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Autore: jjk    02/07/2013    3 recensioni
Perdersi tra le strade di New York e tra le scelte della propria vita.
A quella ragazzina era successo tutto insieme e non sapeva più come tornare indietro.
Non sapeva perché stesse correndo né da cosa o chi stesse scappando,né tanto meno come ritrovare la strada di casa,se stessa e la pace interiore di cui aveva bisogno.
E non aveva nessuno che la potesse capire e aiutare.
O meglio, non ancora.......
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con le mani dietro alla nuca Giulia era ferma nel suo letto a guardare il soffitto.
Non erano nemmeno le 5 di mattina, eppure non riusciva più a riaddormentarsi.
Troppi pensieri ronzavano nella sua testa senza darle tregua.
C’era qualcosa che la turbava, ma on riusciva a capire bene cosa.
La sera prima era tornata a casa quasi alle 9 e aveva trovato Gaia e Pepe, la sua seconda coinquilina, sedute sul divano con una porzione di cibo cinese ciascuna.
«Ce n’è una anche per te in cucina» le aveva detto Pepe e mentre lei andava a prendere la sua cena Gaia aveva cominciato a farle la sua ramanzina sul fatto che era tornata tardissimo rispetto agli orari che si erano date quando avevano preso quell’appartamento in affitto.
Giulia rea preparata, quindi aveva fatto finta di ascoltarla mentre cominciava a spiluccare il riso alla cantonese che stava nella “scatola” che le sue coinquiline le avevano lasciato.
Lo aveva guardato con ribrezzo.
Lei odiava il cibo cinese, fatta eccezione per alcune cose e il riso alla cantonese non era tra queste perché lei odiava il riso e odiava i piselli.
E questo Pepe lo sapeva.
Lo sapeva perché si conoscevano da 4 anni e perché erano migliori amiche.
Si erano conosciute in primo liceo, frequentavano la stessa scuola, la stessa classe.
All’inizio Giulia aveva pensato che non avrebbe mai avuto nessun tipo di rapporto con quella ragazzina con la faccia troppo snob e antipatica(per non sire qualcos’altro) per i suoi gusti.
Ma si a che le prime impressioni spesso sono sbagliate.
La passione per la scrittura e la musica le aveva unite e da anni erano inseparabili.
In più Pepe si accorgeva sempre quando lei stava male.
Era stata lei a darle quel soprannome, perché quella ragazza rendeva la sua vita un po’ più………speciale.
E come il pepe nei piatti riusciti male, la aiutava a notare di meno le cose brutte della vita.
Perché Pepe la conosceva.
Perché Pepe era la sua migliore amica a cui diceva tutto.
«Sbrigati sta per iniziare il film!» le aveva intimato Gaia, la cui ramanzina era durata meno del previsto.
«Che film?» aveva domandato lei, sorpresa.
«Ma Thor! Che domande!» le aveva risposto Pepe inserendo un DVD e premendo play.
Lei si era seduta su una poltrona e si era messa a guardare il film con loro.
Non le avevano chiesto dov’era stata, né perché rea ricoperta di tagli, graffi e lividi, e nemmeno che fine avessero fatto i suoi vestiti.
Probabilmente non si erano nemmeno accorte che non erano suoi quelli che aveva indosso, come non si erano accorte del resto.
Da Gaia poteva aspettarselo, ma da Pepe no.
Pepe avrebbe dovuto notare le sue ferite, i suoi abiti o anche solo il suo sguardo e chiederle cosa le fosse successo.
Ma non lo aveva fatto.
Per la prima volta si era sentita invisibile agli occhi della sua migliore amica, o peggio, si era sentita insignificante.
Si era comunque goduta il film.
Dopotutto erano mesi che lo voleva vedere, poi era andata a dormire.
Ma quella notte il suo era stato un sonno tormentato.
Si era svegliata milioni di volte e ogni volta aveva fatto più fatica della precedente a riaddormentarsi.
Così si ritrovava alle 5 di mattina a guardare il soffitto della sua stanza a New York.
Aveva pensato di chiamare la sua famiglia, tanto in Italia erano le 11 passate, ma aveva avuto troppa paura che potessero notare qualcosa che non andava, così aveva rinunciato all’idea.
Loro dovevano pensare che lei stesse bene perché, come le aveva spiegato sua madre una volta, i genitori soffrono quando sanno che i loro figli non sono felici.
Forse per questo li sentiva pochissimo: aveva paura che scoprissero quanto la distanza la facesse soffrire.
La nostalgia di casa la fece ripensare al giovane che l’aveva riaccompagnata a casa e ai suoi amici che erano stati così gentili con lei.
Unica luce in quella terribile giornata.
Aveva voglia di rivederli perché, anche se erano molto più grandi di lei, con loro stava bene.
