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Autore: Nebula216    02/07/2013    1 recensioni
"[...] -Sembri nostra madre.-
Esordì Hassan appoggiato allo stipite della porta. La prima luce della luna illuminava la sua pelle dorata, rendendola più chiara e opaca di quello che era alla luce del sole: le vesti erano ricoperte di polvere, probabilmente perché qualche cavallo non aveva voluto farsi prendere. Risi, togliendogli dai capelli un filo di paglia.
-E tu sembri un puledro conciato in questo modo. Chi ha fatto storie adesso? Shetan? Hani? Ayman?-
Mio fratello scostò lo sguardo, imbronciato.
-…Farah Dihba.-
Sussurrò a denti stretti e facendomi scoppiare, non volontariamente, in una risata allegra [...]"
Prima FF su Assassin's Creed, spero vi piaccia.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Malik Al-Sayf, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Roberto di Sable
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7: Rafiq
 
Avevo sfruttato tutte le energie che mi erano rimaste per tornare a Masyaf, ed ora che ero nelle mura confortevoli di casa mia… non riuscivo nemmeno a camminare.
Quel novizio, di cui ancora non sapevo il nome, era stato una manna dal cielo: era entrato nelle scuderie al momento giusto, mi aveva soccorso senza dir nulla, senza chiedermi niente. Si era avvicinato e, con decisione, mi aveva tirato su, portandomi con non poca fatica verso la prima gradinata della fortezza, senza curarsi minimamente degli sguardi altrui: ero in debito con lui, e un grazie non sarebbe bastato.
Tentando di star concentrato, mi voltai verso di lui, vedendolo ancora alle mie spalle: rispetto ad altri, era magrolino, ma nelle sue iridi scure potevo notare una testardaggine paragonabile a quella di un mulo… era quella caratteristica che mi aveva salvato.
Cercai di dire qualcosa, ma quello che ottenni fu solo una smorfia di dolore a causa della ferita e, soprattutto, per quello che avevo passato: il templare aveva affondato bene la spada nella mia carne… e in quella di Kadar.
Scossi la testa, decidendomi a camminare.
Stavo per fare un passo, quando lo vidi affiancarmi e sorreggermi, senza che io gli avessi chiesto niente.
-Non… non serve…-
Lo vidi sbuffare, quasi come se lo avessi offeso.
-Non scherzare. Sei debole, crolleresti dopo un passo.-
Rimasi zitto, sapendo quanto avesse ragione: mi limitai a fissargli la manica della tunica, macchiata di rosso a causa del mio sangue. Macchiata come l’anima di quello stupido che, invece di agire di testa sua, avrebbe dovuto darmi retta.
Quello stesso stupido che, adesso, lottava come se non fosse successo niente fuori, fra altri assassini… ed era stato Al Mualim ad ordinarglielo!
Colto da una rabbia improvvisa, strinsi con la mano sana la spalla del novizio, il quale si lamentò per la presa troppo forte: Altair aveva sempre avuto tutte le fortune di questo mondo, mentre io…
Io avevo perso tutto.
-Ahi, piano!-
Ripresomi dallo stato rabbioso, sciolsi la stretta e camminai, con non poche difficoltà, verso un corridoio: ero debole, è vero, ma l’avrei ammesso mal volentieri, soprattutto davanti ad un novizio. Svoltai l’angolo ma, purtroppo, vidi tutto diventare sfocato: le colonne, i mobili, persino le pietre che componevano i muri laterali; ero troppo stanco, troppo sfiancato per fare il minimo gesto.
Mi appoggiai, con un sospiro, al muro, vedendo subito l’apprendista avvicinarsi con preoccupazione: potevo farcela da solo, perché non voleva capire?
-Vai fuori, si impara di più sul campo che…-
-No.-
Sorpreso, lo fissai stralunato: non aveva visto che divisa portavo?
Ero superiore a lui di rango, come poteva pensare di rispondere così?
Non che me ne preoccupassi più di tanto, ma se fosse stato qualcun altro? Avrebbe risposto allo stesso modo?
Presi un respiro, contando mentalmente per potermi rialzare: quando provai a darmi la spinta, tutto quello che sentii fu soltanto una forte fitta alla spalla, quanto bastava per farmi lanciare un grido sommesso: no, non poteva andare così.
Tentai nuovamente, con tutta la volontà che potevo, ma non riuscii a schiodarmi da quel muro… e se non fosse stato per l’altro ragazzo, non ci sarei riuscito. Difatti, il novizio mi riprese, come aveva già fatto nelle scuderie, portandomi in una delle stanze dove venivano medicati i feriti.
Non parlai, non osai dire niente, mi limitai a fissare il pavimento, ad osservare i piedi che, in maniera meccanica, seguivano l’andatura di colui che mi aveva salvato: ero stato privato di tutto… persino della volontà.
Sentii la recluta aprire una porta e farmi sedere, in maniera un po’ goffa, sul letto: mi guardò, o almeno mi parve questo in quel momento, per poi porgermi da bere.
-Sarai stanco e...-
-Esci.-
Quell’ordine mi uscì come un ringhio dalla bocca, troppo aggressivo per una persona come me, o forse carico di quella stanchezza, di quella rabbia che mi stava divorando dentro, pezzo dopo pezzo.
Alzai un poco lo sguardo, vedendolo ancora lì, davanti a me, con una ciotola colma d’acqua fresca e pulita: una cosa che, più volte, avevo visto sottoforma di miraggio nel deserto. Mi porse il contenitore ligneo, deciso a volermi aiutare a tutti i costi, ad ignorare quello che avevo detto…
Ad ignorarmi come aveva fatto, poco prima, Altair.
Al solo ricordo degli avvenimenti, strinsi la ciotola e la scagliai, con forza, per terra, facendo sobbalzare l’altro per lo spavento.
-ESCI!-
Questa volta, l’urlo che lanciai lo fece letteralmente scappare, proprio mentre stavano per entrare dei medici: mai, in vita mia, avevo avuto una tale carica aggressiva, mai avevo urlato ad un novizio un ordine…
Doveva essere un brutto sogno, sì doveva esser così: magari mi sarei svegliato e avrei visto Kadar fare, come suo solito, il cascamorto con le ragazze del villaggio, per niente pronto per gli allenamenti.
Un medico mi si avvicinò.
-Malik, stenditi.-
Fui ben lieto, questa volta, di sdraiarmi: un secondo dottore, in quel momento, mi dette da bere, dalla stessa ciotola che, precedentemente, mi era stata offerta dal mio salvatore; con la gola secca, accettai, riprendendomi ad ogni sorso dalla stanchezza e dalla calura che avevo accumulato.
Un terzo curativo mi denudò delle armi, della parte superiore della tunica, facendo attenzione a non toccarmi troppo violentemente la ferita; infine, un quarto di loro analizzò la lesione, mentre il primo tornava a parlare con me.
-Perché hai cacciato Hamal? In fondo stava facendo una cosa giusta.-
Sospirai, osservando con non poca fatica il soffitto.
-Io… non lo so.-
Mi limitai a dire, ripensando a come aveva reagito il ragazzo: che l’avessi spaventato così tanto?
Ero davvero così?
Non sapevo darmi risposta.
-Tenetelo fermo. Non possiamo far niente per il braccio.-
Queste parole, precise e gelide, mi immobilizzarono ancor prima che potessero farlo i dottori. Soltanto quando riacquistai quella poca lucidità che avevo, era già troppo tardi: mi ritrovai avvolto nella stretta ferrea dei quattro, incapace di liberarmi, di oppormi.
Proprio come era successo, qualche attimo prima, nel tempio di Salomone.
 
