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Quando vieni da sempre emarginata per il tuo aspetto fisico è difficile poi credere al più bel ragazzo della Terra che ti definisce “bella”. Sai che non lo sarai mai, prendi le sue parole come una presa in giro, come feci io appena me lo disse la prima volta. “Sei bellissima.” mi disse. Come potevo crederci se ogni persona al di fuori della mia famiglia pensasse che ero brutta? Eppure, qualcosa nei suoi occhi, un luccichio che non avevo mai visto mi convinse.

Avevo sette anni.

Avevo sette anni quando capii che non ero bella. Che non ero la persona che tutti si aspettavano io fossi.

I bambini maschi giocavano spesso a calcio nello spiazzale al di fuori dell'edificio scolastico. Le ragazze preferivano giocare a giochi più “femminili”, come fare i balletti di gruppo o fingere di andare a fare shopping insieme. La ricreazione era sempre un momento felice per la maggior parte dei bambini che frequentavano la scuola elementare nella periferia di Holmes Chapel, tranne che per me.

Io ero “troppo grassa, prendevo voti trooppo alti a scuola, ero troppo presuntuosa” per poter giocare con i miei compagni di classe, così di solito durante la ricreazione stavo seduta in uno dei gradini della scala di fronte all'entrata principale con la mia bambola Sissy a giocare da sola. Le insegnanti mi chiedevano il perché di questo isolamento...

Io semplicemente rispondevo che mi andava bene così, che mi piaceva stare sola.

Figuriamoci.

Quale bambina amerebbe starsene per conto proprio?

La verità era che non mi accetavano semplicemente per quello che ero. Ogni tanto qualche bambino mi si avvicinava, ma io scacciavo tutti, perché in realtà avevo paura che potessero fare il doppio gioco e fingere di essere miei amici in modo che potessi raccontare i miei segreti e poi loro li avrebbero spifferati da tutte le parti, come già era successo.

A dieci anni già mi ero creata un mondo tutto mio che nessuno poteva vedere o anche solo immaginare.

Mi vergognavo di quello che ero, semplicemente per i chili di troppo che mi ritrovavo addosso - che erano meno di cinque – o per il mio stesso carattere, che però non ho mai cambiato: mia mamma mi ha sempre detto di essere me stessa e che anche se a volte può risultare difficile, non dovevo cambiare per nessuno.

A undici anni iniziai a frequentare la scuola secondaria.

Speravo che lì le cose sarebbero cambiate, ma per mia sfortuna ritrovai quasi tutti i miei vecchi compagni, dato che quella era l'unica scuola nei paraggi.

E fu così che gli anni passarono in una monotonia tombale. La mia vita era sempre la stessa. Il mio unico amico era il mio cane e non potevo lamentarmi.

E fu così che arrivò il giorno del mio 14esimo compleanno.