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Autore: memi    15/01/2008    14 recensioni
“Per…perché l’hai fatto?”
Lo chiedo con voce flebile, quasi temessi la risposta. Ed in effetti la temo, perché potrei scoprire che mi ha baciata solo per farmi star zitta, o perché gli andava in quel dato momento, o perché succube di una scommessa tra amici…
“Non lo sai?”
La sua domanda mi spiazza. Ancor di più la risposta che mi rendo conto di avere.
Alzo lo sguardo su di lui, sui suoi occhi ora dannatamente dolci e sicuri, e capisco che in effetti l’ho sempre saputo il perché. Ma non è stato un libro a suggerirmi la risposta, né una delle tante lezioni a cui partecipo. Semplicemente lo so.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non lo sai?

 

[NdA: Fanfiction nata quasi per caso e, ahimè, tenuta nel cassetto per tanto, forse troppo tempo. Alla fine l’ho ritrovata e ho deciso di pubblicarla lo stesso, anche se è un po’ melensa, temo! ^^ Spero vi piaccia e mi raccomando, fatemelo sapere! Ci tengo e ci conto, eh? Grazie‼]

 

‘Quando mi sono accorta di essermi innamorata di te?’

È già da diverso tempo ormai che questa domanda mi riempie la mente, impedendomi quasi di porre concentrazione sul resto. Compreso il libro che ho tra le mani, ancora maledettamente fermo alla prima pagina. Ancora bloccato ai primi tre righi. Perché, sebbene le parole siano scorrevoli come un fiume nel suo dolce alveo, il mio intelletto fatica enormemente a posare concentrazione alcuna su di esse. E allora, di nuovo, mi ritrovo a ripropormi quelle misere tre righe iniziali senza riuscire mai ad andare veramente avanti.

La cosa mi irrita parecchio. Non è da me. Non dalla Hermione Jean Granger abituata a leggere pile e pile di libri solo per il gusto di farlo, di apprendere. Non dalla me stessa che tenta quasi disperatamente di sapere quanto più possibile grazie proprio a questi libri.

Ma poi, nel momento stesso in cui alzo lo sguardo, mi ritrovo a sorridere e a capire il motivo di questa mia distrazione.

“Scacco matto!”, ulula raggiante Ron, mentre il re bianco di Harry si ritrova ‘minacciato’ dalla sua torre nera (scusate se ci sono delle incongruenze con il gioco degli scacchi, ma io personalmente non so giocarci! Ho cercato di informarmi, ma si sa che tra il dire e il fare… NdA).

Non posso fare a meno di ridacchiare nel vedere l’espressione torva sul volto di Harry. Poverino…è già la terza volta che perde questa sera! Ron gliele sta davvero suonando, come si suol dire!

“Rivincita?”, Ron glielo chiede ancor prima che l’altro apra bocca, intuendo al volo le sue parole.

A volte li invidio quei due. Siamo amici da tanto tempo, noi tre, ma loro due hanno una complicità che io non avrò mai con nessuno di loro. Riescono a capirsi senza neanche parlare e quando si lanciano quegli sguardi…beh, pagherei per sapere cosa si dicono! Anche se questo non lo confesserò mai a nessuno dei due!!

Mentre il loro gioco ricomincia, io tento di nuovo di tuffarmi nel librone che ho appoggiato sulle ginocchia.

È sera, ormai. Il Sole è scomparso già da qualche ora dietro le alte montagne che si vedono proprio lungo l’orizzonte, e le stelle hanno già preso il sopravvento in una notte illuminata caldamente dalla presenza di una Luna tonda e piena come non mai.

E io sono qui, seduta su una delle poltroncine nella sala comune dei Grifondoro, lambita dalla calda presenza del fuoco scoppiettante nel camino. Lo stesso fuoco che fa bruciare i tuoi capelli amaranti.

Ecco, di nuovo mi sono ritrovata a fissarti. Ancora, senza quasi accorgermene. E per l’ennesima volta mi ritrovo a domandare a me stessa quale sia stata la prima volta che l’ho fatto, che ti ho fissato così ardentemente.

