Ehm... sì... ecco.... CHIEDO PERDONO!
Scusate, davvero, faccio schifo, ma mi sono dimenticata di aggiornare!
Ormai non conto più i giorni (tranne per il concerto -9!!!!) e non mi ricordo mai di aggiorare la storia (e anche di scriverla... me maledetta!)
Ma ora mi rimetto in sesto, giuro!
Intanto vi lascio al capitolo. ULTRAIMPORTANTE (ps. so che è impossibile - già io faccio fatica - ma ricordate i nomi delle cose "nuove" , perchè serviranno)
Chapter 20. Can it be?
Jo saltellava per la strada, mano nella mano di Shannon, che si divertiva a tenerla per non farla cadere. Ash li guardava sorridendo, di fianco a Jared, mentre Tomo e Vicki osservavano la città, meravigliati.
“Guarda lì, Devon! Guarda quello! Ehi, e questo? No, ma dai, che roba!”, continuava ad esultare Tomo, indicando tutto quello che vedeva senza mai fermarsi. Sua moglie rideva e lo lasciava fare.
“Wow… è un mondo così folle”, commentò Jared, senza avere un vero interlocutore.
“Per noi è tutto normale. Anzi, il vostro è folle”, rispose però Ash, al suo fianco, con un sorriso sincero. “Insomma: niente magia, niente creature magiche, niente di niente. Chissà come fate a vivere…”.
“Tu ci sei riuscita”, la guardò Jared, distogliendo lo sguardo dalle casine attorno alla strada.
“Davanti ai tuoi occhi”, lo fissò di rimando, sempre allegra.
Lui scosse la testa, ridacchiando. “Non ti ho mai visto così felice…”.
“A Los Angeles mi sento bene, ma devo comunque nascondermi”, disse Ash. Anche qui, ma solo in parte, pensò ancora, ma non lo aggiunse. “E’ l’effetto Annwyn”.
“Effetto che?”, chiese Jared, mentre Vicki si bloccava e li guardava.
“Il regno delle fate?!”, domandò in contemporanea con il cantante.
“Sapevo che una lettrice come te avrebbe ricordato il nome, Vicki”, scoppiò a ridere, mentre tutti i presenti, anche Jo, si misero accanto a lei, quasi per invitarla a raccontare. “Avete presente i cicli bretoni e carolingi da cui, per voi, nascono tutte le leggende?”.
“Re Artù e Avalon?”, chiese Shannon, ricordandosi qualcosa dei tempi passati i cui dormiva sul banco al liceo, al posto che sentire quelle storie.
“Esattamente”, confermò Ash, camminando più veloce di loro per fermarsi a qualche metro di distanza. Allargò le braccia, come per mostrare il panorama, e sorrise. “Signori e signore, Completi e Incompleti… benvenuti ad Annwyn, o anche meglio conosciuta come Avalon!”.
Shannon era impietrito.
Jared la guardava come se fosse matta.
Vicki era come emozionata.
Tomo si guardava intorno come se volesse avere delle prove.
Devon e Jo battevano le mani, insieme, come se Ash avesse presentato chissà che.
“Troppe notizie insieme?”, chiese la bionda, riprendendo il gruppo e facendoli muovere di nuovo.
“Sì, quindi spiegati”, rispose subito Jared, cosicché Ash scoppiò a ridere.
“Questo posto esiste da milioni di anni. È un mondo vecchio quanto il vostro, ma con diverse abilità che gli hanno permesso di nascondersi e farsi la propria storia”, cominciò a raccontare. “E’ stato portato il nome Avalon nella vostra cultura grazie ad alcuni di noi che, come me, hanno deciso di varcare il confine e scoprire come si viveva in quel mondo che poco aveva ma che tanto riusciva a creare.
“Qualche creatura magica deve aver vissuto a stretto contatto con i vostri maggiori poeti e scrittori del Medioevo, ispirando così le loro storie, e da lì la moda si è diffusa. Fortunatamente per noi, alla fine vi siete stufati, pensando che fossimo solo frutto della loro mente.
“E ci fu proibito di tornare, a meno che non rinunciassimo ai nostri poteri. Io sono stata la prima dopo secoli a rimanere nel mondo Incompleto per così tanto tempo ancora con le mie abilità.
