Crossover
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Autore: Registe    03/07/2013    3 recensioni
Terza storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
"L’esercito del Grande Satana colpì in modo violento l’Impero Galattico. Non vi furono preavvisi, minacce o dialoghi alla ricerca di una condizione di pace. I demoni riversarono i loro poteri in maniera indiscriminata, non facendo differenza tra soldati e civili, guidati solo da un ancestrale istinto di distruzione. Soltanto la previdente politica bellica dell’Imperatore Palpatine riuscì ad impedire un massacro in larga scala.
-“Cronistoria dell’Impero Galattico, dalla fondazione ai nostri giorni” di Tahiro Gantu, sesta edizione.-"
[dal primo capitolo].
E mentre nella Galassia divampa la guerra, qualcun altro dovra' fare i conti con il passato e affrontare i propri demoni interiori...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 7 - Attacco a Coruscant




Hyunkel




Il giorno della fondazione dei corpi d’armata, il nobile Bartosh uscì dalle file dei non-morti per ricevere dal Grande Satana in persona l’alto compito di guidare il Fushikidan e l’onore di sedere al fianco degli altri generali nonostante la sua natura inferiore. Eppure, quando il nostro sovrano terminò di parlare, il nobile Bartosh rifiutò l’incarico davanti a tutta la corte, pregandolo di conferire quell’onore a qualcuno molto più degno e valoroso di lui. Lo stupore di tutti noi fu grande, ma lo divenne ancora di più quando vedemmo un essere umano emergere dalla massa indistinta di scheletri.
“Storia della famiglia demoniaca, volume mille settantadue” a cura dell’Arcivescovo Stregone Zaboera, sotto il regno del Grande Satana Baan.




La sua vittima era un ufficiale fin troppo giovane per il compito che gli era stato assegnato. Non doveva avere più di quarant’anni o, se li aveva, li portava molto bene. Mara lo vide sedersi insieme ad altri soldati di grado simile ed ordinare qualcosa; conoscendo la proverbiale lentezza dei droidi inservienti, si chiuse nel bagno e terminò i preparativi. La sua faccia era conosciuta praticamente in tutto l’Impero Galattico così come l’ingente taglia sulla sua testa, ma tanti anni di esperienza le avevano insegnato che davanti a certi argomenti gli uomini perdevano qualsiasi contatto con la realtà.
Il viso che la osservava dall’altra parte dello specchio aveva poco da spartire con quello che le sorrideva ogni mattina. La tintura di Jesse aveva fatto miracoli, e adesso uno stupendo mantello di capelli corvini le arrivava fin sulle spalle e se li spazzolò ancora un paio di volte; le sarebbe piaciuto utilizzare le lenti a contatto speciali dei servizi segreti imperiali, quelle in grado di registrare le immagini ed i suoni e di inviarli subito ai terminali operativi. Le aveva usate spesso quando lavorava per l’Impero Galattico, ma l’Alleanza non riusciva a permettersi gingilli tanto dispendiosi: le lenti che indossava erano del tipo più comune, ma le coloravano l’iride di una tinta particolare, che sfumava nel viola, e sorrise soddisfatta dell’effetto finale. Sorridevano molto meno le altre donne nel bagno, che le squadravano indispettite la vistosa scollatura lungo il petto, preoccupate di quella che per loro era una potenziale concorrente.
Stupide oche.
Estese il Lato Oscuro verso le loro menti; bastò un lieve tocco e quelle continuarono a truccarsi ed acconciarsi completamente ignare della sua presenza. Aveva fin troppe cose a cui pensare che non poteva permettersi distrazioni.
Il trucco era la parte più difficile, visto che non aveva mai avuto bisogno di abbellirsi con simili mezzucci. Ma non doveva farsi riconoscere, quindi con un sospiro estrasse dalla tunica quelle creme e polveri assolutamente ignote ed iniziò a prepararsi proprio come le aveva spiegato sua suocera Amidala non più di due sere prima. Dall’altra parte i soldati discutevano ad alta voce, aiutati dall’alto grado alcolico del koronju, ed i musicisti del locale erano già all’opera; il Trionfo era un locale dei quartieri migliori di Coruscant, non a caso situato vicino ai quartieri amministrativi del governatore Tarkin ed agli alloggi degli ufficiali di alto grado. Tutti gli uomini dell’area erano come minimo ufficiali, e la Sith era pronta a scommettere che pullulasse anche di gente dei servizi segreti.
