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Autore: NewShadow    07/07/2013    1 recensioni
Avete mai pensato a cosa sarebbe successo se Tom Riddle senior non avrebbe mai abbandonato Merope Gaunt quando questa era incinta? Ovviamente tutta la storia di Harry Potter sarebbe diversa! Bhe! se ve lo siete chiesti ecco una fan fiction che fa per voi!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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TOM E  GWEN (parte 1)

31 Agosto 1942     Ore: 23.30

Tom Riddle era steso a pancia in su sul suo letto e osservava il soffitto della sua camera e pensava. Fra 30 minuti sarebbe stato il primo settembre e sarebbe iniziato il suo settimo e ultimo anno ad Hogwarts. Quell’anno si sarebbe giocato il tutto per tutto. Quell’anno avrebbe stabilito cosa avrebbe potuto fare una volta fuori da Hogwarts. Quell’anno avrebbe avuto l’ultima possibilità per mostrare ai professori che cosa era in grado di fare. Ma soprattutto quell’anno avrebbe avuto l’ultima possibilità di dichiararsi a Gwen Bennet. Gwen Bennet era una ragazza di Grifondoro del suo stesso anno. Lei era testarda e a volte molto vendicativa, ma aveva dei lunghi capelli rosso fuoco e degli occhi azzurro chiaro, come il cielo di maggio, in cui era facile perdersi. Era sempre e costantemente allegra. Ogni volta, anche in situazioni difficili, riusciva sempre a tirare su il morale di tutti. Inoltre era estremamente intelligente, gentile, ambiziosa e forte. Già Gwen Bennet era una ragazza forte, la più forte che Tom avesse mai incontrato. In sei anni che la conosceva non l’aveva mai vista abbattersi. Si, certo, l’aveva vista piangere quando la sorella era morta a causa di una rara malattia, ma dopo aver passato una settimana chiusa nel suo dormitorio, Gwen era tornata a seguire le lezioni come se niente fosse successo, con un sorriso sulle labbra e con la solita allegria che contagiava tutti quelli che gli stavano intorno. Insomma… Gwen riusciva sempre a stupire tutti e anche per questo era molto corteggiata, forse la ragazza più corteggiata della scuola. Ma lei non era come le altre che cedevano e arrossivano di botto appena un ragazzo carino rivolgeva loro la parola. No, Gwen era diversa. Lei non era come le altre che aspettavano invano il principe azzurro, lei attirava “la vittima”, ne diventava amica e poi, forse, usciva con essa.  
Tom era segretamente innamorato di lei dal loro quinto anno quando lei gli diede degli ottimi consigli per superare quel momento molto difficile per lui. Fino a quel momento lui non aveva dato tanto peso alla ragazza, infatti non parlavano quasi mai e, se questo succedeva, finiva sempre con una discussione e, a volte, con qualche schiantesimo. In fin dei conti erano sempre un Serpeverde e una Grifondoro. Ma quel giorno, Tom non era dell’umore adatto per gli scherzi. Infatti quella mattina aveva ricevuto la notizia che suo nonno materno, Orvoloson Gaunt, aveva incontrato la figlia e il marito, i genitori di Tom, in giro per Diagon Alley. Appena il vecchio vide la giovane coppia riconobbe subito la figlia, Merope, e il “lurido” babbano con il quale era in compagnia. La sua reazione fu immediata e decisamente istintiva: Orvoloson, anche se ormai vecchio e quasi privo di forze,  uccise il povero Tom Riddle Senior davanti a tutta Diagon Alley. Poi intervenirono gli Auror che portarono Orvoloson Gaunt davanti al Wizegamot e successivamente ad Azkaban dove il vecchio trascorse i suoi ultimi giorni di vita. Per tutto il giorno Tom non aveva detto niente a nessuno, nemmeno ai suoi amici e alla sua ragazza d’allora, anche se tutti si continuavano a chiedergli cosa avesse. Poi, la sera, ci fù il solito incontro del Luma Club con tutti gli studenti preferiti di Lumacorno e tra quelli studenti c’erano sicuramente Tom e Gwen. Quando Tom entrò nell’ufficio del professor Lumacorno tutti erano seduti e l’unico posto libero era vicino a Gwen Bennet. Di solito Gwen non lo degnava nemmeno di uno sguardo quando lui entrava in un aula, ma quel venerdì sera Gwen smise di conversare con le ragazze che aveva vicino e si girò verso Tom, lo squadrò per qualche secondo e gli disse
 – Buona sera Riddle, siamo di buon umore vedo -. Lo disse con un tono ironico e allegro. A quelle parole Tom alzò la testa e la guardò incredulo. Da quando Gwen Bennet lo salutava? Gwen si accorse di come il giovane la guardava e disse scherzosamente – Chiudi quella bocca o ci entreranno le mosche -. Dopo quella frase Tom riabbassò la testa; quella frase gli fece tornare in mente la prima passeggiata a Diagon Alley con il padre e la madre. Poi, prima che la ragazza potesse dire o fare qualcosa, si alzò di scatto e uscì dallo studio lasciando tutti confusi.