“Si possono fare viaggi brevi, e magari farsi vedere. Ma solo come se fossimo delle visioni, tanto per far tornare quell’idea di mistico e immaginario, che tanto state perdendo, nelle vostro menti. Non causiamo mai, però, cambiamenti del tempo. Ci è vietato, con pene molto gravi anche”.
“Quindi tutte le leggende, tutti i miti, tutte le storie… sono reali, qui?”, chiese Shannon, che pendeva dalle labbra della ragazza. A quanto pare il fantasy lo attirava parecchio.
“Quasi tutte”, lo corresse Ash. “Ancora non abbiamo trovato il Sacro Graal”.
“Oh, che sfortuna deve essere!”, sospirò teatralmente Tomo, portando una mano sul cuore. I presenti risero e continuarono con la loro marcia.
Jo, intanto, si era avvicinata ad Ash, sorridendole e prendendole la mano, per camminare insieme. Nessuno ci fece caso, o almeno non lo fece notare, lasciando le due da sole.
“Dove sei stata fino ad adesso?”, chiese la bambina, guardando Ash che le afferrava la mano, davvero felice che si stesse cominciando a fidare di lei.
“In tanti posti. Tu ne conosci di sicuro uno: l’Arrant”, le rispose sorridendo e immaginandosi Jo in quella scuola dove tutto era praticamente possibile.
“Oh sì, mi piace andare lì!”, esultò lei, cominciando a saltellare, sempre però con la mano stretta a quella di Ash. “Mamma e papà mi hanno portato anche un anno prima perché dicono che sono abbastanza brava”.
“Frequenti le lezioni?”, si stupì la bionda, ricordandosi che lei non era mai stata ammessa alle classi prima della giusta età.
“Due. Incantesimi base e astrologia… anche se la seconda è difficile”, commentò Jo, indicando il due con la manina libera. “Però mi piace vedere le stelle da vicino”.
“Anche a me piaceva”, sorrise la ragazza, pensando poi un’altra cosa, più triste. ‘Jade amava l’astrologia’. “Ma complimenti per essere già stata ammessa”.
“Grazie”, sorrise Jo, piena di sé, muovendo i suoi capelli argentati.
“Posso chiederti da chi hai preso quel colore di capelli?”, domandò Ash, guardandola meglio. ‘E quello degli occhi, della pelle…’, pensò
“Da nessuno. Mamma mi diceva che la magia è così potente per me che si è presa i miei colori per farmi diventare più brava” le rispose Jo, innocentemente, anche se un po’ le pesava questa cosa.
“Gli occhi ti diventano rossa durante la notte, se guardi la luna?”, le chiese Ash.
“Sì…”, s’incupì subito la bambina, abbassando gli occhi.
Albinismo. Quella parola risuonò nella mente si Ash, vorticando tra mille spiegazioni. Ma era impossibile, i Completi non soffrivano quasi mai di malattie genetiche, o al massimo erano derivate tra lo scambio di sangue di diverse specie.
Non erano mai esisti albini tra i Completi.
“Che succede?”, disse Ash, fermandosi a guardare Jo, che non alzava il viso. I suoi occhi, un po’ lacrimanti, stavano passando dal grigio al rosino chiarissimo e i capelli biancastri le scendevano sul volto.
“A scuola a volte mi prendono in giro. Dicono che i vampiri mezzi lupi mannari non dovrebbero mai essere ammessi a scuola”, borbottò la bambina.
Vampiri, perché i suoi occhi diventavano quasi rossi, e lupi mannari, perché il colore diventava più forte e la pelle si faceva più pallida di notte, soprattutto con la luce bianca della luna piena.
“Senti, anche io venivo presa in giro alla tua età, ma…”, cominciò Ash. Ma poi arrivò Dean e tutto andò meglio. No, Jo non avrebbe avuto nessun Dean. Però ora aveva lei. Sarebbe potuta rimanere con Ash, se avesse voluto. “Lasciali perdere, ok? Non meritano nemmeno una risposta”.
“Sono cattivi”, piagnucolò Jo, buttandosi al collo di Ash, che si era abbassata per vederla bene in faccia. La bionda la strinse e maledì tutti i fottuti idioti che avevano il coraggio di parlare così a sua cugina.
