Film > Coraline e la Porta Magica
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Autore: alix katlice    05/07/2013    4 recensioni
Sono passati anni dalle vicende narrate in "Coraline".
Una nuova famiglia si è trasferita a Pink Palace.
Riusciranno a non cadere nella tela del ragno? Riusciranno ad uscirci?
*Tematiche delicate*
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altra Madre, Gatto, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Sesto Capitolo.
Dove Nathan è nei guai.

 

 
 
 
 
 
 
Quella notte Roberta si era svegliata con il bisogno di avere Jack accanto.
Non si era mai sentita così.
Solitamente, per lei quel mezzo omuncolo era solo un passatempo, un gioco… ma più passava il tempo e più ne sentiva la mancanza.
Jack la faceva sentire… completa. Amata. Desiderata.
Forse Jack, dopotutto, era meglio degli uomini che la prendevano a parolacce e la trattavano male, anche se all’apparenza non sembrava.
 
***
 
Julia era nel suo letto.
Sola.
Jack non era lì con lei.
Forse era già andato a lavoro, o forse era corso dalla sua amante (cosa che lei la sera prima gli aveva consigliato di fare).
Non ne sentiva la mancanza.
Jack era solamente un punto fisso dove guardare quando aveva le vertigini, un porto sicuro, nient’altro: per loro era già passato il tempo delle passioni giovanili.
Forse non era così importante, per lei.
La cosa che più le dava fastidio era che lui avesse scelto di tradirla: non era abbastanza? Non era una vera donna?
Solo per quello aveva deciso di dichiarare guerra aperta a Roberta, solo per farle vedere che lei poteva avere ancora Jack.
Solo per quell’inutile e sciocco capriccio.
 
***
 
Avrile era sgattaiolata fuori dal suo letto, quella notte. Mentre Julia e Roberta pensavano a come riuscire a trattenere Jack con loro, lei aveva sceso le scale silenziosamente, e si era infilata nel corridoio che portava al salottino.
Voleva giocare con i suoi genitori migliori.
Aprì la porta con la chiave che aveva in tasca e attraversò il corridoio velocemente, impaziente di arrivare dall’Altra Madre e dall’Altro Padre.
Quando varcò l’altra porticina, l’aria odorava di cioccolato. Sua mamma non faceva quasi mai la cioccolata calda.
Si diresse in cucina, dove trovò l’Altra Madre intenta a versare dentro enorme tazze la cioccolata. Avrile si sedette e sorrise.
- Ciao, Avrile. Ti ho preparato la cioccolata calda. Ti piace molto – disse. Era sicura che le piacesse, ed aveva ragione.
- È molto buona.
- Lo so. L’Altro Padre ti aspetta in camera tua, dopo. Vorrebbe giocare con te a nascondino.
Avrile a quelle parole finì in fretta di bere, e si diresse verso la porta della cucina.
- Ah, una cosa, amore. Alexa dov’è?
Ecco. Non era riuscita a portarla con se, non aveva voluto varcare la porticina. Le aveva detto anche di non farlo, perché il suo ragazzo aveva detto che era pericoloso.
Guardò l’Altra Madre mentre ticchettava le unghie sul tavolo.
- Non è voluta venire. Nathan dice che è pericoloso, lei gli ha promesso di non varcare la portici…
- Nathan?
- Il suo ragazzo.
Avrile non vide il lampo di rabbia che passò per i suoi occhi, o forse lo vide ma preferì non registrare nella sua mente quel dato. Lei era la sua mamma perfetta. Lei non si arrabbiava.
- Tranquilla, Avrile. Non importa.
Avrile corse in camera sua, e giocò a nascondino con l’Altro Padre finché non si addormentò.
Poi, lui la mise a letto e le tirò su le coperte.
- Dormi bene, Avrile.
 
***
 
Il campanello di casa Ryans squillò.
Julia si precipitò ad aprire, quasi incespicando sui suoi stessi piedi, e spalancò la porta.
- Roby, che piacere vederti! Entra pure, entra. Cosa ti porta qui?
La donna si scansò per lasciar passare la nemica. Roberta entrò, sondando con lo sguardo tutto ciò che c’era nella casa.
- Sono venuta per chiedere di invitarmi a cena. Sai, Julia, oggi sono rientrata tardi e non ho avuto il tempo di cucinare. So che mancano ancora quattro ore alla cena, ma devo anche fare la spesa e…
- Ok, Roberta. Va bene. Resta a cena.
Roberta sorrise.
- A dopo, allora.
 
***
 
- Stai scherzando. Dimmi che stai scherzando, mamma.
- Non sto scherzando. La nuova vicina verrà a cena da noi.
- Da come l’hai descritta sembra una stronza put…
- Alexa, modera i termini!
- Io non ceno.
- Tu ceni eccome.
- Almeno posso invitare Nathan?
- Nathan?
- Il mio ragazzo.
- Assolutamente no!
- Dai, ti prego.
- Solo se stai buona e non ti fai prendere dagli ormoni in subbuglio.
- Garantito.
- Invita Nathan, allora.
 
***
 
Nathan si toccò la guancia. Quando guardò la mano sgranò gli occhi: era ricoperta di sangue.
- Cosa ti passa per la testa, imbecille?
L’Altra Madre era in piedi davanti a lui. Lo fissava, arrabbiata, e non era mai una cosa buona quando era arrabbiata.
- Io volevo solo…
- Non fare il furbo con me, Nathan Jones. Ti ho accudito come la madre che -ti ricordo- se n’è andata quando avevi nove anni. È così che mi ripaghi? Allontanando le mie bambine da me?
- Alexa non è tua!
L’Altra madre lo afferrò per i capelli e lo buttò a terra. La testa del ragazzo colpì con forza il pavimento, costringendolo a restare a terra.
Non riuscì ad alzarsi.
- Alexa è mia. Tutto è mio. Anche tu. Non dimenticartelo, Nathan.
Lo lasciò sanguinante a terra.
 
***
 
- Cosa cazzo hai fatto alla guancia?
Alexa passò il dito sul graffio che spiccava sulla pelle di Nathan.
- Jones? Tutto a posto? Perché stai piangendo?
Nathan piangeva. Lo stesso Nathan prepotente, indisponente, insensibile, maleducato ed egoista. Piangeva.
Gli asciugò una lacrime con l’indice.
Nathan le bloccò il polso e con un gesto veloce la attirò a se.
Un secondo prima erano a più di cinquanta centimetri di distanza, un secondo dopo Alexa aveva la guancia spiaccicata contro la clavicola di Nathan.
La stava abbracciando.
Alexa capì che c’era qualcosa che non andava, e lo strinse a se: capì che aveva bisogno di qualcuno e, sinceramente, non aveva mai visto ne sua madre, ne suo padre, ne eventuali altri fratelli o sorelle.
Lo strinse a se dolcemente, mentre le lacrime del ragazzo bagnavano la sua maglietta.
- Mi dispiace tanto, Alexa. Mi dispiace tanto, ma devo farlo.
Non riuscì a comprendere quel “mi dispiace”, e non ci si soffermò nemmeno più di tanto.
Alexa.
Era la prima volta che pronunciava il suo nome, ed era bello sulle sue labbra.
Alexa.
Era davvero molto bello.
- Andiamo a cena.  
  
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