Le ragazze che transitavano per quel locale non erano di certo venute lì per conversare del tempo o delle lunghe campagne militari, e per un attimo provò una certa pietà per quelle donne che si accapigliavano tra loro e facevano a gara nello svestirsi solo per scucire qualche migliaio di crediti agli uomini in divisa. Per loro la guerra tra Alleanza ed Impero era importante solo perché il governatore Tarkin gonfiava volentieri le tasche dei suoi ufficiali, che erano più propensi a spenderli per soddisfare i loro capricci e per dispensare regali.
Quando la sua pelle assunse le tinte abbronzate delle donne di Haruun Kal e le palpebre furono abbellite da tinte violacee, decise di essere assolutamente perfetta. Un vero peccato che Luke non la potesse vedere in quel momento.
Controllò che la spada laser fosse ben nascosta dentro la borsetta insieme agli altri strumenti della missione, vi fece scivolare dentro l’anello nuziale, si sistemò gli orecchini ed uscì insieme ad una coppia di Twi’lek. I lekku delle due ragazze ondeggiarono nell’aria, e con i loro provocanti ormoni calamitarono l’attenzione di buona parte degli avventori. Eccellente.
Aveva compiuto troppe missioni di quel genere durante i suoi addestramenti Sith per non sapere come comportarsi: l’Imperatore non era esattamente un esperto in materia di donne e corteggiamenti, ma conosceva qualsiasi sfumatura dello sguardo degli uomini e le aveva insegnato a cercarlo, percepirlo e sfruttarlo. Scivolò in modo quasi casuale davanti all’uomo che le interessava, scrutando con la coda dell’occhio i suoi movimenti; una volta certa di aver ottenuto parte della sua attenzione si scrollò i capelli dalle spalle con gesti lenti, ancheggiò più del normale e si sedette a pochi posti da lui con le gambe accavallate. Ordinò al droide inserviente il primo liquore che le venisse in mente; un paio di giovani ufficiali della fanteria le si avvicinò per conquistarla, ma lei solleticò le loro menti e li distrasse verso le ragazze che l’avevano guardata male qualche minuto prima.
“Mi permetta di offrirle io quel bicchiere di nayjtat”.
Durcan Rendyr, secondo ufficiale tecnico delle comunicazioni a bordo della Invicta, responsabile del trasporto di navi, e sua vittima per quella sera, si sedette nel posto libero accanto a lei. Mara gli rispose con un ampio sorriso ed un delicato movimento della mano.
Il droide versò la bevanda violacea in due bicchieri, ed il soldato fece scivolare la sua carta di pagamento nella fessura del suo braccio meccanico. Lei sollevò il bicchiere per un brindisi, e l’uomo accettò. “Non si incontrano persone gentili come lei, al giorno d’oggi”.
“Né donne che abbiano un quarto della sua bellezza, signorina …?”
“Chali” mentì lei “Chali Badog’wa”.
“Ufficiale Durcan Rendyr, per questa serata a vostra disposizione, signorina”.
Non immagini quanto …
Come succedeva sempre in quelle occasioni, l’uomo iniziò a parlare. E parlare. E parlare. Nel corso degli anni di addestramento Sith, Mara aveva imparato che la maggior parte dei maschi di quasi tutte le specie non attendeva altro che parlare di sé; qualcuno preferiva abbandonarsi alla lunga narrazione dei suoi guai, altri si lanciavano nella lunga descrizione delle loro imprese, reali o un po’ esagerate. L’ufficiale Rendyr apparteneva senza dubbio alla seconda categoria. Mara annuì convinta quando l’uomo le descrisse il ruolo chiave che aveva avuto nella riconquista di Naboo qualche anno prima, di come fosse riuscito a trasmettere i codici vitali per l’apertura dei portelli segreti del suo Star Destroyer prima che i Ribelli invadessero la sala delle comunicazioni. Si mostrò incredibilmente interessata alla sua descrizione dei pericoli delle foreste di Ithor, e quando lui promise che le avrebbe inviato uno dei fiori di quel mondo alla missione successiva arrossì nel modo più naturale che conoscesse.
