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Autore: Meggie    15/01/2008    9 recensioni
Il tempo guarisce tutte le ferite.
Non è vero. È una bugia.
Il tempo non guarisce nulla. Ti fa andare avanti e basta. Ma non cancella il ricordo e non cancella il dolore.
Quello rimane. Forse si affievolisce. Forse diventa accettabile. Ma non scompare.
Non può.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cenere

Cenere

 

Sta sempre con me… prendi qualunque forma… […] Ma non lasciarmi in questo abisso dove non ti posso trovare!

(Cime Tempestose, capitolo XVI – Emily Bronte)

 

*

 

Il tempo guarisce tutte le ferite.

Non è vero. È una bugia.

Il tempo non guarisce nulla. Ti fa andare avanti e basta. Ma non cancella il ricordo e non cancella il dolore.

Quello rimane. Forse si affievolisce. Forse diventa accettabile. Ma non scompare.

Non può.

Il tempo serve solo a farti andare avanti e a farti impazzire. Ma non servirà mai, mai!, a eliminare il peso dentro al petto.

Quello, ormai, faceva parte di me.

Gli esseri umani dimenticano.

No. Gli esseri umani possono dimenticare. Ma se non vogliono, non ci riusciranno mai.

Gli esseri umani possono portarsi dentro un dolore sordo e incessante per molto, troppo, tempo.

 

Ottobre

 

Piangevo. Di notte. Nel letto. In bagno. Mi trascinavo con occhi spenti per la casa.

Charlie era preoccupato. Lo percepivo, ma non mi importava.

Niente aveva più senso.

Lui non c’era.

 

*

 

Desideravo che tutto finisse. Che tutto smettesse di esistere. Che la mia stessa vita scomparisse, senza lasciare traccia. Svanita nel nulla. Come fumo nel vento.

Ma non ho mai provato a fare gesti estremi.

La voglia di morire non era paragonabile alla voglia di rivedere lui.

Se cercavo di sprofondare sempre di più, il pensiero che lui potesse tornare, che potessi riabbracciarlo, mi faceva automaticamente strisciare da un luogo all’altro.

Non vivevo.

Ma neppure morivo.

È stata la mia unica conquista.

Del resto non ricordo e non voglio ricordare.

Volevo essere come fumo nel vento. Ma non ci riuscivo.

Ero neve che si scioglie al sole. Neve che si trasforma in acqua, ma non scompare.

Ero legna che bruciava. Legna che diventa cenere, ma non svanisce.

Cenere. Polvere grigia di nessuna consistenza. Ma presente.

Cenere.

Era la mia vita.

Non la potevo sentire. Non la potevo toccare. Non la potevo stringere e neppure, se avessi voluto, buttare via.

Ero cenere.

Era la mia condanna.

 

Novembre

 

Scuola.

Studiare.

Casa.

Mangiare.

Dormire.

Scuola.

Studiare.

Casa.

Mangiare.

Dormire.

In un ciclo senza fine. Senza via di scampo. Che non cambiava.

Sempre. Uguale.

Sempre. Le. Stesse. Cose.

E quando finivo, ricominciavo dall’inizio.

Non pensavo. Non vivevo. Mi limitavo a muovermi. Come un automa. Ero un involucro vuoto e privo di qualsiasi impulso.

Non avevo emozioni. Non le volevo avere.

Non avevo ricordi. Non li volevo avere.

Non avevo nulla. Ma avrei voluto riavere lui.

Ed era questo che mi faceva precipitare di nuovo. E mi faceva desiderare di non aver pensato. Di non aver provato a riportare la sua immagine alla mia mente.

Non dovevo farlo.

Perché i ricordi erano troppo belli. Troppo luminosi. E in quel buio stonavano. Non erano giusti. E più erano luminosi, più facevano male. Più mi sentivo precipitare in un fondo senza fine.

Lui non c’era.

Il resto del mondo sembrava vuoto e privo di vita. Io ero vuota e priva di vita.

Cenere che veniva scossa dal vento e portata in un luogo diverso.

Cenere che veniva dispersa nel mondo alla sua ricerca.

