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Autore: Hunter of Demons    03/07/2013    0 recensioni
II classificato al contest di agosto 2012
Autore: Shorya
È ora di dormire. Mi sento stanco, il mio corpo mi avvisa che devo dormire. Eppure non sono sicuro che sia notte, è strano, ho come la sensazione di non sapere neanche che ore sono. Non riconosco il luogo in cui sono, è tutto confuso e sbiadito, non riesco neanche a mettere a fuoco quello che ho davanti agli occhi. Bah, forse è la stanchezza, forse è meglio dormirci su.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Shorya
Personaggi: Royo

È ora di dormire. Mi sento stanco, il mio corpo mi avvisa che devo dormire. Eppure non sono sicuro che sia notte, è strano, ho come la sensazione di non sapere neanche che ore sono. Non riconosco il luogo in cui sono, è tutto confuso e sbiadito, non riesco neanche a mettere a fuoco quello che ho davanti agli occhi. Bah, forse è la stanchezza, forse è meglio dormirci su.


Mi risveglio. Sono sveglio? È strano, non ho fatto nessun incubo, stavolta non ho visto la morte della mia famiglia davanti a me, non c’era quel bagno di sangue e organi che mi sommergeva come un mare tempestoso ansioso di inghiottirmi. Non c’era il demone che mi ha rovinato la vita. Non c’era quella fatidica via secondaria dove si è compiuta la strage. Non c’erano le voci dei miei familiari, accusatorie, piene di dolore e rabbia. Possibile che abbia finalmente vinto i miei incubi interiori? Non ho mai considerato questa possibilità, ma ora la sento così vera, così tangibile che scorgo tra le tenebre fitte un raggio di luce, di possibilità, di speranza.
Sono quasi euforico, tanto che mi giro di scatto nel letto per svegliare Syria, la mia dolce metà ormai da abbastanza tempo da non ricordare una vita senza di lei… ma non la trovo accanto a me. La cosa mi rattrista, ma solo per un momento, evidentemente si era già alzata per sbrigare alcune faccende domestiche, perché devo essere triste? Non ce n’è motivo… giusto?
Con calma allora mi alzo dal letto ed esco dalla camera, non so spiegarmi il motivo ma ho una voglia matta di stringermela tra le braccia, come se in questo momento l’avessi persa.
Syria, ci sei?
Che pensiero privo di fondamento, perché mai dovrei averla persa? Starà sicuramente in giro per la casa, dato che è decisamente grande non avrà sentito il mio richiamo. Entro in cucina ma non la trovo, vedo solo la mia colazione. In effetti ho una discreta fame, ma preferisco prima trovare Syria, non so perché ma la colazione può aspettare… lei è più importante. Mi dirigo in bagno, nella biblioteca, nella piccola palestra, giro ogni angolo della casa ma non la trovo. Che sia uscita per fare una passeggiata? Nulla glielo vieta, ma poteva anche avvisarmi che sarebbe uscita. Ritorno in camera mia e mi vesto, poi ripasso in cucina e inizio a consumare la mia colazione. Ma sono distratto, non so neanche che sto mangiando, mi ritorna in testa la domanda che ho fatto prima senza risposta: “Syria, ci sei?” Dove diavolo sei, dove sei andata?
Interrompo la colazione e vado a prendere le mie armi, ho deciso di uscire anche io, la mia casa mi sembra in questo momento troppo grande e fredda per una persona sola.
Shaleen, Itami, è ora di alzarsi. Andiamo a fare una passeggiata.
Silenzio. Come silenzio? Itami a volte non mi risponde, ma Shaleen che non mi salta addosso è grave, è grave assai.
Pigroni, svegliatevi! Dobbiamo andare, non volete dormire tutto il giorno, vero?
Ancora silenzio. Le armi sembrano come dovrebbero essere in generale, mute, fredde, immobili. Trattengo a stento un sorriso. A quanto pareva quella giornata l’avrei avuta priva di fughe da voglie sessuali e allenamenti distruttivi. Quasi non lo credevo possibile, avrei potuto passare tutto il tempo insieme a Syria… se solo sapessi dove si trovava. Anche Destari, il suo spirito, sembrava sparito.
Prese le mie armi, esco di casa. Una volta fuori, il sole mattutino mi abbaglia il volto, ma è caldo e piacevole, mischiato con la brezza della notte appena finita che ancora tarda a cedere il passo al caldo della giornata. Mi piace sempre l’aria di prima mattina, schiarisce sempre le idee. Mi dirigo verso la piazza principale della città, non trovo nessuno lungo il mio percorso. Probabilmente è ancora troppo presto per trovare qualcuno per strada. Anche se… avverto una certa inquietudine salirmi su per la schiena. Non mi piace questa sensazione. Sono arrivato alla piazza, ma anche lì non trovo nessuno, è tutto deserto ma in perfetto ordine, come se la gente ancora non si fosse svegliata, come se qualcosa mi dicesse che devo solo pazientare, che presto arriveranno tutti… Ma non ci riesco, non riesco ad aspettare, devo trovare qualcuno. Ora non si tratta più di andare a cercare Syria, ora si tratta di trovare qualcuno che conosco, chiunque che conosco, non importa chi, andrebbe bene anche Destari, che mi detesta.