Non lo ricordo. Per quanto mi sforzi, per quanto a fondo tenti di andare nei meandri della mia memoria, non mi sembra di ricordare un solo momento in cui non ti abbia fissato. In cui non abbia desiderato potermi stringere a te, sentirmi cullare dalle tue forti braccia, sentirmi carezzare dalle tue lunghe mani. In cui non ti abbia semplicemente amato. E allora mi rendo conto che probabilmente questa mia mancanza non è altro che una conseguenza del fatto che non c’è mai stato nemmeno un singolo istante in cui io non ti abbia amato. So che può sembrar strano, se non addirittura ridicolo, che io provi tali devastanti sentimenti nei tuoi confronti, visto che sin dalla prima volta che ci siamo incontrati sul treno che andava ad Hogwarts non abbiamo fatto altro che litigare e punzecchiarci a vicenda in un gioco che tutt’ora non trova fine. Eppure è così. Non posso fingere che proprio quel nostro primo incontro non abbia suscitato in me un cambiamento tanto evidente.

A volte mi viene da urlare, sai?

Quando penso che ti amo, e che non riesco a dirtelo, e che non posso dimostrartelo per pura vigliaccheria, e che non sono in grado di reprimere…

Perché, semplicemente, io non sono capace di fare altro se non litigare con te.

“Beh, ragazzi, io vado a dormire!”, all’improvviso Harry si alza, forse deluso dall’ennesima imminente sconfitta a cui è stato abilmente indotto. “Domani è una giornata pesante…”

Annuisco, mentre cerco di trovare la forza necessaria per seguire il suo esempio. Dopotutto sono molto stanca anche io, visto il pesante orario di lezioni a cui mi sottopongo ogni giorno.

“Ron, tu non vieni?”, Harry si volta, un cipiglio sorpreso.

“No, non ancora. Non ho sonno”, Ron scuote la testa e d’improvviso tutta la voglia di salire in camera sembra scemare in me.

“D’accordo. E tu, piccola?”, adesso il nostro amico Harry è rivolto verso di me.

Io scuoto il capo.

“Salgo tra un po’”, mormoro, incapace di trattenere un sorriso che gli fa addolcire lo sguardo.

“Va bene. Allora buonanotte!”

Lo sento avanzare lungo la scala e lo seguo con l’udito fino a che i suoi passi muoiono in lontananza.

Il mio cuore freme un istante. Adesso siamo solo io e Ron nella sala comune.

Gli getto un’occhiata fugace, sperando che non si accorga del mio sguardo posato su di lui. Sembra pensoso e io mi chiedo cosa abbia di così tanto importante a cui pensare. Forse gli allenamenti di Quidditch. O forse la doppia lezione di Pozioni di domani. Non saprei, ma fatto sta che solo in rare occasioni l’ho visto così serio e pensieroso.

“Perché mi fissi?”, la sua voce mi fa sobbalzare, inaspettata e inquisitoria.

Io abbasso il capo, imbarazzata. Evidentemente si era accorto che lo stavo osservando.

“Niente”, rispondo con tono forse troppo duro, più di quanto io stessa avrei voluto, indurita dalla figuraccia appena commessa che avrei con piacere evitato.

E forse proprio per questo lo sento sospirare pesantemente, mentre si passa – ne sono certa dal rumore appena percettibile – una mano nei folti capelli amaranti.

“Scusa”, borbotta lui a quel punto.

E, per la seconda volta nel giro di una manciata di attimi, mi ritrovo a sobbalzare stupita mentre pongo i miei occhi marroni nelle iridi azzurre di lui.

“Non volevo essere così sgarbato”

A questo punto dovrei dirgli di non preoccuparsi, che è tutto okay. E, allora, apro la bocca per farlo ma dalle mie labbra il suono che ne esce non ha nulla di rassicurante.

“Tu non lo vuoi mai, però ogni volta lo sei!”, lo dico ancor prima di accorgermene, ma subito desidero di poter sprofondare seimila metri sotto terra.

Ecco, adesso quello che non volevo accadesse, succederà. Adesso litigheremo sicuramente.

Stupida…

“Non…non è vero! Io non sono sgarbato!! Sei tu che ti alteri per nulla!”, si difende prontamente Ron.

“Cosa?!”, mi ritrovo ad arrossire, piccata, e d’un tratto i miei propositi di chiedergli scusa per averlo punzecchiato ancora una volta si dissolvono miseramente.

“Sì!”, insiste lui. “Tu ti arrabbi. Tu ti arrabbi sempre, anche quando non ce n’è bisogno!”

“Questo…questo non è vero!!”

