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Autore: noelia    01/07/2013    20 recensioni
Dopo la morte dei genitori in un incidente d'auto, la sedicenne Rose Mary Fray è costretta trasferirsi in Indonesia, dai suoi nonni materni. Lì incontra Justin, inizialmente ostile e scorbutico nei suoi confronti, con uno scheletro nell'armadio: è infatti da pochi anni uscito da un riformatorio, accusato di aver ucciso sua madre, Patricia e sua sorella, Juliet. 
Le settimane a Bali passano monotone, finché non si innesca una serie di raccapriccianti eventi. Rapimenti, uccisioni. Ed è proprio in quest'occasione che i demoni del loro passato ritornano a tormentarli.
FAN FICTION SOSPESA A DATA ANCORA DA STABILIRSI.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Bieber, Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 1
She's my granddaughter
 


Ero al parco.
Cercai di spingermi con i piedi sull’altalena. Tentativo fallito, le mie gambine erano troppo corte e deboli. Poi una mano mi toccò la schiena e iniziò a farmi dondolare. In alto. Sempre più in alto. Era la mano di mio padre.
Cercai con gli occhi anche mia madre. Eccola, seduta su una panchina sotto un salice, a qualche metro di distanza.
-Guardami mamma, guarda come vado veloce!-, annunciai entusiasta.
Lei mi guardò rivolgendomi uno dei sorrisi più dolci che le avessi mai visto, poi guardò papà. D’un tratto la sua espressione cambiò. Era angosciata, spaventata.
In un secondo mi trovai catapultata nela nostra auto. Papà era al volante, la mamma sul sediolino affianco che dormiva. Si tenevano le mani. Tutto sembrava perfetto, eppure c’era qualcosa che non andava.
D’un tratto iniziai ad allontanarmi da loro, dal mio sediolino, dall’auto. Mi ero materializzata al suo esterno.
Non feci in tempo a rendermi conto della situazione che dei luminosissimi fari provenienti dalla direzione opposta mi abbagliarono la vista. Ci fu un tonfo assordante. Mi immobilizzai. I rottami si erano scaraventati ovunque. La macchina dei miei genitori era accartocciata contro un altro veicolo.
Iniziarono a suonare i rispettivi allarmi.
Gli airbag si erano aperti.. troppo tardi.
Il mio sguardo si posò ancora una volta sulle mani dei miei genitori, congiunte l’una nell’altra, ma questa volta sanguinanti.

Aprii di scatto gli occhi e iniziai ad ansimare. Era solo un incubo, uno di una lunga serie. Con fatica alzai il busto dal soffice materasso. Ero inzuppata, ma era un incrocio di sudore e lacrime. Poi guardai oltre la vetrata. Una ipnotizzante luna piena illuminava le tenebre della notte.
Il pensiero del sogno di pochi istanti prima mi fece mancare il respiro. Involontariamente mi alzai, feci per infilare le pantofole e scesi silenziosamente le scale, fino ad arrivare alla porta sul retro. La aprii, e non appena i miei piedi toccarono la soffice sabbia bianca decisi di lasciare le ciabatte lì. Respirai profondamente.
Una fresca brezza estiva mi invase i polmoni. Il respiro aveva cessato di essere affannoso, mi sentivo già molto meglio.
Solo in quel momento mi resi conto che i nonni avevano il privilegio di vivere a poco più di venti metri dal mare a cui senza nemmeno accorgermene mi avvicinai sempre di più. E iniziai così a camminare a piedi nudi sulla sabbia fino a percorrere quasi tutta la riva. Dopo una decina di minuti mi stesi ai piedi di un’enorme palma. Non staccai un attimo gli occhi dall’oceano e dalla luna riflessa in esso.
In quel momento mi sembrò di sentire il rumore della notte. Era sottoforma di lievi e dolci accordi di chitarra.
Il rumore delle note si faceva sempre più chiaro finché non mi parve di sentire persino una voce umana che accompagnava le note della notte. Pensai di essere pazza.
Mi alzai improvvisamente, e senza un apparente motivo iniziai a camminare fino ad intravedere in lontananza del fumo, poi un fioco bagliore arancione, che si trasformò in fuoco. 
Poi capii: quello di poco prima non il rumore della notte, ma semplicemente una figura umana che intonava qualche parola accompagnato da una chitarra ai piedi di un falò.
Non riuscii a distinguere la sagoma, ma mi accontentai di ascoltarne la voce. Era una voce maschile, decisamente giovane. Doveva essere di un ragazzo.
Dopo un po’ riuscii a decifrare le parole di quella misteriosa melodia:

- I know it's hard baby, to sleep at night 
Don't you worry 
Cause Everything's gonna be alright, ai-ai-ai-aight 
Be alright, ai-ai-ai-aight.


