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Autore: Luthien_13    03/07/2013    13 recensioni
Nella grande metropoli londinese, Alicia, ragazza universitaria vispa e senza peli sulla lingua, si ritroverà a condividere l'appartamento con l'arrogante amico d'infanzia, Nathan.
Fra litigi e aspre discussioni, la convivenza sarà tutt'altro che semplice e, contro ogni previsione, una discussione più accesa delle altre sfocerà in una reazione decisamente diversa dalle precedenti.
Passione ed attrazione sconvolgeranno irrimediabilmente la normale routine dei protagonisti che, alla fine, cederanno alle tentazioni, credendo di riuscire a gestire la situazione.
Ma se qualcosa andasse storto?
Dal prologo:
[...] Quindi, se quel pezzo di stoffa non era mio ma, si trovava nella mia cucina, poteva esserci una sola spiegazione: -Nathan!- strillai furiosa e il mio grido risuonò nel silenzio spettrale in cui era avvolta la casa. [...]
[...] - Ci si vede in giro Sarah! - ribatté lui con voce roca.
Vidi la ragazza cambiare espressione in un solo istante; afferrò la giacca che lui le stava porgendo e se la infilò con fare irritato.
- Mi chiamo Julie, idiota! - sibilò prima di uscire a passo di marcia e lanciarsi di corsa giù per le scale. [...]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Nathan fece per restituirmi il cellulare ghignando.
Io, che mi ero incantata a guardare un punto indefinito sopra le sue spalle, restai muta come un pesce a soppesare le sue parole.
Spostai lo sguardo su di lui e lo vidi sorridere divertito con la mano stretta intorno al cellulare sospesa a mezz’ aria. Stizzita glielo strappai di mano e lo guardai furente.
- Sei forse impazzito? No spiegamelo, perché davvero non saprei cosa pensare! - sbottai alla fine portando le mani ai fianchi e battendo ripetutamente il piede per terra.
Lui alzò un sopracciglio guardandomi  intensamente per poi fare un gesto infastidito con la mano e superarmi come se niente fosse.
- Nathan! - esclamai con voce stridula richiamandolo senza successo dato che continuava a camminare con passo sicuro incurante di me.
- Nathan fermati. Ora! - dissi rincorrendolo e tirandolo per un braccio.
- Che c’è? - disse con fare infastidito mandandomi in bestia.
- Non ci provare! Non ti azzardare a fare quello infastidito, perché non sei nella posizione giusta per farlo! - dissi puntandogli un dito contro con fare minaccioso.
A quel puntò lui  si mise a braccia conserte per nulla scalfito dal mio tono irato e per un attimo nessuno parlò, entrambi eravamo presi dallo studiarci a vicenda.
- Andiamo, era tanto per scherzare. Non fare la guastafeste LicyLicy! - provò a dire lui alla fine utilizzando il soprannome tanto odiato dalla ragazza ma che, lui, appena poteva, recuperava dai ricordi dell’infanzia.
 
 
-Prova a prendermi. Tanto non ci riesci. Lumaca, lumaca, lumaca!-dissi io correndo per tutto i parco sotto gli occhi vigili di mia nonna.
Alle mie spalle stava Nathan che, pur mettendocela tutta, non riusciva a raggiungermi.
Avevamo circa sei anni e la nonna era venuta a prenderci all’uscita della scuola portandoci al parco. Noi felici , dopo aver mangiato lo zucchero filato, avevamo provato tutte le attrazioni e poi, stanchi di condividere i giochi con gli altri bambini, ci eravamo messi a giocare per conto nostro rincorrendoci.
In quel momento ero io in vantaggio.
-Bambini fate attenzione! - esclamò la nonna ma, nemmeno il tempo di finire la frase che io inciampai in un sasso e caddi a faccia avanti scorticandomi un po’ tutta.
Sentii la nonna alzarsi preoccupata e avvicinarsi a me per soccorrermi ed anche Nate mi chiamò spaventato. Da sola mi misi a sedere e guardai i palmi delle mani che erano scorticati così come lo erano le ginocchia.
Alla vista del sangue, iniziai a piangere dicendo di volere la mamma.
-Tesoro su da brava, non piangere. Vedi? Non è nulla. Un bacino e tutto passa. - disse la nonna accarezzandomi i capelli spettinati e passando un po’ di acqua sulle ferite.
Io però, testarda come non mai, non ne volevo sapere di calmarmi e continuai a piangere e a strillare come una forsennata.
La risata di Nathan mi distrasse e smisi di piangere solo per guardarlo mentre si contorceva in terra guardandomi.
Gli diedi un calcio e lui riportò la sua attenzione su di me.
-Perché ridi?-chiesi con il broncio.
-Sei così buffa. Licy la frignona!-disse lui riprendendo a ridere come un matto per ciò che aveva detto.
-Io non sono una frignona! - replicai offesa a morte.
-Si invece.-disse quello tutto convinto.
-Non è vero!-ribattei io indispettita.
-Taci LicyLicy!-concluse Nathan ridendo e allontanandosi per andare a recuperare la palla.
Incrociai le braccia al petto e voltai la testa di lato imbronciata.
 -Stupido! - bofonchiai.
 