Sono sconvolta…

“Invece è la pura verità! Tu sei sempre arrabbiata, ecco. Anche…anche quando ci siamo conosciuti la prima volta! E quando sbaglio una pozione. E anche al Ballo del Ceppo tu…ti sei arrabbiata”

Le ultime parole le sento appena, tanto lievemente le ha pronunciate. Ma energico è invece il rossore che caratterizza le sue orecchie, mentre tenta di sostenere il mio sguardo allibito.

Non posso credere a quello che dice… Voglio dire, io non mi arrabbio per un nonnulla!! È…è lui che mi fa arrabbiare!

“Non è…non è vero!”, ribatto infatti, rivelando così i miei pensieri. “Io non mi arrabbio. Sei tu che con le tue stupide risposte mi fai innervosire!”

“Ah ha! Lo vedi che ti arrabbi?”, insiste lui con sguardo tronfio.

Vorrei ammazzarlo quando fa così. È il mio dolce rivale.

“Oh, smettila con queste sciocchezze, Ronald!”, la mia voce risuona altera e quasi schizzinosa, ma non posso farci niente se in queste occasione caccio il peggio di me.

Mi odio quando è così, perché io non sono così altezzosa! È lui che mi ci fa diventare, con quelle sue risposte così…così…così infantili! Ecco, giusto infantili! Come lui del resto! Un bambino troppo cresciuto, ecco cosa sei Ronald Bilius Weasley.

“Quante volte dovrò ripeterti di non chiamarmi così?”, Ron alza la voce e io un sopracciglio.

“Così come?”, chiedo con voce stupita, ma so perfettamente a cosa si riferisce.

Ron odia quando io utilizzo il suo nome per intero per chiamarlo. A Ron non piace essere chiamato Ronald, ma purtroppo per lui adesso che l’ho scoperto utilizzerò questa arma a mio vantaggio.

“Con…con quel nome!”, si fa ancora più rosso lui, e lo vedo stringere forte i pugni per tentare di tenere a freno l’impetuosità che gli aleggia nel cuore.

È sempre stato così. Impetuoso e istintivo. Tutto il contrario di me, insomma. E forse è proprio questo che più mi ha colpito di lui.

“Quale nome, Ronald? Spiegati meglio, Ronald!”, insisto io con un sorriso vittorioso stampato in volto, che deve farmi sembrare quasi odiosa ai suoi occhi.

Ma, ancora una volta, non posso farci niente. I battibecchi con lui sono un qualcosa che mi da uno strano piacere.

Credo di avere tendenze masochiste. Non so.

Però quando litighiamo, io sto con lui. Lui parla – o dovrei dire sbraita? – con me. La sua attenzione è tutta su di me. E io…mi sento importante.

“Io mi chiamo Ron!”

“Credevo il tuo nome fosse Ronald!”

“Infatti, ma…oh, lascia perdere Jean!”

Lo vedo sorridere, mentre la mia rabbia aumenta a dismisura.

Come…come mi ha appena chiamata?!

J…Jean??

“Smettila!!”, gli urlo contro, avvampando infuriata mentre senza accorgermene perdo il libro a terra.

“Di fare cosa, Jean?”, insiste lui.

Il sorriso ancora sul suo volto. Più largo e raggiante di prima.

Sa di aver toccato un tasto dolente. Sa che io odio il mio secondo nome. E questo deve divertirlo davvero parecchio!

“Beh, sai che ti dico, Ron??”, sbotto d’un tratto io, preda dell’impeto e della voglia di rivalsa. “La prossima volta che mi passerà anche solo per l’anticamera del cervello di fermarmi un po’ di più qui per stare da sola con te, mi pesterò da sola!!”

Lo dico in fretta, talmente tanto che fatico io per prima a capire ciò che dico.

Ma quando finalmente lo intendo…

CHE DIAVOLO HO DETTO???

Ho davvero pronunciato ad alta voce ciò che credo? Ditemi di no, vi prego!!!

Oddio…vorrei morire…o sprofondare sotto terra…o eclissarmi… Insomma tutto, purché scompaia da qui, ora, adesso, in questo istante!

Ma sono scema o che?? Come ho potuto…come?!

Alzo timidamente un occhio nella sua direzione, sperando di cuore che non abbia capito nulla di quello che ho detto. Caso contrario sarebbe troppo imbarazzante per me anche solo da valutarlo.

Ma Ron ha lo sguardo paonazzo e l’espressione di chi fatica a credere in qualcosa. E allora comprendo che lui ha capito.