Provai i brividi lungo ogni parte del corpo; sembrava essere scritta per me. Quei minuti furono così intensi ma dannatamente brevi, e ripresi ricognizione del tempo quando una lacrima mi rigò il viso fino a cadermi sulle ginocchia, che nel frattempo si erano avvinghiate contro il petto.
Chiusi gli occhi e tirai respiri lunghi ma silenziosi, o almeno così credevo. La chitarra cessò in modo violento di suonare. Mi sentii stringere il cuore, se si fosse accorto di me? Mi feci piccola nascondendomi il più possibile dietro il muretto di piante che delimitava il confine tra due proprietà. Sentii il rumore della sabbia alzarsi. Si stava avvicinando. Trattenni il respiro e strizzai gli occhi fino a provare dolore. Passarono una manciata di secondi per capire che se n’era semplicemente andato. Ripresi finalmente a respirare e mi alzai cautamente da terra scrutando il luogo. Solo spiaggia, solo altri lunghi metri di spiaggia e il ragazzo si era come smaterializzato.
Un senso di vuoto improvviso mi travolse lo stomaco. Cercai di non pensarci ma poi ne capii la causa: era la sua voce. Mi ero così abituata a quel suono, così lasciata trasportare e cullare dalla sua voce che una volta che se n’era andato aveva lasciato un vuoto dentro. Mi voltai a guardare il mare, poi l’enorme cielo stellato che sembrava avvolgere il mondo intero e rimasi a fissarlo non smettendo nemmeno un attimo di pensare a quel ragazzo.

Fu un inquieta notte. Era come se anche nel sogno continuassi a pensare a lui, la sua chitarra e il battito del mio cuore che accelerava ad ogni accordo.
Il sole non si era ancora del tutto levato nel cielo quando qualcuno mi strattonò violentemente.
- Rosie- chiamavano. 
– Rosie.
Aprii lentamente gli occhi e con la stessa lentezza una sagoma davanti ai miei occhi diventava sempre più nitida fino a farmi intuire che era il nonno.
- Ciao- accennai un sorriso ancora impastata dal sonno.
- Sai che ore sono cara?
- Mh, le dieci?- risposi vaga.
- Sbagliato- sorrise. 
– Sono le cinque del mattino.
Sgranai gli occhi. – Le cinque?! Che diavolo è successo?
- Per me è normale tesoro mio.
- Beh, per me no!- lo interruppi.
- Oh, pensavo ti avrebbe fatto piacere venire a pesca con me, ma ti vedo piuttosto irritata quindi scusa, tolgo il disturbo- fece per voltarmi le spalle.
Mi ci volle un attimo per connettere: il giorno prima mi aveva promesso che mi avrebbe portato con lui.
- Nonno aspetta, non intendevo... scusami è che... non sono abituata- e con un movimento repentino mi liberai dal lenzuolo in cui mi ero – probabilmente a causa dei brutti sogni 
 impigliata.
Il nonno sospirò.
- Hai cinque minuti- mi liquidò.
Non mi scomodai a rispondere, che mi catapultai in bagno.

- Ma come ti sei conciata?- sorrise divertito.
- Ma ..- cercai uno specchio con lo sguardo ma non trovandolo mi accontentai del riflesso della finestra del soggiorno ancora chiusa. Osservai lo specchio attentamente: indossavo un vestitino color cipria svasato ai lati, ai piedi un paio di zeppe e i capelli legati in una coda di cavallo. – Cos’ho che non va?
-  Sei perfetta per la settimana della moda di New York, ma qui siamo a Bali e stiamo andando a pesca. P-e-s-c-a- sibilò.
- Vado a cambiarmi?- balbettai.
- No, non c’è tempo. Temo che il tuo candido vestito si sporcherà, spero tu non ci rimanga troppo male- mi diede una pacca sulla spalla.
Lo ignorai e mi diressi alla porta.
Non appena misi piede fuori caddi in una lunga stiracchiata. – Ah- sospirai. 
– Che tempo stupendo.
Il nonno si chiuse la porta alle spalle. – Andiamo piccola- mi mise una mano dietro la spalla e mi trasportò fino alla macchina in fondo al viale.