 
Irritata, lo colpii con un pugno sulla spalla e lui simulò un espressione addolorata.
- Idiota! Non devi chiamarmi così! - lo minacciai guardandolo torva. Lui rise buttando indietro la testa e abbozzai un sorriso anche io vedendolo così allegro, cosa che capitava assai di rado, ma, cercai subito di reprimerlo perché, teoricamente, io dovevo essere arrabbiata con lui.
Appena si accorse di stare ridendo da solo si fece serio e guardò.
- Dai Alicia, fattela una risata che non muore nessuno. E poi non puoi essertela davvero presa perché ho risposto male al tuo spasimante! - disse lui prendendo tutto alla leggera come al solito.
Gonfiai le guance e puntellai un piede in terra come fanno le bambine capricciose quando non ottengono quello che vogliono.
- Smettila di fare l’immaturo e non assumerti le responsabilità delle tue azioni! - dissi scocciata.
Lui sbuffò esasperato e poggiò una mano sulla mia spalla.
- Cresci Alicia. La gente ogni tanto scherza, non fare la guastafeste. - disse con tono serio e dandomi un buffetto sulla guancia.
- E poi, non fare tanto la tizia arrabbiata perché lo so che non è il fatto che io abbia trattato male quello al telefono che ti fa rabbia. Più che altro, è il pensiero che tu avresti voluto che quello che io ho detto a quel ragazzo scherzando vorresti che fosse la realtà. E come darti torto. Cioè mi hai visto? Sono un ragazzo bellissimo! - concluse poi con fare teatrale e vantandosi.
Sgranai gli occhi sempre più stupita dal suo atteggiamento.
- Egocentrico! - sputai fuori questa parola con rassegnazione e lui mi guardò come se io fossi una pazza.
Mi superò come se niente fosse ma si bloccò subito dimentico di qualcosa.
Si girò allungando una mano verso di me come se dovessi restituirgli qualcosa.
Non capendo scossi la testa e lui alzò gli occhi al cielo.
- Le chiavi, donna. - esclamò.
Gliele restituii e lui senza molti complimenti le prese avviandosi verso la sua auto e lasciandomi come una fessa in mezzo strada. Rimasi a guardarlo mentre procedeva con passo strascicato e le mani nelle tasche dei pantaloni.
- Muoviti Licy! - strillò lui che oramai era arrivato a metà strada, facendomi sobbalzare. Mi riscossi e correndo lo raggiunsi in un attimo. D'altronde non ero io la lumaca!
Attesi che togliesse la sicura e poi salii in macchina dal lato del passeggero mettendo la cintura di sicurezza e togliendo subito le scarpe per poggiare i piedi sul cruscotto.
Lui si bloccò con una mano sulle chiavi pronto a partire e mi rivolse un’occhiataccia.
- Togli i piedi da lì! - decretò scandendo bene parola per parola e dandomi una botta.
Io imperterrita finsi di non sentirlo e accesi la radio impostandola su un canale rock a tutto volume. Abbassai il finestrino e posizionai la tesata sul sedile in modo da poter sentire l’aria dritta in faccia.
Con la coda dell’ occhio lo vidi scuotere la testa rassegnato e mettere in moto la vettura.
Ci immettemmo nel traffico e per un po’ nessuno parlò più.
- Ti va un hot-dog? - chiese lui spezzando il silenzio e indicandomi un carretto posto all’ angolo della strada. Il mio stomaco scelse proprio quel momento per fare la sua comparsa e il suo brontolio fu facilmente udibile.

