Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: JD Jaden    04/07/2013    3 recensioni
Come è nata Panem? Lei lo sa. Lo ha imparato a scuola e ne ha sentito parlare dagli anziani del Distretto 12. Come si è passati dalla pace ai Giorni Bui? Beh lei li ha vissuti, anche se era piccola e ha cercato di rimuovere il trauma. Come è finita la guerra? Per lei con una perdita inaccettabile. E come si sono svolti i primi Hunger Games? Lei è stata il primo Tributo femmina del Distretto 12. Ed è stata la prima vincitrice. Nessuno meglio di lei può raccontare questa lunga, terribile storia...
Chi è lei? Jaden Cartwright, 17 anni, ragazza del Giacimento che cerca di tirare avanti in un mondo difficile e crudele. In questa brutta avventura cercherà di imparare come si fa a sopravvivere in mezzo alla morte, a non impazzire davanti a scelte impossibili, a ricominciare a vivere quando tutto sembra finito.
Ma capirà che niente è finito. Che è proprio quando sembra che la vita sia più bella, più semplice, che l'incubo ricomincia, più reale e temibile di prima.
Genere: Avventura, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

Image and video hosting by TinyPic


 

"It's time to forget about the past
To wash away what happened last
Hide behind an empty face
Don't ask too much, just say
'Cause this is just a game."

(A Beautiful Lie - 30 Seconds To Mars)


 

CAPITOLO 18.
La mattina presto sono stata "rapita" da Flavia, che mi ha fatto infilare il primo vestito comparso sullo schermino dell'armadio e mi ha trascinata fuori dal Centro di Addestramento. Mi ha quindi spinta in una macchina molto lunga, che ci ha portate alla stazione. Scesa dall'auto (limousine, così l'ha chiamata) ho vomitato. Soffro la macchina, ormai è chiaro.
Ora sono in treno, seduta su un alto sgabello della carrozza bar. Siamo quasi arrivate al Distretto 12 e il mio cuore sembra voler esplodere. La verità è che non sono pronta per tornare a casa. Ho paura di come le persone reagiranno alla vista di ciò che sono diventata. Ho soprattutto il terrore folle di non venire accettata. Sono sicura che molti mi odieranno per le cose che ho fatto nell'arena e non so come affrontare la cosa, come presentarmi alla mia famiglia, a Mark, ai parenti di Andrew. Ogni volta che la mia mente si sofferma su tutte queste cose inizia a girarmi la testa e rischio di svenire.
Aggiungiamo pure il fatto che non ho dormito molto in queste ultime notti ( appena chiudo gli occhi mi compare davanti l'arena) e che non mangio da due giorni, ho lo stomaco chiuso, sotto sopra, e l'unica cosa che non rigetto è il caffé nero senza zucchero.
Ora dovreste avere un quadro piuttosto chiaro dello stato in cui sono. Profonde occhiaie mi cerchiano gli occhi, che ormai sono di un verde spento, mancano della luce di un tempo. Le mie costole hanno ripreso sporgere leggermente e il mio viso è scavato. In compenso ho la pelle e i capelli più luminosi che mai, a causa dei numerosi interventi avvenuti su di me dal mio rientro dall'arena! L'effetto complessivo mi disgusta. Non mi riconosco più...

Il treno inizia a rallentare. Il panico si impossessa di ogni centimetro del mio corpo.
Ci fermiamo, dal finestrino intravedo le pareti grigie e scrostate della stazione del Distretto 12.
Flavia arriva di corsa dalla carrozza affianco e mi urla che è ora di uscire. Ha le lacrime agli occhi ed è euforica.
«Non sei emozionatissima Jaden? Stai per rivedere la tua famiglia! Ricordati che io sono molto fiera di essere stata la tua accompagnatrice e non vedo l'ora che inizi il Tour della Vittoria per tornare da te e accompagnarti ancora.» mi sorride e per un istante dimentico che la odio. Mi è stata vicina durante tutto il viaggio di ritorno, cercando di convincermi a mangiare, aiutandomi a vestirmi, riempiendomi di attenzioni. Eppure io l'ho respinta duramente. A quel punto lei, anziché scomporsi o arrabbiarsi, si è limitata a lasciarmi sola. Ha capito. La cosa mi ha stupita molto, non mi aspettavo tanta sensibilità da una sciocca abitante di Capitol City. Eppure c'è del buono anche in lei, così come in Ken e Ray... sono stata fortunata ad avere loro al mio fianco! Anche se ora sono comunque distrutta.
«Ascolta - il suo tono di voce si abbassa, perde un po' di quell'accento fastidioso, diventa quasi materna - so che è stato difficile per te, ma devi essere forte. Vedrai che già il fatto di tornare a casa ti aiuterà un po'. Stai vicino alla tua famiglia, evita di esporti troppo. Sono sicura che gli abitanti del tuo distretto capiranno, alla fine... non è stata colpa tua, l'hai fatto per sopravvivere!» non avrei mai immaginato che Flavia Monroe potesse dire certe cose! Ero convinta che lei fosse una stupida senza cervello felice di partecipare alla macchina di morte degli Hunger Games. Invece a quanto pare la sua è tutta una facciata. Se è vero recita molto meglio di Ken. Lui si capisce lontano un miglio che non si diverte, mentre ero sicura che sotto i riccioli verde acqua di Flavia ci fosse solo una testa vuota...