Non lo aveva di certo agganciato per ottenere informazioni di così scarsa importanza, ma tra un sorriso ed un liquore esplorò l’uomo alla ricerca di ciò che le serviva. L’Invicta ed altri nove incrociatori sarebbero salpati il giorno successivo per unirsi ad un contingente di Star Destroyer diretto verso una destinazione imprecisata. A giudicare dalla provenienza dei fondi mossi per quell’operazione –conti in banca riconducibili al governatore Tarkin- ed allo stesso tempo dalla segretezza dell’operazione, era molto probabile che quella flotta sarebbe stata mandata per supportare l’invasione al mondo del Grande Satana. Come da prassi imperiale, il teletrasporto in quella dimensione sarebbe avvenuto con le Pietre della Sapienza, e quindi quello era l’unico modo per raggiungerlo.
Infiltrarsi sugli Star Destroyer sotto il controllo di Tarkin non era una cosa molto facile, considerata la sua mania per la sicurezza e gli allarmi … ma sull’Invicta, che normalmente era di stanza sotto il governatore Saruman, vi erano concrete possibilità di infiltrazione. Se fossero riusciti a mettere le mani sui codici di allarme e di sicurezza dell’incrociatore, sarebbero riusciti a salire clandestinamente nulla nave e farsi trasportare dagli stessi imperiali fin sul pianeta in pericolo.
Durcan Rendyr era l’ufficiale responsabile dei codici che occorrevano all’Alleanza, e Mara sfiorò con delicatezza la sua mente; come aveva previsto, l’uomo non teneva quei dati così importanti su di sé.
Quando il soldato giunse al quarto nayjtat, Mara si alzò ancheggiando dalla predella. “È una serata così piacevole … non trova che sia un peccato starsene qui dentro?”
“Lei ha ragione, signorina Badog’wa” rispose lui. Si mise in piedi e le offrì il braccio. Mara notò con una certa soddisfazione che l’ufficiale aveva occhi solo per lei, e non degnava di uno sguardo le Twi’lek ormai praticamente svestite per la gioia del pubblico. “Due passi non possono che farci bene. Posso permettermi di mostrarle il mio alloggio? È nel miglior palazzo del settore SR5!”
“Così vicino?” disse lei. Si appoggiò al suo braccio e si accertò che la scollatura fosse ben evidente “Sarei più che felice di trascorrere la serata da lei, ufficiale!”
Aggancio riuscito.
Si incamminarono lungo il balcone che costeggiava il locale, e l’uomo attivò la predella magnetica che disegnò un lungo tubo di luce azzurra nell’aria; la donna si accorse che molti altri militari stavano lasciando il posto con delle accompagnatrici, e questo la rassicurò. Quando il campo di forza fu completo, i due lo attraversarono, e camminarono a migliaia di metri da terra verso il grattacielo suggestivo. Sopra e sotto di loro, gli speeder della Città Che Non Dorme Mai disegnavano un complesso gioco di righe, come tanti piccoli insetti; per fortuna la predella gravitazionale isolava dal rumore dei motori, e lei ne approfittò per chiudere gli occhi, rallentare il proprio battito cardiaco ed entrare nello stato mentale necessario per quella missione.
Non era di certo la prima missione di quel genere che compieva: quando era un’apprendista Sith quel genere di incursioni era stata la sua routine, e l’Imperatore le aveva insegnato quasi più ad ingannare il prossimo che ad usare la spada laser. Ma un tempo era diverso.
Un tempo il suo unico obiettivo era completare l’incarico in maniera efficiente e ricevere le lodi del suo Maestro: giocare con i sentimenti degli altri era facile, ed aveva spesso tratto soddisfazione dall’ingenuità delle sue vittime. Nessuno riusciva a resisterle, e questo le aveva fatto credere per molto tempo di essere invincibile.
Da quando era all’Alleanza le cose erano cambiate, e molto.
Vedere Durcan Rendyr così preso dalla sua bellezza le lasciava un terribile sapore di amaro in bocca, e vedere con quanta facilità gli uomini mostrassero le loro debolezze la spaventava un po’. Così come lei stava manipolando il povero ufficiale, qualcun altro avrebbe potuto sfruttare le sue stesse debolezze e quelle delle persone che amava, di suo marito, di sua figlia e di tutti gli amici.
La maestosità di Coruscant, le luci, gli speeder, i grattacieli, tutto le ricordava la vita che aveva avuto in passato e le enormi possibilità che aveva stretto tra le dita. Come Sith avrebbe potuto essere ai vertici della galassia e di quel mondo mozzafiato.
I battiti del cuore diminuirono. La mente si rilassò, e quei pensieri si sciolsero come neve ai soli di Tatooine. L’addestramento fece il suo effetto e si trovò di nuovo concentrata sull’obiettivo.