Così senza nemmeno attendere una mia ulteriore risposta, Nathan accostò la macchina e scese per andare a prendere qualcosa da mangiare.
Lo osservai mentre prendeva le ordinazioni e scambiava due chiacchiere con il venditore ambulante. Si avvicinarono al carretto anche due ragazzine che dovevano avere intorno ai sedici anni. Mi raddrizzai sul sedile e divertita osservai la scena di quelle due che ammiravano di nascosto Nate ridacchiando tra loro e lanciandogli delle occhiatine maliziose.
Quel tonto naturalmente non si accorse di nulla perché non dava loro attenzione reputandole di certo troppo piccole. Porse dei soldi al tizio e, quando quello gli diede il resto, delle monetine dovettero cadere perché vidi una delle due ragazze affrettarsi a raccoglierle per poi porgergliele.
Lui le sorrise gentilmente e poi senza farsi molti problemi gli diede le spalle lasciandola delusa.
Nathan ritornò alla macchina con i due hot-dog fra le mani e una busta con le bibite stretta al polso. Dovetti aprirgli la portiera e poi lui mi passò tutte le cose per riprendere a guidare.
Ci allontanammo dal caos della città raggiungendo un’ area più tranquilla circondata dal verde dove eravamo soliti andare quando volevamo rilassarci. Ci sedemmo su delle rocce osservando la città che si estendeva ai nostri piedi e tra una chiacchiera e l’altra mangiammo.
 
 

********

 
 
Entrai in bagno ed impugnai le pinzette per darmi una sistemata alle sopracciglia. Le canzoni dei Coldplay allietavano l’atmosfera e ero talmente impegnata a canticchiarle che non mi accorsi subito che Nathan mi stava chiamando.
- Alicia! - all’ennesimo urlo sobbalzai graffiandomi vicino all’occhio e lanciai un’ imprecazione raggiungendolo nella mia stanza.
- Che c’è? - chiesi scocciata massaggiando la parte lesa e lo trovai a fissare la mia camera con disgusto.
- Come fai a dormire qui dentro? - disse alla fine sollevando con un dito una mia maglietta appoggiata alla maniglia della porta e fissandomi dubbioso.
Mi guardai intorno e mi strinsi nelle spalle. È vero, c’era un po’ di disordine, ma a me andava bene così! Insomma le cose erano incasinate ma ormai in quel caos sapevo come muovermi.
- Contenta te. Comunque ti dispiacerebbe abbassare il volume della radio? Io starei studiando! - disse lui spiegando il motivo vero per cui mi aveva cercato e si avvicinò alla radio spegnendola del tutto senza farsi molti problemi.
- Ehi! Io stavo ascoltando le canzoni. - mi difesi cercando di far valere i miei diritti e lui si difese a sua volta sventolandomi sotto al naso il libro di medicina.
Lasciò la stanza con fare teatrale.
- Nel frattempo, vedi di dare una sistemata qui. Questa stanza è peggio di un porcile.-  la sua voce mi raggiunse dal corridoio.
Alzai gli occhi al cielo e senza ascoltarlo tornai in bagno per riprendere la mia vecchia occupazione pestando una scatola della pizza che era abbandonata lì da molto tempo.
Dopo un bel bagno rilassante durato la bellezza di un’ ora e mezza, uscii dal bagno avvolta in un asciugamano e andai in cucina a prendere una lattina di coca-cola prima di dedicarmi ad una sessione di studio no-stop.
Distratta ad aprire la lattina senza far cadere il liquido sul pavimento, quasi non mi accorsi di Nate che si era addormentato sul divano con il libro sul petto. Mi avvicinai in punta di piedi e gli sventolai una mano davanti agli occhi appurando che stesse veramente dormendo.
Così intenerita dalla sua espressione pacifica, con molta delicatezza presi un plaid dalla poltrona e glielo stesi addosso sfilandogli dalle mani il libro e posandolo lì vicino. Mossa da non so cosa, gli lasciai anche un bacio sulla fronte e poi corsi via rifugiandomi nella mia camera.
Quando ebbi terminato di studiare anche l’ultimo capitolo che mi ero prefissata per quel giorno, chiusi il libro e sfilai gli occhiali  gettandomi indietro sul letto.
Mille nozioni tra la testa e un cervello in completo stato confusionale, ecco come stavo in quel momento.