Decido di proseguire verso il parco, magari trovo qualcuno mattiniero tanto quanto me. Ma solo la mia ombra mi accompagna, il tintinnio delle armi che porto, il rumore dei miei passi e nient’altro. Ogni tanto chiamo i miei spiriti, ma nessuna risposta mi giunge alle orecchie, li chiamo con sempre più insistenza ma la mia voce si perde nell’immenso spazio del parco e della città, si disperde nel vuoto. Finisco di girare il parco, trovo un chioschetto presso un’entrata, mi avvicino ma non c’è nessuno. Trovo un sacchetto di barrette energetiche, di quelle che danno di quei tempi per tenerti in piedi, e con titubanza ne prendo una. Non succede niente. Allora afferro con più decisione altre tre barrette, per poi allontanarmi e dirigermi verso l’arena, fiducioso che lì possa trovare o Maya o Layla, con magari qualche nuova recluta. Mentre mi avvio, addento una barretta. Ho ritrovato la speranza, speranza che ci possa essere qualcuno all’arena, ci doveva essere per forza qualcuno, chiunque, anche sconosciuti.
Vuoto. Deserto. L’arena è in perfetto stato, eppure mi trasmette l’idea di… abbandono. Esatto, credo sia la parola giusta, abbandono. Abbandonato. Perché dovrei sentirmi abbandonato? Non lo so, ma non riesco a trovare nessuno, come mai, come mai non trovo nessuno?!
Mi volto e mi dirigo verso l’ospedale, forse Layla sta facendo un trapianto e Maya e Calliah la stanno osservando… Mi accorgo che il mio passo è veloce, quasi una leggera corsa. Ricordo bene l’ospedale, è da lì che è iniziato tutto, ho scolpita nella mia memoria l’immagine di me che mi accingo ad entrare in quella struttura, di me che esco trionfante, consapevole di aver acquisito un nuovo potere. E ora? Ora sto quasi correndo nella disperata ricerca di qualcuno. Camminando verso l’ospedale, passo accanto agli appartamenti di qualche mia conoscenza, e senza pensarci svolto e mi fiondo verso quelle porte scure chiuse. Mi fermo un attimo, e se stessero dormendo e io li svegliassi? Ma scaccio quel pensiero, preferisco una secchiata d’acqua che rimanere così… così… solo.
Busso più volte, prima piano, poi sempre più forte, ma non ricevo risposta alcuna. È una tortura, ora sento un vero e proprio dolore nel petto, una sensazione di angoscia che non riesco a scrollarmi di dosso. Mi volto e riprendo la strada verso l’ospedale, stavolta corro, lascio cadere le barrette energetiche, corro quanto il corpo me lo consente, non voglio più perdere altro tempo, non posso! Entro nell’ospedale col fiatone. Nessuno dietro il bancone.
Senza pensarci corro per le scale, salendo i gradini tre per volta. Primo piano… vuoto. Salgo ancora. Secondo piano… deserto.
C’è nessuno?!
Ora non mi importa più di disturbare, voglio, devo trovare qualcuno! Corro per tutto il piano, richiamando più volte l’attenzione di persone che dovevano essere lì… ma non c’erano. Non c’era Maya che si allenava, non c’era Layla che faceva trapianti, non c’era Calliah che la guardava, non c’era Syria accanto a lui nel letto, non c’erano i suoi spiriti che avevano promesso di seguirlo sempre e comunque, non c’erano Rovenh, Kaya, Semiria, Rouge…
Non c’era nessuno. Ero solo.
Comincio a tremare. Entro dentro una stanza, con mano tremante apro i cassetti, trovo medicinali e strumenti medici. Inizio a rovistare, devo prendere le mie pillole, devo trovare quella calma che sento sto perdendo ogni secondo che passa. Ora prendo ci cassetti e li rovescio a terra con noncuranza. Dov’era quelle maledette pasticche?!
Con un urlo getto a terra, rompendolo, il cassetto che ho in mano. Mi precipito fuori e urlo con tutto il fiato che ho.
C’È QUALCUNO?! EHI!!!! MI SENTITE?!
La risposta è sempre la stessa. Niente. Vuoto. Solo. Solitudine.
Non posso crederci, non voglio crederci! Dopo una vita passata in solitudine, dopo che avevo trovato qualcuno che mi aveva compreso, che mi aveva accettato, dopo tutto questo non posso tornare a quella vita miserabile, NON POSSO!
Riprendo a correre, e stavolta mi giro tutta la città, urlando a squarciagola per attirare l’attenzione di qualcuno che non c’era più. A questo punto, non mi rimane che uscire da Venor e cercare i miei compagni intorno ad essa, nel territorio circostante.

