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Autore: Liberty89    05/07/2013    1 recensioni
-Allora…- riprese l’altro, cercando di incrociare il suo sguardo sotto il cappuccio. -…posso chiederti da dove vieni? Sono curioso.-
-Vanitas!- lo sgridò il biondino, avvicinandosi con le mani sui fianchi. -Ma ti sembrano domande da fare? Scusalo, a volte sa essere un vero maleducato.-
-Oh, quanto rompi! La mia era solo curiosità, non hai clienti da servire?-
-No, Roxas sta riordinando i tavoli che si sono appena liberati.- replicò, facendo suonare un campanello nella mente della custode.
-Roxas? Non staranno mica parlando del Nobody di Sora?- pensò, osservandoli bisticciare per qualche altro secondo, prima di intervenire. -Non litigate a causa mia.- s’intromise, ritrovandosi sotto i loro sguardi incuriositi. -Se ti fa piacere saperlo, vengo da lontano. Molto lontano.- disse per poi sorseggiare la sua bibita in tutta tranquillità, poiché ormai era quasi certa di essere finita in un universo decisamente diverso dal suo.
Come ci fosse finita, era ancora da capire.

Delirante cross-over tra la mia fic "Sclero di una notte di mezza estate" e il Loonyverso.
Genere: Comico, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo personaggio, Riku
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sclero di una notte di mezza estate'
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Titolo: Tramonto a zonzo nel meriggio lunatico
Autore: Liberty89
Genere: Comico-Demenziale, Sentimentale
Rating: Verde
Personaggi: Jessie (OC), Quina, Ursula, Ottoperotto (OC), Loony (OC), Sigmund Freud, Voce Fuori Campo (OC), Liberty89 (OC), Riku (quindicenne e diciannovenne), Sora, Roxas, Ventus e Vanitas (tutti quattordicenni), Xaldin, Marluxia, Soruccio (OC), darkroxas92 (OC), Nyxenhaal89 (OC), vul95 (OC), Oma Desala, Colui che È/Sommo Capo, la Superiora, Suor Nausicaa.
Avvertimenti: Cross-over tra la fic “Sclero di una notte di mezza estate” e il Loonyverso, ambientazione tipica delle fan fiction di Ottoperotto, Spoiler a tratti se non avete letto la fic “Sclero di una notte di mezza estate”, possibile OOC.
Note dell’autrice: Salve a tutti! Sì, alla fine ho scritto anche qualcosa del genere… un delirante cross-over tra la mia grande epopea, “Sclero di una notte di mezza estate” e il Loonyverso! Vi dirò è il mio sogno da eoni e quindi eccomi qui! Ringrazio immediatamente tutti coloro che mi hanno seguita nella stesura di questa follia, Ottoperotto e Darky che sono stati una fonte inesauribile di aiuto e suggerimenti di volta in volta per migliorare quanto avevo già scritto o dovevo ancora inserire. E poi… boh, sono contenta di averla finita, ma anche un po’ dispiaciuta, mi stavo divertendo un sacco a scriverla e vi confesso che doveva venire molto più corta e “semplice” di così x3 Spero che vi piaccia e che vi faccia sorridere :3 Buona lettura!

Disclaimer: i personaggi di questa fic, esclusa Jessie, non mi appartengono e la fic non è stata scritta a scopo di lucro.



Tramonto a zonzo nel meriggio lunatico


Uscì dal varco di luce, tranquilla e con passo ampio, bloccandosi l’istante seguente e guardandosi tutt’attorno con un sopracciglio inarcato.
-Questa non è la gummiship.- commentò Jessie, facendo per attraversare nuovamente il passaggio, che però, in quel momento, si chiuse come a volersi prendere gioco di lei. -Oh, fantastico. E adesso?-
Sospirò, portandosi le mani ai fianchi e tornando a osservare l’ambiente circostante. Si trovava in un vicolo cieco tra due palazzi alti, con diverse finestre illuminate dalla calda luce artificiale delle lampadine; alzò lo sguardo al cielo, trovandolo buio, privo di stelle, e fin troppo nero per essere un banale sfondo notturno. Oltre il vicolo c’era un largo marciapiede che anticipava un’ampia strada a due corsie, decisamente trafficata per l’ora tarda.
Convinta che stando ferma lì non avrebbe risolto nulla, si avviò per dare un’occhiata in giro e capire quantomeno dove fosse, tuttavia si bloccò, interdetta, quando vide la moltitudine di persone che vagava per i marciapiedi per sbrigare i propri affari tra chiacchiere, urla, risate e… pianti disperati?
Decise di ignorare quella disperazione, quando fu seguita dalle grida di rimprovero di un adulto, probabilmente molto adirato con il pargolo che stava ricevendo una punizione. S’incamminò verso destra, guidata dal proprio istinto, scostando il cappotto e infilando le mani nelle tasche dei jeans, mentre studiava quel mondo bizzarro in cui tutti sembravano a loro agio nonostante il buio opprimente che avevano sopra la testa. Quando, poi, alzò di nuovo lo sguardo verso il cielo, si ritrovò a sgranare gli occhi per l’incredulità, che le impose di fermarsi e restare immobile a fissare ciò che si trovava al di là della catena di edifici che stava fiancheggiando, che prima non aveva potuto scorgere. Immersa in quell’inchiostro nero privo di stelle stava una luna grande e luminosa dalla particolare forma a cuore, e sotto di essa, prendeva posto un’immensa fortezza di colore opaco, uno strano miscuglio di bianco e grigio, che ne rifletteva i pallidi raggi.
-Non è possibile…- mormorò quasi sconvolta, per poi ricordarsi un dettaglio che aveva letto sul diario del Grillo Parlante. -Il Castello dell’Organizzazione XIII sorgeva poco distante da una cittadina con un grande grattacielo…- proseguì, tornando di corsa nel vicolo in cui era sbucata per poi arrampicarsi con dei rapidi balzi sopra il tetto più alto che aveva accanto.
Girò su se stessa come una trottola impazzita finché non scovò l’imponente figura del Grattacielo della Memoria, silente baluardo di quella cittadella che sembrava più viva di quanto avrebbe dovuto essere.
-Ma dove diamine sono finita?- domandò a se stessa, sedendosi a gambe incrociate. -Questo è senza dubbio il mondo dei Nessuno, eppure è diverso da quello di cui ho letto e sentito raccontare…- rifletté. -Cosa posso fare? Non posso di certo piombare dentro la fortezza annunciandomi come custode del keyblade, dato che non so come stanno le cose in questo posto… potrei ricorrere al caro vecchio metodo di raccolta informazioni.- concluse, alzandosi di nuovo in piedi e dirigendosi verso il bordo del tetto, dove prese a guardare la strada, trovando infine l’insegna che aveva visto di sfuggita poco prima.