‘Voglio morire!’, penso mentre tento di raccattare tutti i libri che ho attorno per svignarmela il prima possibile da qui.

Prego di riuscire a farcela prima che Ron si riprenda dallo shock, ma evidentemente le mie sono solo futili preghiere perché quando alzo lo sguardo a seguito di uno strano tonf – forse è caduto qualcosa! – lo vedo ritto di fronte a me con un braccio che mi blocca l’unica mia via di fuga. E capisco che quel tonf non era altro che la sua mano mentre si allungava fino a toccare lo schienale della poltroncina dietro di me.

“Cosa…cosa hai detto?”

Il suo alito caldo sfiora il mio viso e solo allora mi rendo conto dell’effettiva vicinanza che ci lega. Scorgo le sue orecchie rosse e capisco che è in imbarazzo anche lui, ma i suoi occhi azzurri sono decisi ad ottenere una risposta da me.

Deglutisco.

Sono nei guai. E per colpa mia, per giunta.

“Io…non ho detto niente!”, tento di farfugliare al colmo dell’imbarazzo e della vergogna.

Ma perché non ho ascoltato il consiglio di Harry? Perché non sono andata a dormire??

“Andiamo Hermione, non puoi fare finta di niente!”, insiste lui. “Non puoi dirmi che volevi stare sola con me e poi rimangiarti tutto!!”

Si sta scaldando di nuovo, ma non molla la presa sulla poltrona.

E io capisco che ha davvero inteso ogni cosa, per questo mi arrabbio a mia volta. Non tanto con lui, quanto con me stessa per essermi lasciata sfuggire quella maledetta frase che mi ha giocato totalmente la dignità.

Dopo stasera, non avrò mai più la forza di guardarlo negli occhi, ne sono sicura!

Dannata me e la mia linguaccia!!

“E invece posso!!”, ribatto come una bambina, vittima della frustrazione e dell’imbarazzo.

“No, non puoi!”, si incaponisce Ron.

“Invece sì!”

“E invece ti dico di no!!”

“Sì, sì!!”

“NO!”, Ron ha quasi urlato e questo riesce a zittirmi per la meraviglia.

Lo guardo basita, e lo vedo maledettamente serio e rosso.

“Dannazione, no che non puoi Hermione! Non puoi farmi questo!”, e aggiunge alla frase, giusto per sottolineare la sua posizione, una botta alla spalliera con la mano.

L’altra penzola lungo il suo fisico dinoccolato.

“Non puoi continuare a regalarmi solo stracci della tua attenzione per poi rimangiarteli subito dopo! Non è giusto!”

Lo vedo incupirsi, forse arrabbiato, mentre in me prevale lo stupore.

Ma si sa che sono un tipo che si riscuote facilmente. E questa, non è diversa dalle altre volte.

“Io non ti regalo solo stracci di attenzione!”, ribatto incredula.

“Ah no?”

“No! Io ti dedico molto del mio tempo. Lo dedico a te e a Harry e…”

“Non stiamo parlando di lui!!”, di nuovo la mano di Ron sbatte sullo schienale, facendomi sobbalzare per lo spavento.

Punto di nuovo i miei occhi nei suoi, e di nuovo mi ritrovo a fissarlo attonita.

Che vuole dire?

“Non stiamo parlando di lui, Hermione, ma di me! Di me!!”, si indica con la mano penzolante, lo sguardo fiero come quello di una pantera.

Io rimango per un istante interdetta, prima di riacquisire l’uso della parola.

“Lo so che stiamo parlando di te!”

“Ah, davvero? E allora perché hai tirato in ballo Harry?”, insiste lui, incaponito.

“Perché…beh, perché è…sì, perché…”, ma mi rendo conto di non avere la risposta a questa domanda.

Per la prima volta nella mia vita, io non so rispondere a qualcosa. Questo mi spiazza perché non era mai successo prima e allo stesso tempo mi irrita perché con la mia razionalità dovrei avercela una risposta a questa domanda!

Forse per questo mi volto brusca verso di Ron.

“Oh, insomma, che stai cercando di dirmi??”

Ma la mia domanda muore sulle sue labbra.

Il mio cuore si dilata e si scioglie come neve al Sole, il mio stomaco freme e le mie gambe tremano quasi mentre la mia mente fatica a rendersi conto di ciò che sta accadendo.

Ma la spinta lieve che il volto di Ron fa sul mio fino a quando non sento la spalliera dietro al mio capo, mi fa capire cosa realmente sta accadendo.