Sono davanti alle porte scorrevoli del vagone centrale del treno, nella carrozza ingresso. Quando si aprono il mio cuore perde un colpo. La stazione è gremita di gente che appena mi vede inizia a gridare il mio nome! Riconosco i loro visi. Alcuni sono a mala pena conoscenti, persone che ho incontrato al mercato, a scuola o nelle botteghe. Altri invece li conosco bene, compagni di classe, amici, parenti... c'è perfino Mark, che mi sorride, un po' imbarazzato. Ma non è lui che voglio, in questo momento... appena riconosco la mia famiglia salto giù dal treno e gli corro incontro. La prima che abbraccio è la mamma. Solo ora capisco davvero quanto mi è mancata! Mi sembra che sia passata una vita dall'ultima volta che ho sentito le sue braccia attorno a me. Ha le lacrime agli occhi ed è sinceramente felice di vedermi. Tutti lo sono: non me aspettavo, ma a quanto pare non mi odiano...
Mi sciolgo dall'abbraccio con mia madre e stringo forte Thomas e Jenny. Sento il bisogno di urlare. Sono felice, per la prima volta dopo un tempo che non riesco nemmeno a quantificare! La mia famiglia mi ama, il mio distretto mi accetta, addirittura mi acclama... è più di quello che mi merito. L'unico neo in questo quadretto di gioia sono le telecamere di Capitol City, puntate perennemente su di me! Non vorranno seguirmi anche in casa spero? Jenny richiama la mia attenzione.
«Ora possiamo tornare a casa?» Casa. Un momento, forse loro non lo sanno ancora!
«Le avete fatte le valigie?» dico sorridendo.
«Le valigie? E come mai?» chiede la mamma preoccupata.
«Perché abbiamo una casa nuova! Siamo ricchi adesso...» ad essere sincera non ho nessuna voglia di lasciare la mia vecchia casa, ma sono sinceramente felice perché so che villa e denaro saranno un enorme vantaggio per la mia famiglia. Soprattutto per mia madre, che potrà smettere di ammazzarsi di lavoro!
«Dici sul serio?» ora è Thomas a parlare. I suoi occhi brillano di felicità, anche se non credo che sia solo per il fatto che siamo ricchi. Io e lui abbiamo sempre avuto un rapporto particolare, ci amiamo in un modo tutto nostro e il distacco prolungato deve avergli fatto male ancora più che a me!
«Ti ho mai mentito, fratellino?» ridiamo tutti e quattro. Certo loro non sanno ancora che i problemi non sono affatto finiti, ma voglio godermi quella poca, autentica felicità che mi rimane, prima del Tour...

CAPITOLO 17.
Nelle settimane successive ci installiamo al Villaggio dei Vincitori e scopriamo la vita da ricchi.
Delle 12 villette che circondano la piazza, solo la nostra è abitata e ci sentiamo isolati e soli, ma ammetto che è bello avere una casa solida e calda. E' a due piani, con un ampio ingresso accogliente, salone, cucina, ufficio e un bagno al primo piano, 4 camere da letto, due bagni e terrazzino al secondo. Non sappiamo cosa farcene di 3 bagni, per non parlare dell'ufficio, ma grazie alla grande cucina la mamma ha ritrovato il piacere di cucinare. C'è da dire che 4 camere per noi sono fin troppe: una la occupa la mamma, un'altra la occupavamo io Jenny e Thomas assieme, perché non volevamo separarci. Solo che io mi sveglio tutte le notti urlando. Incubi. Quindi ho deciso di stare in una camera da sola, per non disturbare. Thomas non era d'accordo, ma dopo una lunga discussione ha capito che è meglio così.
La nuova vita è particolarmente monotona. E' ancora estate per cui non c'è scuola; e non dobbiamo più procurare cibo catturando e raccogliendo. Quindi, nelle ore più calde ce ne stiamo in salotto a giocare a scacchi o a leggere (la sorpresa più grande è stata trovare una libreria piena di libri di ogni genere!) e, quando possiamo, passeggiamo per la piazza solitaria del Villaggio dei Vincitori o andiamo in centro a fare piccoli acquisti in tutti i negozi. Per arricchire un po' anche la gente del distretto. Anche la mamma si annoia: non fa più mille lavori, ora si concentra solo sulla cura dei malati. Però (per fortuna) non ci sono tutti i giorni malati. Passa quindi le sue giornate a pulire la grande villetta, che ormai risplende ed è linda al punto che si potrebbe mangiare direttamente sul pavimento.

