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Autore: FairLady    05/07/2013    15 recensioni
Quello che da tutti è visto come un difetto, una menomazione, per qualcuno può diventare un dono, un privilegio che, nella condizione di disagio, può rendere straordinari. È il caso di James, giovane sordomuto, emarginato da chi non capisce che non è una vergogna, ma un pregio, perché lui come pochi altri riesce a “sentire” il mondo in profondità.
Prima Classificata al contest "Synthesis? In the Flash!" indetto da Giuns sul Forum di EFP
Quinta Classificata al contest "Le città del mondo" indetto da Sara.1994 e giudicato da Triz93 sul Forum di EFP
Revisionata
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le sue iridi verdi, screziate da delicate pagliuzze d’oro, fissano il paesaggio.
È seduto su una panchina di Westminster  da qualcosa che potrebbe essere un’eternità, e sembra che stia fissando il vuoto. In realtà, James non ha lo sguardo vacuo di chi scruta tutto e niente; i sui occhi sono attenti, accorti. Registra ogni minimo dettaglio di ciò che ha intorno. In particolare, è rimasto imbambolato, come altre volte è capitato, dalla grande ruota panoramica che gira ininterrottamente da ore di fronte a lui. I turisti, invaghiti dalla vista cupa e misteriosa che anche lui ha sempre amato della sua adorata Londra, e impegnati a scattare foto che saranno sicuramente sfocate, se ne restano con le mani e i nasi appiccicati ai vetri, come strani, minuscoli pupazzi.
La gente gli passa accanto, qualcuno gli siede vicino, ma nessuno lo vede realmente.
Fin da quando era bambino, si è sempre sentito un fantasma, quasi come fosse un soprammobile, di quelli inutili lasciati in un angolo dimenticato, a prendere polvere. Un niente in mezzo a… tutto. Persino con la sua famiglia si è sempre sentito nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Tutto ciò che aveva allora, erano i suoi occhi, che si lasciavano ammaliare e  incantare da tutto ciò che catturavano. E quel paio d’occhi sono ancora la sola cosa che gli sia rimasta.
Per questo motivo gli piace abbandonarsi spesso in luoghi affollati, magari in una posizione in disparte che gli possa permettere di analizzare tutto ciò che il suo sguardo incrocia senza essere d’intralcio. Perché guardare è facile: tutti lo fanno, sfiorando appena la superficie delle cose con due occhietti grigi e spenti; vedere è tutta un’altra cosa.
James vede.
James ama frugare al di là dell’apparenza. Ama soffermarsi, analizzare, comprendere, affascinarsi.
È sempre stato così tristemente messo da parte da sviluppare un odio profondo verso l’indifferenza, verso l’ignoranza. Lui non è così. Lui no, non è come gli altri, proprio perché, a differenza della maggioranza della gente, lui non ha altro modo per capire il mondo se non con gli occhi.
Lui non può sentire il calore di una voce innamorata; non può ascoltare il cinguettio degli uccelli o lo scrosciare delle placide acque del Tamigi. Non sente neanche il rintocco delle campane della cattedrale di St. Paul che, in lontananza, segnano le cinque.
Lui non sente.
Lui non parla.
É sordomuto dalla nascita, e la sua condizione lo ha portato ad affidarsi solo all’acutezza del suo sguardo di smeraldo. Le sue pupille amano per lui, capiscono per lui.
Vivono per lui.
Si alza e s’incammina verso Piccadilly. Troverà sicuramente un altro luogo in cui fermarsi, dal quale osservare la città pulsante.
La sua mente non è altro che un rullino infinito. Le sue iridi verdi, screziate da delicate pagliuzze dorate, sono l’obiettivo con il quale fermare e custodire gli innumerevoli scatti di una vita che con lui è stata poco generosa; gli infiniti doni che solo uno come lui è in grado di apprezzare fino in fondo. Qualcosa che forse, se avesse potuto sentire, non sarebbe riuscito a capire.
   
 
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