Sono passati tre giorni, ma ancora non ho trovato nessuno. Shaleen e Itami non si sono mai fatti sentire, non percepisco neanche la loro presenza, e degli altri nessuna traccia. Sono appena rientrato in città con la folle speranza che nel frattempo qualcuno sia tornato. Ma trovo la città ancora deserta. Tutto è come tre giorni fa quando mi sono svegliato. Sono in uno stato pietoso, sporco, stanco, affamato, ma non mi importa. Più di tutto, ho una ferita nel cuore che mi sta lentamente uccidendo. Solitudine. Ecco il nome del mio male, ed è un male terribile, uno dei peggiori. La testa mi sta scoppiando, credo di stare per impazzire.
In queste due notti, ho accolto il sonno con gioia, perché così potevo risentire le voci accusatorie dei miei genitori, rivedere il mio incubo. Sono arrivato a una condizione tale da ricercare quell’incubo che mi ha tormentato tutta la vita! Sono caduto davvero in basso se mi accontento di una cosa così immonda, ma non potevo farne a meno, dovevo vedere qualcuno, fosse anche nei miei incubi.
Ma non è successo. Per due volte ho fatto un sonno senza sogni, non c’era il mio incubo, non c’era niente, il nulla. Questo fatto mi ha terrorizzato a tal punto che ho cercato di dormire anche di giorno, ma senza risultati.
Ora sono qui, davanti all’ingresso della città ormai diventata una città fantasma. Ho accettato il fatto che non c’è nessuno. Non grido più, la voce mi è andata via già da tempo. Mi rendo conto solo adesso che ho sbagliato nella mia vita, ho sbagliato a non socializzare, a non cercare la compagnia altrui, a non coltivare le conoscenze che avevo. Ho sbagliato. E questo è il prezzo del mio errore. Ho cominciato a pensare che se ne siano andati apposta per non vedermi mai più. Ovviamente la follia si sta impadronendo di me, ma è un pensiero che mi martella nella testa, come fosse una verità indiscutibile.
Sono solo. La solitudine si è impadronita di me, e ora mi sta uccidendo a ogni rintocco del tempo. Guardo la spada che ho tolto dalla mia schiena per la pesantezza, accanto a me inginocchiato, per terra, nella polvere. Comincio a pensare. Molti poeti del passato avevano trovato una fuga dal dolore, una via d’uscita non sempre condivisa ma di sicuro efficace.
Guardo la mia spada, penso che sono un pezzente a pensare a una cosa del genere. Ma io voglio solo che questo tremendo dolore al petto finisca, voglio far cessare tutto questo. È vigliaccheria una cosa del genere, c’è da biasimare le persone che decidono di percorrere questa via? Forse sì, ma quel che è certo è che nessuna medicina artificiale può farti guarire da un dolore simile, e il rimedio naturale, ossia la vicinanza delle altre persone, ormai l’ho perso per sempre. Non sono stato capace di accettarlo, di curarlo, di salvarlo dalla mia timidezza, dalla mia incapacità. E ora sono qui, solo. E con un unico rimedio davanti a me.
Afferro con decisione la spada dalla lama nera. Guardo verso il cielo, privo di nuvole, e il sole alto nel cielo a simboleggiare il mezzodì.
Io… non voglio più… essere solo…
La lama con un movimento deciso affonda nella carne. Spezzando al suo passaggio tutto, il mio corpo, il mio spirito, la mia vita… il mio dolore. Ora finalmente posso non provare più dolore…