Ron…mi sta baciando!!

Le sue labbra sono calde e carnose, proprio come le ho sempre immaginate. Il suo respiro è caldo e d’improvviso sento che, qualsiasi cosa accada, io sarò protetta fin quando avrò lui al mio fianco.

Chiudo gli occhi, assaporando il suo bacio che è giunto tanto inaspettato quanto gradito. Tremendamente gradito.

E non vorrei separarmi mai, e non vorrei mai smettere di baciarlo, e non vorrei mai più riaprire gli occhi.

Ma i sogni devono far sempre conto alla realtà e questa volta non sarà di meno. Così, dopo un po’, seppur con riluttanza finiamo per separarci.

I nostri respiri sono stranamente ansanti, i nostri cuori battono a mille tanto che mi sembra di udirli distintamente.

E poi finalmente, dopo quella che mi è parsa un’eternità, riesco a parlare.

“Per…perché l’hai fatto?”

Lo chiedo con voce flebile, quasi temessi la risposta. Ed in effetti la temo, perché potrei scoprire che mi ha baciata solo per farmi star zitta, o perché gli andava in quel dato momento, o perché succube di una scommessa tra amici…

“Non lo sai?”

La sua domanda mi spiazza. Ancor di più la risposta che mi rendo conto di avere.

Alzo lo sguardo su di lui, sui suoi occhi ora dannatamente dolci e sicuri, e capisco che in effetti l’ho sempre saputo il perché. Ma non è stato un libro a suggerirmi la risposta, né una delle tante lezioni a cui partecipo. Semplicemente lo so.

Lo so sin dal primo momento che ci siamo incontrati, sul treno cinque anni fa.

Lo so sin dalla nostra prima litigata, per una sciocchezza ovviamente.

Lo so da quando sono stata male perché non mi parlava più per via della scopa e poi di Crosta, in terzo.

Lo so dal Ballo del Ceppo, da quella scenata che ci siamo rivolti a fine festa.

Lo so dal bacio augurale che gli ho stampato su una guancia alla sua prima partita, al quinto anno.

Lo so dal modo in cui il mio sguardo indugia sulla sua figura, e da come arrossiscono le sue orecchie quando lo sorprendo a fissarmi.

Lo so da come ci affanniamo a litigare, solo per il gusto di sentire l’attenzione dell’altro completamente su di sé.

Semplicemente lo so.

Prima ancora di accorgermene, mi ritrovo a sorridere. A sorridergli.

“S…sì”, rispondo finalmente. “Lo so”

Lo vedo sorridere e non posso fare a meno di pensare quanto siamo stati maledettamente stupidi in tutti questi anni. Fingere quasi di odiarci, quando invece non volevamo altro che amarci.

Ma litigare era più facile. Perché, diamine, è più semplice continuare a litigare e a fingere di non sopportarci, e a illudersi che non volevamo niente cosicché se un giorno lo si sarebbe perso ne avremmo sofferto di meno! Ma, alla fine, non è altro che mera illusione.

“Ti amo, Ron”, lo dico con estrema semplicità, quasi fosse la cosa più ovvia del mondo.

 E in effetti lo è.

Lui mi sorride, di nuovo, e il mio cuore manca inevitabilmente di un battito. Poi, prima che di nuovo le sue labbra si posino sulle mie, lo sento sussurrare…

“Era ora, signorina Granger!”

Il mio piccolo risolino si infrange sulla sua bocca, ma non mi dispiace. Perché sono felice. Perché lo amo e gliel’ho detto e ho capito che l’abbiamo sempre saputo.

Si discosta poco dopo da me e il mio cuore freme sotto quel suo sguardo profondo. La mia schiena è percorsa da un brivido quando la sua mano calda mi sfiora una guancia e afferra uno dei miei ciuffi ribelli, incastrandolo dietro il mio orecchio.

È così dolce…

“Ti amo, Jean”

Il mio cuore sembra sciogliersi quasi miracolosamente, il mio volto si illumina di un sorriso e io non posso fare a meno di pensare che è bello sentirglielo dire. Perché anche se lo sapevamo, non è nulla al confronto di udirlo.

E non posso non pensare quali sciocchi siamo stati per aver atteso tanto senza dircelo, e che non mi stancherei mai di sentirmelo dire, e che anche se mi ha chiamato con quel mio tanto odiato secondo nome non mi ha dato fastidio.

 

 

 

Memi J

  
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