo le sue labbra si posino sulle mie, lo sento
sussurrare…
“Era
ora, signorina Granger!”
Il
mio piccolo risolino si infrange sulla sua bocca, ma non mi dispiace.
Perché
sono felice. Perché lo amo e gliel’ho detto e ho
capito che l’abbiamo sempre
saputo.
Si
discosta poco dopo da me e il mio cuore freme sotto quel suo sguardo
profondo.
La mia schiena è percorsa da un brivido quando la sua mano
calda mi sfiora una
guancia e afferra uno dei miei ciuffi ribelli, incastrandolo dietro il
mio
orecchio.
È
così dolce…
“Ti
amo, Jean”
Il
mio cuore sembra sciogliersi quasi miracolosamente, il mio volto si
illumina di
un sorriso e io non posso fare a meno di pensare che è bello
sentirglielo dire.
Perché anche se lo sapevamo, non è nulla al
confronto di udirlo.
E
non posso non pensare quali sciocchi siamo stati per aver atteso tanto
senza
dircelo, e che non mi stancherei mai di sentirmelo dire, e che anche se
mi ha
chiamato con quel mio tanto odiato secondo nome non mi ha dato fastidio.
Memi
J