“Sì, ma noi non dobbiamo guardarli, ok? Non esistono”, le rispose Ash, spostandola un pochino, mostrandole il braccio innevato. “Puff, spariti nel nulla per noi”.
Fece una nuvoletta di neve e poi la fece scoppiare, come se qualcuno l’avesse lanciata contro ad un muro.
“Grazie”, sorrise Jo, abbracciandola di nuovo, ma con più calma. Ash la prese bene in braccio e la tirò su di peso, per non farla camminare ancora.
“E issa!”, ridacchiò Ash, per poi ritornare dal gruppo, che le stava fissando felici. Vicki le fece l’occhiolino: le avrebbe parlato dopo, ne era certa.
“Adesso che facciamo?”, chiese Tomo, con anche lui in braccio Devon.
“Andiamo al parco. Abbiamo il 90 per cento di incontrare lì Dmitri e Clelia. Lasciamo a loro Jo e Devon per farli giocare e intanto noi finiamo il giro”, propose Ash.
“Come fai ad essere sicura che ci saranno?”, le domandò Jared, mentre gli altri annuirono.
“Dmitri riesce a vedere il futuro. Per poco tempo e in modo un po’ confusionale, ma abbastanza preciso per quello che dobbiamo fare”, gli ricordò Ash. “Se capiscono che voglio vederli al parco, li vedremo al parco. E dato che mi tengono sempre d’occhio, lo sapranno”.
“Come sei ingegnosa”, le disse Shannon, quasi flirtando. Poi scoppiò a ridere e Ash lo spintonò via, scherzando.
Jo, ancora in braccio a lei, rise e batté le mani, quasi a prenderlo in giro. Vicki si aggiunse alla risata collettiva e alla fine Shannon fece il broncio, fingendosi offeso.
“Dai muoviamoci, non abbiamo tutta la giornata”, cercò di battere le mani Ash, mentre teneva tra le braccia Jo, per riacquistare l’attenzione di tutti.
“Abbiamo sempre la notte”, propose Tomo. “A me sono sempre piaciute le città di notte. Chissà come è questa…”.
“Di notte non esistono gite turistiche, ne’ ora ne’ mai”, si affrettò a dire Ash, quasi in ansia. “Mi spiace Tomo, ma non sono disponibile durante le tenebre”.
“Che hai tanto da fare, biondina?”, la provocò di nuovo Shannon, cosicché lei alzò gli occhi al cielo.
“Possono portarli in giro i vampiri”, disse Jo, quasi contemporaneamente al batterista, guardando Tomo con un sorriso. O forse guardava Devon, ma stava di fatto che era felice.
“No, non se ne parla. Senza di me non se ne vanno in giro da soli”, rifiutò Ash, scuotendo la testa.
“Oh, ma dai!”, si lamentò Jared, come un adolescente.
“Mamma sei cattiva”, lo seguì a ruota Shannon.
“Siete veramente asfissianti... ma in ogni caso ve lo scordate”, finì il discorso Ash, riprendendo a camminare. “Non avete idea di come si vive qui o della gente che ci vive. Non sapreste distinguere un elfo da un lupo mannaro, figurarsi trovarne uno di fiducia. Tzé!”.
Tomo borbottò, non d’accordo, ma Vicki gli diede una piccola gomitata nello stomaco, per farlo stare zitto. Infondo capiva Ash: lei non l’avrebbe mai lasciata andare in giro da sola, di notte, in una città del loro mondo che non conosceva, sapendo che qualcuno la voleva morta.
E ora il pazzo che li aveva attaccati voleva morti anche loro, oltre che Ash. Erano i genitori e gli zii acquisiti di Devon; se voleva lui doveva far fuori tutti.
Vicki si voltò di nuovo verso il marito, notando che stava verseggiando con loro figlio, che rideva come sempre, balbettando qualcosa.
Era a suo agio, per quanto quel posto fosse strano. Bè… strano per lei, forse. Alla fine, Devon era nato per vivere in quel mondo, quindi era più predisposto a credere tutto reale, essendo anche molto piccolo.
Ma per lei… la strada per ora era vuota, ma già da come era fatta e da come era costituito il paesaggio si sentiva un’estranea. Aveva sempre vissuto in città e ora camminava su un viale di terriccio e pietre e, anche se piccolo, qualche muretto basso ai lati.