E' una mattina come tante. Mi sveglio come al solito in un bagno di sudore e in preda al panico, convinta di essere ancora nell'arena. Quando finalmente capisco che, in realtà, mi trovo fra le candide lenzuola del mio grande letto inizio a rilassare i nervi. Mi alzo e mi dirigo in un bagno a caso. Scopro che è quello con la doccia, lascio a terra il pigiama e mi ci butto dentro aprendo il getto dell'acqua fredda. Lentamente recupero il controllo di me stessa. Finiranno mai, gli incubi? Temo proprio di no... Finisco di lavarmi e vestirmi, quindi scendo in cucina.
«Jaden, come mai sei già in piedi?» senti chi parla! La mamma è già sveglia, come al solito. Non riesce proprio ad abituarsi all'idea di dormire un po' di più... evidentemente le somiglio più di quello che credo.
«Ho fatto un brutto sogno...» cerco di usare un tono neutro, ma le immagini sono ancora vive nella mia mente, quindi in risultato non è quello che speravo.
«Forse dovrei farti una tisana rilassante prima di dormire... potrebbe migliorare i tuoi sogni, tesoro.»
«Si può provare, ma ho paura che non passeranno mai questi maledetti incubi.» come al solito alla fine la mia facciata forte crolla e la verità emerge, incontrollabile.
«Passerà, ne sono sicura. Domani inizia la scuola e concentrandoti sugli impegni quotidiani supererai meglio... tutto.» non riesce mai a parlare dei giochi. Forse ha paura di farmi del male a nominarli... ma una cosa nella sua frase mi ha colpita: domani inizia la scuola. Ho perso completamente la nozione del tempo. Quindi è già metà settembre? Mi sembra impossibile che siano passati due mesi e mezzo dalla fine degli Hunger Games! L'estate mi è scivolata via dalle mani e di questo passo dicembre arriverà troppo presto. Non sono ancora pronta per lasciare la mia famiglia, per il Tour della Vittoria... e poi c'è ancora una cosa che voglio fare assolutamente, prima di partire. Ho continuato a rimandare, perché ho tanta paura, ma ora devo proprio farmi coraggio e andare al negozio di dolci. I Donner si meritano un po' più di rispetto da parte mia e porgergli le mie più sincere condoglianze è l'unico modo che mi è venuto in mente per dimostrare loro quanto sono dispiaciuta! Non c'erano in stazione al mio arrivo e non li ho mai incontrati in piazza. La verità è che cerco di evitarli in tutti i modi. Sono una vigliacca, lo so. Però ho deciso: oggi andrò a trovare la signora Donner e suo figlio.

