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Autore: Aching heart    06/07/2013    4 recensioni
D'accordo, quella di Lilli e il Vagabondo non è una fiaba, ma è un meraviglioso classico Disney e per questo ha tutti i requisiti per "trasferirsi" a Storybrooke, una Storybrooke senza sortilegio e senza magia...
Cosa succederebbe se Lilli e il suo amato Vagabondo fossero persone reali che vivono con i nostri ben noti cittadini del Maine? Come si svilupperebbe la loro storia e come si intreccerebbe con quella del resto della comunità storybrookiana? Leggete e lo scoprirete ; )
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7. I have a dream

-Ecco, siamo arrivate – disse Linsday quando lei e Lily  si trovarono di fronte all’insegna luminosa e alla porta a vetri del The Rabbit Hole.
-Grazie mille – le disse Lily, un po’ in imbarazzo per essere stata accompagnata come una bambina durante una passeggiata da una perfetta sconosciuta.
-Figurati – rispose Linsday allegramente – Buon divertimento. Ciao.
- Ciao –rispose Lily, e la guardò allontanarsi. Rimase per un po’ di fronte all’entrata del locale, valutandone i pro e i contro. L’insegna al neon era molto più accesa rispetto a quella del King of the Fools e la musica, sebbene non scatenata come quella dell’altro locale, si sentiva anche da fuori. Dai vetri delle porte, Lily poté vedere che l’abbigliamento delle cameriere era simile al solito stile di Ruby Lucas, non di certo striminzito come quello della ballerina che l’aveva aiutata, Esmeralda. C’erano molti ragazzi della sua età dentro, anche se non conosceva nessuno. Non sembrava che ci fossero delinquenti, anche se la brutta esperienza fatta nemmeno un’ora prima avrebbe dovuto farla diffidare dall’aspetto delle persone. Ma ormai era lì, perciò afferrò il coraggio a due mani ed entrò. Nessuno fece caso a lei: almeno lì  non sembrava un pesce fuor d’acqua.
 L’ambiente era più caldo, meno affollato e un po’ meno mal frequentato dell’altro locale. Quantomeno erano tutti vestiti decentemente e nessuno era in procinto di copulare sui divanetti! Tutto sommato non sembrava poi così male come tutti ne parlavano, a Storybrooke. Poi vide un palchetto improvvisato, due casse, uno schermo e un paio di microfoni e sullo sfondo un grande manifesto con lettere dai colori sgargianti che formavano le parole “Serata karaoke”, e capì. Di certo in serate come quelle sarebbe stato strano trovare gli ubriaconi e i delinquenti della città nel locale, che invece era meta di ragazzi della sua età, più o meno bravi e innocenti. Più o meno, perché a quanto Lily poteva vedere anche loro erano portati ad alzare il gomito e “corteggiare” le ragazze, se così si poteva dire. In ogni caso avrebbe anche potuto provare a vedere come si sarebbe evoluta la serata…
Controllò il cellulare e vide che erano le dieci meno venti. Proprio in quel momento un uomo  salì sul palco e provò a parlare ad uno dei due microfoni, che dopo un fischio assordante riuscì ad amplificare la voce del presentatore.
-Buonasera a tutti! Siete riscaldati e carichi?
Gli avventori del locale lanciarono un grido  per dimostrare che lo erano.
-Bene, allora partiamo con la nostra serata! Chi vuole avere l’onore di iniziare?
In parecchi si sbracciarono nel tentativo di farsi notare. Lily non riusciva a capire il loro desiderio di mettersi in mostra. Magari erano già tutti brilli.
Un ragazzetto della prima fila trincerato dietro a strumenti tecnologici sconosciuti alla maggior parte del genere umano si affrettò a far girare un occhio di bue per la sala, con le altre luci abbassate, come per tirare a sorte la prima vittima del karaoke. Alla fine puntò la luce su una bella ragazza che poteva avere diciott’anni, bionda e abbastanza succinta, che sfilò verso il palchetto come ad una sfilata di moda per poi appropriarsi dell’altro microfono disponibile. Il presentatore le chiese il suo nome e lei rispose con un atteggiamento insopportabilmente petulante che si chiamava Blondie e che avrebbe cantato Umbrella di Rihanna. Il presentatore la lasciò sola sul palco e qualche secondo dopo la base partì. Blondie prese a cantare, muovendosi ed atteggiandosi  neanche fosse stata Rihanna in persona nel video musicale.