La mattina dopo, finita l’ora di trasfigurazione con il professor Silente, Tom era ancora cupo e non si accorse dello strisciare delle sedie sul pavimento, segno che l’ora era finita. Rimase qualche minuto a guardare il corvo che avrebbe dovuto trasfigurare in un portagioie. E sarebbe rimasto così per ore se non fosse stato per qualcuno che lo chiamò, facendolo sobbalzare visibilmente. Si girò di scatto verso la fonte di quella voce e si stupì a vedere nient’altro di meno che Gwen Bennet. Subito Tom esclamò –Per la barba di Merlino, Bennet! Mi hai fatto prendere un colpo!- a quelle parole la ragazza ridacchiò e disse –Allora c’è l’hai la lingua!- poi aggiunse –Peccato…. Credevo, o meglio speravo, che il gatto te l’avesse mangiata- Tom in tutta risposta rimase lì, fermo, impalato a guardare il pavimento. Gwen incuriosita si avvicinò al ragazzo e gli disse con un tono dolce –Potrei sapere che cos’hai e perché ieri sera te ne sei andato così dopo che io ti ho gentilmente salutato?- Tom fece finta di non aver sentito e, a quel punto, Gwen iniziò a perdere la pazienza –Cavoli, Riddle! Per una volta che sono gentile con te nemmeno mi rispondi!- Tom la ignorò nuovamente e Gwen al limite della pazienza urlò al ragazzo –RIDDLE!!- il giovane Riddle sobbalzò nuovamente e cadde per terra. Quando si fu rialzato si trovò davanti una Gwen Bennet nel bel mezzo di un attacco di risate. – Potrei sapere cosa c’è di tanto divertente- chiese Tom leggermente irritato. –Niente, è solo che sei buffo- Rispose semplicemente la ragazza per poi riprendere a ridere come una forsennata. Tom si fece scappare un sorriso e poi rispose con un ghigno –Parla miss “non sono buffa”- e poi anche lui iniziò a ridere insieme alla ragazza. Dopo cinque minuti di risate ininterrotte i due ragazzi si calmarono e si guardarono ancora con un sorriso sulle labbra e con gli occhi lucidi a causa delle troppe risate. Tom si perse negli occhi azzurri della ragazza, aveva degli occhi bellissimi. Poi il suo sguardo cadde sui suoi capelli, capelli decisamente perfetti. Poi ritornò a guardare il viso della ragazza. In effetti Gwen Bennet non era male, anzi era carina, decisamente carina. Gwen, accortasi dello sguardo con cui il ragazzo la guardava, tossicchio facendo ritornare Tom alla realtà. Poi si sedette su un banco e disse - Come stai?- Tom la guardò per qualche secondo, poi disse con un tono noncurante – Bene, perché?- -No, perché è da ieri mattina che sei strano…. – rispose la ragazza. Tom abbassò lo sguardo, poi si lasciò cadere sulla sedia più vicina e sospirò rumorosamente. Dopotutto poteva dire alla ragazza che cosa era successo. – No, hai ragione. Non sto bene- e iniziò a raccontare tutta la storia di sua madre e di suo padre fino alla morte di quest’ultimo. Terminato il suo racconto Tom iniziò a piangere silenziosamente e la cosa lo fece stare meglio. Ma si sentì ancora meglio quando si sentì una mano sulla spalla: Gwen era lì, dietro di lui e gli accarezzava la spalla. Tom la guardò e, senza esitare, si buttò tra le braccia della ragazza. Non sapeva nemmeno lui perché lo avesse fatto, ma Gwen gli dava sicurezza. Non sapeva nemmeno perché, dopotutto non erano nemmeno amici, ma era come se in quel momento Gwen fosse la sua unica ancora di salvezza. Lei rispose all’abbraccio e i due giovani rimasero così per qualche minuto, poi si staccarono e Gwen disse – Capisco come ti senti. Ci sono passata anche io quando è morta mia sorella, ma dopo mi è subito passata perché mi sono accorta che non potevo continuare a piangere e a nascondermi per tutta la vita.- Ma, visto che quelle parole sembravano non convincere Tom, Gwen lo prese per mano e lo trascinò fuori dall’aula, nei corridoi, per le scale fino a quando non giunsero davanti alla grande quercia che sta nel giardino di Hogwarts, sulle sponde del lago nero. Una volta giunti a destinazione Gwen si sedette ai piedi del grande albero e Tom fece lo stesso. I due rimasero in silenzio ancora per qualche minuto, poi Tom disse – perché mi hai portato qui?- Gwen lo guardò e disse - Io vengo sempre qua quando ho un problema. Il fatto di  stare qua in silenzio mi calma e mi rilassa… non è così anche per te?