Le case erano disposte come le tipiche villette a schiera nella periferia delle cittadine inglesi, ma avevano forme molto strane. Alcune erano storte, come la torre di Pisa, altre circolari con dei pinnacoli, come una grande torta di compleanno, altre ancora sembravano rettangolari da fuori, ma avevano piante diverse all’interno.
“Qui chi ci abita?”, chiese Jared, guardando, come Vicki, tutte le abitazioni ai lati del viale, che a volte si divideva in più piccole stradine. Non era una landa desolata, era un villaggio ben costruito e affollato, sebbene ora non ci fosse nessuno in giro.
“Solo noi maghi. Gli altri stanno più che altro nella foresta. Alcuni vampiri o dei lupi hanno casa anche qui, essendo stati forse dei maghi in passato, ma non ci vengono tanto spesso”, spiegò Ash.
“E dove sono tutti ora?”, domandò finalmente Vicki, chiedendosi con quale tranquillità e spensieratezza Ash parlasse di creature che, fino a qualche mese prima, tutti loro credevano inesistenti.
“Nessuno esce molto per il pericolo, in questo periodo. In secondo luogo, siamo in un pomeriggio di autunno, ovvero quando i ragazzi sono a scuola e gli adulti al lavoro o in missione. In terzo luogo, i maghi anziani, durante questa stagione, amano rintanarsi nelle stanze di pozioni per fare intrugli”, sorrise la ragazza. “La scuola è a qualche chilometro da qui, non molto lontano, mentre i centri lavorativi sono sparsi per il villaggio”.
“Ma… Annwyn è la città o tutto il vostro mondo?”, chiese Vicki, di nuovo.
“Entrambi. Non ci è mai piaciuto dividere il territorio, non abbiamo stati, regioni e città come voi. Questa”, e indicò la terra, “o questo”, e puntò il dito contro il cielo, “è la stessa cosa. Annwyn”.
“Vuoi dire che non ci sono mai state guerre di territorio?”, si stupì Shannon.
“Più che altro di diritti tra maghi e creature magiche. Loro hanno il loro territorio, limitato più che altro nella foresta, ma anche quello fa parte di Annwyn, come tutti i nostri centri cittadini”, raccontò Ash, mentre Jo, che non ne voleva sapere di scendere dalle sue braccia, le attorcigliava i capelli con le dita. “Le nostre più grandi e famose guerre sono state battute per il rispetto che le creature pretendevano di avere. Con ovviamente tutta la ragione del mondo”.
“Siete molto pacifisti allora”, commentò Tomo, mentre svoltavano in una via dove, in lontananza, poteva vedersi del verde. Il parco?
“Non direi proprio. Anche se il premio erano i diritti, il sangue veniva versato, e anche in parecchie quantità, purtroppo”, ammise Ash, andando più veloce. “Poi vi dirò meglio. Ora andiamo, sono arrivati Clelia e Dmitri”.
“E’ l’ennesimo favore che vi chiedo, scusatemi”, disse Ash a Clelia, mentre Dmitri era impegnato a inseguire Jo, facendola ridere.
“Figurati, non c’è problema. Sono dei bambini, ci divertiremo a tenerli un po’”, sorrise Clelia, scuotendo la testa alla vista del suo ragazzo, che aveva deciso di acciuffare la bambina e farle il solletico. Oh, Dmitri! “Se sono stanchi li portiamo all’Esis, comunque. Sai dove trovarci”.
“Perfetto”, concluse Ash, sorridendo. Abbracciò l’amica e la salutò, augurandole buona fortuna con quei tre.
Clelia rispose al saluto lasciandola andare e poi si voltò, comandando già a bacchetta tutti. Ash rise, vedendola, e tornò indietro, dove erano rimasti i Mars e Vicki.
“Pronti per la seconda parte del giro?”, chiese tutta eccitata, o forse solo per accorciare i tempi e finire prima.
Tutti annuirono, con un sorriso, e partirono. Uscirono dall’Esis e tornarono sulle strade di Annwyn, vicini al centro della cittadina. Stavolta Ash non li portò nella zona residenziale, dove era possibile più vedere le case tipiche o la vita più tranquilla, ma al centro, con i loro negozi.
“Questa è la via principale, ora giriamo a destra e vedrete la piazza”, spiegò loro Ash, stando sempre davanti, con a fianco Jared, mentre Tomo e Vicki si guardavano in giro, maledicendosi di aver dimenticato la fotocamera a casa.