“Altair, ingenuo e guidato dal suo stupido orgoglio, aveva deciso di farsi avanti, di sconfiggere da solo Roberto di Sable. Mai, nella mia vita, ho visto un assassino così sfrontato, capace di tradire in una volta sola tutti e tre i principi che ci erano stati insegnati!
Tentai di dissuaderlo, di fargli cambiare idea, ma ogni mio tentativo si rivelò vano: sicuro di sé, Altair scese le scale lignee e, con passo svelto, al limite dell’orgoglio, si avvicinò al gruppo di templari comandato da Roberto.
-Fermi templari! Non siete i soli ad avere interessi qui!-
Esordì il mio compagno, attirando su di sé l’attenzione di tutti i nostri nemici. Roberto, vedendolo, ghignò, un gesto che mi allarmò.
Guardando mio fratello,decisi di scendere al fianco di quel disgraziato, nella speranza di poter salvare il salvabile: scesi velocemente le scale, imponendo a Kadar, con lo sguardo più severo che potessi avere, di restare fermo dove era.
Mi fissò di rimando.
-Non sono un bambino Malik… voglio fare la mia parte.-
-Non essere sconsiderato come Altair, Kadar.-
Perché non voleva capire che lo stavo proteggendo?
Perché non mi dava retta?
-Bene, questo spiega il mio uomo mancante… E che cos’è che volete?-
Quella domanda che Roberto pose al prediletto del Maestro, in maniera così diretta, mi fece accapponare la pelle: senza dire nient’altro, scivolai lungo le scale e, velocemente, corsi da Altair, pronto a rispondere.
-…Sangue.-
Lo vidi scattare e, nel disperato tentativo di fermarlo, mi slanciai, urlando affinché potesse darmi ascolto.
-NON FARLO!-
Era troppo tardi…
Ero stato troppo lento.“