Afferrai il cellulare per controllare la segreteria telefonica quando un lieve bussare alla porta mi distrasse.
- Avanti! - dissi mettendomi a sedere.
La porta si aprì rivelando un Nate con i capelli tutti arruffati e ancora assonnato.
- Ehi! - disse con voce roca avvicinandosi al letto e sdraiandosi al mio fianco coprendosi la faccia con un braccio.
- Nate! - lo richiamai io scuotendolo, - Non dormire. Ti sei appena svegliato e poi è ora di cena! -continuai facendolo alzare.
Lui sbadigliò e so lasciò cadere con la testa sulla mia spalla sbilanciandomi e rischiando di farci cadere giù dal letto.
- Ma che fai? - chiesi spaventata recuperando l’equilibrio ci guardammo e poi scoppiammo entrambi a ridere.
- Fish&Chips? - chiese lui porgendomi il volantino di un nostro fast food di fiducia vicino casa che offriva il servizio take away. Annuii allettata da quella proposta e lui prese il telefono per ordinare la cena.
Appena chiuse la chiamata, si alzò per andarsi a dare una sistemata ma io lo rincorsi e gli saltai sulle spalle cogliendolo di sorpresa. Barcollò un poco e si aggrappò alla porta.
- Ma sei impazzita? - urlò guardandomi in cagnesco.
- La gente ogni tanto scherza, non fare il guastafeste! - lo scimmiottai io facendo con una replica assai patetica del suo tono di voce.
Lo colpii con fare amichevole alla spalla e poi lo lasciai da solo in mezzo al corridoio.
Apparecchiai la tavola e mi buttai sul divano guardando le repliche di x-factor e i dietro le quinte del programma.
Il cellulare squillò e distrattamente mi allungai sul divano per afferrarlo senza mai distogliere l’attenzione da una concorrente che in quel momento stava cantando in modo strepitoso una canzone di Celine Dion.
- Pronto? - risposi.
- Alicia? Ma dove eri finita oggi pomeriggio?-la voce squillante di Lucinda mi fece sobbalzare. Era una ragazza vulcanica, sempre con il sorriso sulle labbra e la battuta pronta.
- Stavo studiano Lucy e così ho staccato tutto.-spiegai affabile mordendomi una pellicina del pollice e facendo uscire il sangue. Imprecai piano e incastrai il telefono tra l’orecchio e la spalla così da riuscire a prendere un fazzoletto.
- Va bene! Senti stasera sei dei nostri? Gwen voleva andare fuori nel nuovo locale che hanno aperto in centro. - chiese lei parlando a raffica.
Proprio in quel momento suonarono alla porta ma proprio non potevo alzarmi così chiamai Nathan che irruppe nel salone brontolando che era sempre lui che doveva far tutto.
 Gli rifeci il verso e lui mi fulminò con lo sguardo mentre Lucinda trattenne il fiato.
- Nathan è lì? Salutamelo! - disse tutta concitata e io alzai gli occhi al cielo esasperata anche se lei non poteva vedermi.
- Si Lucy, poi te lo saluto. Ci vediamo stasera. Ciao.-disse chiudendo la chiamata e andando incontro a Nate che rischiò di far cadere le nostre ordinazioni inciampando in una mia scarpa lasciata incustodita.
Aprii i sacchetti rovesciando il contenuto nei piatti e Nathan accese la televisione impostandola sul canale del notiziario e subito ci furono annunciate una serie di disgrazie.
- Che schifo! - commentò Nathan in seguito alla notizia di un uomo che aveva violentato una giovane ragazza nel parcheggio di un centro commerciale.
- Veramente! - acconsentii io con la pelle d’oca sentendo parlare un’ amica della ragazza che impotente aveva dovuto assistere a quello scempio.
Poi le notizie si spostarono sulle partite di calcio e la Confederation Cup e Nathan mi fece sobbalzare con le sue imprecazioni.
- Tanto vince il Brasile! - sentenziò lui puntandomi contro la forchetta.
- La Spagna è più forte. - replicai io convinta e sempre decisa ad andargli contro.
- Il fatto che, secondo te, alcuni giocatori di una certa squadra siano belli, non fa di quella squadra la più forte!-disse lui ripetendomi sempre il solito ammonimento.
Ma io nemmeno lo sentii troppo impegnata a fissare le immagini trasmesse nel notiziario di alcune Furie rosse a dir poco adorabili, come: Piqué, Torres, Ramos e qualcun’ altro.
- Come non detto! - disse Nate scuotendo la testa e così facendo si rimediò un calcio negli stinchi. Ignorai il suo gemito di dolore e gli porsi una mano che lui fissò dubbioso.
- Scommessa? - chiesi maliziosa.
Lui annuì divertito e la strinse con foga.
- Se vince la Spagna, io dovrò pagare un pegno. Mentre se vince il Brasile, sarai tu a doverlo fare. - esclamò lui intuendo le condizioni della mia scommessa.

- …e la partita finale di questa Confederation Cup si disputerà la prossima domenica verso mezzanotte. I critici si dividono e partono le scommesse. Alcune vedono la Spagna, come campionessa indiscussa, trionfare sull’avversario, altre invece, riportano la vittoria del Brasile. - e così con il vociare del notiziario in sottofondo la nostra scommessa fu stipulata.
 