Arrivati al porto rimasi piacevolmente sorpresa. La piccole case arrangiate col legno e i modesti negozietti erano sovrastati dalla maestosità e l’imponenza della natura che circondava il luogo. La vegetazione più florea che avessi mai visto: piante ovunque e l’acqua cristallina che giaceva incontrastata senza la minima presenza di un’onda. 
-Allora che ne pensi?- chiese il nonno notando il mio stupore.
-E’ tutto così... magico.
Annuì. – Guarda lì- indicò una graziosa barca lilla stanziata a qualche metro da noi. – Quella è mia.
Mi avvicinai spinta dalla curiosità. – Davvero?
- Già- sorrise soddisfatto.
Osservai più attentamente e notai che vi erano degli uomini che issavano una rete e che preparavano tutto il necessario per una pesca. Il mio sguardo si posizionò su un ragazzo. Pareva essere il più giovane del gruppo. Doveva avere più o meno la mia età,statura media, capelli castani, tratti del viso piuttosto femminili. Era a torso nudo e mi accorsi della decina di tatuaggi che aveva. Io odio i tatuaggi, pensai. – E così hai persone che lavorano per te-
- Direi che più che lavorare per me mi danno una mano- e detto ciò, Fred mi esortò a seguirlo sull’imbarcazione.
Trovai non poche difficoltà nell’attraversare la passerella di legno messa in pessime condizioni e mi maledii per non aver indossato qualcosa di pratico.
Entrammo nella barca e ad accoglierci c’era un ragazzo. Non potei far a meno di notare quanto fosse bello. Era folgorante. Sul metro e ottanta, capelli neri, intensi occhi verdazzurri e labbra prorompenti. Mi nascosi dietro la spalla del nonno.
- Buongiorno capo- disse rivolgendosi al nonno cacciando un sorriso splendente.
- Ehi Daniel- il nonno alzò una mano in segno di saluto. – E’ già tutto pronto?
- Sì Fred, aspettavamo solo lei
- Ah, quasi dimenticavo- si girò verso di me – lei è Rose Mary, mia nipote.
Cercai di rimanere calma e di non far trapelare l’agitazione. Il nonno con un tocco impercettibile mi spinse in avanti. Daniel mi tese la mano. – Lieto di conoscerti Rose Mary.
Non smise di sorridere nemmeno un secondo. Mi chiesi se lo faceva per fare bella figura col nonno o perché non ero poi così orribile da indurre le persone a non sorridere. Ad ogni modo ricambiai il saluto stringendogli la mano. – Piacere mio. Puoi chiamarmi Rosie, comunque – e mi sforzai di sorridere ed apparire carina. Il nonno intanto si allontanava verso l’esterno della barca.
- Come vuoi, Rosie. E’ da molto che sei qui? Non ti ho mai vista prima..
- Veramente sono qui da tre giorni, è ancora tutto un po’ strano. Dovrò abituarmici.
Sorrise. -Se hai bisogno non indugiare.
Annuii imbarazzata.
– Beh, se adesso vuoi seguirmi ti mostro l’esterno- continuò, e da vero gentiluomo – che in tutta onestà non mi avevano mai entusiasmata più di tanto 
 mi fece cenno con la mano di passare prima di lui.
Uscimmo e per qualche secondo fui colpita da un violento capogiro. Barcollai cercando con tutta me stessa di non inciampare in nessuno.
Sentii una mano poggiarsi dietro la mia spalla. – Tutto bene?- era Daniel.
-Sì-, dissi inaspettatamente acida. Mi pentii all'istante di non essere stata più garbata e cadde un lungo silenzio. Per evitare altro imbarazzo mi guardai intorno in cerca del nonno.
Scrutai attentamente finché i miei occhi non si posarono su un braccio tatuato impegnato nell’alzare un barile da terra. I muscoli si gonfiarono, le vene anche. Lo guardai in volto: era il ragazzo che avevo visto al molo poco prima. Restai a fissarlo, non so per quanto, ma si accorse di me e per una frazione di secondo i nostri sguardi si incrociarono.