Potrebbe avere una carriera come ballerina al King of the Fools, pensò Lily, ricordando i movimenti provocanti  delle ballerine del malfamato locale. Non che quello in cui si trovava adesso fosse esattamente il rifugio delle fatine nel bosco incantato.
In ogni caso decise che sarebbe rimasta, perciò si tolse dalla porta e con lo sguardo cercò un tavolino libero al quale sedersi. Inutile dire che non ce n’erano, così la ragazza si rassegnò a dover rimanere in piedi e si avvicinò al bancone per prendere qualcosa da bere. Aveva sete, e anche parecchia, dopo l’aggressione al King of the Fools, così richiamò l’attenzione del barman.
-Ehm, scusa… una Coca, per favore – chiese.
Il barista la guardò come se avesse fatto una brutta battuta. – Sì, certo – le rispose. – Qui serviamo solo alcolici… se vuoi la Coca-Cola, vai da Granny con mamma e papà.
Lily avvampò per l’imbarazzo, ma decise di non dargliela vinta. –Bene, allora prenderò un cocktail. Li fate i cocktails con la Coca, no?
-Naturalmente – rispose quello con aria di scherno – Dimmi quale vuoi.
-Ehm… - fece lei. Non aveva la più pallida idea di quale volesse, perché non ne conosceva neanche uno.
Il barman parve capire e sospirò. Con un tono più paziente disse: - Aspetta. – Trafficò  un po’ sotto al bancone per poi estrarre un menù plastificato. – Qui sono elencati tutti i cocktails e i loro ingredienti. Scegli da qui.
Lily diede un’occhiata veloce e un po’ preoccupata: ce l’avrebbe fatta a reggere tutto quell’alcol? Non aveva assolutamente esperienza in quel campo… e se dopo aver bevuto non fosse stata più in grado di ragionare? E se non fosse riuscita a ricordare la strada di casa? E se si fosse imbattuta di nuovo in Rod o in un tipo simile?
-Allora? Hai scelto? – incalzò il barista.
-Sì… voglio il Caribbean Nightmare – disse lei precipitosa, dicendo il primo nome che aveva sotto gli occhi.
-Perfetto, hai scelto uno dei più leggeri. Sono dieci dollari.
Lily mise il denaro sul bancone,  lui mise i dieci dollari in cassa e iniziò a preparare il cocktail, che fu pronto in un minuto.
-Ecco a te.
-Grazie.
Prese in mano il bicchiere di plastica guardandolo con diffidenza, poi avvicinò le labbra alla cannuccia e prese un sorso, già pronta a rimanere disgustata e invece, con sua grande sorpresa,  scoprì che non era poi così male. Il sapore dell’alcol si sentiva ed era una novità per lei, ma c’era anche un sapore più delicato, più… dolce, come di cocco. Prese un altro sorso e iniziò a rilassarsi. Forse quella serata non sarebbe stata un fiasco totale.
Si voltò verso il palco a guardare la cantante improvvisata che continuava la sua esibizione.
-… Because… when sun shines we’ll shine together, told you’ll be here forever…
Mentre cantava continuava a contorcersi e muoversi come se stesse ballando la danza del ventre e ammiccava sempre nella stessa direzione, ad un tavolo in fondo alla sala che Lily non riusciva a vedere. Probabilmente quell’esibizione era dedicata ad un ragazzo.