Nel locale chiamato “A ra Maga e a ra Śtria” c’era la consueta e placida vivacità.
Le due proprietarie sfacchinavano in cucina, annunciando gli ordini pronti con un’allegra parlata dialettale, diversa per ognuna di loro, mentre la coppia di camerieri di turno si muoveva rapida ed efficiente tra i vari tavoli, servendo al meglio i clienti. Al contrario, il ragazzo che stava al bancone era preda della noia, poiché quel giorno si erano fermate nella zona bar solamente due o tre persone.
Sbuffò, passando per l’ennesima volta il panno sul ripiano ligneo per poi dedicarsi svogliatamente all’asciugatura di alcuni bicchieri. Ovviamente gli stessi di cinque minuti prima che erano stati rilavati per passare il tempo. Finché la campanella della porta non trillò, salvandolo da una morte lenta e tediosa e risvegliando la sua gioia, nonché una buona dose di curiosità quando posò lo sguardo dorato sul nuovo avventore, che dalle forme, poté dedurre che si trattava di una donna. Una ragazza completamente avvolta in un cappotto nero, privo di maniche, e il volto oscurato dal cappuccio, che mostrava solamente due lunghe ciocche castane.
Nonostante la vista di quel vestiario gli ricordasse fin troppo tutt’altra figura, il ragazzo sapeva di non dover giudicare dalle apparenze, quindi si fece coraggio e ignorò la copertina per dedicarsi al contenuto di quel libro misterioso e pieno di segreti. Si schiarì la voce senza farsi notare e si piazzò in viso il miglior sorriso accattivante di cui era capace, mentre si liberava le mani da straccio e bicchiere.
-Benvenuta.- esordì Vanitas, attirando l’attenzione della visitatrice, che si accomodò su uno sgabello, dopo essersi bloccata davanti all’entrata, come se l’avessero fulminata. -Non mi sembra ti averti mai vista da queste parti, ecco il menù!- aggiunse, porgendole la lista delle bevande e degli snack.
-Grazie.- rispose lei, sfogliando distrattamente le tre pagine di cartoncino colorato.
Al sentire la sua voce, il moro inarcò un sopracciglio, poiché al suo orecchio non suonò nuova e si fece attento quando la castana pronunciò la sua ordinazione.
-Una coca senza limone, grazie.-
-In arrivo!- esclamò lui, voltandosi per prendere un bicchiere alto e preparare quanto gli era stato chiesto, mentre cercava di ricordarsi dove e quando avesse sentito quel timbro vocale.
-Scusa, potresti dirmi che ore sono?- chiese lei, distraendolo dai suoi pensieri.
-Mh?- replicò Vanitas, gettando uno sguardo all’orologio appeso poco sopra la sua testa. -Sono le due di pomeriggio, anche se non si direbbe. Da quando si è rotta la macchina del sole artificiale la settimana scorsa, è difficile tenere conto del tempo che passa.- spiegò.
-È solo perché tu non sei abituato, Vanitas!- affermò una voce proveniente dall’arcata che conduceva alla zona ristorante. -Prima che Vexen costruisse quella macchina siamo sempre stati al buio, sai?-
Il moro sbuffò. -Quanto la fai lunga Ven! Ho solo risposto a una domanda!-
Jessie si voltò verso il nuovo arrivato che aveva fatto un nome a lei conosciuto, ma si pietrificò proprio come quando era entrata nel locale e aveva visto l’aspetto del ragazzo dai capelli neri. Ven, a differenza del barista, oltre a essere vestito normalmente e non con quella che aveva tutta l’aria di essere una tuta da motociclista, aveva due dolci iridi azzurre e una scompigliata matassa di capelli biondo grano, ma molto simile -se non uguale- era il taglio del viso e quello degli occhi. Se poi tutto quanto lo collegava al volto del suo compagno di viaggio, la cosa si faceva assai complessa.
-Ecco la tua coca!- la risvegliò il moro, piazzandole davanti il bicchiere con tanto di cannuccia e ombrellino.
-Grazie mille.-
-Allora…- riprese l’altro, cercando di incrociare il suo sguardo sotto il cappuccio. -…posso chiederti da dove vieni? Sono curioso.-
-Vanitas!- lo sgridò il biondino, avvicinandosi con le mani sui fianchi. -Ma ti sembrano domande da fare? Scusalo, a volte sa essere un vero maleducato.-
-Oh, quanto rompi! La mia era solo curiosità, non hai clienti da servire?-
-No, Roxas sta riordinando i tavoli che si sono appena liberati.- replicò, facendo suonare un campanello nella mente della custode.
-Roxas? Non staranno mica parlando del Nobody di Sora?- pensò, osservandoli bisticciare per qualche altro secondo, prima di intervenire. -Non litigate a causa mia.- s’intromise, ritrovandosi sotto i loro sguardi incuriositi. -Se ti fa piacere saperlo, vengo da lontano. Molto lontano.- disse per poi sorseggiare la sua bibita in tutta tranquillità, poiché ormai era quasi certa di essere finita in un universo decisamente diverso dal suo.
Come ci fosse finita, era ancora da capire.
-Liberty?- domandò Ven dopo qualche istante di silenzio, guardandola con un sopracciglio inarcato.
-Prego?- ribatté lei con cauta indifferenza.
-Ecco dove avevo già sentito la sua voce!- esclamò la fotocopia in nero di Sora, guadagnandosi un’occhiata dubbiosa della castana. -Liberty, che ci fai combinata così?-
-Scusate, chi sarebbe questa Liberty?- chiese Jessie di rimando, causando un altro momento d’imbarazzante e teso silenzio.
-Dai non scherzare!- fece divertito Vanitas. -A quale tuss mannaro stai dando la caccia stavolta?-
-Credo che mi stiate confondendo con qualcun altro.- rispose algida, iniziando a innervosirsi.
-Facci vedere il tuo viso allora! Vedremo se sei Liberty oppure no!- sbuffò seccato lui, rabbrividendo quando sentì una sorta di ringhio provenire dall’ombra del cappuccio e scambiandosi un’occhiata con l’amico per trovarlo ugualmente semi-sconvolto.
-Contento?- domandò la castana, levandosi il cappuccio e rivelando il proprio viso contratto in un’espressione scocciata e sulla via della rabbia. -Io mi chiamo Jessie, non Liberty, chiaro?-
Le iridi color nocciola della ragazza, infuocate di nervosismo, inchiodarono i due sul posto, zittendoli, come se avessero appena ricevuto una batosta che li aveva conficcati nel terreno, lasciandoli confusi e storditi.
-Vado a chiamare Roxas.- affermò il biondo, scattando nella zona ristorante.
-Io, invece, chiamo Quina e Ursula, magari loro ci capiscono qualcosa.- sospirò il ragazzo con la tuta, premendo un pulsante che stava nel ripiano basso del bancone.
Passarono pochi istanti e Ven fece ritorno con un ragazzo del tutto identico a lui, fatta eccezione per gli abiti e un fattore importante che la keyblader percepì immediatamente: egli non aveva un cuore. Si studiarono a vicenda per qualche secondo, finché dallo stesso arco da cui erano arrivati i due biondi, non spuntarono altre due persone. La prima, alta almeno un metro e settanta, indossava un lungo abito color rosa antico coperto sul busto da un’ampia giacca di una tonalità più scura, e sul petto teneva una sorta di pettorina azzurra, mentre sul capo portava un grande cappello da chef provvisto di due “code”, che cadevano in avanti. La cosa più strana però, era il suo viso dalla pelle tinta di un rosa così pallido da sembrare bianco, su cui spiccavano gli occhi rossi dalla pupilla candida, simili a una stella stilizzata a quattro punte, e la sua lingua, che penzolava fino all’addome.
La seconda creatura si presentò come una donna-polpo, dalla pelle violacea sul busto femminile, incoronato da una chioma bianca avvolta all’insù, ma completamente nera sulla parte inferiore del corpo, provvisto di sei tentacoli sinuosi e scattanti come serpenti. Il suo aspetto, tuttavia, non colpì più di tanto la custode del Tramonto, poiché in lei riconobbe immediatamente Ursula, la terribile strega di Atlantica, che Sora, Paperino e Pippo avevano affrontato più di una volta, stando a quanto aveva letto sul diario del Grillo. Invece, l’altra creatura doveva per forza trattarsi di quella che il moro aveva chiamato Quina.
-Liberty?- chiese infine il numero XIII dell’Organizzazione, guardando la ragazza con occhio critico. -Perché ti sei combinata come darkroxas92?-
-Certo che avete tutti un’estrema fantasia.- commentò lei con sarcasmo. -In tre mi avete chiesto quasi la stessa cosa. Sarà perché vi somigliate? Comunque, vi ripeto che non so chi sia questa Liberty di cui parlate. Tantomeno questo tizio… darkroxas92…-
-Sa cha suceed, chi?*- domandò la cecaelia l’attimo dopo, con un accento del tutto estraneo alle orecchie della castana, inarcando un sopracciglio e fissando i tre.
-È per questo che vi abbiamo chiamate.- intervenne Vanitas. -Questa ragazza dice di non essere Liberty, ma è la sua fotocopia sputata!- esclamò. -Ok, io non dovrei parlare e nemmeno loro.- proseguì, accennando ai due biondini. -Ma forse voi due che v’intendete di magie e sortilegi riuscite a capire che cos’ha, se è lei… mentre se non lo è…- disse, lasciando la frase in sospeso, poiché nemmeno lui sapeva come concluderla.
-Bhé, 'a modo pe' sapé s'èllei, 'a nostra Libberty, ce starebbe.*- affermò Quina, attirando l’attenzione su di sé, compresa quella di Jessie che riuscì a capire almeno il senso della sua frase in romanesco.
-Ta set dree pensaa quel cha pensi mii?*- le chiese la piovra, ottenendo un assenso.
-Nun ce resta che pregà!*- esclamò, muovendosi dietro il bancone per recuperare un grosso libro, molto simile a un gigantesco elenco del telefono con scritto a caratteri cubitali “Almanacco delle Preghiere per Divinità”. -È r'urtima edizzione, quinni a dovrebbe starce anche 'a nova preghiera pe' Libberty.*- aggiunse, posandolo sul ripiano e sfogliandolo fino a raggiungere la metà della lettera L. -Allora… Lakshmi… Laran, Lei Gong… Liber e Liberty89! Eccola accà!*- esclamò la cuoca, passando il voluminoso elenco al ragazzo in tuta.
-Una preghiera in latino?- fece lui. -Il latino è pane per Ven.- continuò, prendendo il suddetto per un polso e tirandolo davanti al bancone.
-D’accordo, ci penso io.- sospirò il biondo, prima di schiarirsi la voce.

Salve, Libertas, Domina vaccinae,
Salus ferinarum tergarum nostrarum, salve.
Ad te clamamus, inverecundi filii Matris,
Ad te exululamus, gementes et flentes,
in hac rubrarum natium valle…

La castana inarcò un sopracciglio, dubbiosa e chiedendosi se la stessero prendendo per i fondelli. -Farò finta di non star capendo niente di quello che stai recitando.-
Ven arrossì, chiudendo gli occhi per un attimo. -Non l’ho inventata io.- borbottò al limite della vergogna, prima di riprendere la lettura.

Eia ergo, consolatrix nostra, illos tuos
maestos oculos non ad coelum converte.
Et auxilium tuum, ante quam plenilunium cooriatur
et nos in pestiferas feras vertet, dona nobis.
O patiens, o benevola, o plena irae Licachentrechium Dea.