 

********

 
 
- Alicia, allora ci sentiamo stasera dopo cena? - mi urlò dietro la mia amica, affacciandosi dal finestrino del suo fidato maggiolino azzurro.
- Certo, ti chiamo io! - le risposi salutandola con un cenno della mano.
Lei, poco prima di girare l'angolo della strada, diede i soliti due colpi di clacson in segno di saluto.
Sorrisi fra me e me: a quell'ora tutti gli studenti che vivevano nel quartiere le stavano sicuramente imprecando contro a causa della sua continua abitudine di salutarmi così dopo ogni passaggio a casa.
Il bello era che lei, dopo aver saputo di questo loro malcontento, lo faceva con ancora più gusto, offrendosi sempre più spesso di riaccompagnarmi a casa dopo le nostre uscite fra amiche.
Scossi la testa. Quella ragazza era capace di un sadismo incredibile quando ci si metteva. E dire che proveniva da una famiglia molto religiosa e dedita alle buone azioni verso il prossimo. Oh beh, c'era l'eccezione in ogni famiglia, no?

 
A passo lento mi diressi verso l'alto cancello bianco che segnava l'entrata nel mio condominio, subito dopo aver oltrepassato il curato viale di rose che lo precedeva.
Io e Nathan abitavamo in uno dei tanti condomini presenti nel quartiere, tutti abitati dai giovani studenti frequentanti le varie facoltà universitarie della metropoli londinese. Quello dove alloggiavo, in particolare, era uno dei più nuovi, fresco di costruzione.
Sei anni fa Nathan cercava un appartamento dove abitare, possibilmente vicino alla sua facoltà, medicina, in modo da lasciare definitivamente l'imponente villa dei genitori. E trovò appunto l'avviso di vendita del nostro attuale appartamento, firmando subito il contratto d'affitto e non lasciandosi così sfuggire l'offerta.
Vi aveva abitato da solo per quattro anni poi io, che dovevo appunto iniziare l'università di architettura, gli feci la proposta di vivere insieme dato che credevo sarebbe stata un'indimenticabile esperienza.
Mai opinione fu sbagliata, pensai sconsolata con un sospiro frustrato. A quanto pare andavamo d'accordo solo se non stavamo vicini ventiquattr'ore su ventiquattro. 
Arrivata al cancello misi una mano nella tasca anteriore dei jeans, frugando per trovare le chiavi di casa. 
Sbiancai quando mi accorsi che non c'erano, né lì né nelle altre tasche. Provai, allora, nella piccola borsa a tracolla ma niente nemmeno là. Merda e adesso? Come accidenti sarei entrata in casa?
Quel depravato di Nathan, dopo essere uscito dall'università, sarebbe di sicuro andato in qualche locale con la prima sventola che gli cadeva ai piedi. 
Col cavolo che sarei rimasta là ad aspettare il suo ritorno o e non potevo chiamare le mie amiche per andare da loro: dovevo studiare per un esame e i libri li avevo tutti nella mia camera! 
Decisa, presi quindi il cellulare dalla borsa e, trovato il numero di telefono del mio amico, pigiai con forza il tasto verde di chiamata. Gli squilli andavano a vuoto. Maledizione a lui!
Riprovai ancora e quella volta sentii il suono di una suoneria a poca distanza da me. Che diavolo...
Mi girai, voltando frenetica la testa da ogni parte per cercare di capire da dove provenisse quel suono.
All'improvviso mi sentii prendere possessivamente per i fianchi e la voce suadente di Nathan mi parlò vicina all'orecchio.
 - Non dirmelo: hai dimenticato le chiavi. Di nuovo. -
- E allora? Non mi sembra sia illegale! - grugnii infastidita.
Lui in risposta alzò gli occhi al cielo, dirigendosi verso il cancello e tirando fuori un mazzo di chiavi con un batuffolo rosso come pendente. 
Aspetta! Quelle erano le MIE chiavi!
- Brutto stronzo, allora le hai prese tu! - lo accusai, avvicinandomi minacciosamente a lui.
- Quando sono uscito stamattina le ho prese accidentalmente. Non mi ero accorto che le mie erano già nella cartella che mi porto sempre all'università. Così, immaginando le imprecazioni isteriche che avrebbe fatto la mia nanetta per non poter entrare in casa, sono venuto a restituirle. - spiegò con sufficienza.
- E mi hai anche fatto credere di averle scordate ancora! - gli dissi incrociando le braccia al petto e assottigliando lo sguardo.
- Sai che mi diverte sfotterti. - fece con un'alzata di spalle.
Io ero pronta a dirgliene di santa ragione quando lui mi bloccò con una mano davanti alla bocca.
 - Devo andare, ho il mio solito appuntamento serale. Non aspettarmi alzata. -
Detto questo se ne andò senza neanche salutarmi, infilandosi subito dentro la sua Audi R8 e sgommando verso chissà quale famoso locale.
Sbuffai. Odiavo quando faceva così. Ok, era la sua vita e poteva farne quello che voleva ma questo era decisamente troppo!
 Non capivo per quale assurdo motivo non si volesse impegnare in una relazione seria con qualcuna. Certo, prima sarebbe dovuto andarsi a cercare una donna decente e non una delle sgualdrine che era solito frequentare per le sue notti di fuoco.
 Potevo presentargli Lucinda magari... lei era single da tempo e sapevo che Nathan un po' le piaceva... 