Lily riprese a bere e ad apprezzare lo strano gusto del cocktail, e man mano che il livello del liquido nel bicchiere si abbassava lei si sentiva sempre più strana… il barman le aveva detto che aveva scelto un cocktail abbastanza leggero, ma era comunque troppo forte per lei. La testa le girava leggermente, e la musica le sembrava più forte… si sentiva in balìa di strane onde e capiva di non stare un granché bene, ma si sentiva anche libera, come se per una volta non dovesse stare attenta a quello che diceva, a come si comportava. Si sentiva potente. Niente più “sei una vera Lady”, almeno non per quella sera, e quando ebbe formulato quel pensiero iniziò davvero a godersi la serata, nonostante fosse sola e leggermente brilla. Ben presto la canzone finì ed altri si susseguirono ad allietare la serata con le loro voci, e parecchi furono molto divertenti, soprattutto se salivano sul palco quando erano già ubriachi. Anche il resto degli avventori ci aveva dato dentro con l’alcol e non faceva molto caso a come gli pseudo cantanti si esibivano. All’improvviso, a Lily venne voglia di cantare, non sapeva se perché effettivamente volesse partecipare al karaoke o perché ormai l’alcol le aveva dato completamente alla testa; comunque quando il presentatore salì per l’ennesima volta sul palco per reclamare volontari, Lily non esitò a farsi avanti.
-Cosa canti? – le chiese a bassa voce il DJ improvvisato, ovvero il ragazzetto in prima fila, quando lei si fu avvicinata.
Lily ci mise un po’ per pensare quale canzone avrebbe voluto cantare, ma le venne in mente solo un titolo.
-I have a dream, degli ABBA.
Al DJ occorsero dieci secondi scarsi per controllare se aveva la base, dopodiché diede l’ok a Lily che salì sul palco e afferrò il microfono, tutt’a un tratto diventata un po’ nervosa. Non sapeva perché avesse scelto quella canzone, non era neanche la sua preferita, la conosceva solo perché era stata inserita in Mamma mia!… però le era venuta in mente solo quella: si era sforzata di pensarne altre, ma ormai le era entrata nella testa.
La tensione si sciolse un po’ quando partì la base, molto meno bella dell’originale – che già di suo non era proprio una delle più belle canzoni esistenti – ma comunque allegra, coinvolgente, e Lily riuscì a sorridere e a sciogliersi del tutto, muovendosi con disinvoltura .
-I have a dream, a song to sing,  to help me cope with anything. If you see the wonder of a fairytale you can take the future even if you fail…
Era divertente, lo doveva ammettere, e sospettava che l’aver bevuto contribuisse a farle apprezzare il karaoke. Si guardò intorno: da lì riusciva a vedere tutta la sala, anche il punto che le era nascosto quando stava al bancone. Chissà a chi erano destinati gli sguardi e i movimenti “sensuali” della bionda… guardò in quella direzione e non ebbe più bisogno di chiederselo, perché vide Blondie in persona fare la corte al ragazzo interessato. Che era Ethan, e che stava guardando lei, Lily, senza degnare di uno sguardo la sua ammiratrice che era palesemente infastidita da quella mancanza di attenzione.
Lily provò dentro di sé una strana mescolanza di sensazioni… sentì qualcosa come un acido ribollire e bruciare in fondo allo stomaco, facendola infuriare, ma sentì anche una strana soddisfazione, e credeva anche di sapere perché. Distolse lo sguardo da Ethan e lo posò sullo schermo con le parole, che dopotutto non conosceva a memoria, stringendo con più energia il microfono e facendo un sorrisetto. Lily seppe che Ethan l’aveva notato, perché quando tornò a guardarlo lui aveva la sua stessa identica espressione.
Quando arrivò alla fine della canzone, Lily capì perché l’aveva scelta.
-… when I know the time is right for me I’ll cross the stream. I have a dream.
Inconsciamente aveva scelto una canzone che esprimeva il suo stato d’animo, il suo pensiero in quei giorni. Non era vero che non aveva un sogno, solamente non sapeva ancora qual era, ma ora sì, e non era diventare medico. Adesso che l’aveva scoperto sapeva che non avrebbe potuto ignorarlo e, come diceva la canzone, quando sarebbe stato il momento giusto avrebbe l’avrebbe seguito. Il suo sogno era cantare.

***

Ethan vide Lily sorridere alla fine dell’esibizione e ringraziare quelli che l’avevano applaudita, come lui, che era certo di non aver mai udito nulla di più bello della sua voce. Era così dolce, angelica… proprio come lei. Perché lui era convinto che , se il Paradiso e gli angeli esistevano davvero, lei era certamente una di loro.
