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Autore: MarsKingdom    01/07/2013    2 recensioni
“Contatterò io il suo manager per consegnare le foto alla rivista, d’accordo?”, dissi nervosa e spazientita, rigirandomi tra le dita la mia catenina con la triade, quella che non toglievo mai.
Aspettai inutilmente un cenno, una parola, anche un grugnito da parte del tizio.
Sembrava di parlare con un muro.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Senti, ma questi occhiali non possiamo proprio toglierli?”, dissi da dietro la fotocamera massiccia, appoggiata al cavalletto.
Ormai ero stanca, erano ore che andavo avanti facendo foto a questo tizio che non voleva togliere gli occhiali da sole.
Non avevo ricevuto particolari ordini su come dovevano essere le foto.
Sapevano che ero una professionista nel mio campo e si fidavano ciecamente, anche se ero giovane.
Per un po’ avevo lasciato fare al ragazzo (o uomo, non sapevo bene l’età). Dovevo fotografarlo mentre suonava la batteria in una stanza nera con qualche luce messa ad effetto per catturare al meglio i contrasti e i giochi di luce che scaturivano grazie al bianco e al metallo freddo della strumento.
Ma questo non faceva altro che suonare e sorridere sornione, contando e sussurrando tra se. Non aveva mai tolto gli occhiali o il cappuccio della felpa, e per quanto io potessi spostarmi e trovare nuove angolazioni (compreso salire sullo sgabello e rischiare una commozione cerebrale), dopo due ore avevo esaurito le idee.
Iniziai a pensare che fosse cieco, o che lo avessero picchiato e quindi non potesse mostrarmi gli occhi.
In realtà sembrava aver capito di avermi spazientito, e la cosa lo divertiva molto.
“Bene, abbiamo finito”, dissi infine, stremata.
Più che dalla stanchezza fisica, ero sopraffatta dalla noia. Non si può fermare l’estro artistico di una fotografa con un soggetto così limitato.
E dire che, almeno fisicamente e nelle movenze, era pure fotogenico.
Valli a capire questi musicisti!
“Contatterò io il suo manager per consegnare le foto alla rivista, d’accordo?”, dissi nervosa e spazientita, rigirandomi tra le dita la mia catenina con la triade, quella che non toglievo mai.
Aspettai inutilmente un cenno, una parola, anche un grugnito da parte del tizio.
Sembrava di parlare con un muro.
Iniziai allora a smontare le varie lampade, e a rimettere a posto i numerosi obiettivi utilizzati.
Mentre riponevo piuttosto bruscamente i miei strumenti negli zaini, il ragazzo iniziò a suonare sul serio, non era un semplice tenere il ritmo con la batteria come aveva fatto fino a poco prima.
Era la parte di un brano, una canzone che ebbi la sensazione di conoscere.
Aggrottai la fronte mentre continuavo a riporre i miei oggetti.
Poi qualcosa cambiò, il ragazzo iniziò a cantare con una voce profonda, ma quasi come se cantasse per se stesso.
“Take me, teach me. I want to fall, I want to fall, I want to fall!”
Non poteva essere vero.
Quella era una canzone del gruppo che avevo sempre amato, che tirava fuori la parte più selvaggia e infantile di me.
Ma non poteva essere vero, mi stavo sbagliando.
Avevo avuto un periodo di violento amore platonico soprattutto per uno dei componenti della band. Non poteva essere lui, insomma sì, anche l’altro ragazzo suonava divinamente la batteria ma non cantava.
Rimasi di spalle rispetto al batterista mentre riflettevo.
Poi il ragazzo rise e finalmente parlò.
“Quale altra canzone vuoi che io suoni per avere la certezza? Vorresti Kings & Queens, A Beautiful Lie, oppure sei più una tipa da Hurricane?”, mi disse.
Poi rise.
Quella risata gutturale fu la mia conferma, l’avevo sentita il centinaia di interviste.
E fu la mia rovina.
La fotocamera che avevo in mano mi cadde, e si divise dall’obiettivo fish-eye che stavo cercando inutilmente di smontare.
“Ma porca…”, imprecai.
E abbassandomi per raccoglierlo mi trovai faccia a faccia con il tipo con gli occhiali, che a questo punto aveva un nome: era Shannon Leto.
  
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