Dopo la pronuncia dell’ultima frase, il silenzio calò sovrano nel locale, dove le proprietarie e i loro camerieri si guardavano continuamente attorno, come in attesa di qualcuno. Jessie li imitò per un attimo, gettando lo sguardo a destra e a manca, dopodiché posò le mani aperte sul bancone e si alzò dallo sgabello, dando le spalle ai presenti.
-Se avete finito con le vostre pagliacciate me ne andrei.- esordì, prendendo i lembi del cappuccio per riportarselo sul capo. -Potete pure pensare che io sia questa Liberty o chiunque altro, ma non mi farete perdere altro tempo.-
-No, aspetta!- esclamò Vanitas, allungando un braccio per stringerle il polso sinistro e guadagnandosi un’occhiata furente e ben poco amichevole.
-Leva immediatamente…- iniziò, interrompendosi al brillare improvviso di una luce accecante, comparsa a pochi passi dall’altro lato del bancone.
-Ringrazio chiunque sia stato a invocarmi.- sospirò pesantemente una voce di donna, perfettamente uguale a quella della ragazza vestita di nero, che sgranò le iridi color nocciola, quando ne vide la proprietaria.
Una donna coperta da una veste candida, ora piena di strappi e impronte fangose di zampe, con i capelli castani scarmigliati oltre ogni dire e il volto identico a quello della misteriosa giovane arrivata da chissà dove.
-…Liberty?- asserì la piovra, guardandola preoccupata da capo a piedi. -Se cha t'è suceduu?*-
-Oh, Ursula, ciao.- rispose la divinità, sedendosi su uno sgabello. -Rassicurazione di gruppo ai cuccioli di licantropo nella Categoria Twilight per il vaccino anti-rabbia… Non fatemi dire altro.- spiegò, passandosi una mano sul viso stravolto. -Ma veniamo a noi.- proseguì, schioccando le dita per rimettersi in ordine l’abito e i capelli, che si acconciarono in una lunga treccia. -Chi è stato a recitare la mia preghiera?- chiese, passando lo sguardo sui ragazzi che stavano dall’altro lato del ripiano del bar. -Roxas, Ventus, Vanitas oppure… per tutti i vaccini! Che cosa…?- pronunciò incredula e stupefatta, scattando in piedi, di fronte a quella che si era rivelata essere la sua gemella in corpo mortale.
Le due donne si fissarono negli occhi, scoprendoli identici nel loro color nocciola.
-Quindi sei tu la famosa Liberty con cui mi hanno confusa finora.- constatò Jessie, liberandosi dalla presa del moro. -Comprensibile, in effetti siamo due gocce d’acqua.-
-Posso sapere chi sei? E da quale Categoria sei uscita?- domandò la Dea.
-Mi chiamo Jessie e non ho idea di cosa sia una Categoria.- disse, incrociando le braccia e sentendo la pazienza ormai agli sgoccioli. -Credo a malapena di sapere dove mi trovo.-
-Che sia l’ennesimo scherzo dell’Autore?- chiese Roxas alla divinità, dopo qualche istante di mutismo collettivo.
-Non mi pare che ci fossero programmi del genere in lista.-
-Sentite.- intervenne algida la ragazza. -Sono entrata in questo posto per raccogliere informazioni su dove mi trovo e speravo di farlo senza sollevare un polverone. Dato che il mio piano è saltato, ora mi farete il piacere di rispondere alle mie domande.- proseguì, puntando il proprio sguardo su tutti. -Se non avete le risposte che voglio, andrò a cercarle altrove.-
-E se non volessimo risponderti?- fece Vanitas, guadagnandosi la punta di un’arma puntata al collo.
-Il fatto che siete dei ragazzini non vi salverà. Ci metto pochi secondi a radere al suolo tutto quanto.- informò Jessie, con voce seria, stringendo la mano sull’elsa della Via del Tramonto.
-Un keyblade?!- gridarono tutti, facendo un passo indietro.
-Ma si può sapere chi- tentò di dire Ventus, sbiancando e zittendosi all’istante quando vide comparire una sfera di fuoco accanto alla custode.
-Non t’azzardare a domandarmelo un’altra volta, o non rispondo più delle mie azioni.-
-Ehm…- intervenne Liberty, deglutendo. -Non agitiamoci, ok? Cosa vuoi sapere?-
-Che posto è questo?- rispose lei, accogliendo con piacere la collaborazione della sua controparte. -Per quello che so è il mondo in cui i Nobody avevano la loro base, ma è completamente diverso da quello che conosco io.-
-Bè, questo è il Mondo che Non Esiste, ma nello specifico ti trovi nella città di Illusiopolis.- disse il numero XIII, sperando di far allontanare quella lama nera dalla gola dell’amico.
-E tu sei davvero Roxas? Il Nobody di Sora?-
L’altro annuì. -Come conosci me e Sora?-
-Di te ho sentito parlare e ho letto tutte le informazioni che sono state raccolte dal Grillo Parlante, ma non ti ho mai visto. Invece, con Sora ci viaggio insieme da qualche settimana.- spiegò con voce calma, senza far svanire né l’arma né il globo fiammeggiante, che ancora galleggiava a poca distanza dalla sua spalla.
-Possiamo escludere che stia parlando del nostro Sora, visto che ieri sera era con me al Castello.- rispose la Chiave del Destino.
-Ah, per quello non preoccuparti, ora ne ho avuto la certezza.- riprese la custode. -Se prima era solo un’ipotesi altamente surreale, ora sono sicura di essere in un altro universo. E non osate chiedermi come ho fatto a finire qui perché non ne ho idea.- li anticipò, vedendoli aprire la bocca. -Quindi non sto nemmeno a chiedere come e, soprattutto, perché Roxas si trovi fuori dal corpo del suo originale.- aggiunse, per poi restare in silenzio a riflettere sul da farsi e lasciando tutti col fiato sospeso.
Fece svanire la sfera infuocata e indietreggiò di un paio di passi in direzione dell’uscita. -D’accordo, credo che voi non possiate dirmi altro di utile.-
-Aspetta!- esclamò Ventus. -Forse possiamo-
-Crisantemo di una passiflora vallesana! Cosa cactus sta succedendo qui?!- urlò una nuova voce, coprendo lo scampanellio della porta del locale e attirando gli occhi di ogni presente.
Jessie osservò il ragazzo appena entrato, probabilmente suo coetaneo, vestito con dei semplici pantaloni scuri e una camicia blu, coperta da un impermeabile in corredo con il cappello a falda larga che portava. Al di sotto di esso stavano delle ciocche castane, collegate a una morbida barba e raccolte in un lungo codino che ondeggiava alle sue spalle, e una coppia di iridi marroni e vivaci coperte da un paio di occhiali, che scrutarono l’intero ambiente, accendendosi di sorpresa a ogni spostamento.
-Tuss, vorrei una spiegazione sul perché ho davanti la seguente scena: la fotocopia di Liberty89…- esordì, facendo un cenno alla Dea, che ricambiò il saluto con un sorriso tirato. -…che tiene Vanitas sotto tiro con un keyblade che non ho mai visto. E gradirei la versione ultra ridotta!- concluse, avanzando lentamente.
-Bè, Otto, credo di poterti dare solo quella…- ridacchiò il moro, grattandosi la guancia con l’indice. -Vedi, lei è…-
-È così evidente!- esclamò una voce allegra, alle spalle della ragazza, interrompendo il discorso di Vanitas. -Una custode del keyblade proveniente da un altro universo!- aggiunse, mentre Jessie si voltava verso l’ennesima comparsa con gli occhi sgranati per lo stupore, che crebbe ancora di più quando lo vide identico al ragazzo chiamato Otto, tranne per l’essere completamente vestito di bianco e il non portare gli occhiali.
La keyblader, però, abbandonò presto la sorpresa e lasciò svanire la propria arma per afferrare il tale per le spalle, dopodiché lo superò con un salto, trascinandolo con sé e sbattendolo a terra. Non diede a nessuno il tempo di dire o fare qualcosa perché richiamò immediatamente due sfere fiammeggianti e la Via del Tramonto nella mano destra, puntandola verso il suo prigioniero.
-Mi sono stancata di questo gioco dei doppioni.- dichiarò furente.
-Ah, mademoiselle, che fervore!- esclamò il ragazzo steso a terra, schioccandole un bacio da lontano.
-E tu…- sibilò la castana, fissandolo quasi a distanza zero con gli occhi ridotti a fessure. -…chi sei? Come diamine hai fatto ad arrivarmi alle spalle senza che me ne accorgessi?-
-Uhm… potrei dirti che sono l’Emanazione dell’Autore preposta al regno della Non Esistenza venuto all’Esistenza e, per tanto, sciroppato come una pesca… oppure…- spiegò il ragazzo steso a terra, interrompendosi un istante e ricambiando senza problemi lo sguardo della custode, che non avrebbe mai saputo dire come, si ritrovò in piedi, avvinghiata a quel tizio con le rotelle fuori posto. -Sono un ballerino di tango!- esclamò infine, recuperando una rosa da chissà dove e stringendola tra i denti, mentre donava occhiate maliziose alla ragazza, che confusa più che mai non riuscì a fare altro se non seguirlo nei rapidi passi di un tango che terminarono con un perfetto casquet. -Una parola e sono tuo, chérie.-
Jessie sbatté le palpebre un paio di volte per riprendersi da quei movimentati secondi e rinunciando a priori a capire come aveva fatto a finire in quella situazione, dopodiché sorrise con altrettanta malizia al ragazzo vestito di bianco, che il momento seguente si ritrovò a volare dall’altra parte della stanza, impattando prima con il muro e poi con i due globi infuocati. Dall’urto si generarono prima un’esplosione e poi una densa nube di caldo fumo grigio, che fece tossire i presenti, increduli di fronte a una simile scena.
-Credo che questo sia stato troppo pure per Loony…- disse Ventus, fissando preoccupato il polverone.
-Tu dici?- replicò Roxas, poco convinto.

Fiamme! Fiamme! Fiamme-fiamme-fià!
Fiamme! Fiamme! Fiamme-fiamme-fià!
Fuochino lì, fuochino là!
Fiamme! Fiamme! Fiamme-fiamme-fià!
Fuochino lì, fuochino là!

La voce di Loony giunse chiara e forte dal residuo dell’impatto, come la sua figura assolutamente illesa al calare della nuvola di polvere, cosa che non si poteva dire per la parete colpita che giaceva a terra ridotta in macerie, dando una buona veduta sul vicolo cieco che affiancava il ristorante.
-Non è possibile…- balbettò la keyblader, armandosi nuovamente. -…come ha fatto a salvarsi dalle mie fiamme?-
Il ragazzo sbuffò un po’ di fumo, come se avesse una pipa tra le labbra, e gli diede una forma che ricordava vagamente un fondoschiena. -Uh, focosa la ragazza… mi piace!- decretò, cercando di riavvicinarsi.
-Stai lontano da me, maledetto!- sbottò Jessie, mettendosi in posizione di guardia ed evocando un’altra sfera crepitante, che si modellò prendendo le fattezze di un serpente che sibilò contro ogni presente.
La scena sembrò congelarsi per un lungo istante. Meravigliati di fronte a una simile prodezza in campo magico, gli abitanti di quel bizzarro mondo sgranarono gli occhi, chiedendosi cos’altro potesse nascondere quella custode arrivata da un luogo sconosciuto, ma soprattutto, si domandarono come avrebbe reagito il loro amico a quelle parole ricolme di astio. Reazione che non si fece attendere un secondo di più.
-Buaaaahhhh!- gridò Loony, scoppiando a piangere per poi correre tra le braccia del suo gemello. -Otto! Mi ha trattato male!- si sfogò, singhiozzando. -E io che le avevo portato anche una sorpresa!- aggiunse, ottenendo otto sguardi dubbiosi. -È cattiva! Buaaahhh!-
-Una sorpresa? Ma di che parli?- domandò l’altro, cercando di calmare quella che era diventata una fontana vivente. -Su, Loony… non fare così…-
-Ehi capo!- intervenne l’ennesimo nuovo arrivato, attirando l’attenzione di ogni presente.
-Oh, Sigmund! Alla buon’ora!- si lamentò il ragazzo ancora abbracciato dal proprio doppio, voltandosi verso l’uomo appena giunto, che Jessie giudicò decisamente troppo pallido per essere definito vivo, rivelando di essere seguito da altre persone.
All’improvviso il lunatico si riprese dal suo pianto inconsolabile e si allontanò di un passo dal suo gemello, prendendo a canticchiare.

E viene un signore,
che fu di Pribor,
che sprechen deutch,

che fuma sigari,
che sul divano
con molto garbo

la psiche studia,
che dice spesso,
che tutto è sesso

Che a Vienna il Magister trovò.