Ho detto a Jenny e Thomas che avevo bisogno di stare un po' da sola. Per fortuna non mi hanno fatto domande e sono rimasti a giocare nella piazzetta del Villaggio dei Vincitori. Io, invece, ho attraversato il boschetto che ci separa dal centro del Distretto 12, diretta alla piazza. Mi sono portata anche un sacchetto di monete, per il consueto giro dei negozi. Lascerò per ultimo quello dei Donner, ma sta volta non ho nessuna intenzione di saltarlo.
Il giro dura troppo poco e in meno di tre ore mi ritrovo immobile, di fronte alla mia ultima tappa della giornata. La tasca pesa molto meno, ma in compenso ora è lo stomaco ad appesantirmi. E' come se avessi mangiato piombo... Faccio un respiro profondo e apro la porta. Un campanello tintinna sopra la mia testa, facendomi sobbalzare. Il profumo di decine di tipi di caramelle mi investe, procurandomi quasi un ondata di nausea. Dietro il bancone non c'è nessuno, ma intravedo una luce traballante, accesa dietro ad una porta accostata. Aspettando che qualcuno la attraversi, le volto le spalle e mi concentro sugli scaffali, carichi di vaschette che traboccano di dolciumi. Solo pochissime famiglie, al Distretto 12, possono permettersi le caramelle. Una di queste è quella del sindaco. E ora anche la mia famiglia si è aggiunta all'elenco. Ma immagino che il grosso degli affari li facciano con le spedizioni a Capitol City. Dubito fortemente che ricevano ordini da altri distretti, nessuno è così ricco da potersi permettere le spese di trasporto, oltre a quelle della merce in se. Forse la mancanza di caramelle è l'ultimo dei problemi, nei distretti, ma non riesco a togliermi dalla testa il pensiero che, comunque, anche questa è una privazione...
Sono ancora sovrappensiero, quando una voce femminile mi riporta bruscamente alla realtà.
«Immaginavo che saresti venuta. Credevo che l'avresti fatto prima, ma meglio tardi che mai, giusto?» è la paffuta signora Donner. Lo so prima ancora di voltarmi, perché la sua voce è marchiata a fuoco nella mia memoria. Molte volte ci ha scacciati in malo modo dalla sua vetrina e dal banchetto al mercato... ha sempre avuto una voce profonda e rozza, quasi maschile, di gola. Mai avrei immaginato di sentirla con un tono così spento e sofferente. E soprattutto, nonostante le umiliazioni subite a causa sua, mai avrei voluto essere io la causa del dolore che la rende così.
«Salve, signora Donner. - ho un filo di voce e parlo a scatti, il cuore mi batte a mille, ho tanta paura - spero di non disturbare. Mi dispiace molto di aver aspettato così tanto. Ammetto che avevo paura... che anche adesso ho paura.» sono fin troppo sincera, avrei voluto apparire forte e decisa, fargli le condoglianze, comprare qualcosa e andarmene, ma sono trasparente, come al solito. Non mi smentisco mai.
«Non devi avere paura, credimi. Non di me, comunque. Non sono mai stata gentile con te, lo so, ma Jaden, io non te ne faccio una colpa. Quello che hai fatto è stato solo cercare di sopravvivere. Non mi devi nulla, tantomeno le tue scuse.»
«Quindi lei mi capisce? Lo sa che non avrei mai voluto... - non riesco a dirlo, mi salgono le lacrime agli occhi, ma devo essere forte  - non volevo uccidere Andrew!» si sono rotti gli argini, il fiume è in piena. Non riesco più a trattenere le lacrime, adesso.
«Smettila di piangere. Andrew è stato uno stupido. Meritavi molto più di lui di tornare. Mentre tu cercavi di nasconderti, di salvere i tuoi alleati e quella povera ragazzina moribonda... lui faceva sesso e uccideva ragazzi innocenti. Ho capito di avere sbagliato tutto, con lui, nel momento in cui ti ha aggredita. Al tuo posto avrei fatto lo stesso...» la sua voce è dura, ma incrinata dall'angoscia. La sua espressione è neutra, quasi fredda, ma negli occhi le si legge un dolore insopportabile. Capisco subito che pensa davvero quel che mi ha detto, che si da veramente la colpa per ciò che è successo. Il mio dolore, paragonato al suo mi sembra quasi ridicolo! Vorrei abbracciarla, per provare a consolarla, dirle qualcosa, per farla stare meglio... provo ad avvicinarmi a lei, ma ricevo un brusco rifiuto.
«E' meglio se ora te ne vai. Voglio rimanere da sola col mio dolore. Non mi devi niente.» non le devo niente. Eppure so che almeno una cosa devo restituirgliela. Anche se è solo un gesto simbolico.
«Forse ha ragione, ma dovevo questi a suo figlio.» afferro delle monete dal sacchetto e le poso sul bancone, prima di andarmene dal negozio di dolci. Sono quelle che servono a pagare un lecca lecca...
Adesso siamo pari.


Image and video hosting by TinyPic

NOTE DI JD:

 

Quindicesimo capitolo aggiornato, non ancora betato. Sono abbastanza orgogliosa di questo capitolo... diciamo che assieme alle sequenze dell'arena è fra i miei preferiti, ma non ancora eccellente uu Comunque ho quasi finito con questa storia della revisione, per cui non mi dilungherò troppo... Avete visto la foto della signora Donner e spero vi sia piaciuto il gesto simbolico di Jaden. Spero anche che abbia emozionato voi almeno quanto me! Grazie a tutti coloro che leggeranno.
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: JD Jaden