 

********

 
 
- Miss Bones? - mi chiamò titubante il signor Brooks, il giardiniere che curava il giardino del nostro condominio.
- Buonasera Bill, c'è... qualche problema? - risposi piuttosto confusa dal suo comportamento.
Il signor Brooks, Bill per noi ragazzi del condominio, era sempre stato un uomo pieno di vitalità e spirito, doveva essere successo qualcosa di grave se adesso veniva da me con quel tono sottomesso e... Dio, era forse rossore quello che vedevo sulle sue guance? 
- Ecco, io stavo dando una sistemata ai cespugli nel retro come ogni venerdì e... ho trovato delle cose nel cespuglio di rose sotto la sua finestra. Non voglio insinuare nulla ma... l'edificio si sviluppa in orizzontale e queste cose possono esser solo vostre... - disse a testa bassa imbarazzato.
Ma che diavolo stava farfugliando quel vecchio? 
Alla mia espressione che si andava facendo sempre più confusa il vecchio Bill rispose con una piccola busta arancione in plastica data di slancio, quasi si vergognasse anche solo di toccarla. 
Per evitare che cadesse rovinosamente a terra l'afferrai saldamente al petto e, alzando un sopracciglio, guardai titubante al suo interno per individuare l'oggetto incriminato. 
Oh cazzo.
Un volgare reggiseno trasparente in pizzo e varie bustine di preservativi facevano bella mostra di se all'interno delle busta. 
Dentro di me si scatenarono, potenti, vergogna, imbarazzo, mortificazione e... rabbia, rabbia cieca.
- Da parte di Nathan, le chiedo scusa per il terribile incidente, signor Brooks. Provvederò io stessa ad un'adeguata strigliata per il signorino, non si preoccupi. Solo mi permetta di assicurarle che questi cosi, non sono miei ma suoi. - dissi gelida e con tono fermo, irriconoscibile perfino a me stessa.
- Certo, Miss Bones. - mi rispose con un debole sorriso.
Lo salutai, sforzandomi di apparire calma e controllata quando invece, dentro, ero un vulcano in ebollizione. Le mie erano solo parole buttate al vento, era inutile dirgli di stare attento a certe cose, lui continuava imperterrito per la sua strada, fregandosene delle persone che lo circondavano e a cui poteva dar fastidio il suo comportamento. 
Dio, mi aveva fatta passare per una ninfomane che butta il suo intimo dalla finestra in preda all'eccitazione!
Per non parlare dei preservativi!
Ah, ma a lui non poteva importargliene di meno con la sua faccia di bronzo.
Qua, l'unica che ci rimetteva la reputazione ero io. Oh, ma me l'avrebbe pagata, dovevo solo stare buona e trovare l'occasione giusta per colpire.
Sorrisi sadica. In effetti, una cosa c’era.


Entrata finalmente nel mio appartamento, posai il cappotto sull'appendiabiti vicino all'entrata e la borsetta sul divano in soggiorno. In seguito, mi diressi nella mia camera, togliendo poi le scarpe in modo da riporle nel piccolo armadio a loro adibito, accanto alla porta del bagno.
Dopo essermi concessa una lunga doccia rilassante per calmare i nervi a fior di pelle, mi misi infine a studiare per l'esame imminente. 
Il suono del campanello mi distrasse dal mio attento studio sull'architettura classica e, con sorpresa, mi accorsi che avevo studiato tutto il tardo pomeriggio, svolgendo buona parte del lavoro in sospeso. Ormai erano le nove e mezzo di sera. 
Andando ad aprire, pensai con stizza che Nathan non era ancora rientrato.
 Risi nervosa. Ovvio, era venerdì sera e lui il mattino dopo non avrebbe avuto lezione, molto probabilmente sarebbe rimasto fuori per la notte, rientrando solo in tarda mattinata. Beh, che facesse pure ciò che cavolo voleva, a me non poteva importarmene di meno.
- Chi è? - chiesi educatamente, guardando nel frattempo dallo spioncino sulla porta in ebano. 
Oh, pizza!
- Sono il fattorino delle pizze, signorina! - rispose il brufoloso ragazzo.
Mi affrettai ad aprire e gli rivolsi un sorriso.
 - Buonasera. Ecco, credo che tu abbia sbagliato porta, io non ho ordinato niente. Seppur adesso che ci penso, una bella pizza non mi dispiacerebbe. - dissi.
Il ragazzo corrucciò la fronte e leggendo attentamente un bigliettino scarabocchiato rispose: - Qua dice ''condominio numero 12, camera 299''. L'ordine è stato fatto da un certo Nathan Hill. -
Nathan?! 
- Oh, si capisco, ecco me le porga. Quanto le devo? - dissi imbarazzata. Quell'idiota poteva pure avvertirmi che aveva ordinato la pizza invece di farmi fare l'ennesima figura di merda della giornata!
- Sono dieci sterline, grazie. - disse dandomi il cartone di pizza.
Mmmh, aveva davvero un buon odore. La pizza era ideale dopo una giornata di pesante studio. 
Questo bel gesto però non toglieva il fatto che si fosse comportato da maleducato e che ero ancora molto arrabbiata con lui. Ruffianismi come quello non attaccavano con me e lui lo sapeva perfettamente, ma allora perché si era scomodato tanto?
Porsi i soldi al ragazzo e, dopo un breve saluto, mi chiusi la porta alle spalle.
Pancia mia fatti capanna!

