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Autore: bebe    19/01/2008    4 recensioni
Li abbiamo lasciati neo genitori ed in procinto di sposarsi. Li ritroviamo sposati ed alle prese con un incidente che ha cambiato le loro vite, rischiando di allontanarli definitavamente.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Orlando Bloom
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Aggiornamento settimanale...questo capitolo funge da spartiacque, comincia a smuoversi qualcosa...basta, ho già anticipato troppo! Grazie, come sempre, a chi legge (soprattutto e Moon) ed alle mie inossidabili commentatrici: BlackPearl, Michi88!! Buona lettura!

Passarono lentamente due settimane. Per Victoria la degenza in ospedale era uno strazio; si sentiva molto debole, ma nonostante ciò voleva tornare a casa il prima possibile. Emma e Joel le mancavano terribilmente. Orlando li portava da lei ogni giorno ma, intuitiva come solo le mamme sanno essere, Vicky sapeva bene che i suoi ragazzi non sarebbero stati tranquilli finché non l’avessero vista tornare a casa.
Perciò, parlò coi dottori e decise di firmare per uscire. A nulla servirono i tentativi dei medici, di sua madre e di suo fratello per dissuaderla. Orlando non provò nemmeno a convincerla a ripensarci : la conosceva bene e sapeva che quando si metteva in testa una cosa era impossibile farle cambiare idea. In fondo, erano sempre stati uguali in questo.
I dottori si raccomandarono di non lasciarla sola e di assisterla, visto che era ancora molto debole e consigliarono di assumere un’infermiera, almeno per i primi tempi, che avrebbe provveduto a farle iniezioni e flebo.  Josephine avrebbe voluto trasferirsi dalla figlia, ma era da tempo affetta da una brutta ernia al disco e non sarebbe riuscita a star dietro ai nipoti ed alla casa; quindi Orlando pensò che la cosa migliore fosse tornare a casa finché lei non si fosse completamente rimessa.
I primi giorni furono quelli dell’assestamento, i più duri: Vicky si era categoricamente rifiutata di dormire al piano inferiore, come le aveva proposto Orlando, voleva tornare quanto prima alla normalità, incurante delle sue ancora precarie condizioni. Così finì per approfittarsi del suo fisico e dopo  quattro giorni dalle dimissioni, si ritrovò costretta a letto con la febbre. Questo episodio le servì per darsi una regolata e per prendere più seriamente la convalescenza.
Si sentiva indebolita e stanca, ma allo stesso tempo serena e tranquilla come non le succedeva da tempo. E questo dipendeva dalla presenza di Orlando: riaverlo in casa, vederlo fare avanti e indietro dalla sua camera, osservarlo mentre si prendeva cura dei ragazzi, mentre aiutava Joy a vestirsi o Emma a finire i compiti le riempiva il cuore di gioia. Era un po’ come tornare indietro ai loro tempi più felici. Se il suo incidente poteva aver avuto qualche aspetto positivo, questo era di certo il più rilevante. E poi era sempre così premuroso ed attento nei suoi confronti e percepiva che lo faceva perché davvero teneva a lei e non perché si sentisse in dovere di farlo. Era piacevolmente sorpresa dal suo atteggiamento, ma voleva essere cauta: dopotutto era normale che si preoccupasse per lei, era pur sempre la madre dei suoi figli.
Dal canto suo, anche Orlando era contento di esser tornato a casa loro. Certo, avrebbe preferito tornarci in altre circostanze, però era lì, con Vicky e i suoi ragazzi, del resto non gli importava poi molto. La mattina, dopo aver accompagnato i figli a scuola, lavorava a casa, al portatile e non passava mai in studio, se non per cose particolarmente urgenti; si teneva in contatto con Dom e con la sua segretaria telefonicamente o via fax. Nel frattempo Susan, l’infermiera, provvedeva a cambiare le medicazioni a Vicky ed a metterle la flebo; lui saliva di tanto in tanto a controllarla e ad assicurarsi che stesse bene. Poi, preparava qualcosa da mangiare ed aspettava che Joy ed Emma tornassero.  Siccome Victoria era ancora troppo debilitata e faticava a fare le scale, erano i ragazzi a salire da lei dopo pranzo, per raccontarle la loro giornata. Ormai facevano i compiti nella sua stanza, e rimanevano lì fino all’ora di cena. Susan se ne andava per ritornare il mattino seguente, Orlando cenava coi figli, li faceva preparare per la notte e li metteva a letto; poi tornava in cucina per caricare la lavastoviglie e saliva a dare la buonanotte a Vicky prima di andare a sua volta a dormire nella stanza degli ospiti.
Una sera la trovò seduta sul letto, circondata da un sacco di album e di foto sparse sul piumone.
“Che fai? Non dovresti riposarti un po’?”- le domandò curioso, restando fermo accanto alla porta.
Lei sollevò il capo dalle foto che stava guardando.
“Sto a letto praticamente tutto il giorno…più riposata di così…Sto solo guardando delle vecchie foto…”- rispose infine.
A quel punto lui entrò e si avvicinò a lei, andandosi a sedere sul letto. Osservò meglio le fotografie e notò che erano foto loro, del matrimonio, del viaggio di nozze, dei ragazzi da piccoli, delle vacanze con la famiglia al completo. Ed ovviamente c’erano anche quelle di Delia. Ne prese una e non riuscì a trattenere un sorriso amaro.
“Credevo che fossero ancora tutte in soffitta…”-
“Le sono andata a riprendere il giorno dopo che ce le hai portate…e le ho messe nel mio comodino…”- rispose candidamente.
Lui continuò ad osservare la foto.
“Era così allegra…e sveglia…”-
“Eccome se lo era…”-
“Mi manca…”- le confessò. Ed era la prima volta che parlava di lei con Vicky.