-Miserere nobis Branduardi…- aggiunse Otto con un tic nervoso all’occhio sinistro.
-Sempre che ti lamenti, Otto! Inizi a somigliare a Vexen, sarà mica l’età che avanza?- replicò una bellissima donna incorporea al pari di un fantasma. -Abbiamo fatto il prima possibile, considerando che non sapevamo nemmeno dove andare ci abbiamo messo anche poco!-
Otto inghiottì un’imprecazione floreale. -Poi facciamo i conti Voce! Almeno l’avete trovato?! La situazione qui è abbastanza complicata, non so perché Loony insistesse tanto, ma spero che serva a qualcosa!- ribatté, indicando avanti a sé.
-Santo cielo… ma dove accidenti sono finita?- pensò la custode del Tramonto, guardando i personaggi appena giunti. -Quanta altra gente salterà fuori?-
-Ehi! Ma quello è un keyblade!- esclamarono i due, notando solo in quel momento la ragazza che si trovava al centro della stanza semi-devastata, circondata da un serpente di fiamme.
-Un keyblade? Dove?- domandarono altre due voci maschili, anticipando i loro proprietari, che si fecero largo tra i quattro adulti.
-Sora! Riku!- chiamarono i tre ragazzi dall’altro lato del bancone.
-Riku?- ripeté la castana, attirando gli sguardi di tutti i presenti, mentre lei studiava rapidamente i nuovi giunti che aveva di fronte, trovandoli quasi identici ai suoi compagni di viaggio tranne per l’età, che era evidentemente inferiore di qualche anno.
-Liberty?- dissero all’unisono il castano e l’argenteo con un sopracciglio inarcato.
-Io, veramente, sarei qui…- fece la divinità, salutando i due con la mano.
-Ma se tu sei lì, questa chi è?- chiese Sora, indicando prima l’una e poi l’altra donna. -E perché ha un keyblade in mano?-
-Certo che siete duri di comprendonio!- s’intromise ancora una volta Loony. -Lei non è Liberty! Si chiama Jessie, è una custode e viene da un altro universo!- spiegò con tono categorico. -E l’unico che può salvarci dalla sua ira funesta è il Pelide Achille!- aggiunse con fare drammatico, portandosi una mano al petto.
-Ma che sta dicendo?- chiese Vanitas dopo qualche secondo, portandosi una mano alla testa.
-Se avessi un munny per ogni volta che mi sono posto questa domanda, probabilmente sarei ricco sfondato, tuss.- rispose Otto con un sospiro. -Loony, chi sarebbe Achille?-
L’interpellato lo guardò come se avesse appena sentito la più grossa delle eresie. -Quanta ignoranza! Achille è il protagonista dell’Iliade di Omero, soprannominato piè rapido o veloce…- iniziò con fare dottrinale.
-Intendevo in questa stanza!- esplose il ragazzo con l’impermeabile, indicando il pavimento.
-Ah, ma potevi dirlo subito! Sempre a farmi perdere tempo!- esclamò lui offeso, posando una mano sulla spalla dell’argenteo. -Ovviamente sto parlando di Riku! La mia sorpresa per la nostra ospite!-
-Io? Perché?- chiese curioso il ragazzo, con un sopracciglio inarcato.
-È molto semplice: nell’universo da cui proviene, questa bella fanciulla è fidanzata con te!- rivelò, zittendo i presenti che iniziarono a far scattare lo sguardo dal loro amico, arrossito per l’imbarazzo, alla custode, che aveva lasciato svanire la sua creatura fatta di fiamme.
-Come fai a sapere queste cose?- domandò lei, spostando appena i piedi, mascherando il movimento come un riflesso al nervosismo.
Il pazzo sorrise, diventando improvvisamente e inquietantemente serio, cosa che parve stupire i suoi amici. -Io so tante cose, soprattutto quelle che ancora devono accadere, che quindi non esistono… ma non posso di certo rivelarle tutte.-
Quella frase sibillina provocò un brivido di gelo alla schiena della castana, che inchiodò le iridi nocciola in quelle marroni di quel personaggio tanto instabile.
-Sai anche come ho fatto ad arrivare qui? E perché?-
-No.- sentenziò freddamente. -Ma so che troverai il modo per tornare da dove vieni.-
Gli occhi della ragazza si assottigliarono come quelli di un gatto pronto ad assalire la sua preda. -Sappi che se mi stai prendendo in giro te la farò pagare cara.-
-Non avevo alcun dubbio, so bene di cosa sei capace.- disse Loony senza abbandonare il proprio sorriso. -E so anche cos’hai in mente di fare.- aggiunse, lasciandola interdetta. -Credo che non sia una mossa sbagliata, ora come ora, ma ti sconsiglio di usare l’altra chiave, potrebbe rivelarsi pericoloso per te.-
A quelle parole, Jessie vacillò, sentendo la mano sinistra prudere e pulsare. Deglutì, dandole un’occhiata impercettibile, prima di tornare a guardare quello strano ed enigmatico personaggio e poi quel Riku così diverso da quello a cui era intimamente legata, ma anche così simile, che ora la fissava con i suoi occhi acquamarina, grandi e spalancati per un motivo a lei sconosciuto. O forse, anche lui percepiva la sua natura di custode e ne era attratto come il suo compagno? Da parte sua, la castana avvertì forte e chiaro il potere della Via per l’Alba, certamente più debole di quello che era abituata ad avere accanto, ma sempre caldo e luminoso.
-Dunque Jessie, cosa vuoi fare?- le chiese il pazzo, risvegliandola dai suoi ragionamenti.
-Mi hai detto che sai che tornerò da dove vengo… ma immagino che non mi dirai come farò, ho ragione?-
-Risposta esatta.-
-Allora non abbiamo più nulla da dirci. Troverò altrove le mie risposte.- affermò, piegando le ginocchia e mettendosi in posizione di scatto.
-Ehi no, aspetta!- intervenne il gemello di Loony. -Non vorrai mica andartene dopo aver tirato su questo macello?!-
Lei ghignò, mettendosi il cappuccio sulla testa, che le coprì parte del viso. -Non era nelle mie intenzioni fare tanto chiasso, di solito sono una persona che passa inosservata e in questo posto così buio non dovrebbe venirmi troppo difficile.- spiegò, per poi scattare verso la parte crollata della parete e fuggire verso l’interno del vicolo. -Addio!-
I presenti si catapultarono a seguirla, convinti che non sarebbe andata lontana visto che quella era una strada chiusa, ma quando giunsero all’esterno rimasero sorpresi nel non trovare alcuna traccia di quella misteriosa keyblader.
-Ma… dov’è finita?- domandò Liberty, incredula.
-Lo sapevo che dovevo fermarla in qualche modo!- sbuffò il ragazzo con l’impermeabile.
-Non ci saresti riuscito per molto tempo, Ottoperotto, sarebbe stato come tenere una tigre in una gabbia troppo piccola.- spiegò Loony, ancora all’interno del locale affiancato da Riku, che teneva lo sguardo puntato sul pavimento, perso in un intreccio di pensieri.
-Sai che sei inquietante quando fai così?- ribatté l’altro, rientrando.
-Così come?- chiese confuso.
-Quando fai il serio, sei inquietante.-
-Ma io non ho fatto niente! Buaaaahhhh!- urlò Loony, scoppiando di nuovo a piangere. -Siete tutti cattivi con me!-
Sospirando sconsolato, Otto capì che il momento di profonda e rara serietà del suo buffo gemello era finito. -D’accordo non importa, non piangere.-
-E chi sta piangendo?- fece l’altro, usando una pistola ad acqua per lavargli il viso. -Buon ferragosto!- augurò prima di mettersi a girare in tondo, cantando un’allegra canzoncina.
-Io sto cercando di trattenermi dal piangere…- mormorò tra i denti il ragazzo, prendendo un fazzoletto dalla tasca per asciugarsi. -Ora, tuss, spiegatemi bene cos’è successo con la versione lunga e dettagliata, per favore. Quella striminzita di Loony non è stata sufficiente.-

-Capisco, quindi è proprio arrivata così di punto in bianco…- riassunse Ottoperotto a spiegazione ultimata, facendosi pensieroso esattamente come il custode della Catena Regale, che attirò lo sguardo di Roxas.
-A che pensi?- gli domandò il suo gemello Nobody.
-Al suo keyblade…- mormorò Sora, con le braccia incrociate sul petto.
-E a quello che non ha mostrato.- intervenne il ragazzo dai capelli argentei, attirando l’attenzione generale. -Ricordate? Loony le ha consigliato di non usare “l’altra chiave”.- aggiunse, per poi guardare il suddetto personaggio, ora impegnato a fare delle costruzioni con le macerie del muro. -In ogni caso…- riprese. -…il suo keyblade, quello che abbiamo visto, aveva un’aura strana, ve ne siete accorti?- chiese, guardando tutta la cerchia di presenti, che gli rispose con un assordante concerto di grilli. -Immagino di no…-
