-Partecipante al contest "Un prompt per ogni storia" indetto dal gruppo Storie di EFP.
Betata da sugarinlondon.
“Born to die”
Si era sempre
chiesta come sarebbe stato morire,
prendere coscienza del fatto che avrebbe abbandonato il mondo terreno
per
sempre.
Ora, su quella
barella avvolta da voci che si
accavallavano e l’accompagnavano verso
l’incoscienza, Isabella stava trovando
risposta alle sue domande.
Vedeva solo
bianco.
«Isabella,
Isabella mi sente?»
Ma la piccola
umana non aveva la forza e la volontà
di rispondere.
Era stanca.
Troppo a lungo
aveva combattuto.
Aveva combattuto
per l’amore di Edward, andato via
chissà dove dopo averla abbandonata nel bosco.
Aveva combattuto
per restare in piedi nonostante il
periodo di depressione in cui era caduta.
Aveva combattuto
per sembrare normale agli occhi di
Charlie.
Aveva combattuto
per restare aggrappata alla sottile
linea bianca della vita.
Quella stessa
linea che ora stava cedendo
pericolosamente.
Ma era
scivolata, nel momento in cui le pallide
proiezioni di Edward causate dalla sua mente non furono più
sufficienti.
Non aveva senso,
secondo lei, vivere senza amore.
Il suo amore.
Per questa
ragione la piccola umana si gettò dal
dirupo, incurante degli ululati disperati del suo amico licantropo Jake.
Ma prima di
morire e chiudere gli occhi per sempre,
il destino volle farle un altro regalo.
Un’altra
proiezione
di Edward.
Lo vide lanciare
urli muti disperati, dietro le
spalle del dottore che scoprì essere Carlisle.
Cosa ci faceva Carlisle, lì?
Da un angolo
della sala operatoria, Alice continuava
a mormorare concisa ad Edward la stessa frase, più e
più volte.
«Edward,
devi trasformarla se vuoi che viva.»
«Non
posso costringerla ad una vita che non può
accettare, sorella.»
«Vuoi
che muoia, allora?» urlò la vampira, mentre
con mano tremante asciugava le lacrime invisibili che scivolavano sul
suo
volto.
Edward, invece,
stava impazzendo e vedeva tutto a
rallentatore.
Percepiva i
pensieri disperati dei suoi familiari.
La
mia sorellina sta morendo, sta morendo. Emmett.
Avrei
dovuto volerle bene sin dall’inizio. Rosalie.
È
solo colpa mia, se solo non l’avessi quasi morsa al suo
compleanno. Jasper.
Figlia
mia. Esme.
Edward,
concentrati. Carlisle.
Salvala.
Alice.
Provava tutte le
emozioni contrastanti della sua
famiglia, sentendosi sempre più debole e in gabbia.
Con passi lenti,
ubriaco di sofferenza si avvicinò
ad Isabella, e con delicatezza la morse.
Scusami
Isabella.
Erano passati
tre giorni dalla trasformazione.
Tre giorni in
cui Edward guardava la pelle diafana
della sua compagna, intristito.
«Sembra
morta» la voce del vampiro si spezzò,
«Carlisle. Ho fatto tutto bene, non è
così?»
La non
più umana ma neanche vampira, aveva
l’incarnato pallido, quasi emaciato.
Era bianca.
Sembrava
realmente morta, difatti non urlava dal
dolore, non si muoveva.
Era caos
statico, nonostante il fuoco divampasse in
lei.
Ma
ciò, i vampiri intimoriti e tormentati dai sensi
di colpa, non potevano saperlo.
Edward si era
sempre immaginato la morte di bianco.
Non a caso, lui
e tutti i vampiri del mondo, ormai
morti da svariati secoli, avevano la pelle bianca.
Ma Isabella,
perché non aveva la pelle rosea come
qualunque altra umana?
Perché
non urlava, non si dibatteva sulle coltri del
letto matrimoniale di Esme e Carlisle?
Nel frattempo,
nell’altra stanza Charlie chiamò per
l’ennesima volta e, per l’ennesima volta, la
famiglia Cullen lo ignorò.
Cosa
diremo a Charlie?
Chissà
come starà soffrendo Isabella in questo momento.
Edward,
fratello, sono giorni che non ti nutri, esci a cacciare, penseremo noi
ad
Isabella.
Avrà
funzionato la morfina?
Poi,
all’improvviso, Isabella aprì gli occhi.
Cosa le avrebbe
detto?
Come avrebbe
spiegato il suo allontanamento?
Non lo sapeva,
ma al momento era felice.
Felice di vedere
Isabella, viva.
Il bianco aveva perso.