Ironico come lo stesso Imperatore mi abbia insegnato questa tecnica per impedirmi di avere troppi rimorsi …
L’alloggio del soldato non poteva competere con quegli dei grandi ammiragli, ma era molto più spazioso di quelli solitamente destinati a quelli del suo grado. Mara si finse interessata alla vista panoramica del transparacciaio, ma con la coda dell’occhio osservò l’uomo sbloccare i comandi d’allarme da un pannello ad attivazione palmare nascosto dietro al mobile contenitore dell’unità domestica R5. Sarebbe potuta entrare lì dentro a colpi di spada laser e prendere direttamente i codici, ma questo avrebbe sicuramente allertato i militari che avrebbero subito sospettato un’operazione dell’Alleanza.
Il terminale operativo era proprio vicino al letto. Non aveva senso prolungare oltre quella messinscena.
L’ufficiale si portò dietro di lei e la strinse a sé, armeggiando con lo strato più esterno del suo abito.
Per fortuna Luke non è qui …
“Quanta fretta!” sorrise, girandosi “Sono il tipo di donna a cui piace fare le cose con calma …”
Gli poggiò la mano sul collo per simulare una carezza, ed in quel momento richiamò i suoi poteri Sith. La pressione strinse in pochi attimi i vasi sanguigni all’ingresso del cranio, e Rendyr le cadde addosso, privo di sensi. Mi dispiace. Sul serio.
Lo appoggiò sul letto e dalla sua borsetta estrasse il porta-dati tascabile. Il sistema di sicurezza del computer entrò in funzione automaticamente, ma il virus che Anakin aveva inserito nel suo dispositivo forzò il blocco in una manciata di secondi e lei si trovò dentro al sistema. L’area operativa riservata alle informazioni militari era ovviamente protetta da valanghe di password, ma quelle si digitarono in automatico sotto i suoi occhi per effetto del virus. Anakin le aveva garantito che i servizi segreti dell’Impero si sarebbero accorti di quell’effrazione soltanto se fossero andati a cercarla di proposito: e se lui diceva una cosa simile non aveva motivo di dubitarne. Lo schermo si fece bianco, ed i codici di accesso dell’Invicta comparvero davanti a lei come piccoli punti scuri lampeggianti. Rendyr non si era ancora ripreso quando ebbe finito con l’operazione e riposto il porta-dati nella borsetta.
Ora manca solo l’ultimo tocco …
Fece correre il Lato Oscuro per tutta la stanza ed i cassetti, le ante dell’armadio ed i compartimenti nelle pareti si aprirono all’improvviso, rovesciando a terra il loro contenuto. Si avvicinò agli abiti dell’ufficiale ed estrasse tutte le carte di credito che riuscì a trovare, poi aprì il cassetto posteriore dell’unità R5 e gli strappò il prezioso core di platino-iridio e quelli che le sembravano componenti di valore. Ci pensò su e prese con sé anche un proiettore di olomovies, poi ripeté i comandi che aveva visto digitare all’ufficiale qualche minuto prima ed aprì la porta. Penserà di essere stato solo vittima di una ladruncola, e se non vorrà ricevere un richiamo dai suoi superiori eviterà di raccontare questa storia in giro …
Tra le luci del settore, accese l’ologramma: “Aragorn, Gandalf, missione compiuta! Appuntamento al molo 7”.




L’assaltatore in uniforme bianca non riuscì a raggiungere il suo velivolo. Hadler lo vide appena in tempo tra i fumi dei raggi, e dalla mano sinistra creò una catena di fulmini che incenerì l’uomo e trasformò lo speeder in una massa fumante. I cinque soldati imperiali rimasti non arretrarono, si riunirono in formazione e spararono contro di lui una seconda raffica di quei raggi roventi, stavolta di colore verde. Non era magia, quello era certo, ma Hadler innalzò un muro di ghiaccio su cui si infranse il loro attacco; scompose la barriera l’attimo successivo, e prima che gli umani potessero caricare le loro strane armi trasformò lo schermo incantato in cinque lunghi cristalli che fece volare contro i loro petti. I frammenti congelati trafissero i corpi, e le armature bianche non opposero alcuna resistenza.
Gli uomini non erano ancora caduti a terra che Hyunkel era già tornato. “Non si sono arresi?”
“No, hanno preferito combattere. Onorevole, da parte loro”.
“Senza dubbio. Ma forse uno ci sarebbe servito intero –commentò l’umano- questo posto è un labirinto …”
“Ed ormai si saranno accorti della nostra presenza …”
“Sai com’è, passare inosservati non è la specialità del Fushikidan”.