-Cosa intendi?- domandò, invece, Vanitas incuriosito.
-Non so spiegartelo con precisione… mi ha dato una sensazione insolita ma familiare…- disse lui, portandosi una mano al mento. -Era molto simile a…-
-A quella che avverti quando impugni la Via per l’Alba! Ovvio!- esclamò il lunatico, comparendo al suo fianco all’improvviso e facendo sobbalzare tutto il gruppo per lo spavento.
-Non mi abituerò mai a queste comparse… Cosa intendi dire?- chiese Ventus, con una mano sul petto, che ancora non aveva riacquistato un normale ritmo.
Loony sbuffò. -Certo che siete dei tardoni! Bisogna sempre spiegarvi tutto!- rispose, appoggiandosi con nonchalance alla spalla dell’argenteo. -Jessie è la custode della Via del Tramonto, il tuo esatto opposto.- spiegò, risollevandosi e assumendo una posa da teatro drammatico. -Se tu sei l’acqua, lei è il fuoco! Se tu sei il bianco, lei è il nero! Tu sei Mozart, lei è Salieri! Tu sei Madre Teresa di Calcutta, lei è Tomás De Torquemada!-
-Ecco questa poteva evitarla…- commentò Sora, coprendosi il viso con una mano.
L’altro riprese la sua serie di esempi come se non l’avesse sentito. -Se tu sei l’ultimissima puntata dell’ultimissima serie d’un telefilm ad alta tensione, lei le interruzioni pubblicitarie!-
-Uh, questa è proprio insopportabile!- intervenne Voce Fuori Campo con un grugnito.
-Tu sei il concerto andato a vedere sgattaiolando dalla finestra disobbedendo al tassativo ordine genitoriale di restare in camera tua, lei è il suddetto parente che ti aspetta al varco con una cintura di pelle dell’ottantaquattro doppia in mano!- affermò, facendo gemere i cinque ragazzi presenti, che si portarono una mano sul fondoschiena. -Se tu sei l’Italia, lei è il Governo italiano!-
-Ok, questa rende abbastanza l’idea, Loony…- sospirò Otto.
-E infine… se tu sei colui che porta alla Luce, lei è la custode che conduce all’Oscurità!- sentenziò, mentre dietro di lui rimbombavano tuoni e si scatenavano brillanti fulmini usciti dal nulla. -Detto questo, volete una miniatura della Torre Eiffel?- domandò, porgendo al gruppo una piccola riproduzione della torre francese fatta con le macerie del muro crollato.
-…ma questa rende ancora meglio.- riprese il gemello del pazzo, ignorando l’ultima frase. -Riku, tralasciando tante voci dello strambo elenco fatto da Loony, l’ultimo esempio può descrivere al meglio la sensazione che hai avuto?-
Il giovane annuì. -Direi di sì, però…-
-Però?- chiese Ventus, piegando la testa da un lato.
-No, niente…- sospirò, chiudendo un attimo gli occhi, prima di essere attirato da una piccola risata. -Liberty? Perché ridi?-
-Sei incredibile, lo sai?- replicò la Dea, posandogli una mano sul capo. -Pare che le cose dette da Loony poco fa non siano assurde come quelle che ci rifila di solito.- proseguì. -Nel suo universo, quella ragazza è molto legata al suo Riku, per la faccenda della Luce e dell’Oscurità, ma anche per altri motivi. Per quanto riguarda noi, fino a poco tempo fa, io ero la tua Dea protettrice, quindi anche noi avevamo un certo legame.-
-E quindi?- chiese lui, non comprendendo dove volesse arrivare la divinità.
-Quindi ti conosco abbastanza per affermare di aver capito a cosa sia dovuto quel “però”. Vai a cercarla e parla con lei, io confido in quello che ha detto Loony: solo tu puoi fare qualcosa per lei. Prima la tua presenza le ha impedito di ridurre tutto in cenere…-
-Fiamme! Fiamme! Fiamme-fiamme-fià!- canticchiò il pazzo vestito di bianco, mentre si dedicava alla costruzione di un Partenone in miniatura.
-Per l’appunto…- fece la Dea con un tic all’occhio destro. -Trovala e parlale, forse grazie a te riuscirà a scoprire come tornare a casa sua senza andare a bussare chissà dove e ottenere un risultato simile o peggiore a quello che ha avuto qui al locale.- spiegò ancora, trovando assensi anche negli altri adulti del gruppo.
-Liberty ha ragione.- intervenne Ottoperotto. -Stavolta, Loony ha tirato fuori una personalità inquietante ma utile.- disse, voltandosi verso l’interessato che all’improvviso era comparso al suo fianco. -Crisantemo…!-
-Quando mai sono stato inquietante, soldato Tabellina?!- urlò rabbioso il lunatico. -Ti stai forse beffando di me, soldato Tabellina? Del Sergente Maggiore Loonyrtman?!- blaterò poi, in perfetto stile militaresco. -Esegui immediatamente cento flessioni, non una di meno, razza di scarto di una radice cubica! Hai due minuti elevati a potenza uno per farle! Marsch!-
-Ah no! Il Sergente Maggiore Hartman me lo sono sorbito la settimana scorsa!- esclamò Ottoperotto, schioccando le dita.
Al sentire lo schiocco, Loony cambiò totalmente atteggiamento.
Alzò le braccia ad arco sopra la testa, unendo i polpastrelli, dopodiché sollevò la gamba sinistra all’indietro ponendola a novanta gradi con l’altra, e si mise sulle punte, imitando alla perfezione la posa di una figura di danza classica.
-Un, deux, trois! Coraggio fanciulli, fate un bel sorriso!- esclamò facendo due giravolte e mostrando un largo sorriso vagamente terrificante. -Un, deux, trois! Ora andate cari tuss e ricordate le prove di danza: disciplina, rigore e amore!- aggiunse continuando a fare piroette che lo portarono di nuovo verso le macerie del muro. -Un, deux, trois…-
-Questa personalità fa venire i brividi…- commentò Sigmund.
-Mr. Two è sempre stato un personaggio alquanto particolare…- disse Vanitas con una risatina, poco prima che un cercapersone iniziasse a trillare con insistenza.
-È il mio.- annunciò la Dea, prendendo l’apparecchio dalla cintura per leggere chi fosse l’autore della chiamata. -Mh, sembra una cosa urgente… “CR: F.P.P.C.P.P.D.T.U.C.D.T.M.”.-
-Che sta per…?- chiese Voce Fuori Campo con un sopracciglio inarcato.
-“Codice Rosso: Fai Più Presto Che Puoi Prima Di Trovare Una Comunità Di Tuss Mannari”… sembra che ci sia qualcuno non vaccinato che rischia di mannarizzare altri tuss.- tradusse Liberty. -Mi dispiace, ma devo lasciarvi, il dovere mi chiama!- esclamò, posando di nuovo la mano sui capelli di Riku. -Sono sicura che sarai capace di risolvere questo guaio. Quando torno raccontatemi, eh! Bye bye!- aggiunse, prima di scomparire nel nulla diretta chissà dove per compiere il suo lavoro.
-Quinni, che se fa?*- domandò Quina, dopo qualche istante.
-Io voglio seguire il consiglio di Liberty.- rispose con decisione il ragazzo dai capelli argentei.
-Allora cosa stiamo aspettando?- fece Sora con un sorriso. -Andiamo a cercarla!-
-Ma…?-
-Che c’è? Ti aspettavi che dopo tutto quello che è venuto fuori ti lasciassi andare da solo?- replicò il castano allargando il suo sorriso.
-Sono anch’io dei vostri!- esclamò Vanitas, posando le braccia sulle spalle dei due ragazzi biondi. -E scommetto anche questi due.- aggiunse, ottenendo un doppio consenso.
-Bè, tuss, non penserete di lasciarci indietro, vero?- chiese Otto, scompigliando i capelli di Sora, che ridacchiò.
-Forse ci conviene dividerci.- intervenne Sigmund. -Potrebbe essere ovunque e la città è grande.-
-Per una volta il padre della psicanalisi ne ha detta una giusta.- replicò Voce Fuori Campo, guadagnandosi una linguaccia dall’uomo.
-A dire la verità…- s’intromise Riku, arrossendo leggermente. -…io ho una mezza idea di dove possa essere.- rivelò, trovandosi fissato da tutti.
-E ti cuma ta fet a saveel?*- domandò Ursula.
Il ragazzo si grattò la guancia con l’indice. -È una sensazione… come ha detto Loony, lei è il mio opposto, forse è per questo…-
-E dove sarebbe?- domandò il moro a nome di tutti i curiosi.
L’argenteo s’incamminò, uscendo dal vicolo per tornare sul marciapiede. -Laggiù.- disse, indicando l’alto Grattacielo della Memoria.

