Mi sentiranno da lassù?
“Zio
Harry?” La sua voce era poco più che un sussurro.
Gli occhi chiari del bimbo indugiarono sul volto del ragazzo profondamente
addormentato con il viso affondato nel cuscino e la bocca semi aperta.
Ted sorrise e due piccole fossette presero forma agli angoli della sua bocca.
“Zio… Zio Harry?” Ripeté ancora il piccolo Teddy
Lupin.
Infilò una manina sotto la trapunta per sfiorare i capelli dell’uomo. Gli
accarezzò il capo in maniera un po’ goffa, così come Harry soleva sempre fare
con lui.
Si stropicciò gli occhi assonnati con la manina
libera. All’improvviso l’uomo sorrise nel sonno. Il bambino si incuriosì ed
incominciò a domandarsi che cosa stesse sognando, anche se in fondo in fondo,
credeva di saperlo.
Il sorriso di Harry James Potter, si estese fin quasi alle orecchie quando il
bambino lasciò andare i suoi capelli e gli sfiorò la mano.
“Preso!” Esclamò l’uomo scattando a sedere improvvisamente e trascinando il
bimbetto per il braccio.
Teddy sobbalzò.
“Zio!Mi hai fatto paura!” Mormorò il piccolo, mentre il padrino ridacchiava divertito,
con aria da ragazzino..
“Scusami Ted…” mormorò infine scompigliando i capelli del piccolo.
“Non ho saputo resistere…” Teddy sorrise, esibendo inconsapevolmente la
finestrella tra due dentini da latte.
Saltò sul letto con un’ agilità che solo un bambino di così piccolo può avere e
si accoccolò di fianco al padrino.
“Sei di nuovo venuto con la metropolvere, suppongo.” Domandò dolcemente Harry,
gettando una rapida occhiata alla sveglia. Teddy annuì in silenzio,
tamburellando con le minuscole dita sul materasso morbido. Lo sguardo del
piccolo era rivolto verso le fiammelle danzanti nel focolare.
“E suppongo anche… Che nonna Andromeda ti creda ancora nella tua cameretta a
dormire. Ho ragione?”
Teddy annuì di nuovo, questa volta un po’ più lentamente.
Harry sorrise e strinse un po’ più forte a sé il bambino.
“Allora..” Mormorò abbassando il tono di voce per non svegliare Ginny.
“Che problema abbiamo oggi? Suppongo sia grave se sei venuto qui alle due di
notte per propormelo. Hai avuto un brutto sogno?”
Il bambino scosse il capo, afferrando la mano del
padrino e incominciando a giocarci.
“Niente brutto sogno. Allora…Mmmh… Hai fatto la pipì a letto?”
Teddy scoppiò a ridere, come faceva sempre quando il
padrino, per scherzo, gli rivolgeva quella domanda.
“No, no!”
Anche Harry rise.
“Ma certo che no, dimentico sempre che tu sei troppo grande per questo genere
di cose. Ma forse è stato Honor a fare la pipì a letto?”
Teddy rise più forte: Honor, il gufo di famiglia,
non aveva mai fatto niente del genere.
“Ok, ok, mi arrendo!”
Esclamò infine Harry appoggiando il mento sui capelli
del figlioccio.
“Raccontami, dai.” Teddy continuò a giocare con la mano del padrino per qualche
istante prima di rispondere.
“Mi mancano la mamma e il papà.” Mormorò con una limpidezza quasi fuori luogo
per un bambino così piccolo.
Harry annuì.
“Lo so.”
“Mi mancano tanto.”
“Lo so.”
Restarono entrambi in silenzio per qualche minuto, poi Teddy si voltò verso il
padrino.
“A te mancano?” Chiese sollevando lo sguardo per scontrare le proprie iridi
con quelle di Harry.
“La tua mamma e il tuo papà.”
“Certo.”
Harry accarezzò con tenerezza il capo del figlioccio.
“Ma tu vuoi che ti mancano?”
Era una domanda insolita, ma Harry fece del suo meglio per riuscire a
comprendere cosa stesse cercando di chiedergli il bambino.
“Sì.” Rispose con lentezza.
“Perché significa che non li ho dimenticati. E se non li ho dimenticati vuol
dire che ci sono: che sono qui con me..”