Non c’era nulla di più vero in quelle parole. Quando i draghi del Choryugundan conquistavano un regno, di quello non ne rimanevano altro che case fumanti e campi in fiamme; ma quando passava il Fushikidan, la sensazione più orribile era l’odore di carne in putrefazione e di morte che esalava dalle piante e dalle abitazioni. Vi era in quell’armata un terribile senso di degenerazione che riusciva ad intaccare persino lo spirito dei demoni più combattivi; le orbite vuote, le ossa in bella mostra e gli abiti consunti, tutto in quelle creature generava un incredibile senso di ripugnanza che Hadler trattenne lanciando un incantesimo che lo isolava almeno dal fetore.
Gli scheletri si avvicinarono ai cadaveri in piccoli drappelli. Un paio di loro levò gli elmi agli assaltatori e toccarono le fronti con le dita: pronunciarono varie parole nella loro lingua, inasprendo ogni volta il tono, ma era evidente che, qualunque cosa stessero cercando di fare, non stava andando per il verso giusto. Hyunkel si avvicinò al gruppo, e rispose ai sibili concitati dei suoi uomini.
In quei secondi, Hadler si guardò di nuovo intorno: l’intero settore di Coruscant in cui si erano teletrasportatati era ormai una distesa di non-morti. Sebbene, sopra di loro, i palazzi di metallo non permettessero di vedere più di una tenue striscia di cielo, quella parte dei bassifondi era totalmente nelle loro mani: gli uomini che vivevano lì sotto erano dei parassiti in quel mondo tecnologico, esseri inferiori che vivevano di espedienti, ed era bastata una sua Parola del Comando per farli fuggire come conigli al ruggire di un drago. Il tanfo di quel posto, pieno di rifiuti, si univa a quello marcescente del Fushikidan. Un giovane demone di scorta non riuscì a resistere, e volò in un angolo per rimettere il pasto.
Hyunkel gli si avvicinò dopo aver gridato qualche ordine. “Non riusciamo a recuperare i corpi di quegli umani. Di solito i necromanti come Dreya –disse, indicando lo scheletro con cui aveva appena conferito- riescono a rianimare i cadaveri appena caduti, ma qui … non ha alcuna sorgente magica a cui appellarsi. A parte te”.
“Non vi è magia in questo luogo, Hyunkel, nemmeno una goccia”.
Hadler respirò e lasciò che il suo potenziale magico corresse tra i grattacieli, alla ricerca di una minima fonte incantata; il pianeta era troppo esteso per lui, ma comunicò al compagno d’armi, con una certa insoddisfazione, che in quel luogo non avrebbero trovato alcuna sorgente di magia oltre a loro stessi. Il Grande Satana era stato restio ad inviare in territorio nemico una squadra di demoni minori, ma i non-morti del Fushikidan non potevano combattere senza magia organica a supportarli, o sarebbero caduti a terra come i cadaveri che erano. Era il loro unico punto debole, ma di solito bastava la presenza del dipartimento incantato dello Yomashidan per superare quell’inconveniente; ma con lo Yomashidan e Zaboera fuori uso, gli scheletri si aggrappavano a tutto il potenziale magico nell’aria. Il demone poteva sentirli mentre si nutrivano della magia che proveniva dal suo stesso corpo, e vedeva come molti di loro si avvicinavano a lui e gli sfioravano il mantello per recuperare le forze. Ma evidentemente non era abbastanza per rianimare quei corpi.
I pochi umani sopravvissuti all’ondata dei non-morti era svanita tra gli edifici abbandonati, dunque quel posto era solo per loro. Hyunkel accese il proiettore olografico, e davanti ai loro occhi si disegnò la mappa di quei grattacieli, con un grande punto rosso che indicava la loro posizione: un percorso verde si snodava attraverso i bassifondi fino a raggiungere un’area colorata in azzurro, probabilmente il centro governativo.
“Killvearn avrebbe potuto teletrasportarci un po’ più vicini all’obiettivo …” borbottò l’umano.
“Ormai i giochi sono fatti” rispose Hadler, aggiungendo quell’episodio alle cose che avrebbe prima o poi fatto pagare a Killvearn “Recriminare non serve. Cerchiamo piuttosto di sbrigarci prima che arrivi una seconda squadra. Il Grande Satana non può venire qui, deve proteggere il Baan Palace e quindi non abbiamo l’appoggio del Maegudan. Dobbiamo limitare le perdite del Fushikidan, Hyunkel”.