“Lo so…anche a me manca da morire…Ti ricordi quando siamo andati a trovare quella tua zia, in campagna?”-
“La zia Rose? Si, era luglio, credo…Delia avrà avuto si e no cinque anni…”-
“Si, li aveva compiuti da poco… e si era incaponita a voler mettere il guinzaglio all’oca che tua zia aveva in cortile…te lo ricordi?”-
“Si…si me lo ricordo…”- rispose divertito- “L’ ha seguita per una mezz’ora buona, ma alla fine ci è riuscita…e com’era soddisfatta…”-
Seguì un attimo di silenzio, ma anche se non parlavano era evidente a cosa stessero entrambi pensando.
“Mi faceva troppo male averle intorno….”- ammise infine, riferendosi alle foto.
“Anche a me…ma non poterle vedere mi faceva stare peggio…”-
“Le guardi spesso?”-
“Praticamente ogni giorno…appena ero da sola venivo a riguardarmele fino ad impararle a memoria…era la mia boccata d’ossigeno quotidiana…”- gli spiegò.
“Non so come tu abbia fatto… io non ci riesco ancora adesso…”- disse, riponendo la foto- “Ma non dovrei stupirmi più di tanto…tu sei sempre stata la più forte…”- concluse.
“Io? No, non è vero…”- rispose prontamente.
“Si, invece…non hai mai avuto paura di niente…”- continuò lui.
“Ma se ho paura di tutto…Ho paura di non fare abbastanza per i ragazzi…ho paura di non essere all’altezza delle situazioni…ho paura di non saper aiutare gli altri…e soprattutto ho paura di non aver saputo aiutare te…”-
Sorpreso da quell’ultima affermazione, lui la guardò ed i suoi occhi esprimevano un misto di tenerezza, amarezza, rimpianto e malinconia.
Scosse la testa, ma prima che potesse dire qualcosa lei lo anticipò.
“L’unico motivo per cui pensavo di poter affrontare qualsiasi problema, per cui sembravo così forte…era averti al mio fianco….”- aggiunse sinceramente, con gli occhi lucidi.
“Te la sei sempre cavata bene anche da sola…lo sai questo…e lo hai dimostrato nell’ultimo anno…”- rispose.
“Nell’ultimo anno ho solo finto…ho messo una maschera, lasciando credere agli altri quello che volevano…Poi la sera guardavo queste foto e piangevo…ho finto di stare bene, di aver superato la perdita di Delia, di farcela anche senza il tuo appoggio…ho finto di amare David…ma alla fine sono crollata anch’io Orlando….”- gli confessò.
Lui continuava a guardarla e non sapeva se si sentiva più stupido o dispiaciuto. In tutti quei mesi non aveva capito assolutamente niente; si era convinto che lei stesse meglio senza di lui ed invece non era mai stato così lontano dalla realtà. Aveva sofferto come e forse più di lui, dovendo sforzarsi di stare bene, per non appesantire lui e i ragazzi.
“Mi spiace…io…non so come ho fatto a non capirlo…”-
“Non c’eri mai…”- gli fece notare, ma il suo non voleva essere un rimprovero, bensì una semplice constatazione.
“E quando c’ero non ti rendevo di certo le cose facili…continuavamo a litigare…”- osservò dispiaciuto.
“Non importa…ormai è passato…”-
“Vorrei poterti dire che se me ne fossi accorto in tempo mi sarei comportato diversamente…ma non ne sono sicuro…”-
“Non fa niente, davvero Orlando…”-
“Invece si…il punto è che ancora adesso non so dirti come sto…dovrei saperlo, ma non lo so…per questo non mi sento di prometterti niente…”- aggiunse.
“Lo so…infatti non ti ho chiesto niente…”-
Considerando che non si parlavano così sinceramente da tempo, erano entrambi sicuramente sorpresi ed al contempo confusi.
“Adesso è meglio che ti metti a dormire…Se hai bisogno di qualcosa chiamami, ok?”- disse lui.
“Va bene…buonanotte…”- gli rispose.
Victoria lo osservò uscire. Si sentiva sollevata dopo quella conversazione. Finalmente era riuscita a parlargli, a dirgli come si sentiva e, soprattutto, a capire come si sentisse lui. Il percorso era ancora lungo, ma i segnali lasciavano presagire che forse c’era ancora una possibilità per loro. Nonostante il dolore al polso ed alle costole, si addormentò serena come non le capitava da tempo.
Orlando, invece,  faticò a prendere sonno. Ripensava alle parole di Vicky e non poteva che sentirsi in colpa. Se fossero riusciti a parlarsi prima come avevano fatto quella sera, di certo le cose non sarebbero state così complicate. Perché non si era reso conto che anche lei stava male? Perché si era ostinato a farle la guerra? Non si era mai sentito così idiota. L’aveva allontanata e non aveva fatto niente per impedirlo, anzi, aveva cercato in tutti i modi di spingerla via, di isolarsi. Sarebbe stato molto più semplice e logico soffrire in due, anziché lasciarsi dilaniare individualmente dalla sofferenza. Si era lasciato accecare dal dolore, dalla voglia di giustizia e, forse, anche di vendetta; non si era accorto che si stava vendicando a spese della persona sbagliata. Così ci avevano rimesso tutti: lei, Emma, Joel ed anche lui. Realizzò che ormai era inutile rimuginare su quanto era già successo; l’unica cosa che poteva fare era stare con lei e farle capire quanto ancora tenesse a loro due ed alla loro famiglia, senza però affrettare i tempi, né bruciare le tappe. Ritrovarsi non era impossibile, ma richiedeva tempo e pazienza da parte di entrambi.



  
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