Aveva sentito la sua mancanza in quei giorni, e spesso la tentazione di andare a trovarla era stata forte, ma si era sempre costretto a pensare a lei, al fatto che la sua presenza avrebbe potuto non farle piacere, addirittura metterla nei guai, e in qualche modo era riuscito a lasciarla in pace. Era una situazione completamente nuova per lui, per molti punti di vista. Innanzitutto perché sapeva di provare qualcosa di molto profondo per Lily, e questo portava al secondo motivo, ovvero il fatto che per la prima volta si trovava a pensare cosa era meglio per una ragazza, ad accantonare il suo egoismo. Non che fosse una cattiva persona, ma quando si cresceva come era cresciuto lui, per strada, con l’unica prospettiva del furto per sopravvivere, e in perenne fuga dalla polizia, ci si abituava inevitabilmente a pensare egoisticamente, a fare sempre il proprio interesse non curandosi degli altri, e tutti i legami che si stringevano, per quanto potessero essere forti, passavano comunque in secondo piano rispetto alla propria salvezza, anche se  lui era un’eccezione, visto che aveva più volte tolto dai guai i suoi amici mettendosi in pericolo. E poi non gli era mai successo di preoccuparsi così delle esigenze di una ragazza perché non aveva mai avuto storie serie, solo avventure di una notte, e non si era mai preoccupato di lasciare dietro di sé cuori spezzati. Le ragazze che frequentava erano come lui, non si perdevano in sentimenti stucchevoli, non si innamoravano. Erano come Blondie, la ragazza seduta a fianco a lui in quel momento, che cercava di sedurlo da tutta la sera, senza successo. A Ethan quasi dispiaceva per lei, perché l’aveva ignorata quasi continuamente: ormai aveva in mente solo Lily… e questa era la sua occasione di parlarle, ora che era lontana da casa e dai suoi genitori, perciò si alzò dal divanetto su cui era seduto senza dare una spiegazione , lasciando lì i suoi amici e soprattutto Blondie che, non conoscendo i modi di fare di Ethan, ne fu abbastanza sconcertata.
Ethan si fece strada tra la folla cercando di raggiungere un punto in cui potesse  vedere meglio la sala poiché aveva, purtroppo, perso di vista Lily, ma non ne ebbe bisogno, perché fu proprio con lei che si scontrò. Si stava evidentemente dirigendo verso la porta, ma lui aveva tutta l’intenzione di non lasciarla scappare. Quando lei alzò lo sguardo su di lui, Ethan la salutò con un grande sorriso, accompagnato dall’immancabile “Bimba”. Stavolta però lei non sembrò essersela presa per il nomignolo, anzi, a differenza delle altre volte in cui si erano visti sembrava abbastanza tranquilla e rilassata. Lei gli sorrise a sua volta e lo salutò, e lui non perse tempo prezioso.
-Stavi scappando? – le chiese – Non è neanche mezzanotte… si sa, Cenerentola non va via prima della mezzanotte.
Lily ridacchiò. - Non preoccuparti, non sto scappando. Sto solo prendendo una boccata d’aria fresca… e comunque, magari fossi Cenerentola! Il mio coprifuoco è più rigido del suo.
-Ti va se ti accompagno fuori?
-Volentieri.

***

 
Lily ed Ethan uscirono insieme dal locale , e lei poté finalmente inspirare un po’ d’aria fresca e snebbiarsi un po’ il cervello. Le stava venendo mal di testa lì dentro, fra l’aria consumata, la musica, le luci e l’alcol. Quella serata non era stata deludente come si era preannunciata, anzi, dopo l’inizio un po’ problematico si era decisamente divertita… l’episodio avvenuto al King of the Fools non le sembrava neanche accaduto quella sera stessa, ma giorni prima. Tuttavia il ricordo dell’accaduto le riportò alla mente il dubbio sull’identità del suo aggressore: era parente di Ethan? Il cognome era lo stesso, ma poteva anche trattarsi di una casualità, visto che lui era stato in orfanotrofio, proprio come lei. Decise di chiederglielo, adesso che ne aveva l’occasione, solo che non sapeva come porgli la domanda.