“Limitare le perdite? Noi siamo già persi”.
La voce gracchiante lo fece sobbalzare. Dal passaggio alla sua destra comparve un drappello di non-morti pattugliatori, guidati dallo scheletro più alto che il demone avesse mai visto. In vita doveva essere appartenuto a qualche ramo bestiale della famiglia demoniaca, perché aveva sei braccia, tre per lato, e l’ossatura era troppo massiccia e compatta per essere quella di un umano. Su di lui non era rimasto nemmeno un brandello di pelle, segno che il suo trapasso era avvenuto tantissimi anni prima. Anche l’elmo e la corazza erano consunti, ma ciò che contraddistingueva Bartosh, vice comandante del Fushikidan e signore indiscusso dei non-morti, era la stella di carta che portava appesa al collo con un nastro azzurro, e che sfoggiava con lo stesso orgoglio con cui Zaboera vestiva la tunica di arcivescovo stregone. Dietro di lui gli scheletri gettarono a terra quello che restava di un droide, le strane macchine-soldato dell’Impero.
Hyunkel gli andò incontro, e sebbene fosse alto per gli standard degli umani, il colosso d’ossa lo superava di almeno quattro teste. “Padre, bentornato”.
“Bentornato? Non c’è niente di bene e tornato in questo mondo schifoso! Non mi meraviglio che il Grande Satana abbia mandato noi per questa missione!” disse nel suo stridente demoniaco “Ci sono dei momenti in cui sono felice di essere già morto. Questo è uno. I fumi della città hanno qualcosa di tossico, ne sono certo!”
Non è che lui e le sue truppe profumino come un cesto di rose …
“Ho seguito il percorso di quel proiettore fino al settore N, quello che dovrebbe custodire i loro generatori energetici, o almeno uno dei più grandi”.
“Il percorso è libero?”
“Oh, adesso lo è”.
Hadler estrasse dalla cintura il sacchetto che conteneva i Nuclei Neri, rinforzato con magie di contenimento del Grande Satana. Ne fece levitare uno sul palmo della mano, studiando le superfici metalliche che si incastravano perfettamente tra loro intorno al core azzurro. L’esplosivo magico attirò tutti i non-morti intorno a lui. Nelle orbite vuote poteva vedere il senso di benessere che traevano dalla presenza dell’oggetto, ma anche il desiderio di possederlo. La necromante di prima allungò la sua mano scheletrica verso il Nucleo, ma prima che riuscisse a sfiorarlo una frase secca di Bartosh, nella loro lingua gracchiante, la ricacciò indietro. Tutti i non-morti indietreggiarono di qualche passo. “Non è saggio sbandierare un gingillo simile davanti al Fushikidan, generale Hadler”.
“Non oseranno mai toccarlo. È il nostro asso nella manica! E soprattutto è stato il Grande Satana ad ordinare a tutti di non farli esplodere inutilmente!”.
“Gli ordini del Grande Satana non si discutono. Ma il Grande Satana non può ordinare ad un pesce di respirare fuori dall’acqua, così come non può comandare ad un coccodrillo di volare. La magia è il nostro nutrimento, è tutto ciò che ci fa considerare ancora vivi” disse lo scheletro enorme. Aveva portato la sua mole proprio davanti a lui, e come per un tacito segnale tutti i non-morti si erano dileguati ai loro posti. Hadler fece scivolare l’esplosivo dentro il sacchetto, e sfiorò con le dita gli altri tre Nuclei che giacevano sul fondo. Tenere quegli ordigni al suo fianco lo rendeva terribilmente insicuro, ma mai quanto la figura cupa del vice-comandante Bartosh davanti a lui.
“Se è un ordine del Grande Satana dovrete privarvi anche del nutrimento!”
“Oh, ed immagino che lei lo farebbe, generale Hadler …”
“Certo che sì!” rispose, sentendo i suoi due cuori battere per l’orgoglio “Del cibo, dell’acqua e della mia stessa vita! È quello che tutti i demoni farebbero!”
“Peccato che la maggior parte dei vostri corpi d’armata non sia composta di demoni!”
Hyunkel, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, si frappose tra i due. “Padre, per favore … abbiamo una missione”.