Si sentiva capita e accettata.
Ma  come avrebbe fatto a rivederli?
Le venne subito in mente il biglietto che le aveva dato quello che l’aveva guidata per le strade della grande mela che per lei rimaneva un labirinto.
Non se la sentiva di chiamarlo.
Troppa era la paura di arrecargli altro disturbo.
Avrebbe voluto sapere dove abitava, così gli avrebbe lasciato i vestiti davanti alla porta e quei 3, che erano stati così simpatici, non avrebbero più dovuto avere a che fare con un disastro umano come lei.
I suoi vestiti distrutti potevano pure tenerseli, o anche buttarli dato lo stato in cui erano ridotti, soprattutto i pantaloni.
Ripensò ai loro sguardi, i gesti, le parole che si erano scambiati….
Si vedeva quanto si volevano bene e quanto fossero affiatati.
Fu lì che qualcosa scattò nella sua mente.
Si scagliò fuori dal letto, prese il suo Ipod, il suo quaderno preferito, una penna e cominciò a scrivere con le cuffiette nelle orecchie per non disturbare lei altre due che, come quasi tutta la città, a quell’ora ancora dormivano.
 
Gaia dovette bussare davvero molto forte perché Giulia la sentisse.
-Apri questa maledetta porta prima che la sfondo! Sono tre ore che ti chiamo!-
-è aperta! Non tutte sono psicopatiche come te che ti chiudi a chiave pure in camera tua! Entra-biascicò lei, rendendosi conto di essersi addormentata mentre scriveva.
Mentre la porta si apriva nascose velocemente tutto e si infilò sotto le coperte, fingendo di non essersi mai spostata dal suo caldo giaciglio.
-C’era una cosa per te fuori dalla porta. Poco ci mancava che la buttavo insieme alla spazzatura! Grazie a Dio ho notato la lettera!-
-Quale lettera?-
-Quella che stava insieme alla busta. Non so di chi sia e se non me lo vuoi dire non importa. Io adesso devo andare, ho un appuntamento con Jeremy alle 10:00 e sono già in ritardo, quindi….-
-Perché che ore sono?-
-Le 9:30, ma ci dobbiamo vedere dall’altra parte della città, perciò mi  devo sbrigare. Non credo che tornerò per pranzo, quindi ci vediamo questa sera. Ciao!-
Non le diede nemmeno il tempo di rispondere perché scomparve subito dietro la porta e poco dopo sentì il portone dell’ingresso chiudersi con fragore.
Pepe non si svegliò nemmeno dopo tutto il casino di porte sbattute che aveva fatto Gaia, ma Giulia non si stupì.
Pepe non si svegliava nemmeno con le cannonate.
Si sedette sul letto e aprì la busta di plastica che le aveva portato Gaia.
Dentro c’erano i vestiti che aveva il giorno prima, ma asciutti e anche puliti.
Evidentemente quei 3 avevano avuto la sua stessa idea, ma loro l’avevano messa in pratica.
Era cetra che fosse stato Nate piuttosto che Andrew o Jack, non solo perché era l’unico a sapere dove abitava, ma anche perché lui e lei sembravano pensare allo stesso modo in qualche senso.
Sentiva che tra loro due c’rea una specie di legame.
E sentiva che lui la capiva più di tutti gli altri e ne ebbe la certezza leggendo la lettera che accompagnava quel “pacco”.
“Giulia, spero di aver lasciato questa busta davanti alla porta giusta. Non sapevo quale fosse il tuo cognome, così ,mi sono fatto aprire da uno dei condomini chiedendo di te e mi hanno indicato questo appartamento.
Dicono che è l’unico in cui abitano 3 ragazze italiane.
Anche se io ero convinto che tu avessi una sola coinquilina.
Gliel’ho detto e mi hanno risposto che quello era l’unico in cui vivevano delle straniere, così…….
Spero solo di non aver sbagliato palazzo o cose del genere.
Comunque questi sono i tuoi vestiti.
Non fraintendere questo gesto.
Non vuol dire che non ti vogliamo più rivedere o cose del genere(anche perché tu hai i jeans di Andy e la maglietta che ,mi ha regalato anni fa mia sorella e che per me ha  un grande valore affettivo. Quindi vorremmo riaverli indietro) e per dimostrartelo vorremmo invitarti a pranzo.
Fatti trovare verso le 12:30 sotto casa tua.
Al ristorante ti ci porto io: non voglio che tu ti perda un’altra volta.
Non ti preoccupare, non sarai per niente di peso, anzi avremmo bisogno del tuo aiuto per una cosa.
Ma ti spiegherò tutto quando ci incontreremo e sappi che non puoi rifiutarti di venire per nessun motivo.