Passeggiavano distrattamente per la strada, senza fare molto caso a dove andavano: erano tutti e due molto pensierosi, e nessuno dei due sapeva cosa dire, cosa abbastanza sorprendente sia per l’una che per l’altro: per Lily perché, per quanto timida, con le persone che conosceva almeno un po’ era spesso molto allegra ed esuberante, in più quella sera aveva bevuto; per Ethan perché lui non era mai in imbarazzo, e sapeva sempre cosa dire. Alla fine parve ricordarsi della sua fama, perché disse:
-Dunque, stai piano piano abbandonando il ruolo di “brava ragazza”?
-Scusa? – chiese lei, senza capire.
-Eri al The Rabbit Hole – spiegò Ethan.
-Se è per questo, sono stata anche al King of the Fools – replicò lei con una punta d’orgoglio. In fondo, lui non poteva sapere che quella era stata un’avventura ben poco piacevole.
-Davvero? Bimba, sei più coraggiosa di quanto pensassi. Neanche io mi avventuro mai lì.
Lily non sapeva cosa si aspettava… forse una paternale nello stile di suo padre o una serie di domande ansiose nello stile dei suoi amici, ma di certo non quell’affermazione, così scoppiò a ridere e confessò: - D’accordo, ci sono capitata per caso, perché mi ero persa, e sono quasi morta di paura là dentro – evitò però di raccontare l’aggressione di Rod e il salvataggio di Esmeralda.
Anche Ethan scoppiò a ridere. Dopo qualche secondo le chiese:- Ma tu esci da sola?
-Ehm… è una storia complicata. Diciamo che… i miei amici non potevamo accompagnarmi e io ho colto l’occasione per fare qualcosa di diverso.
-Ho visto… anzi, ho sentito – disse Ethan riferendosi all’esibizione di Lily al karaoke – A proposito, complimenti. Te lo diranno tutti quelli che ti conoscono, ma canti davvero bene.
-Grazie – rispose lei – A dire la verità  solo pochissime persone mi hanno sentita cantare… almeno prima di questa sera. Mi piacerebbe poter cantare nella vita, ma…
-Ma?
- Non sarebbe così semplice spiegarlo ai miei genitori.
Ethan sbuffò.- Lo so, i genitori adottivi hanno delle grosse difficoltà a non imporre ai figli la loro volontà.
-Li fai sembrare quasi dei dittatori.
-Proprio quello che sono. Dittatori incapaci di voler bene…
-No, questo non è vero! – ribatté Lily – Insomma, guarda me, guarda Henry, il figlio del sindaco Mills!
-Appunto, quel ragazzino ha dieci anni ed è già in cura dallo strizzacervelli, ed è andato lui stesso a cercare la sua madre biologica e tu… beh, l’hai detto tu stessa che non ti lasciano seguire il tuo sogno!
-Sì, ma questo non vuol dire… - Lily si stava scaldando, ma poi decise di lasciar perdere e di andare in un’altra direzione – Tu parli così perché ne hai avuto un’esperienza con la tua famiglia adottiva, vero?
-Sì – disse lui col tono basso di chi odia ogni singola fibra della persona di cui sta parlando.
-E… tu hai un fratello? – azzardò. Ethan si fermò e si girò verso di lei.
-Sì – ripeté nello stesso tono ma con una nota diversa che sembrava… rimpianto.
-Non sei in buoni rapporti con lui? – chiese. Ethan scosse il capo. –Ti va di parlarne?
Lui sospirò, poi si sedette sui gradini di una delle vecchie case dalle facciate scrostate che si affacciavano sulla strada semibuia e invitò Lily a fare lo stesso.
-La mia infanzia non è stata proprio il massimo. Ti ricordi cosa sognavamo noi all’orfanotrofio?
-Sì, me lo ricordo… l’unica videocassetta che avevamo era quella di Matilda sei mitica, e noi sognavamo che alla fine saremmo stati adottati da una mamma come la signorina Honey e che saremmo andati ad abitare in una casa simile alla grande villa della preside Trinciabue.