“Sì, ma io non li vedo!” Ribattè il piccino a voce alta, pentendosi subito
dopo, quando vide Ginny agitarsi nel sonno.
Harry si premette un dito sulle labbra e Teddy annuì con aria seria.
“Io non voglio che mi mancano…” Aggiunse dopo un po’ riprendendo a
giocherellare con le dita del padrino, aprendole e chiudendole, come se fossero
un paio di forbici.
“Io non voglio e basta.”
Il padrino riprese ad accarezzare i capelli del ragazzino in silenzio.
“Hai paura, Ted?” Chiese poi rivolto al bambino.
Il piccolo si strinse nelle spalle.
“Sì.” Ammise dopo pochi istanti, lasciando finalmente la mano dell’uomo e
sollevandosi sulle ginocchia.
“Ho paura che mi mancano. Perché se penso a loro, poi mi ricordo che non ci
sono e divento triste.”
La mano di Harry, accarezzò il volto del piccolo, alla ricerca di lacrime
appena affiorate, ma non ne trovò. Sorrise, stringendolo forte a sé: era un
bambino forte, il piccolo Teddy.
“è brutto essere tristi.” Gli sussurrò in un orecchio.
“è brutto lo so. Ma se fossimo sempre felici, allora
non ci sarebbe più gioia nell’essere allegri.” Il bambino si sciolse
dall’abbraccio e guardò l’uomo negli occhi.
“Non ho capito, zio.” Harry sorrise.
“Quando la mattina di Natale ti alzi e vedi tutti quei regali che aspettano
solo te per essere aperti, non ti senti felice?”
Il bambino annuì energicamente, ma appariva ancora visibilmente confuso.
“Adesso, pensa se tutte le mattine fosse Natale; naturalmente all’inizio ti
piacerebbe da matti: tanti bei giocattoli nuovi ogni giorno, tacchino ripieno
per cena e quel dolce che ti piace tanto tutte le sere… Ma non pensi che prima
o poi ti stancheresti di fare le stesse cose tutti i giorni?”
Il bambino inclinò la testa da un lato, come per valutare la situazione.
“Ricevere tutti i giorni i regali,sarebbe fico..” Harry sorrise divertito.
“Certamente, ma come la mettiamo con la neve? Non ci sarebbero mai i fiori, non
arriverebbe mai l’estate. Non potremo più giocare a Quidditch e nemmeno potremo
andare al mare…” Teddy scosse il capo lentamente.
“Allora non penso che mi piacerebbe, zio…” Harry estese il suo sorriso.
“Vieni con me, ti faccio vedere una cosa.”
Lo prese per mano e lo accompagnò in giardino, non prima di averlo coperto bene
con uno dei suoi mantelli.
“Che cosa vuoi farmi vedere?” Domandò il piccolo trotterellando al fianco del
padrino. Si fermarono più o meno a metà del giardino.
“Guarda su, Teddy.” Suggerì Harry inginocchiandosi alla sua altezza. Il bambino
sollevò il capo.
Era una notte serena, rischiarata dalla luce della luna e delle stelle. Il
bambino, spalancò gli occhi e socchiuse la bocca, alla vista di quel fantastico
spettacolo notturno.
“Wow! Sono bellissime!” Annunciò raggiante, stringendo forte la mano al
padrino. Harry indicò un punto che pareva essere più luminoso degli altri.
“Guarda laggiù, Ted. Non ti sembra che quelle stelle tanto vicine fra loro
abbiano una forma un po’ particolare?”
Il bambino rimirò quel pezzetto di cielo, poi annuì.
“Sembrano un animale!”
“Quella è la costellazione della lupa” spiegò l’uomo, voltandosi in direzione
del figlioccio.
“E sono proprio sicuro che la tua mamma e il tuo papà ti stiano guardando da
lassù.”
Teddy spalancò la bocca sorpreso Dopodiché di voltò per rivolgere un’occhiata
tentennante al padrino.
“Non è una bugia, vero?” Harry scosse il capo con aria solenne.
Il ragazzino sorrise, sollevato. Tornò a guardare le stelle, questa volta con
un interesse ancora maggiore.
“Zio Harry...” Domandò poi allacciando nuovamente la propria mano a quella dell’uomo.