 
Urlai, mentre un quinto medico, entrato poco dopo, mi legò sotto la spalla un laccio ben stretto, così tanto che, in breve tempo, non riuscii più a sentirlo: non poteva andare così, non poteva affatto!
Mi divincolai, tentati di convincere i medici, ma tutto sembrava inutile.
La stanza, d’un tratto, sembrò tremare: i contorni si erano fatti meno definiti, come se stessi guardando il loro riflesso.
Effettivamente, era così.
Ciò che vedevo, altro non era che lo specchio formato dalle mie lacrime.
 
“Altair non aveva pensato ad una possibile difesa di Roberto, errore che costò caro a tutti quanti: il templare, con sicurezza, lo colpì e, in seguito, gli bloccò i polsi: senza che ci pensassi troppo, portai la mano all’elsa della spada, sentendo però qualcuno che, con forza, mi strattonava per il braccio sinistro.
Uno scagnozzo di De Sable.
Iniziai a tirare, mentre Roberto, con ira, parlava ad Altair.
-Non sai in che cosa ti immischi assassino.
Ti risparmio solo perché tu possa andare a riferire questo al tuo Maestro: la Terra Santa… non è più sua! Dovrebbe fuggire finché può.
Se rimane, tutti voi morirete!-
Conclusa la minaccia, lo vidi scagliare il nostro compagno fuori dal tempio, causando con quel gesto il crollo della nostra ultima via di fuga.
Io e Kadar avremmo dovuto lottare per sopravvivere.
Con una ginocchiata decisa, mi liberai dello scagnozzo, salvo poi girarmi verso il nascondiglio di mio fratello.
-Kadar!-
Lo vidi avvicinarsi a me con una certa insicurezza, sebbene volesse evitare di darla a vedere, probabilmente per orgoglio o per ricordarsi chi fosse.
Soltanto in quel momento, forse per la tensione o per vera paura, mi resi conto che non eravamo altro che ragazzi, soprattutto mio fratello, che per quanto addestramento avessimo ricevuto, non avremo mai avuto un vantaggio sui templari…

Non ora che Altair si era fatto cacciare.
-Fratello…-
Sapevo cosa stava per dire, ma non volevo farlo cedere, non volevo che cadesse nella disperazione: prendendo fiato, strinsi la mano sull’elsa della daga.
-Andrà  tutto bene Kadar.-“
 
-Andrà tutto bene Malik! Calmati!-
I medici cercarono di rassicurarmi, ma tutto fu inutile: non era mia intenzione calmarmi, non dopo che avevano ripetuto le stesse identiche parole che, invece, si erano rivelate fatali nel Tempio di Salomone.
Uno di loro,forse stanco delle mie lamentele, mi fermò il braccio, guardando a seguito i suoi colleghi.
-Tenetelo fermo, e tu inizia l’amputazione.-
Quando mi bloccarono di nuovo, capii che non potevo più ribellarmi.
Capii che tutto stava per finire.
 
“Il combattimento si era rivelato un grosso errore, e soltanto quando mi ritrovai rintanato in un angolo della stanza, steso a causa di due templari che, ridenti, mi puntavano le spade alla gola, quelle stesse armi che si erano tinte del mio sangue poco prima.
Roberto, in quel momento, fissava con scherno mio fratello, costretto a stare con le spalle al muro da altri crociati. Kadar deglutì, cercando disperatamente un’arma che potesse garantirgli una possibilità in più di fuga…
Qualcosa che potesse diventare il suo lasciapassare per vivere.
-TORNA INDIETRO!-
Urlai, ricevendo un calcio alle costole da un cavaliere che, per qualche istante, mi tolse il respiro. Mio fratello, con il terrore negli occhi, mi rivolse uno sguardo: non se ne sarebbe andato senza di me, lo sapevo.
Ripresi fiato.
-KADAR VATTENE! TORNA INDIETRO! NON PENSARE A ME! VA’ VIA!-
-E stai zitto!-
Con ira, un templare mi ferì il braccio sinistro, costringendomi a reprimere un urlo di dolore: non volevo dar loro alcuna soddisfazione, e mai gliel’avrei data!
Roberto, con curiosità, mi fissò.
-Quanto può esser doloroso e forte il legame fraterno? Sai rispondermi assassino?-
Non sapendo quali fossero le sue intenzioni, sputai per terra e, quasi ringhiando, lo fissai.
-Molto bene…-
Con decisione, Roberto mi pose un piede sulla faccia, costringendomi a guardare in direzione di mio fratello, ulteriormente spaventato.
Al primo segnale, un templare rigirò la lama e, senza indugi, trapassò il ventre di Kadar, mentre io, incapace di agire, di difenderlo, presi ad urlare.”
 