 
Ebbi appena il tempo di apparecchiare e sistemare la maxi pizza in un piatto che sentii il rumore familiare della porta d'ingresso che si apriva per poi chiudersi con un leggero tonfo. 
Nathan? Possibile?
- Idiota, sei tu? - chiesi affacciandomi dalla cucina.
- Ovvio, aspettavi visite forse? - rispose con una smorfia di disapprovazione il suddetto idiota, ignorando il mio insulto.
Uh, aveva forse fatto cilecca quella sera? Nah, impossibile.
 Ogni ragazza degna di questo nome sarebbe caduta ai suoi piedi. Voglio dire, tutte tranne me, ma questo è sottinteso...
- No, stavo studiando. - dissi assottigliando lo sguardo.
- Bene. Adesso mangiamo che ho fame. - disse dirigendosi verso i ripiani della cucina e mettendo sul lungo tavolo ovale un altro piatto ed un altro bicchiere. Disponendo infine le posate. Tutto con fin troppo silenzio. Strano.
Mangiammo in silenzio, guardando oziosamente un film sulla televisione al plasma. Francamente neanche stavo seguendo il filo delle battute, troppo impegnata a pensare a cosa frullasse nella testa del mio amico.
Ad un certo punto lo vidi alzarsi e spostarsi nella sua camera. Tutto con un continuo e sospettoso silenzio. Non mi aveva neppure insultato per il mio pigiama di flanella rosa con i coniglietti che usavo per le dure serate di studio solitario come quella di quel giorno, per Dio! Era più grave di quanto immaginassi.
Lo seguii e, sporgendo la testa dalla porta, chiesi: - Tutto bene, Nathan? -
- Certo. - rispose semplicemente.
Sbuffai ed entrai.
- Come mai sei rientrato così presto? Di solito non torni che nelle mattinate quando esci il venerdì sera. -
- Stavolta sono tornato prima, ok? - mi aggredì all'improvviso.
Spalancai la bocca, oltraggiata. Era peggio di una donna in quel periodo del mese! 
- Se sei di cattivo umore non prendertela con me. - risposi a tono.
- Se non vuoi che me la prenda con te smetti di intrometterti in cose che non ti riguardano. - mi scimmiottò, girandosi di spalle e chiudendo violentemente la porta del suo bagno privato. 
Oh, se pensava che sarebbe finita là, si sbagliava di grosso. Nessuno poteva permettersi di scimmiottare in quel modo Alicia Bones.
Indispettita, mi sedetti con le braccia incrociate sotto al seno sul suo letto matrimoniale in fondo alla stanza, aspettando che uscisse.
Poco dopo sentii il rumore di acqua corrente e, alzando gli occhi al cielo, pensai che quella sarebbe di certo stata una lunga nottata.