“…Secondo te se li chiamo, mi sentiranno da lassù?” Harry sorrise dolcemente.
“Perché non provi?” Il bambino gli rivolse un’occhiata titubante. Dopodiché, sollevò
lo sguardo al cielo, prese fiato e grido con tutto fiato che aveva in gola:
“Mamma!”
Nessuna risposta.
Harry gli rivolse un sorriso incoraggiante.
“Prova ancora, Teddy.”
Il bimbo si voltò e prese nuovamente fiato.
“Papà!” esclamò questa volta.
“Mamma! Papà!”
Niente
Teddy esplorò ansioso la volta celeste per qualche istante con lo sguardo.
Non successe nulla.
“Non mi sentono…” Mormorò tristemente il ragazzino chinando il capo.
Harry riuscì ad individuare le prime lacrime fare capolino dagli occhi chiari
del piccolo.
“Prova ancora.” Lo incoraggiò nuovamente Harry stringendogli la mano.
“Prova ancora, dai!”
Teddy annuì sfilandosi via le lacrime con la mano libera. Riprese a gridare con
quanto fiato aveva in gola quelle due parole tanto importanti per ogni bambino,
ma che né lui, né Harry avevano mai avuto la possibilità di rivolgere a
nessuno.
Era ormai la quarta volta che ripeteva “mamma” e “papà”, quando qualcosa,
finalmente successe. Una scia luminosa attraversò il cielo alla velocità di un
fulmine.
“è una stella cadente, Teddy!” Esclamò Harry indicandone la punta al piccolo :la
striscia luminosa incominciava proprio nella costellazione della Lupa.
“Dov’è finita?è caduta? Dove?” Domandò ingenuamente il bambino quando la
stella scomparve.
Il padrino sorrise con aria enigmatica.
“Io credo di saperlo.” Teddy portò lo sguardo verso l’uomo.
“Davvero?” Domandò stupito.
“E dove è caduta? Molto lontano?”
Harry portò la propria mano sul petto del bambino, all’altezza del cuore.
“Non senti come batte forte?” Gli chiede sorridendo.
Anche il bambino si toccò il petto.
“Qua dentro?” Mormorò infine in un sussurro.
“La stella è caduta qui dentro?”
Harry annuì.
“Pensi ancora che la tua mamma e il tuo papà non siano qui con te, ora?”
Domandò scompigliandogli i capelli. Teddy scosse il capo cn aria meravigliata.
“Sono volati qui dentro!” Esclamò infine battendo forte la mano sul suo cuore.
Harry rise.
“Proprio così! Adesso è meglio che torni dentro o, ti ammalerai e Andromeda mi
farà a fettine. Puoi dormire qui per sta notte, avverto io la nonna. Vai in
casa, Ted.” Il bambini annuì. Si lanciò tra le braccia del padrino per
ringraziarlo e corse verso casa.
Harry se la prese con comodo: passeggiò tranquillamente per il giardino, e
quando giunse alla staccionata, raccolse qualcosa dal terreno: era un piccolo
cilindro di plastica dai colori scargianti
“Stelle cadenti artificiali dei Tiri Vispi Weasley: l’ultima che avevo. Il buon
vecchio Fred aveva fatto proprio un ottimo lavoro con questi aggeggi.”
Mormorò fra sé con un sorriso, mentre si rigirava il
petardo fra le mani. Poi, però notò qualcosa.
“La miccia è ancora intatta…” Mormorò voltandolo di traverso e osservandone il
fondo.
“E la plastica è ancora integra… Ma questo significa che…”
Volse lo sguardo in direzione del cielo: la
costellazione della Lupa brillava luminosa sopra di lui, come se stesse
cercando di suggerirgli qualcosa.
“Grazie.” mormorò l’uomo sorridendo. Una lacrima solitaria solcò il suo viso
per poi sparire misteriosamente: proprio come aveva fatto quella stella.
“Zio!Vieni a raccontarmi una storia, daii!” Il tono di voce impaziente del suo
figlioccio lo fece ridere ancora una volta.
“Arrivo Ted.”
Si strinse nel mantello ed entrò in casa, mentre nel cielo, una manciata di stelle parve farsi più vicina e ammiccante.
Era la costellazione della lupa.
Erano loro: Remus e Tonks.