“Si sarebbe vista Annwyn in foto?”, chiese Tomo, facendo scoppiare a ridere Ash, mentre svoltavano.
“Certamente… ma poi saresti stato punito in caso qualcuno di sconosciuto avesse visto le tue foto”, rispose lei, facendoli fermare. “Ma per ora, goditela dal vivo”.
La piazza era… stupefacente. Sembrava piazza San Marco a Venezia, tanto era bella.
Lasciava i tratti medioevali della periferia per aprire le porte ad una tipica bellezza rinascimentale. Forse alcuni di loro erano stati anche dopo l’età media nel mondo Incompleto.
“E’ stata costruita in onore di Henry Glade, uno dei più grandi maghi che unirono tutti i piccoli villaggi di Annwyn per farne un unico mondo”, spiegò Ash, mostrano il grande edifico, che ai ragazzi ricordava la cattedrale di San Marco. “Quello è l’edificio di amministrazione, il wisder, come lo chiamava Glade in lingua antica”.
“Un po’ come il nostro comune?”, chiese Vicki.
“All’incirca. Ma lì ci sono anche le nostre ‘poste’, che sono però molto diverse”, sorrise lei, indicando il wisder. “Vedete quella torre, un po’ staccata?”, chiese, mostrano loro quella che sembrava una delle colonne della piazza italiana, “è la torre di messaggio, la Lettera. Non ha nomi antichi, essendo stata creata dopo. Lì vengono spediti e ricevuti tutti i messaggi, sia persali che amministrativi”.
“Con i gufi, stile Harry Potter?”, chiese Jared, ricordandole quella volta che gli aveva detto “Non intendo dire che faccio magie come se fossi Harry Potter, non essere ridicolo”. Be era vero, il ragazzo dei libri aveva una bacchetta, lei no.
Ash sorrise, sia per il suo pensiero che per la domanda di Jared, e poi rispose. “Con tutto. Hanno diversi animali là dentro che mandano come messaggeri. Dipende dalla distanza che deve coprire”.
Tomo mimò un wow con le labbra e si guardò intorno di nuovo. La piazza era piena di mattonelle colorate di un bianco rosaceo e l’arancione chiaro, simile a sabbia. Di fianco al wisder c’erano vari edifici, più piccoli e un po’ più moderni.
Shannon, ora che ci faceva caso, la paragonava più a piazza del Duomo a Milano, sempre in Italia, dove c’era la piazza con l’enorme edificio artistico con attorno i nuovi negozi moderni.
“Quelli che sono?”, indicò Jared un piccolo edificio con l’insegna a forma di boccale.
“Sempre il solito ubriacone”, lo prese in giro Ash, scherzando e camminando per di là. “Quella è la locanda, una sorta di vostro bar Incompleto. Si chiama Perletta, poi capirete perché”.
Quando furono arrivati – Jared scelse proprio quello dall’altro lato di dove si trovavano loro – entrarono e guardarono con attenzione il locale.
Non era niente di particolare, visto a primo impatto: tutto in legno, con tavole, rotonde e piccole nel salone mentre rettangolari ai lati e di fianco alle finestre, e il bancone in fondo, illuminato di vari colori.
C’era un po’ di gente, ma non troppa. Nessuno si voltò a guardarli, in un primo momento, ma poi qualcuno cominciò a sussurrare.
Ash chiese a Jared il suo cappello e lo indossò, schiacciandoci dentro anche tutti i capelli, in quel momento un po’ violacei. Ma il gruppo non si fermò, e andò avanti.
Ora capivano cosa c’era di speciale in quella locanda: sembrava davvero piccola, appena entrati, ma più camminavano più il bancone sembrava lontano.
“Incantesimo di Spazio”, disse Ash, vedendo i volti dei ragazzi, completamente increduli. “Dall’esterno sembra tutto normale, ma l’interno è immenso. Si usa più che altro per armadi e borse, ma anche per i bar torna utile”.
“E’ una vera figata”, sussurrò Shannon, passando davanti ad un uomo che, al sentirlo, fece una smorfia.
“Incompleto”, sputò, come se fosse un insulto.