Mi sentii accarezzare una guancia e, aprendo debolmente gli occhi, mi sforzai di mettere a fuoco il luogo in cui mi trovavo. Diavolo, dovevo essermi addormentata. Mi alzai di scatto dal letto, procurandomi un leggero giramento di testa, in cerca del cretino patentato. 
Dio Santo, ero sotto le coperte del suo letto!
Sentii una risata sommessa e, girandomi verso sinistra, vidi Nathan sdraiato sotto le morbide lenzuola bianche del letto matrimoniale, ad un passo da me.
 Arrossii violentemente. 
- Adesso arrossisci pure? Alicia, abbiamo dormito centinaia di volte insieme. - disse lui alzando gli occhi al cielo.
- Sono passati due anni dall'ultima volta, Nathan. - spiegai, ricadendo pesantemente sul letto e mettendomi le mani in grembo.
Beh, almeno indossava il pigiama anche se rimaneva comunque maledettamente sexy. 
Mi maledii per quei sciocchi ed inopportuni pensieri.
 Dovevo smetterla di pensare certe cose sul conto di Nathan. Era... sbagliato.
Lui allora si mise di lato, poggiando la testa sul palmo di una mano.
 - Che c'è? -
- È strano. - risposi continuando a fissare il soffitto blu notte della camera.
- Potremmo ricominciare a farlo. - disse dopo un tempo che a me parve infinito.
Per poco non mi stozzai con la mia stessa saliva. Che cosa?! 
- Mi pare che stessimo parlando del perchè tu sia tornato tanto presto stasera. - dissi. Ecco, meglio arginare l'argomento.
- Io però voglio parlare del fatto di ricominciare a dormire insieme. Lo facevamo quasi ogni sera prima, o a casa tua o nella mia. Ricordo che ti piaceva. Perché questo rifiuto adesso? - chiese duro.
- Nathan, siamo... grandi per questo genere di cose. E poi per quale motivo dovremmo farlo, eh? - grugnii, girando la testa verso il suo lato.
- Perché mi va. - rispose ovvio.
- Ah, certo. Al signorino Nathan Hill tutto è dovuto, per carità! - dissi alzandomi di scatto dal letto per poi mettermi in ginocchio su di esso.
- Alicia smettila. È notte fonda ed io vorrei dormire. Rimettiti sotto le coperte. - ordinò.
Alzai il mento il segno di sfida.
- No. - dissi. 
Lo vidi alzare un sopracciglio ed assumere un'espressione minacciosa.
 - Forse ho capito male, Alicia. Potresti ripetere? -
Io mi stesi zitta, ben decisa a non dargliela vinta così facilmente.
 Poi però lo vidi alzarsi con il busto ed avvicinarsi con uno scatto felino a me, fino ad arrivarmi ad un palmo dal viso. 
Misi, allora, le mani in avanti per tentare di ristabilire le distanze di sicurezza, balbettando.
 - Allora... dormiamo? -
Ok, forse ero stata troppo arrendevole ma cavolo, avevo un dio greco accanto a me e, come se non bastasse, eravamo insieme in un letto che si era surriscaldato all'improvviso.
 Come potevo anche solo pensare di ribattere al meglio delle mie facoltà mentali quando queste erano tutte miseramente evaporate in un sonoro ''Puff''?
 E poi, potevo pure lasciarlo vincere per una volta, tanto non sarebbe più ricapitato. Si, dal giorno dopo tutti nel proprio letto. 
Annuii energicamente, come ad enfatizzare i miei stessi pensieri.
Lui sorrise malizioso in risposta e, scompigliandomi i capelli, rispose: - Brava la mia coniglietta. -
- Eh? Coniglietta a chi?! - chiesi guardandolo truce. 
- Devo dirtelo Alicia, questo è senz'altro il mio pigiama preferito, è così... - si interruppe, come per cercare le parole adatte - ... sexy e provocante. - terminò scoppiando in una sonora risata.
Gli feci la linguaccia, inferocita. Bastardo. 
Mi girai in un sol colpo dal lato opposto al suo, offesa, facendolo così scoppiare in un'altra fragorosa risata.
Voleva dormire? Bene. Avremmo dormito allora!
Ma che se ne fosse rimasto a debita distanza o giurai che non avrei risposto delle mie azioni!
Avevo parlato troppo presto, evidentemente la strana inquietudine di poche ore prima gli era passata facendolo tornare il deficiente di sempre.
A quel pensiero, però, sorrisi birichina.
Il mio Nathan era tornato.




SPAZIO AUTRICE
Salve a tutti ^-^
Siamo Ashwini e MeliIiIi e, come prima cosa, vorremmo ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, le ricordate o le preferite. E vorremo ringraziare anche coloro che hanno lasciato delle recensioni.
Detto ciò, ecco a voi il secondo capitolo della storia!
Ci sono molti confronti tra i due: da un lato abbiamo la vivace Alicia, dall'altro il tenebroso Nathan.
Fateci sapere cosa ne pensate attraversouna recensione e non vi fate problemi ad esprimere il vostro giudizio, accettiamo le critiche in quanto aiutano a migliorare e a non ripetere errori!
Avremmo due cose da chiedervi:
- La lunghezza del capitolo:va bene così o è esagerata!
- Volete avere delle foto dei personaggi?

Per eventuali domande, aggiungeteci su facebook dove abbiamo creato un gruppo interamente dedicato a questa storia. (Cliccate sulla parola in rosso!:D)
Questi, sono i nostri contatti:
MeliIiIi

Ashwini

Baci,
Luthien_13 
   
 
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