Perché fosse andata proprio lì non lo sapeva. Semplicemente, aveva seguito il proprio istinto. Non sapendo dove dirigersi per riordinare le idee e progettare la mossa successiva, una volta uscita dal locale aveva rapidamente sfruttato gli appigli della parete per arrivare sul tetto dell’edificio, dopodiché aveva proceduto a piedi, in una corsa abbastanza veloce alternata a dei lunghi balzi per passare di tetto in tetto. Si era poi fermata quando si era ritrovata davanti al silente grattacielo, illuminato dai neon lungo tutti i bordi e dalla luce gialla delle sue finestre. Infine, vi si era avvicinata per poi saltare di davanzale in davanzale, probabilmente facendo spaventare qualcuno perché le era parso di sentire delle urla a un certo punto, per raggiungerne la sommità e osservare la vivace cittadina di Illusiopolis, piena di rumori, odori e illuminata dai raggi della luna a forma di cuore, che ora aveva tutta la sua attenzione.
Le faceva uno strano effetto averla davanti.
Sapeva che esisteva, che era stata l’entità presente dietro quella grande forma a sceglierla tra miliardi di persone per essere una custode, ma guardarla con i propri occhi era tutta un’altra cosa. Soprattutto, perché per lei, era la prima volta che accadeva. Era certa, invece, che i suoi compagni di viaggio avevano già avuto modo di ammirarla, di godere del suo sguardo e riempirsene il proprio.
Sospirò, allacciando le braccia attorno alle gambe, piegate verso il petto, e serrò le palpebre, cercando di non farsi prendere dallo sconforto e di pensare a come levarsi da quella situazione assurda. E mai come in quel momento, sentì la mancanza del suo compagno. Durante quei giorni passati al Castello Disney erano stati sempre l’uno accanto all’altra e il loro legame, già stretto grazie al destino, s’era fatto ancora più saldo.
-Riku…- sussurrò, sgranando gli occhi l’attimo seguente.
Scattò in piedi, girandosi verso il punto a cui aveva dato la schiena fino a poco prima, in allerta. Fissò con sguardo gelido le porte metalliche dell’ascensore che dal pian terreno conduceva fino lì e rimase in attesa di vedere chi ne sarebbe uscito. La campanella trillò e le porte scorsero lentamente, permettendo al passeggero di scendere dall’elevatore. Quando vide il giovanissimo custode dell’Alba un po’ si rilassò, ma non abbassò la guardia neppure per un istante. Il ragazzo si guardò attorno, finché non la vide, sussultando appena, e si avvicinò, deglutendo.
-Eri qui davvero…- mormorò, cercando di incrociare i suoi occhi, nascosti dal cappuccio.
Jessie ghignò. -A quanto pare… come hai fatto a sapere che ero qui?- chiese, pur sapendo cosa l’altro gli avrebbe risposto.
-L’ho sentito…- ammise, arrossendo. -Cioè, ti ho sentita, credo…- farfugliò, passandosi la mano sulla nuca.
-D’accordo, calmati, ho capito.- disse in fretta lei, con voce divertita. -Ho capito cosa intendi, sento esattamente la stessa cosa, solo all’opposto.- continuò, levandosi il cappuccio.
-Ah sì? E cosa senti?- domandò lui, curioso, incrociando finalmente le due iridi color nocciola.
-La freschezza dell’Alba, di una luce che nasce dal buio notturno.- disse con un piccolo sorriso. -Certo, non è come quella che sono abituata a sentire, ma la sostanza c’è tutta.-
-Come? Allora è vero?- replicò il giovane, arrossendo di nuovo.
-Mh? Che sto con il Riku della mia dimensione? Certo.- buttò con nonchalance, tornando a sedersi con il viso rivolto alla luna e posato su un ginocchio. -Per favore, evita di stare lì impalato a fissarmi, mi innervosisci. Vattene oppure vieni qui anche tu.-
Riku deglutì a vuoto, sentendosi come se stesse camminando sui carboni ardenti e il pensiero di non essere troppo lontano dalla realtà lo intimoriva non poco, perché sapeva che quella ragazza avrebbe potuto bruciarlo vivo. Comunque, raccolse tutto il proprio coraggio e le si avvicinò, per poi sederle accanto e osservarla.
Era concentrata, lo sguardo era lontano, rivolto a chissà cosa come i suoi pensieri. Gli occhi semichiusi, circondati dalle ciglia scure, brillavano di una determinazione incredibile e, secondo lui, incrollabile. Il respiro era quieto, come l’alzarsi e l’abbassarsi del suo petto prosperoso, e l’argenteo a quella considerazione arrossì di nuovo. E poi, c’era tutto quel calore. Era un caldo bruciante, che gli ricordava l’orizzonte arso dagli ultimi raggi del crepuscolo, che tingevano di rosso e arancio qualsiasi cosa toccassero, come la tempera che cola su una tela. Sapeva che probabilmente c’era molto di più dietro la sua espressione seria, ma comprese comunque perché un’altra versione di se stesso abbia deciso di avvicinarsi a una simile donna.
E dovette ammetterlo, pure lui, forse, ci avrebbe provato. Forse.
Sussultò quando la sentì sospirare e la guardò con un filo di ansia, mentre si passava una mano sul viso stanco. -Ascolta un po’…-
-Sì, che c’è?- rispose subito con una velocità robotica, facendo scappare una risatina alla custode.
-Ehi, rilassati, non ho di certo intenzione di staccarti la testa.- asserì. -Anche a volerlo, non potrei mai.-
-Gli somiglio così tanto?- chiese Riku di rimando, intuendo il perché delle sue ultime parole.
-Sì e no. D’aspetto siete diversi, lui è più alto, con i capelli lunghi, ma tieni conto che ha sicuramente qualche anno in più rispetto a te.- spiegò. -Quanti anni hai?-
-Quindici.-
-Allora avevo ragione, è più grande di quattro anni.- replicò, guardandolo con occhi dolci. -A parte questo, siete simili nell’animo e nel cuore, ma non uguali.-
-Ti manca?-
-Non immagini quanto.- rispose con un debole sospiro. -Il suo odore, i suoi sorrisi, rari da quel che ho potuto vedere, i suoi abbracci e la sua semplice presenza…- elencò. -Credo di aver sviluppato una sorta di dipendenza…- ridacchiò, guardando il giovane keyblader arrossire per l’ennesima volta. -Voglio tornare indietro, ho bisogno di lui e lui starà dando di matto perché sono sparita.-
-Hai in mente qualcosa?- le domandò, mettendo da parte l’ondata di sentimenti che l’aveva travolto.
-Forse. I tuoi amici parlavano di Vexen prima, se non ho capito male è una sorta di scienziato o inventore, che è riuscito persino a creare una macchina per un sole artificiale.-
L’altro annuì. -Qui al Mondo che Non Esiste è sempre notte, quindi per una volta s’è inventato qualcosa di davvero utile per l’intera comunità.-
-Capisco… a proposito dei tuoi amici…- riprese lei, voltandosi verso l’ascensore. -Potete pure uscire, sapete?- urlò, restando girata finché dall’elevatore non spuntarono i quattro gemelli separati alla nascita. -Tutti quanti.- aggiunse, causando l’uscita dei tre adulti che erano giunti nel locale insieme al pazzo vestito di bianco. -Un’altra cosa che avete in comune: amici impiccioni che origliano e che credono di fare i furbi.- concluse, rivolgendosi a Riku, che trattenne una risatina isterica.
-Ci dispiace, non volevamo origliare.- si scusò Sora. -Non volevamo lasciarlo solo, poteva avere bisogno di noi…- tentò di dire, prima di ritrovarsi le iridi color nocciola a due dita dalle sue.
-Di’ un po’, ti sembro scema o nata ieri?- ribatté algida.
-No, assolutamente…- balbettò il ragazzo, ricevendo uno sguardo severo. -Ok, ammettiamo che eravamo curiosi…-
-Bravo.-
-Ci scusiamo comunque.- intervenne Otto. -E ci scusiamo per non esserci presentati in maniera decente.- proseguì, porgendo la mano destra. -Ottoperotto Magretto, detective del Mondo che Non Esiste e Avatar, è un piacere.-
La keyblader del Tramonto gli strinse la mano, guardandolo con un sopracciglio alzato. -Avatar?-
-Storia lunga, molto lunga.- rispose lui. -Loro, invece, sono i miei assistenti. Sigmund Freud e Voce Fuori Campo.-
-Enchanté.- disse l’uomo, facendole un leggero baciamano.
-No, aspetta… quel Sigmund Freud?- chiese la castana, incredula.
-Proprio lui.- rispose Voce Fuori Campo. -Dovrebbe essere morto e sepolto, ma ci accontentiamo del morto.-
-Grazie Voce, davvero.- replicò l’uomo con sarcasmo.
-Sempre a tua disposizione.-
-State buoni, non diamo spettacolo come al solito, su.- s’intromise il detective. -Invece loro sono Sora, Roxas, Ventus e Vanitas.-
-Piacere tutto nostro!- esclamarono i quattro, sorridendo.
-Bè, il vostro amico pazzoide ha già detto praticamente tutto di me, quindi per quello che vale, io mi chiamo Jessie e sono la custode del Tramonto.- rispose lei. -Mi scuso anch’io, per il mio comportamento. Purtroppo, nel mio mondo ho dovuto imparare a usare le maniere forti… anche quando ho incontrato Riku e gli altri la prima volta ho reagito in maniera violenta…-
-Che hai fatto?- domandò l’argenteo, affiancandola.
-Ho preso Sora alle spalle e gli ho messo il keyblade alla gola, molto peggio di come ho fatto con Vanitas.- disse, guadagnandosi un’occhiata preoccupata da tutti e un muto perché. -Che volete che vi dica? Sarà la loro faccia… e a tal proposito non domanderò nulla, perché ho altri impegni e immagino che sia una spiegazione a dir poco lunga e contorta.-
-Puro Vangelo.- dissero tutti all’unisono.
-Tornando quindi a noi.- esordì Ottoperotto. -Vuoi andare da Vexen e chiedere a lui se può aiutarti a tornare nel tuo universo?-
La ragazza annuì. -L’idea era quella. Nel mio universo siamo alleati, spero che il vostro non mi costringa a usare le minacce.-
-Auguriamoci che sia accomodante e che il Sommo Capo ce la mandi buona.- affermò il detective. -Andiamo al Castello allora.-
-Dovremmo starci tutti quanti sull’ascensore.- disse Roxas. -Tu come sei salita?-
-Ho saltato sui davanzali.- rispose, seguendoli verso l’elevatore. -Sicuri che ci stiamo?- domandò poi, guardando l’interno della cabina di forma cubica.
-Dobbiamo stringerci un po’, ma almeno risparmiamo un viaggio.- asserì Ottoperotto. -Claustrofobica?-
-Nah, sono solo gli ascensori che mi danno un po’ di ansia, ma è controllabile.-
-Perfetto, allora, prima le signore.- aggiunse il ragazzo, invitando le due donne a entrare per prime, subito seguite dall’argenteo che si mise davanti alla custode, dandole la schiena e attirando gli sguardi incuriositi di tutti quanti.
Pressati come sardine in una scatoletta, i membri del gruppo riuscirono a far ripartire l’ascensore, senza che suonasse il campanello per segnalare il peso eccessivo e giunsero rapidamente al pian terreno, attirando le occhiate curiose dei presenti nella hall, quando uscirono in massa. Fu soprattutto la keyblader a procurarsi sguardi indagatori e dubbiosi, visto che tutti là dentro conoscevano il detective e i suoi assistenti, e i cinque ragazzi che li accompagnavano. Tuttavia, il viso della ragazza vestita di nero giunse come nuovo alla loro memoria, e il primo a segnalarlo ad alta voce fu l’uscere del grattacielo, un uomo alto e robusto dai corti capelli scuri e una curata barba sottile, che la fermò proprio davanti alle porte girevoli.
-Scusi signorina, posso sapere da dov’è entrata?- domandò, mettendole la grossa mano destra sulla spalla e guadagnandosi uno sguardo che avrebbe potuto incenerirlo ma che non lo intimorì.
-Toglile la mano di dosso.- s’intromise il giovane dai capelli argentei, incrociando gli occhi color acquamarina con quelli castani dell’uomo.
L’altro lo guardò con sufficienza e superiorità. -Riku, non impicciarti, queste non sono cose che riguardino un moccioso.-
-Calma, calma, calma!- intervenne il detective, mettendosi fra i due adulti e lasciando il ragazzo dietro di sé. -Fernandello, non è il caso di agitarsi.-
-Oh, Ottoperotto.- rispose lui. -Cosa c’entri in questa storia?-
-Bè, davvero non riconosci Liberty89?- chiese il castano, guardando di sfuggita la ragazza e ricevendo un impercettibile cenno d’intesa. -La nostra Liberty, la Dea incaricata di rassicurare e calmare i tuss mannari che devono essere sottoposti a vaccini e richiami di vaccini?- aggiunse con tono incisivo.
-Cosa?!- esclamò l’uscere, sollevando immediatamente la mano. -Io… chiedo scusa… non vi avevo mai vista… non vi ho vista entrare e quindi…-
Jessie rilassò il viso e donò all’uomo un sorriso rassicurante. -Non preoccuparti, è normale che tu non mi abbia vista entrare. Qualcuno dalle parti del sessantaquattresimo piano ha recitato per errore la mia preghiera. Una coppia di idioti che non si è accorta di aver letto la preghiera di Liberty89 invece di quella di Liber, che è subito sopra nell’Almanacco…- spiegò con nonchalance, fingendosi irritata per essere stata richiamata per nulla.
-Comprendo signorina… e, se posso permettermi, come mai siete vestita così?-
-Rassicurazione urgente tra le popolazioni mannare del lato buio di Deimos, la luna di Marte.- snocciolò, incrociando le braccia. -Ho incontrato Ottoperotto e gli altri al quarantesimo piano e stavamo andando a bere qualcosa tutti insieme e con una certa fretta, visto che tra poco meno di un’ora devo tornare al lavoro.-
-Oh! Sono profondamente dispiaciuto!- esclamò lui, chinando il capo e lasciandole lo spazio per uscire. -Prego signorina Liberty, le auguro una buona giornata!- continuò, ricevendo un cenno della mano in risposta dalla castana, che uscì affiancata da Riku, seguendo il resto del gruppo.
-Sei un genio Otto!- esclamò Sora, ridendo come gli altri, quando ebbero sceso l’ultimo gradino che portava all’ingresso dell’edificio.
-Troppo gentile, tuss, il merito è anche di Jessie, che è riuscita a calarsi perfettamente nella parte.- sghignazzò il detective, scompigliandogli i capelli.
-Ho solo messo insieme le informazioni che ho raccolto mentre ero al locale, però il fatto che tu abbia detto l’intero titolo di Liberty mi è stato d’aiuto. Senza contare che quel tipo non è particolarmente sveglio.- affermò lei, gettando uno sguardo indietro. -In più, è stata una fortuna che Ottoperotto sia intervenuto…- proseguì, incamminandosi al fianco dell’interpellato.
-Perché?- chiese lui.
Jessie sorrise, perdendosi in un ricordo di poche settimane prima. -Sembra che Riku, quale che sia l’universo in cui vive, senta l’istinto di proteggermi da qualsiasi cosa, nonostante l’alto rischio di mandare a monte i piani.- spiegò, guardando l’argenteo, che arrossì ancora una volta.
-Ovunque sei fai danni, eh?- fece Vanitas, ridacchiando e ricavandone un’occhiataccia. -Comunque Otto ha ragione! Ti sei calata molto bene nella parte!-
-A dirla tutta, non è stato molto difficile. Da quando sono diventata custode ho dovuto mantenere il segreto con tutti e quindi dovevo sempre inventarmi qualcosa per coprire le mie uscite notturne o le ferite che riportavo.- disse la keyblader con voce malinconica. -In ogni caso, spero di non aver causato problemi a Liberty, inventandomi quella storia sulla luna di Marte…-
-Ah, per quello puoi stare tranquilla.- intervenne Voce Fuori Campo. -In questo multiverso può verificarsi praticamente qualsiasi cosa.-
-Mi stai dicendo che Liberty potrebbe realmente trovarsi sulla luna di Marte?- chiese la castana incredula.
-Se non è quella di Marte, sarà una di quelle di Giove.- replicò la donna incorporea con tono sereno.