-Per te questo sogno si è avverato. Per me no. Avevo sette anni quando i Cooper mi hanno portato via e anche se con gli altri bambini fingevo il contrario, in quel sogno un po’ ci speravo. I Cooper abitavano nella periferia di Boston e avevano già un altro figlio adottivo, Rod, che aveva due anni più di me ed era stato adottato da loro quando era molto piccolo. Ben presto capii che, più che per desiderio di avere figli, ci avevano presi con loro per convenienza: si servivano di noi per portare a termine truffe, furti e cose di questo genere. Rod che era più grande e aveva più esperienza divenne un po’ la mia guida … io lo ammiravo, volevo essere come lui, e questo lui lo sapeva. Era sicuro di sé, molto abile, e anche se spesso mi faceva dei dispetti credo che mi volesse bene. Poi, dopo tre o quattro anni, i Cooper ebbero un figlio tutto loro, e non so cosa accadde, forse decisero che tre figli erano troppi da mantenere, o che per i loro affari bastava un solo bambino, o forse decisero addirittura di cambiare vita… fatto sta che si rivolsero a non so che avvocato per potersi liberare di noi nella norma della legge. Non ricordo bene come andarono le cose, ma io e Rod scoprimmo che non eravamo stati adottati, bensì presi in affidamento, e il giudice a cui era stato sottoposto il caso stabilì che noi due avremmo dovuto essere rispediti ciascuno all’orfanotrofio di appartenenza. Nessuno di noi due però voleva ritornare in orfanotrofio, e non volevamo neanche che ci separassero, così scappammo due giorni prima che gli assistenti sociali ci venissero a prendere. Finimmo nella parte più infima della bidonville, completamente soli, e non credo che i Cooper si siano presi la briga di farci cercare. Figurarsi, non si erano fatti molti scrupoli neanche a liberarsi di Rod, che avevano con loro da più di dieci anni! Nel periodo che passammo lì, Rod divenne il mio punto di riferimento ancora di più di quanto non lo fosse prima… lui si prendeva cura di me come poteva, anche se spesso ci cacciavamo entrambi nei guai. Quello più incline a buttarsi nelle risse, a cacciarsi nei guai più grandi di lui era lui… a volte mi faceva paura, ma poi ho capito che quella sua aggressività, la sua violenza non erano altro che una difesa, perché dei due quello che era stato più ferito dall’abbandono era lui. E sapevo che nel suo cuore il bene che voleva ai Cooper  si era presto trasformato in odio, e quell’odio lo stava spingendo a prendere strade pericolose, perciò lo pregai di andarcene, di cambiare aria e provare a farci una nuova vita. Lui mi accontentò, e fu così che arrivammo a Storybrooke, che ai nostri occhi sembrava una cittadina perfetta, calma, tranquilla, proprio quello di cui avevamo bisogno. Ma, come sai anche tu, anche Storybrooke aveva del marcio; dietro alle case semplici, pulite ed ordinate, alla villa del sindaco e alla tavola calda di Granny si celava un mondo malfamato, un mondo che conoscevamo, e finimmo inevitabilmente col farne parte. Quando sei cresciuto in un certo modo è difficile cambiare ambiente. Per sopravvivere facemmo quello che avevamo sempre fatto: rubare. Era l’unica cosa che ci avevano insegnato i nostri genitori … solo che Rod peggiorò nettamente. Continuò sulla via che aveva imboccato a Boston, e anche se io cercai di aiutarlo in tutti i modi non riuscii a cambiare niente. Ormai il Rod che conoscevo io se n’era andato, era diventato un criminale fatto e finito… nei primi tempi lo aiutai, se non perché volevo farlo almeno perché glielo dovevo, mi presi cura di lui come lui aveva fatto con me da ragazzino, ma poi arrivò un punto in cui mi vidi costretto a dire basta, a tagliare i ponti con lui. E credo che non me l’abbia mai perdonato, forse lo paragona all’abbandona dei Cooper, ma io non posso farci niente. Lui ha fatto la sua scelta, io la mia.
Quando Ethan ebbe terminato il suo racconto, Lily rimase in silenzio. Non sapeva cosa dire, e si sforzò di non lasciar vedere che aveva gli occhi lucidi.
-Mi dispiace – disse alla fine, e riuscì a non dire quelle due parole con la voce intrisa di pietà.