Royo! Royo! Royo!!! Svegliati, forza! Coraggio, apri gli occhi!
Chi è che mi chiama? Sono ancora vivo? Una voce che mi chiama? C’è qualcuno che non si è dimenticato di me? Apro lentamente gli occhi. La testa mi duole. Sono appoggiato su una panchina. Sono nel parco, con il sole che mi batte imperioso sul volto. Me lo copro con una mano, mugugnando qualcosa. La gola è secca.
Dai Royo, forza! Svegliati!
Finalmente apro gli occhi. E quello che vedo mi lascia senza parole. Tutti. Ci sono tutti. Syria accanto a me, Shaleen, Itami, Maya e Yoru, Layla e Kristallo, Calliah e Omega, Rouge e Doll, Rovenh e Shadow, Kaya e White, Semiria e anche un paio di altri Hunter nuovi che ancora non conosco. Ma ci sono, ci sono tutti!
Scusami Roy, scusami! Volevo farti solo uno scherzo, non te la prendere. Mi dispiace, scusami.
Shaleen gesticola, mi spiegano gli altri per sommi capi che lei, volendo farmi uno scherzo mi ha fatto scivolare presso la fontana, facendomi sbattere la testa. Parevo morto, mi dicevano. E in effetti lo ero, lo ero stato eccome.
Abbasso lo sguardo, gli altri pensano che sono offeso o arrabbiato. Rimango così giusto il tempo di riprendere le forze, mentre mi alzo lentamente, quando afferro Shaleen da sotto i glutei e ci tuffiamo entrambi dentro la fontana. Cominciamo a ridere, sento che anche gli altri ridono e si tuffano dentro la fontana, per divertirsi, per sfuggire al caldo, per stare insieme.
Mi volto guardandomi intorno. Ci sono davvero tutti. E ora comprendo veramente cosa ho ereditato quando Layla mi ha fatto quel trapianto. Non un demone, non il potere, ma loro, tutti loro. Magari non diventerò il più forte di tutti, magari non vincerò contro tutto e tutti… ma ora, qui, adesso, insieme a tutti quanti, dopo anni e anni passati da solo…

….ho sconfitto la solitudine.


Royo Vardelusian

  
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