Andrew e Jack ci tengono a rivederti, dicono che è perché vogliono sapere se stai meglio, ma secondo me in realtà sono più interessati alla storia che hai promesso di raccontargli.
Loro adorano ascoltare qualsiasi tipo di storia e tu hai giurato che glie ne avresti raccontata una e ora sono molto impazienti di ascoltarla.
Non puoi deluderli!
Ci vediamo dopo!
                               Nate”

Sorrise.
Quel ragazzo aveva capito proprio su quali punti fare leva e anche cosa la preoccupava.
Era riuscito a comprenderla meglio lui in mezza giornata che altri in anni e anni di conoscenza. Aveva proprio voglia di rincontrare quei 3.
E lui sembrava averle letto nel pensiero con quell’invito!
Era così felice che, dopo giorni, si concesse di chiamare via skype i suoi genitori e parlare con loro e le sue sorelle per più di un’ora. Tanto era sabato e nessuno andava a scuola o al lavoro.
Nel frattempo lavò i vestiti che le erano stati prestati il giorno prima e li mise nell’asciugatrice.
Dopodiché scelse con cura quelli che avrebbe indossato.
No chiese aiuto alla sorella maggiore, che grazi e alla webcam avrebbe potuto darle una mano essendo esperta in queste cose.
Chissà cosa sarebbe andata a pensare!
e poi non poteva apparire peggiore di come l’avevano vista la prima volta.
Ma forse era proprio per questo che ci teneva tanto a sembrare il più carina e normale possibile.
Alla fine optò per una maglietta celeste a maniche corte, fresca, semplice e che le donava parecchio, a cui abbinò i suoi soliti jeans, questa volta però le arrivavano fino alle caviglie in modo da poter coprire le ferite che si era procurata cadendo dalla bici.
Si era oramai fatta ora di scendere, prima che le venisse affibbiata anche la fama di ritardataria.
Aveva cercato Pepe senza successo per tutta la mattina per chiederle aiuto e per raccontarle quello che le era accaduto il pomeriggio precedente.
Aveva pensato che stesse dormendo, ma prima di andarsene pensò di passare in camera sua, tanto oramai era giunta l’ora di alzarsi re poi doveva avvisarla che stava uscendo!
Avvicinandosi alla sua porta sentì delle voi allegre.
Le conosceva fin troppo bene.
-Non dovresti andare da Giulia? Ti ha chiamato per più di 2 ore!-esclamò un uomo dallo schermo del computer.
-No. Se non è venuta a buttarmi giù dal letto non è così importante, probabilmente crede ancora che io stia dormendo!-rise lei.
La ragazza si infuriò.
Se prima aveva voglia di raccontarle della sera prima e dei ragazzi che aveva conosciuto, beh adesso non ne aveva più.
Prese un post-it e lo attaccò al frigo, certa che lì Pepe lo avrebbe letto.
C’era scritto solo “Non torno per pranzo”.
Poi chiuse rabbiosamente la porta di casa alle sue spalle.
Se a Pepe non importava di lei, a lei non sarebbe importato di Pepe.
Scese di corsa le scale e trovò un Nate sorridente al volante di una bellissima utilitaria.
-Salta su ragazzina. Si va a mangiare!-
Lui era così allegro che lei si sentì in dovere di fare un sorriso, anche se un po’ forzato.
La cosa però non sfuggì al giovane che capì subito che c’era qualcosa che non andava.
-Ehi, tutto ok?-
-Si certo-rispose lei sorpresa dalla domanda.
-Non mi sembra. Vuoi dirmi cos’è successo?-
-Nulla-
-Non può essere, altrimenti non avresti questa faccia. A me puoi dirlo-
-Nulla d’importante davvero-
-Però per te lo è?-
-Non credo che questo conti-
-Oh si invece! è la cosa che conta di più!-
Nate aspettò che dicesse qualcosa, ma lei rimase ostinatamente in silenzio fissando lo sguardo fuori dal finestrino, lontano da lui.
-Ok, va bene non me lo vuoi dire. Questo significa che mi devo impegnare ancora di più per rendere la tua giornata bellissima-le disse allora scompigliandole i folti capelli castani e facendola ridere.
-Questo mi sembra decisamente un buon inizio!-disse ridendo anche lui.
Poi fermò l’auto, scese e le aprì la portiera.
-Milady, siamo giunti a destinazione!-
 

nota:scusate la brevità del capitolo,ma questo fra le altre cose l'ho scritto dopo la fine della scuola e quindi è già un miracolo che sia riuscita a buttare giù qualcosa.Vi prego abbiate pietà di me ancora una volta.Avevo mostrato il punto di vista di Nate,quindi mi sentivo in dovere di far vedere anche quello di Giulia,ma non so come sia venuto.Spero che vi sia piaciuto.Fatemi sapere cosa ne pensate,aspetto i vostri pareri
  
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