Ma Ethan era il tipo che tendeva a sdrammatizzare e a non soffermarsi troppo a lungo su pensieri poco piacevoli, così riprese il tuo solito tono scherzoso: -Beh, almeno ora sai come è nata la grande leggenda, Ethan “Tramp” Cooper, il più giovane criminale che Storybrooke  abbia mai conosciuto. No, davvero, non c’è da essere tristi, quel che è stato è stato. E poi, se non fosse accaduto tutto questo, noi due non ci saremmo mai rincontrati, no?
-Veramente ancora non so se è un bene o un male – disse lei scherzando, seguendo il suo esempio.
Lui stette al gioco. – Oh, è così? Vediamo se cambierai idea dopo un attacco di… solletico!
-No, per favore, il solletico no! – rispose lei fra una risata e l’altra, con le lacrime agli occhi, mentre si contorceva per il solletico. Anche Ethan rideva come un matto.
-Ok, basta, la smetto – disse lui dopo un po’ ed entrambi ripresero fiato, ancora ridendo.
Quando ebbero ripreso la calma, Lily si ricordò di controllare l’orario, così scoprì che erano le undici meno un quarto.
-E’ quasi ora di tornare a casa – disse sospirando – sarà meglio che inizi ad andare, altrimenti arriverò in ritardo.
-Ti accompagno, così non rischi di fare brutti incontri.
Passeggiarono chiacchierando del più e del meno, e quasi non si accorsero di essere arrivati all’imboccatura di High Avenue, dove avrebbero dovuto separarsi per non rischiare di essere visti.
-E’ stata una serata bellissima – disse Ethan.
-Sì, lo è stata anche per me. Raramente sono stata così bene con qualcuno.
-Potremmo vederci ancora… potremmo vederci tutti martedì sera al The Rabbit Hole  per il karaoke e farla diventare una nostra piccola tradizione, che ne dici?
-Per me va bene –disse lei, emozionata.
-Allora a martedì prossimo – disse lui, e prima che lei potesse fermarlo si sporse verso di lei e la baciò su una guancia, per poi lanciarle un sorrisetto e dileguarsi. Anche Lily sorrise, e si incamminò verso casa sua, passando per la porta d’ingresso alle undici in punto.
-Sono a casa – disse a voce abbastanza alta da farsi sentire sia nel soggiorno che nella sala da pranzo. I suoi erano seduti sul divano a guardare la TV, e si girarono verso di lei quando la videro passare.
-Ti sei divertita? – le chiese Liza vedendo la sua espressione gioiosa.
-Molto.
-Sei tornata appena in tempo – intervenne Gianni, sospettoso che quel sorriso avesse qualcosa a che fare con quel ragazzo che non gli andava a genio. Poi però si ricordò che Marshall e Antoine non gli avrebbero mai permesso di avvicinarsi a lei e si tranquillizzò.
-Sì – rispose lei facendo finta di niente  - e sono molto stanca, ora vado a letto. Buonanotte.
-Buonanotte, cara – dissero prima Liza e poi Gianni e, dopo il bacio della buonanotte, Lily salì le scale e si precipitò in camera sua a prepararsi per dormire. Quando, venti minuti più tardi, si buttò sul suo letto spegnendo l’abat-jour, quel sorriso che le aveva suscitato Ethan non era ancora scomparso.


*Angolo Autrice*
Eccomi qui, con la seconda parte dello scorso capitolo... bella lunga, eh? Qui, come promesso, Lily scopre qual è il suo sogno ed Ethan rivela finalmente che cosa ha passato con la sua "famiglia adottiva", approfondendo anche un po' di più la figura di Rod. Comunque lo so che l'idea del karaoke è banale che più banale non si può, e che ad un posto come il The Rabbit Hole ci si aspetterebbe di tutto meno che questo, ma sinceramente ero a corto di idee e non volevo farvi aspettare ancora.
Dunque, non so quando ci rivedremo con questa long, e neanche con l'altra, che spero di riuscire ad aggiornare entro domenica, anche se la vedo una missione un po' disperata...
Come sempre, ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto alle ricordate/seguite/preferite questa storia, i lettori silenziosi, Princess Vanilla per aver iniziato a seguire questa storia e annachiara27 e Beauty per aver recensito (a Beauty va un ringraziamento speciale, per tutto quello che ha fatto e che sta facendo).
Buonanotte!
   
 
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