La lama dei medici, sicura e precisa, recise ogni singolo tessuto, un’ulteriore ferita che andava ad aggiungersi a quelle che avevo già accolto nella missione.
Urlai, a stento riuscii ad agitarmi per la presa dei curatori, i quali tentavano sempre di calmarmi…
Loro non avrebbero mai capito.
Quando il chirurgo iniziò a segare l’osso, altri ricordi si accavallarono.
-NO!-
 
“-KADAR! NO!-
-GUARDA COME SOCCOMBE TUO FRATELLO, ASSASSINO!-
Mi urlò, di rimando e divertito per lo spettacolo, De Sable, costringendomi ancora a guardare.
Tenendosi il ventre, Kadar mi fissò: stava perdendo sangue dall’addome, dalla bocca, ed io, stupido, non riuscivo ad aiutarlo.
Come potevo essere un fratello maggiore?!
Tentai nuovamente di alzarmi, ma questa volta la lama di Roberto mi inchiodò, per il braccio sinistro, al terreno, mentre un secondo templare sferrò un altro colpo alle spalle del mio fratellino: Kadar urlò, liberando una boccata di sangue mista a lacrime, cadendo al suolo con un rantolo che mi fece rabbrividire.
Senza alcuna pietà, i soldati di Roberto continuarono ad infierire su di lui, fino a quando spirò… ed io, per la troppa disperazione, mista alla rabbia, alla fatica e al sangue perso, svenni, pensando soltanto ad una cosa…
La colpa era soltanto di Altair.”
 
Un rumore, seppur lieve, mi risvegliò: su Masyaf era calata la sera e, nella mia stanza, era entrato nuovamente il novizio che avevo cacciato, in malo modo, ore prima. Aveva appena appoggiato, su un tavolino, un vassoio di legno con quella che sembrava la cena.
Lo fissai, in silenzio, notando come si sentiva a disagio: se dovevo esser sincero, non aveva tutti i torti, l’avevo cacciato in un modo che io stesso non riconoscevo come mio. Prima che potessi aprire bocca, e prima che il novizio mi avvertisse, notai una fasciatura intorno al mio braccio…
O, per dire meglio, intorno al moncone che restava del mio arto.
Spaventato, sbiancai e fissai l’altro ragazzo.
-I… i medici non potevano fare altrimenti… mi dispiace.-
Dopo aver pronunciato quelle parole a testa bassa, mi guardò: aveva gli occhi verdi scuri, a fatica riuscivo a distinguerli dal nero. Erano contornati da lunghe ciglia e, in quel momento, erano addolorati per ciò che mi era successo.
Sospirai.
-Grazie per… la cena. Ora vorrei restare solo.-
Non fiatò, non osò rispondermi: si limitò ad annuire e ad uscire. Quando provai a mangiare, col braccio sano, vidi entrare un serviente: adesso cosa c’era?
-Cosa vuoi?-
Domandai, ormai rassegnato a causa di tutto quello che era successo. L’altro mi guardò, poi decise di parlare
-Al Mualim mi ha detto di riferirti che domani mattina verrai scortato a Gerusalemme per ricoprire un nuovo incarico.-
La sua vocemi risultava indecisa e dispiaciuta.
Prendendo un respiro abbassai la testa.
-Quale?-
Un attimo di silenzio, poi un sospiro…
Infine la sentenza.
-Sarai il nuovo rafiq di Gerusalemme.-


Angolo Autrice: Ecco anche il capitolo 7!
Spero di averlo fatto il più straziante/triste/deprimente e altro.
Come vi sembra per ora la storia?
Al prossimo capitolo gente!
Bacioni!
Nebula216 <3
   
 
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