Abbassai di scatto la testa, ma quando la rialzai si era rimesso a lavoro. Mi chiesi se non avevo avuto un miraggio, forse una conseguenza del caldo.
Una voce profonda mi fece sobbalzare: - Attenzione, attenzione prego- era il nonno salito su uno scalino per attirare l’attenzione di tutti. Feci alcuni passi avanti: un po’ per ascoltare Fred, un po’ spinta dalla curiosità per il ragazzo tatuato.
- Oggi c’è un ospite speciale a bordo, è una ragazza- ci fu un brusio di disaccordo da parte della "ciurma" che nel frattempo si era riunita intorno al nonno. – Sì- fece un cenno con la mano. 
– Lo so, lo so che non sono ammesse ragazze a brodo ma lei è davvero speciale- puntò il suo sguardo su di me, e dopo di lui tutti gli altri. – Lei è mia nipote, la mia nipote preferita... beh, veramente anche l’unica- gli uomini risero. – Rosie ti dispiacerebbe farti avanti?
Fui presa alla sprovvista, c’erano tanti ragazzi, troppi direi, e non ero mai stata abituata ad avere così tante persone dell’altro sesso intorno.
Andiamo Rosie, che sarà mai?, mi dissi, e prendendo coraggio mi incamminai in avanti. Tutti tenevano gli sguardi fissi su di me, qualcuno si lasciò scappare una risata. Per il mio abbigliamento probabilmente. Osservai tutti attentamente. C’era anche lui, il ragazzo tatuato. Era bello, era davvero bello.
Mi fissava con intensità. Quando gli passai davanti alzò un sopracciglio. Sembrava essere quasi disgustato. Arrossi violentemente per l’imbarazzo e pregai che nessuno lo notasse.
Arrivai finalmente al fianco del nonno che mi strinse in un caloroso abbraccio.
- Un grosso applauso per la nuova arrivata ciurma!- esclamò. Tutti si impegnarono nello sbattere le mani. C’era persino chi fischiava. Imbarazzante.
Non volendo lasciai cadere ancora una volta gli occhi sul tizio dei tatuaggi. Notai con non poca irritazione che era l’unico lì, inerme, senza muovere le mani. Che cazzo di problema ha? pensai.
- Ma adesso mettiamoci in viaggio, i pesci non aspettano nessuno e l’isola di St. Catilina ci sta aspettando- concluse il nonno.
Mi lasciai scappare un sorriso, presa dalla felicità.
Ci vollero due o tre minuti per far partire la nave ed eravamo in viaggio da ormai dieci minuti. Più ci allontanavamo dal porto più la paura cresceva in me. Avevo sempre amato il mare ma l’idea di essere circondata da squali e barracuda non mi entusiasmava più di tanto. Cercai di non pensarci e mi andai a sedere sulla poppa della imbarcazione. Mi sporsi per osservare da vicino l’acqua trasparente.
Alzai il capo e mi lasciai accarezzare dal vento, osservando il molo e la natura che lo circondava. Tutto era così tranquillo. Mi voltai a guardare gli uomini. Lui era ancora lì, allo stesso posto di prima, ad alzare un uncino questa volta. Mi fermai a fissarlo sperando che non si accorgesse di me. Si asciugò il sudore dalla fronte e smise per un secondo di lavorare.
Iniziò a guardarsi intorno; probabilmente stava cercando qualcosa, o qualcuno. I suoi occhi si incrociarono di sfuggita con i miei. Ebbe un attimo di esitazione, poi ritornò a guardarmi. Il cuore cominciava lentamente ad accelerare poi...
- Ehi Rosie- Daniel alle mie spalle mi fece sobbalzare.
- Ehi- la sua gentilezza iniziava a diventare irritante.
- Cos 'è che guardavi? O meglio chi è che guardavi!
- Hm, io? Nessuno...
- Non mentire, ti ho vista. Pendevi dalle sue labbra- mi sorrise.
- Dalle labbra di chi?
In realtà sapevo benissimo dalle labbra di chi pendevo.