***

Sospirò e schioccò le dita, facendo comparire una sedia, su cui si sedette con un nuovo sospiro di stanchezza e cercò di godersi cinque minuti di pace dopo quelle due misere ma intense ore di lavoro. Per sua sfortuna, il momento non durò a lungo, perché qualcuno le tirò la manica del cappotto nero, attirando la sua attenzione.
-Dimmi piccolo.- sorrise la divinità, chinandosi sulle punte per essere allo stesso livello del cucciolo mannaro, che aveva rassicurato poco prima. -È andato tutto bene?-
Il tuss mannaro annuì. -Non mi ha fatto tanto male e la dottoressa mi ha anche dato questo!- rispose, mostrandole un lecca-lecca di colore viola.
-Bene, sono contenta.- replicò la Dea. -Allora ci vediamo al prossimo plenilunio di Phobos, ok?-
-D’accordo Liberty! Grazie di tutto!-
-Figurati, l’ho fatto volentieri.- disse lei, accarezzandogli il pelo verde scuro, tipico delle popolazioni che vivevano su Deimos, prima di alzarsi in piedi. -Molto bene, passiamo alla prossima Categoria!- esclamò, svanendo nel nulla.

***

Al contrario di quanto accaduto nella hall del Grattacielo della Memoria, le persone che percorrevano le strade di Illusiopolis sembravano non fare caso al gruppo di compagni e nemmeno alla loro ospite, che guardava distrattamente avanti a sé, seguendo il detective, con le mani cacciate nelle tasche dei jeans.
-Scusa Jessie.- intervenne Ventus, attirando un’occhiata sfuggente dell’interpellata. -Posso farti una domanda?-
-Certo.- rispose lei, incolore.
-Dopo che sei andata via, Riku ci ha fatto notare una cosa detta da Loony…- esordì, incrociando lo sguardo dell’argenteo. -Quando ti ha sconsigliato di usare l’altra chiave, di cosa parlava?- chiese, spostando l’attenzione sul viso della ragazza, che rimase in silenzio per qualche secondo di troppo, cercando le parole giuste per spiegare la faccenda.
-Per me, in questo momento, sarebbe rischioso usare il keyblade che impugno nella mano sinistra. Perché è un’arma dell’Oscurità.- disse freddamente, senza guardarlo. -Ieri ho terminato un allenamento che mi ha indebolita parecchio e il mio braccio non ha ancora recuperato del tutto. Questo mondo al buio fa al caso mio, recupererò abbastanza velocemente le energie, ma se ora evocassi l’Artiglio della Notte, rischierei di non riuscire a gestirne il potere oscuro.-
-Come sarebbe a dire?! Keyblade oscuro?!- esclamò Roxas, guadagnandosi uno sguardo stanco. -Ma… non sei una compagna di Riku e Sora? Non sei una dei “buoni”?-
Lei sorrise amaramente. -Il concetto di “buono” e “cattivo” è molto soggettivo. Io sono una figlia della Luce, almeno così mi hanno detto, però, i miei keyblade in origine erano oscuri e come tali, subiscono l’influenza dell’Oscurità.-
-Criśpass!- esclamò il detective senza voltarsi. -Non hai una vita facile nel tuo universo!-
Jessie alzò le spalle. -Sono abituata.-
-E chi è il vostro nemico questa volta?- domandò Riku.
-Non sappiamo esattamente chi sia.- iniziò, puntando le proprie iridi sulla fortezza galleggiante che si faceva più vicina a ogni passo. -Sappiamo solamente che si tratta dell’ultimo Emissario dell’Oscurità, una donna senza scrupoli che non si sporca mai le mani direttamente.-
-Usa gli Heartless?- chiese Vanitas, incuriosito.
La castana scosse il capo. -Non solo, ma non è lei a sfruttarli in qualsiasi modo, anche il più impensabile, è il suo servitore, Marluxia, che ci manda contro orde di creature oscure, che si fanno più potenti di volta in volta.-
-Marluxia?!- urlarono tutti quanti, fermandosi e fissando la keyblader con tanto d’occhi.
-Che ho detto?-
-Stiamo parlando del numero XI? Del Nobody con i capelli rosa e il pollice verde?- domandò a raffica la Chiave del Destino. -E una radicata attrazione per il genere maschile?-
-I capelli rosa e il pollice verde li confermo, non so quali siano i suoi gusti sessuali, ma nel mio universo non è più un Nobody. Ora ha un cuore e un’anima, entrambi marci come le bestiacce che ci rifila…- spiegò, muovendosi per riprendere il cammino. -Mi pare di capire che il vostro sia un simpaticone.-
-Non è cattivo…- affermò Sora.
-Ma è inquietante!- esclamò Sigmund, incrociando le braccia. -Ah! So già che se lo incrociamo mi chiederà un’altra lunghissima sessione di sedute!- si disperò, mettendosi le mani tra i capelli l’attimo dopo.
-Sembra che Marluxia abbia una cotta per lui.- sussurrò l’argenteo alla ragazza, che annuì e ridacchiò.
-Bene! Siamo arrivati!- intervenne Voce Fuori Campo, senza fermarsi e proseguendo verso l’entrata.
-Fa un certo effetto a vederlo così da vicino.- pensò Jessie, seguendo il gruppo nei candidi corridoi del castello e prendendo a guardarsi intorno con grande curiosità. -Anche qui è tutto bianco…-
-Qualcosa non va?- fece Riku, notando l’espressione tra la sorpresa e il dubbio sul viso della castana.
-Tutto a posto, tranquillo.- rispose lei con un sorriso. -Dove lo troviamo Vexen?-
-Sarà nel suo laboratorio a inventarsi un nuovo metodo per retribuirci.- affermò Ventus, ottenendo un assenso generale.
-Retribuirvi…?-
Vanitas annuì, grave. -Per lui, tutti i ragazzi sarebbero da mettere alla gogna e retribuirli a biott con il primo arnese che gli suggerisce il cervello.-
Jessie inarcò un sopracciglio, capendo che anche quella era una questione che avrebbe richiesto una spiegazione lunga, contorta e dettagliata. -Credo che non domanderò altro.-
-Tuss!- tuonò una voce alle spalle della compagnia, facendo tremare i cinque ragazzi.
-Xaldin!- esclamarono loro, voltandosi assieme agli adulti.
-Non dovreste essere al locale a lavorare voi tre?- domandò con tono duro, guardando i due biondi e il moro, che cercarono inutilmente di ribattere, visto che il numero III aveva già spostato altrove la sua attenzione. -E tu, Sora? Ti ho mandato a comprare delle spezie, ti sembra l’ora di tornare? E dove sono le mie spezie?-
-Oh, cactus!- esclamò il bruno, sbattendosi una mano in faccia. -Scusa Xaldin! È successo che-
-È già la terza volta del “è successo che”, oggi non la passi liscia.- dichiarò, facendo impallidire il ragazzo.
-È colpa mia.- intervenne la custode del Tramonto, richiamando l’interesse delle iridi viola. -Sora non c’entra nulla, quindi se devi prendertela con qualcuno, prenditela con me.-
-Liberty?- chiese stranito il Nobody. -È colpa tua se Sora non ha preso le spezie?-
Lei sospirò. -Sì, ma non sono Liberty.-
-Eh? Come sarebbe a dire che non sei Liberty?- ribatté, ancora più confuso.
-È una ragazza che le somiglia molto.- s’intromise Ottoperotto. -E che proviene da un altro universo.-
-Ah…- commentò il Feroce Lanciere, zittendosi per qualche istante. -Cosa?!-
-Storia complessa, Xaldin.- disse Riku. -Sai dove possiamo trovare Vexen?-
-Vexen?- ripeté, portandosi una mano sotto il mento. -È partito ieri sera per non ho capito dove. Sembra che per riparare la macchina del sole artificiale gli servano dei componenti che nemmeno su eCumpra si riescono a trovare… roba da scienziati.- spiegò, prima di notare le facce afflitte dei presenti. -Perché vi serviva?-
-Fantastico.- asserì Jessie, frustrata, tirando un pugno al muro accanto a lei.
-Ehm… potete spiegarmi…?- implorò Xaldin.