Mi trascinavo da un posto all’altro. Ma vivere è altro.

Io avevo smesso quel giorno.

Il resto era solo un continuo susseguirsi di secondi, minuti, ore e giorni. Tutti uguali. Tutti senza luce.

Senza ricordi.

 

*

 

Scuola.

Studiare.

Casa.

Mangiare.

Dormire.

Sempre tutto uguale. Non mi rendevo conto di ciò che mi succedeva intorno.

Per me il mondo era come finito. Non c’erano più Jessica, Mike, Angela… nessuno. Ero sola.

Ero abbandonata. Lui mi aveva lasciato in balia di me stessa e io non avevo la forza di riprendere la mia vita. Non volevo riprenderla.

Che senso poteva avere se lui non era lì con me?

Tutto si stava trasformando in un vortice confuso di cui non riuscivo neppure a intravedere i contorni. La vita intorno a me scorreva veloce.

Io mi ero fermata a quel giorno. E non ero più ripartita.

 

Dicembre

 

Erano tutti eccitati per le vacanze. Li sentivo. Sentivo il loro chiacchiericcio in mensa. Durante le pause. Nei corridoi.

Chiacchiere vuote, senza significato. Ma allegre. L’intonazione della voce era così chiara che non potevo non percepirla.

Odiavo tutto ancora di più.

Tutto quel rumore. Tutta quella gioia era terribilmente fuori luogo.

Dentro di me non facevo che piangere e urlare e disperarmi. E fuori il mondo proseguiva.

Era ingiusto.

C’era qualcosa di sbagliato nel mondo. Qualcosa che nessuno riusciva a cogliere.

Qualcosa che percepivo solo io.

La persona che amavo era sparita dalla mia vita.

Lui. Non. C’era.

Come poteva il mondo andare avanti? Come poteva Forks stare senza di lui?

COME?

Era tutto così sbagliato. Era tutto così ingiusto. Ma la forza del mio dolore non era abbastanza per cambiare le cose.

La forza del mio dolore era una sciocchezza.

Ero inerme di fronte al mondo. E di fronte al suo peggiore sbaglio.

 

Gennaio

 

Rimanere a letto fino a tardi, a volte, mi sembrava la soluzione migliore.

Non dormivo realmente. Chiudevo gli occhi. Ed evitavo di pensare.

Chiudevo gli occhi e cercavo di calmare il respiro. Di rilassare le spalle. Di far finta di dormire.

Stavo diventando brava. Mi impegnavo per tutto quello.

Fare finta stava diventando la mia unica arma di difesa.

Fai finta che sia tutto a posto.

Fai finta che la scuola sia piacevole.

Fai finta che ti piaccia mangiare.

Fai finta che camminare non sia una sofferenza.

Fai finta.

 

Menti.

 

Trasformati da cenere a legna di cartone. Non vera legna. Ma una fasulla. Una maschera minima, fatta per coprire le cicatrici profonde che hai dentro.

 

Da cenere a legna di cartone.

Ecco cosa stavo diventando. L’immagine riflessa di un tempo. Un’immagine estremamente fragile, pronta a tornare di nuovo come la cenere davanti alla più piccola fiamma.

Mentivo.

E andavo avanti.

Il tempo passava. Anche se io non lo percepivo. E fare finta era diventato normale.

Ero legna di cartone. Ma dentro di me rimaneva solo cenere.

 

*

 

Il tempo passa. Anche quando sembra impossibile. […] Passa in maniera disuguale, tra strani scarti e bonacce prolungate, ma passa. Persino per me.

(New MoonStephenie Meyer)

 

****

Note dell’autrice: Ho scritto questa breve shot per il concorso della Fazi Editore. Non ho neppure la più pallida idea di come si sia concluso, ma non mi interessa poi molto, sono onesta XD. Sostanzialmente ho voluto scrivere quelle pagine bianche che la Meyer non ha riempito. Quei mesi vuoti e senza luce di Bella. Mesi che, comunque e in qualche modo, sono passati.  Questa è solo la mia versione.

 

 

   
 
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