- Bieber, Justin Bieber.
Lo guardai stranita.
Daniel indicò il tizio dei tatuaggio.
 – Lui.
- Shh!- esclamai, e gli abbassai di corsa il braccio. Per poco non ebbi un attacco di cuore.
- Non preoccuparti.
Quando mi dicevano di non preoccuparmi era quando dovevo preoccuparmi davvero.
- Ehi Bieber!- urlò scuotendo una mano.
Mi sentii avvampare e mi colpì un’improvvisa ira nel confronti di Daniel. Justin si girò verso di lui. Il suo sguardo poi si spostò su di me. Non lasciava trapelare alcun tipo di emozione.
Restò a fissarci per qualche secondo.
- Che diavolo vuoi Daniel?- si decise finalmente a spiccicare parola. 
La sua voce. Io la conosco. Fu un colpo al cuore, peggio, una pugnalata.
Cercai di scervellarmi e ricondurre il suo timbro a qualcuno che conoscevo. Era troppo familiare. Come quando ascolti una canzone tante e tante volte, e la melodia entra a far parte di te, come se ti appartenesse. Ritornai alla realtà quando Daniel mi prese per un braccio e mi trascinò con forza verso Justin.
- Che cazzo fai?- dissi con un filo di voce.
Non fece in tempo a rispondermi che mi ritrovai catapultata di fronte al ragazzo tatuato.
- Bieber, lei è Rose Mary- si girò verso di me. 
– Rosie, lui è Bieber.
Rosie ‘sta calma, non dire nulla, lascia che parli lui per primo
Di tutta risposta scrollò le spalle.
- Cos’è, ti consumi a dire ciao?- i maleducati mi indispettivano, anche se quello in questione era uno dei più belli che avessi mai visto.
Daniel sorrise. 
– Non far caso a lui, fa così con tutti.
Justin aggrottò la fronte accigliato.
- Daniel! Daniel!- urlarono.
Era il nonno. – Daniel, ci servi. Vieni- continuò sorridendo.
Daniel sospirò e si girò verso il tatuato. – Mi raccomando Bieber, la rivoglio viva.
Un mezzo sorriso si formò all’angola della bocca di Justin.
Quando Daniel si fu allontanato, il ragazzo si rimboccò le maniche e ritornò a sollevare uncini.
Fui sgradevolmente sorpresa dalla sua inesistente gentilezza.
-Comunque ciao, ragazzina.
-Ragazzina? Io?- feci una pausa per far sbollentare la rabbia,- hai una bella faccia tosta tizio dei tatuaggi.
Sorrise leggermente scosso. Probabilmente dal mio "tizio dei tatuaggi". – Quanti anni hai?
- Sedici.
- Bene, sei una ragazzina- ribadì divertito.
- E tu quanti anni hai? No, per curiosità dal momento in cui ti comporti da uomo vissuto.
Alzò verso di me il suo sguardo che fino a quel momento era stato fisso sul lavoro. – Sei buffa, Rose Mary.
Avevo sempre odiato l’aggettivo "buffo" a causa dei suoi molteplici significati e delle sue infinite interpretazioni. Poteva essere buffo un elefante, o una nonnetta un po’ troppo decrepita per un leggings maculato.
- Grazie- dissi senza pensare.
Alzò di scatto il busto e iniziò a scrutare il luogo, poi, senza preavviso si allontanò.
- Dove vai?- mi accorsi a dire.
- In bagno, ma so abbassarmi il pantalone da solo. Grazie, comunque-, il suo tono era freddo.
Feci una smorfia di disgusto, -io sarò pure buffa ma tu sei senz’altro strano.
- Grazie.
Poi si allontanò, sempre di più, fino a dissolversi in un angolo.

 



 








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Hola, hola, holaaaa!
Allora, per prima cosa vorrei ringraziarvi per le recensioni
al capitolo precedente, davvero, non 
me l'aspettavo e ancora grazie.
Questo capitolo è più lungo e -credo- più decente dell'altro
quindi spero apprezzezziate. In ogni caso:

RECENSITE!
Voglio assolutamente sapere che ne pensate. (:


Alyssa.

   
 
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