Spiegata la situazione al Nobody, che non riuscì a commentare in alcun modo, calò un silenzio teso e a tratti imbarazzante, in cui tutti si scambiavano sguardi dubbiosi, chiedendosi come comportarsi ora che la loro unica idea era sfumata. All’improvviso, un lungo e pesante sospiro riempì l’aria e tutti si voltarono verso la straniera, appoggiata con la schiena al muro e con le dita della mano destra a sfregare gli occhi.
-Stai bene?- le chiese l’argenteo preoccupato.
-Sì, stai tranquillo.- rispose la castana, donandogli un sorriso. -Stavo solo pensando a come risolvere il problema, ma non mi viene in mente nulla…- ammise, mesta.
-Forse Nausicaa potrebbe aiutarci…- se ne uscì Roxas, fissando il pavimento perso in chissà quale ragionamento.
-Negativo.- intervenne il Feroce Lanciere. -È andata in pellegrinaggio a Lourdes e quest’anno faceva le cose in grande! Tutte le suore in processione in moto!-
-Una processione di suore sopra delle moto…?- domandò Sigmund con un sopracciglio alzato.
-No, ho detto in moto. Una sola.- corresse il rasta. -Parliamo di Suor Nausicaa, non farti domande.-
-Ok, idea scartata.- s’intromise la Chiave del Destino. -Un congegno made in Ticino?- chiese, rivolto al detective.
-Spiacente tuss, al momento non ho creatività.-
-Come sarebbe a dire?!-
-Succede quando qualcuno mi sconquassa il cervello con il mio Coltellino Svizzero Sonico.- replicò, guardando il Maestro del keyblade con falsa serietà.
-Ehm… scusa… è stato un incidente!- esclamò Sora, chinando il capo.
-Se, se…- sbuffò Vanitas. -Intanto anche questa idea è andata. Congegni made in Atlantide? Con la firma del caro Hirurogeita Lau?-
-Purtroppo nemmeno su quel fronte posso essere d’aiuto…- confessò Ottoperotto, trattenendo una risatina isterica.
-Insomma siamo sempre punto e a capo.- sospirò Jessie con aria stanca.
-Non temete prodi giovani! Ho io la soluzione!- intervenne una voce che tutti riconobbero, ma che nessuno riuscì a localizzare. -Ehilà! È tanto che non ci vediamo!- aggiunse, attirando gli occhi celesti di Ventus.
-Loony? Che ci fai sul soffitto?-
-Io non ezzere Loony, io ezzere pipiztrello!- dichiarò con uno strano accento tipico della Transilvania. -Io ezzere Batloony!-
-Eh no.- obbiettò Sora. -Non lo sei…-
-Uhm… questo ezzere problema.- rifletté, prima di precipitare verso il pavimento con uno strillo degno di una donna preda di un’isteria acuta, per poi atterrare dolcemente sulla punta del piede destro e iniziare a compiere delle giravolte. -Allora, ragazzi vi siete ricordati gli esercizi? Disciplina, rigore e amore! Un, deux, trois!-
Il silenzio calò nuovamente tra i presenti con la pesantezza di un macigno.
-Perché ho un terribile déjà-vu?- fece la custode del Tramonto.
-Oh, chérie! Sei ancora qui!- asserì giulivo il pazzo, avvicinandosi alla ragazza.
-Già, razza di squinternato.- ribatté lei con un ghigno, incrociando le braccia al petto. -Sai, qualcuno se n’è uscito dicendomi che sapeva che avrei trovato il modo per andarmene, ma non ha voluto dirmelo.-
-Non c’è più religione! Che brutta gente!- sentenziò lui, portandosi le mani ai fianchi e scuotendo il capo in segno di dissenso. -Ma sei fortunata! Il Dottor Loony ti aiuterà a fare ritorno nelle tue praterie!-
-…ditemi che non sta succedendo quello che penso…- mormorò Riku con un tic all’occhio sinistro.
-Se intendi che sta per rivelarle come fare per tornare nel suo universo, sì.- sospirò Voce Fuori Campo. -Dovevamo aspettarcelo…-
-Come anche il fatto che mi stia considerando una sorta di pecorella smarrita…- aggiunse Jessie, scuotendo il capo divertita. -Allora, Dottor Loony, come pensi di farmi tornare a casa mia?-
-Ordunquebene!- urlò il pazzo, alzando l’indice della mancina con fare saccente. -Cominciamo analizzando il problema in maniera approfondita!-
-Oh no, ecco che parte con le spiegazioni alla Pico!- si lamentò Sora, sbattendosi una mano in fronte.
L’altro lo ignorò come se non avesse aperto bocca. -Tu non sei di qua, ma sei qui e vuoi tornare di là.-
-E questo è appurato da parecchie ore…- commentò Voce Fuori Campo, incrociando le braccia.
-La soluzione è semplice.- proseguì Loony, con fare serio come se stesse esponendo la più complessa delle teorie. -Tornaci.- concluse, girandosi verso la porta e facendo per andarsene, lasciando tutti interdetti.
-Posso ridurlo in cenere?- chiese la keyblader del Tramonto a denti stretti, mentre attorno ai suoi pugni serrati comparivano delle tracce di fiamme.
-Ma dalle vostre espressioni deduco che non ne siate capaci.- intervenne nuovamente il gemello fuori di testa del detective, tornando in mezzo al gruppo. -Ok, per prima cosa, innanzitutto, dobbiamo stabilire in maniera univoca, certa e indubbia, da dove il soggetto in questione provenga.- continuò con aria da sommo cultore della scienza.
-Da pecorella smarrita sono passata a essere una cavia da laboratorio… la cosa è rassicurante…- sospirò la castana, prima di trovarsi a due centimetri dal viso del pazzo, che la fissò negli occhi per dieci secondi, che parvero durare un’eternità, per poi leccarla sulla punta del naso. -Ma…!-
-Mmh…- commentò Loony, assaporando con impegno e attenzione. -Interessante… Gleeee! Elaborazione in corso… Gleeee! Elaborazione in corso… Gleeee! Blin! Elaborazione ultimata!- esclamò infine, con un sorriso a trentadue denti. -Ora che so da dove Jessie proviene, mi servono…- s’interruppe, aprendo il palmo della mano su cui apparve scritta in nero una lista di diversi oggetti. -Succo di melograno e vino rosso francese possibilmente d’annata antecedente al 1950!-
-Preciso, eh…- fece Sigmund, segnando tutto sul proprio blocco per appunti.
-Salgemma delle miniere di Bex.-
Jessie inarcò un sopracciglio. -E dove accidenti…-
-Canton Vallese.- chiarì Ottoperotto, anticipandola.
-Ah, ok…-
-Osso di Santuss minore!-
Questa volta la ragazza sollevò entrambe le sopracciglia e sgranò gli occhi. -Cos’è che vuole…?-
-eCumpra risolverà i nostri problemi, non preoccuparti.- rispose Ventus come se la cosa fosse più che ovvia.
La custode gli rivolse uno sguardo dubbioso e incredulo. -Ma voi siete abituati a queste… ehm… uscite?-
-Oggi ci sta andando leggero in effetti…- affermò il detective, mettendosi a smanettare con il cellulare. -Cos’è che voleva? Ah, sì, le ossa del Santuss minore…-
-Una manciata di terra rossa da campo di tennis e… ma sì, fate anche del latte di capra cagliato!-
-Bleah…- commentarono tutti con repulsione evidente.
-Scusa un attimo Loony.- s’intromise Vanitas dopo essersi ripreso dal disgusto. -Te lo stai inventando sul momento, oppure…-
-Esiste questa possibilità?- domandò la custode con timore e un principio di tic nervoso.
-È già successo che una persona esterna al nostro universo narrativo sia giunta a Batik?- replicò il folle, unendo i polpastrelli delle dita.
-Ehm… mai?-
-Ecco! Per cui ovvio che devo inventarmi il procedimento!- sentenziò lui.
-Ma chi me l’ha fatto fare?- si chiese Jessie, portandosi una mano sugli occhi.
-Tranquilla, il più delle volte le assurdità che dice Loony portano al risultato che si vuole ottenere.- cercò di rassicurarla Roxas, ottenendo uno sguardo molto poco convinto.
-E il resto delle volte?-
-Bè… solitamente esplode tutto, ma non si ferisce nessuno in maniera grave per motivi di rating.- spiegò il Nobody, portandosi una mano alla nuca. -Al massimo qualche natica arrostita…-
-Io continuo a non comprendere a cosa vi riferite quando parlate di “universo narrativo” e “rating”… ne parlate come se foste dentro un libro.-
-Fan Fiction comico demenziale, prego!- esclamò Loony, oltraggiato.
La ragazza sbatté le palpebre un paio di volte, prima di chiuderle e prendere un profondo, esausto, respiro. -Promemoria: non fare altre domande.-
-Ok!- disse il pazzo, battendo i palmi. -Portatemi quello che ho chiesto e farò tornare l’esseraccio a casa.-
-Esseraccio?- ripeté Jessie con sguardo omicida.
-Era un complimento chérie, preferisci che ti chiami sventola bruna dalle forme accattivanti?- replicò lui, ammiccando.
-Non chiamarmi, te ne sarei grata.- rispose algida, con gli occhi ridotti a fessure.
-D’accordo! Allora mentre voi cercate le cose che mi servono per rimandare al suo universo la castana infatuata dell’albino… io mi faccio un pisolino!- avvertì, prima di lasciarsi letteralmente cadere sul pavimento beatamente addormentato.
-Roba da matti…- sussurrò lei, osservando la scena con scetticismo, indecisa se credere o meno a ciò che stava vivendo.
-Muoviamoci!- sentenziò Ottoperotto, richiamando l’attenzione di tutti. -Abbiamo sì e no dieci minuti prima che Loony riprenda con le sue deliranti uscite.-
-Basta così poco tempo per procurarsi tutte le cose assurde che ha chiesto?- domandò la keyblader.
-Anche meno se ci impegniamo. Xaldin!-
Il numero III annuì, incamminandosi nel corridoio da cui era arrivato. -Vado in cucina a vedere se ho il succo, il vino e il latte di capra andato a male.-
-L’osso del Santuss minore dovrebbe arrivare a momenti, l’ho ordinato prima da eCumpra…- mormorò Ottoperotto. -Cos’è che manca?-
-Il salgemma potrebbero averlo Quina e Ursula in cucina!- intervenne Sora. -Faccio una corsa al locale!-
-Aspetta tuss, ti accompagno io.- intervenne Voce Fuori Campo, fermandolo prima che potesse scattare verso l’uscita. -Non si sa mai che salti fuori un quarto “è successo che”…- spiegò, avviandosi col castano.
-Invece la terra rossa da campo da tennis è qui al Castello.- disse il numero XIII.
-Avete un campo da tennis?- chiese Sigmund Freud. -Da quando?-
-A Xemnas è venuta la fissa per l’esercizio fisico e si è scoperto amante del tennis.- rispose il biondo, facendo spallucce per poi avviarsi lungo il corridoio. -Vado a recuperarne una manciata!-
-Avete sempre una soluzione per tutto vedo…- commentò Jessie, sinceramente stupita dalle numerose risorse che tutti quanti erano riusciti a tirare fuori.
-Oh, credimi, di solito ci capitano cose molto più contorte.- assicurò Vanitas. -Come quando abbiamo dovuto recuperare le ametiste del Ticino per tutta la città, oppure quando c’era un Demoniettuss in giro a far danni, insieme a Ven mannarizzato.- elencò, ridendo sull’ultima.
-Non ricordarmelo per favore…- fece Ventus, con tono afflitto.
-Oh, dai, eri adorabile in versione tuss mannaro!- ribatté il moro, prima di essere attirato dalla risata della custode.
-Vi divertite un sacco da queste parti, eh?-
-Se escludiamo tutti i momenti in cui finiamo svestiti sul lato B…- rispose il biondo. -Direi che sì, ci divertiamo abbastanza!- ridacchiò.
-Non ti piacerebbe restare?- domandò Riku, fissando le iridi color nocciola dell’altra, che dapprima sorprese lentamente si tinsero di dolcezza.
-Sarebbe senza dubbio una bella vita, ma ho qualcuno che mi aspetta, che mi manca, e un universo da salvare, qualunque sia il prezzo da pagare.- dichiarò lei con determinazione, lasciando il giovane senza parole.
Dai suoi occhi sgranati, Riku fece trapelare la propria ammirazione per la ragazza, ma non mostrò una briciola dell’invidia che provava, ironicamente, nei confronti di un’altra versione di se stesso. Lentamente, ne stava diventando geloso perché a ogni minuto che passava accanto alla custode del Tramonto, il desiderio di averla sempre con sé continuava ad aumentare come l’attrazione verso di lei e il calore prodotto dalla fiamma della sua anima.
Perso nei suoi ragionamenti, l’argenteo non si accorse della mano di Sigmund Freud che scriveva velocemente su un blocco per appunti.



Fine prima parte





*Traduzioni dei dialoghi di Quina e Ursula, che parlano rispettivamente il dialetto romano e il dialetto ticinese:
-Che succede qui?- domandò la cecaelia / -Sa cha suceed, chi?- domandò la cecaelia
-Bè, un modo per scoprire se lei è la nostra Liberty, c’è.- affermò Quina / -Bhé, 'a modo pe' sapé s'èllei, 'a nostra Libberty, ce starebbe...- affermò Quina
-Stai pensando quello che penso?- / -Ta set dree pensaa quel cha pensi mii?- le chiese la piovra, ottenendo un assenso.
-Non ci resta che pregare!- / - Nun ce resta che pregà! -
-È l’ultima edizione, quindi dovrebbe esserci anche la nuova preghiera per Liberty.-  / - È r'urtima edizzione, quinni a dovrebbe starce anche 'a nova preghiera pe' Libberty -
-Allora… Lakshmi… Laran, Lei Gong… Liber e Liberty89! Eccola qua!- / - Eccola accà!
-…Liberty?- asserì la piovra, guardandola preoccupata da capo a piedi. -Che ti è successo?- / - Se cha t'è suceduu?
-Quindi, che si fa?- domandò Quina, dopo qualche istante. / Quinni, che se fa?
-E come fai a saperlo?- domandò Ursula. / E ti cuma ta fet a saveel?


Se poi siete interessati alla traduzione della preghiera di Liberty89, non dovete far altro che dirmelo e la inserirò in fondo alla seconda parte ù.ù




E questa era la prima parte di questa follia gratuita xD Sappiate che la roba veramente demenziale deve ancora venire, quindi tenetevi pronti ù.ù Che dire? La povera Jessie è finita in un universo parecchio fuori dagli schemi e ora si è affidata alle dubbie capacità di un individuo che cambia personalità a uno schiocco di dita oppure ogni dieci secondi, in base a quello che gli accade intorno... oppure per puro caso xD Ce la farà a tornare nel suo universo? Ma più importante, riuscirà a mantere la sanità mentale? Questo e altro lo scoprirete nella seconda parte che posterò nei prossimi giorni ù.ù
Al prossimo aggiornamento!
See ya!
  
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