Ash si voltò di scatto, fermandosi sul posto e incenerendo il mago con lo sguardo. “Oh, ma caro Flin, come va la vita? Il tuo piccolo Mancato come sta?”.
L’uomo ringhiò, ma non rispose. Si alzò e se ne andò, non guardandosi indietro.
“Ash, dovresti smetterla di farmi perdere clienti”, si sentì una risata cristallina e tutti si voltarono verso destra, da dove arrivava la voce.
Una donna dall’aspetto fatato si presentò davanti a loro e nessuno si stupì molto nel vedere le piccole ali di fiori che portava sulla schiena. Era bassina e non toccava mai il terreno, muovendo freneticamente quegli arti floreali. Vestiva con un abito azzurrino, fatto di steli di fiori colorati, e i suoi capelli erano come l’acqua di un ruscello. Era leggermente luminosa, tanto che lo spazio attorno a lei era illuminato da luce blu, simile al colore dei suoi capelli.
“Ragazzi, vi presento Fata Jiney”, sorrise Ash, indicandola. “Ma potete chiamarla anche Perletta”.
“Perletta? Quindi gestisci tu questo posto?”, chiese Jared, notando che al collo, lungo e pallido, portava una collana di rami con una perla bianca come ciondolo.
“Esattamente”, rispose lei con la stessa voce melodiosa di prima. Si avvicinò a lui e lo guardò attentamente. Jared poté così notare i suoi occhi, con l’iride nera come la pece e rossastri attorno.
Rabbrividì e la fata si allontanò.
“Scusami, non era mia intenzione spaventarti”, disse Perletta, con un sorriso perfetto. Poi, sempre battendo velocemente le alette, tornò da Ash. “Che ti porta qui?”.
“Una gita turistica”, la guardò bene Ash, per poi sorriderle. “Ma non prenderemo nulla per oggi. La strada è ancora lunga”.
“Oh, posso immaginare. Ma promettimi che tornerai presto, Ash… ho un grande desiderio di parlarti”, s’avvicinò ancora la fata, prima che la bionda scattò lontano, portandosi dietro tutta la comitiva.
“Ci vediamo, Perletta”.
“Arrivederci, miei cari amici”, rispose Jiney, con un sorriso.
“Strana creatura”, commentò Vicki, guardandosi indietro, verso la locanda. “Insomma era…”.
“Un miscuglio tra il bene e il male. Belle, ma ingannevoli. Dicono la verità, ma vogliono una ricompensa”, finì la frase Ash, attraversando di nuovo la piazza.
“Che vuoi dire?”, non capì Shannon.
“Voglio dire che quando una fata di dice che vuole fare due chiacchiere con te… bè, scappa”, spiegò la ragazza. “Lei prometterà di non dire nulla, a meno che tu le faccia una promessa. Ma non conterà mai nulla il vostro accordo: lei avrà ciò che vuole, e tu rimarrai con niente, o peggio”.
“L’aspetto è...”, cominciò il batterista, ma non riuscì a finire la frase.
“Da fata. Da creatura dei boschi”, commentò Ash. “Sono poche quelle che abitano qui in città, perché la maggior parte resta confinata alle foreste. Sono nate laggiù, hanno sempre vissuto come parte integrante di quel luogo; per questo hanno caratteristiche pienamente naturali”.
“Wow, certo che è davvero una grandissima figat… aaah!”, iniziò ancora Shannon, per poi mettersi ad urlare, quando un rumore di zoccoli si fece sentire sopra di lui.
Si mise le braccia sulla testa, come per coprirsi, e sentì un forte spostamento d’aria. Qualcosa poi gli atterrò fin troppo vicino, andandogli addosso e spintonandolo di lato tanto forte da farlo cadere.
“Fermo! Fermo!”, gridò qualcuno, andando loro incontro. “Per la miseria, a questo dannato ippogrifo dovrebbero controllare la vista!”.
Ippo che?
Shannon sentì Ash ridacchiare e aprì gli occhi, che aveva chiuso nell’impatto. Si trovò la bionda davanti a lui, che gli offriva la mano, mentre Jared aveva lo sguardo puntato in avanti, allibito.
Si alzò con l’aiuto di Ash e guardò nella stessa direzione del fratello, dove vide una specie di cavallo alato zoccolare innervosito di fianco ad un uomo sulla quarantina, che tentava di calmarlo.