Lo scheletro gli rivolse delle parole nella sua lingua stridente, ed il giovane umano gli rispose a tono. Hadler conosceva a malapena una ventina di parole della lingua dei non-morti, dunque non riuscì a seguire il rapido scambio di battute davanti a lui: le parole di Hyunkel dovevano però aver avuto un effetto benefico, perché dopo qualche minuto il vice-comandante fece un cenno d’assenso e si allontanò verso un drappello di altre creature.
“Come lo hai convinto?”
“È mio padre. So come convincerlo”
I demoni minori di supporto volarono intorno a loro, con una certa preoccupazione negli occhi. Hadler li tranquillizzò, poi accese il proiettore. I quattro settori N, Q, J2 e L10 brillavano di verde sulla mappa virtuale, ed il percorso appena sgomberato da Bartosh conduceva dritto al primo obiettivo. Quattro settori per quattro Nuclei Neri. Lo scienziato dell’Organizzazione aveva bisogno di più tempo per costruirne altri, ma quelli che aveva al fianco erano più che sufficienti per colpire al ventre quell’enorme città-pianeta di metallo e ricordare agli umani contro chi stavano combattendo. Personalmente avrebbe preferito una tattica più onorevole di quegli esplosivi, ma sapeva che il corpo a corpo non sarebbe venuto a mancare, e che l’esercito demoniaco non aveva abbastanza truppe per condurre un assedio vero e proprio su quel pianeta. Guardò in alto, e l’orribile sensazione di vedere il cielo imprigionato e ridotto a sottili strisce azzurre tra quelle abitazioni grigie gli strinse lo stomaco. Il cielo non poteva essere rinchiuso.
Intorno a lui, Hyunkel aveva ordinato le truppe, e la schiera di cadaveri deambulanti occupava buona parte delle strade di quel quartiere, mentre i demoni minori si erano disposti sopra di loro ad intervalli regolari, lasciando che il Fushikidan attingesse al loro potenziale magico. Bartosh fu di nuovo accanto a lui con il suo odore di morte. “Ho insegnato a Hyunkel a tirare di spada. Non posso insegnarle ad essere un buon generale, ma se deve guidare tutti i corpi d’armata, draghi inclusi … beh, qualche piccolo consiglio credo proprio di poterglielo dare. Non può trattare demoni, draghi, animali e non-morti allo stesso modo, generale Hadler”.
Era il padre di Hyunkel, dopotutto. L’unico essere che avesse trovato il coraggio di portare un umano alla corte del Grande Satana.
Sì, forse qualcosa da insegnarmi ce l’ha.




“GENERALE MISTOBAAN! ALLARME!”
L’Angelo della Salvezza atterrò in mezzo alla sala, circonfuso di luce. Boba sentì i cori celesti innalzarsi, i cieli squarciarsi e vide schiere di cherubini accompagnare il suo salvatore. Che, per inciso, in quell’istante aveva assunto le sembianze di un giovane agente dei servizi segreti, il ragazzo dal ciuffo azzurro che avevano catturato al Castello dell’Oblio. Le parole del nuovo arrivato bloccarono a metà la foga oratoria del generale Mistobaan, che era iniziata almeno un’oretta prima e non accennava a smettere. Il Braccio Destro dell’Imperatore si fermò, con il dito alzato, ed i suoi occhi luminosi fiammeggiarono da sotto il cappuccio ed inchiodarono il nuovo arrivato. Boba Fett inspirò a fondo, godendo quei pochi, bramati istanti di silenzio.
“Agente Zexion, mi auguro che tu abbia un eccellente motivo per interrompermi. O vuoi che ti insegni le basi della disciplina, come sto facendo con questo misero rifiuto umano?”
Il “misero rifiuto umano” era un povero ufficiale tecnico, che in quel momento giaceva impaurito contro un muro, annichilito dal bombardamento verbale di Mistobaan. Quel poveraccio si era recato nel suo ufficio circa un’ora prima riportando, con sua massima vergogna, che una ladruncola aveva svaligiato il suo alloggio, facendo rapporto come da prassi. Boba lo aveva ascoltato distrattamente ed aveva deciso di lasciar correre la cosa –dopotutto mancava solo qualche migliaio di crediti, ed il cacciatore di taglie sapeva bene quanto potessero essere convincenti le curve di una donna al momento giusto- quando era entrato il generale Mistobaan.
Ed aveva scatenato l’apocalisse.
Se sul volto del povero ufficiale era dipinto uno sguardo stremato, su quello del giovane agente dei servizi segreti era disegnata un’espressione disgustata. Si teneva lo stomaco a stento, come se dovesse rimettere. “Il Fushikidan … l’esercito del Grande Satana … è qui, generale Mistobaan!”
“COOOOOOOOOOOOOOOSA?”

Muro del Suono: “Perché se la prende sempre con me … ?”

Il governatore Fett sapeva che quel ragazzino veniva usato dai servizi segreti come radar deambulante per qualche potere strano collegato al suo olfatto; non aveva idea di cosa fosse quel Fushikidan, ma di certo il semplice fatto di percepirlo aveva distrutto il corpo già gracile dell’ex Membro dell’Organizzazione. Il piccolo agente si accasciò contro il quadro dei comandi della stanza e quella volta rimise i resti delle barrette proteiche, ma la scena non sembrò impietosire il Braccio Destro.
“DOVE SONO? E QUANDO SONO APPARSI? E PERCHE’ NON MI HAI AVVISATO VIA OLOGRAMMA, INSOLENTE PICCOLO MICROBO?”
“Io ho … chiamato … ma lei non … forse … non ha sentito … quindi mi sono precipitato e …”
Certo che non lo abbiamo sentito, il rumore della sua voce riuscirebbe a coprire un concerto di grancasse naniche …
“SMETTILA DI FARFUGLIARE SCUSE, RADAR DEAMBULANTE! DOVE SONO QUESTE CREATURE? LE INCENERIRO’ CON LA FURIA DEL GRANDE IMPERATORE PALPATINE!”
“Settore … settore N … si sono già avvicinati, ma …” mormorò il ragazzino, e Boba digitò in fretta il codice di chiamata delle unità mediche. Si levò il casco ed annusò l’aria, ma non trovò altro che l’aria perfettamente controllata e filtrata dei condizionatori degli uffici imperiali: ma sapeva –e Tarkin glielo aveva garantito- che le percezioni di quel piccoletto erano più precise dei sistemi di rilevamento della sua astronave, la Slave I. Il Braccio Destro sollevò una mano e rivolse il palmo verso la parete in transparacciaio: una folata di energia magica partì contro la superficie, e questa fu attraversata da una ragnatela di crepe. L’attimo dopo i frammenti di transparacciaio esplosero verso l’esterno, e la ventata d’aria portata da uno speeder che sfrecciava nel traffico a tutta velocità fece volare fuori dall’edificio la scrivania, due droidi inservienti ed il computer personale di Boba. Mistobaan si sollevò in aria, avvolto nella lunga tunica bianca “FERMERO’ I NEMICI DELL’IMPERATORE DA SOLO!”
Il piccolo agente segreto si riprese in un attimo: “Non lo faccia, generale Mistobaan! Non può mettere in pericolo il Dono dell’Imperatore!”
“NON C’E’ ALCUN PERICOLO PER COLORO CHE SONO SORRETTI DALLA FEDE NELLA SUA GIUSTIZIA SUPERIORE!”
“Ma loro hanno …”
Un boato scosse l’intero edificio.
Boba perse l’equilibrio, e prima di cadere nel vuoto creato dal Braccio Destro attivò il cavo magnetico nel bracciale della sua armatura mandaloriana; quello si fissò all’impalcatura metallica del cornicione e lo sorresse, ma l’ufficiale Rendyr non fu così fortunato. L’uomo cadde nel vuoto con un grido, e sotto di lui Boba vide con orrore che decine di velivoli avevano perso il controllo e si erano schiantati contro il grattacielo vicino.
Gli allarmi del settore J2 suonarono all’impazzata. Il cacciatore di taglie si tirò su, e quando mise di nuovo piede in quello che rimaneva nel suo ufficio vide Mistobaan rialzarsi in una ventata di imprecazioni, avvolgendo il suo corpo con quelli che sembravano incantesimi di guarigione, gli occhi luminosi rivolti verso un punto imprecisato oltre l’orizzonte. L’agente dei servizi segreti era accasciato contro una parete con il sangue che colava dalle tempie, circondato da quello che restava di un droide protocollare.
Boba seguì lo sguardo del Braccio Destro.
Dove prima vi era il settore N, adesso non c’era nulla.
Assolutamente nulla, se non il cielo striato di arancione. Un intero settore della capitale dell’Impero Galattico svanito in pochi istanti.
Tra gli allarmi, le grida dei soldati e dei civili, il rumore dei flyer di soccorso e le apparecchiature in cortocircuito, il cacciatore di taglie sentì Mistobaan mormorare le ultime due parole che avrebbe voluto sentire in quel momento: “Nuclei Neri …”
  
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