“Quello è un ippogrifo”, commentò Ash, dopo un sussurrato commento di Jared, il quale di chiedeva in che modo fosse finito in Harry Potter senza saperlo. “Simile ad un cavallo, ma con la testa e le ali d’aquila. Hanno una vista eccezionale, per questo li usiamo per duellare o per, semplicemente, mandare messaggi”.
“Vista eccezionale?!”, si scandalizzò Shannon. “Mi ha investito!”.
“Purtroppo Darken comincia ad avare dei problemi, dovrei mandarlo a farlo sistemare, in effetti”, spiegò l’uomo che teneva l’ippogrifo. “Mi dispiace che ti abbia colpito, ma è davvero buono, se lo si lascia fare”.
“Devo inchinarmi o mi uccide?”, chiese Jared, avvicinandosi.
“Sono Incompleti, vero?”, chiese scocciato l’uomo ad Ash, che ridacchiava.
“Sì, ma hanno il permesso di venire qui, Gael”, rispose la bionda, sorpassando Jared e andando ad accarezzare le piume sul petto dell’ippogrifo.
L’animale mosse la testa, andandole incontro, e lei gli toccò le tempie, facendogli fare un grugnito simile a fusa, ma più potente. Ash rise e indicò ai ragazzi e Vicki di avvicinarsi.
“Ma può volare?”, chiese Tomo. “Voglio dire, senza che vada addosso a qualcuno”.
“La sua pecca è l’atterraggio, ma Darken è uno dei più veloci. Per questo ho scelto lui per questa lettera”, disse Gael, prendendo il contenuto della sacca dell’ippogrifo. Nessuna l’aveva notata, nascosta com’era da una delle due ali argentate.
Gael si mise il messaggio in tasca e gli sorrise. “Comunque io sono Gael Firehood, mago e commerciante a tempo pieno”.
“Il nostro pozionista migliore. Ha una bottega in centro, ben rifornita a quanto ricordo”, spiegò Ash, passando ad accarezzare il busto dell’ippogrifo, con i peli corti e ruvidi tipici di un cavallo.
“Ricordi bene, mia cara. Ma voi siete…?”, chiese l’uomo, con un sorriso.
“Tomo Milicevic e questa è mia moglie, Vicki. Nostro figlio, Devon, è un Completo”, si presentò Tomo, con estrema facilità, tanto da stupire tutti.
Era talmente preso da quel posto che era fuori di sé dalla gioia.
“Il bambino prodigio?”, domandò Gael.
“Esattamente”, sorrise Ash, per poi puntare una mano contro i fratelli che stavano dietro di lei. “Mentre loro sono Jared e Shannon… Leto”.
“Leto? Leto come… Carl Leto?”, si stupì Gael.
“Sì, era nostro padre. Perché, cosa sai di lui?”, gli si avvicinò Jared, ricordando ciò che sua madre gli aveva detto, tempo prima.
Shannon gli fu subito accanto, come sempre. “Come fai a conoscerlo?”.
“Bè, è nato qui, anche se tanti anni fa. Ho conosciuto bene vostra nonna… amava Carl come se fosse un piccolo tesoro perduto, ma sfortunatamente il fato volle che tutta la fortuna andò a Dennis”, cominciò a raccontare Gael.
“A chi?”, chiese Tomo.
“A Namel”.
Aveva parlato Ash, con voce funeraria, affondando il viso tra le piume biancastre di Darken.
...
Note dell'Autrice:
*si nasconde* fa schifo?!
io cerco di staccarmi dallo sfregiato di Potter (serpeverde inside, scusate :D) ma a volte non ce la faccio proprio ahhaha se è uguale e faccio schifo ditemelo, perchè ne sono già sicura di mio.
Comunque.... piaciuto? Bo, nemmeno i nomi mi ispirano, ma mi piacevano quando scrivevo, quindi eccoci qui. *sono lunatica, lo so*
Direi... ecco tutto. Avrei milioni di cose da dire ma tanto qui non legge niente nessuno - non lo farei nemmeno io, tranquille xD - e poi fa un caldo e bestiale e dovrei studiare per patente (HELP).
Quindi... bo, ditemi voi!
Fatemi sapere, davvero *-*
Un abbraccione e buone vacanze a chi se le fa
Ronnie