- Tom guardò il lago nero e le montagne che circondavano Hogwarts poi disse – Si, è così anche per me. – La ragazza sorrise e tornò a guardare il lago, poi chiuse gli occhi e si sdraiò per terra. Tom la guardò incuriosito, poi la imitò e si ritrovarono distesi con le mani che si sfioravano. Il cielo quel giorno era limpido con qualche nuvola. Gwen alzò la mano e indicò una nuvola dalla forma strana e disse –Vedi quella nuvola? Non sembra una fenice?- Tom sorrise e annuì con il capo, poi anche lui alzò una mano e indicò un'altra nuvola e disse –E quella non sembra un ippogrifo?- Continuarono così per mezz’ora ridendo e scherzando fino a quando Gwen girò la testa dalla parte del ragazzo e gli chiese –Come ti senti?- e Tom rispose –Bene- Gwen lo guardò ancora per qualche secondo poi ritornò ad osservare il cielo e disse
-Quando sento la mancanza di mia sorella vengo qui e guardo le nuvole. Mi fa sembrare più vicina a lei.- Tom la guardò e disse –Hai ragione.- Gwen lo guardò e Tom si riperse in quegli occhi limpidi. Ma questa volta la ragazza lo lasciò fare e anche lei si perse negli occhi color perla di Tom. Rimasero qualche minuto così, senza fare o dire niente. Poi sentirono delle voci in lontananza, a quanto pare le lezioni del giorno dovevano essere finite. Tom si alzò e aiutò Gwen ad alzarsi, camminarono insieme fino alla sala d’ingresso dove si separarono, ognuno diretto verso la propria sala comune.
E ora, dopo un anno e mezzo, Tom era steso sul suo letto a pensare a Gwen, ai suoi capelli rossi, morbidi e profumati, ai suoi occhi limpidi e alla sua figura alta e snella. Tom si era innamorato di lei, ma non sapeva se lei ricambiava, questo lo spaventava. Dopo quel famelico giorno Tom era ritornato quello di sempre; con l’unica differenza che a volte si recava sotto la grande quercia nella speranza di incontrare la ragazza, ma questo non era mai successo. Non avevano più parlato come quel giorno. Certo, qualche volta si scambiavano dei brevi saluti o qualche occhiata, ma per il resto i loro rapporti erano tornati quelli di un tempo.
Tom girò la testa e guardò l’orologio: erano le 00.00. Tom sorrise e chiuse gli occhi: fra 11 ore avrebbe incontrato Gwen, la sua Gwen.

1 Settembre 1942   Ore: 10.40

Tom Riddle si faceva spazio tra la gente babbana che lo guardava incuriosita. Fra venti minuti sarebbe stato sull’ Hogwarts Express con i suoi amici che non vedeva da due mesi. Mentre spingeva il carrello con sopra il suo baule e la sua fidata civetta marrone Nagini, sentì una voce familiare poco più avanti di lui. Subito girò la testa e fece  un sorriso a trentadue denti: Gwen era li che stava spingendo il suo carrello mentre una ragazza alta poco più di lei e con i capelli biondi la affiancava. Gwen rideva, mentre l’altra ragazza, che molto probabilmente era la sorella, le diceva qualcosa con un sorriso. Tom affrettò il passo e le raggiunse. Quando era a pochi passi da loro esclamò – Bennet!- Gwen si fermò e si girò, poi con ancora un mezzo sorriso sulle labbra disse –Riddle! Quanto tempo!- -Sono passati solo due mesi, Bennet. Non dire che ti sono mancato!- disse Tom con una risata. Gwen scosse la testa con ancora il sorriso sulle labbra e disse
–Sempre il solito vedo- La sorella di Gwen, che fino a quel momento aveva guardato i due ragazzi incuriosita, disse –Ehm… Gwen…  Dovremmo andare.- Gwen la guardò e disse –Oh! Che sciocca! Non ho fatto le presentazioni! Riddle, lei è mia sorella Elisabeth. Elly, lui è Tom Riddle un mio ehm… compagno.-
Elisabeth  sorrise a Tom e lui ricambiò il sorriso, un po’ imbarazzato. Poi Elisabeth disse a Gwen  –Oh! Allora ti lascio con lui. Io vado. Ciao. Buon anno e comportati bene! –. Gwen ridacchiò, Elisabeth la guardò storta e anche a Tom scappò un sorriso. –Comunque… ci vediamo a natale?- chiese la bionda. –Non so se torno… ti faccio sapere- rispose Gwen. Poi Elisabeth si allontanò lasciando Tom e Gwen da soli. –Allora… passate buone vacanze?- chiese Tom quando i due ripresero a spingere i rispettivi carrelli verso il muro che separava i binari 9 e 10. –Si! Direi di si!- disse la ragazza, poi aggiunse –Senti, Tom… ho saputo di tua madre e… mi dispiace- Tom ebbe un tuffo al cuore. Gwen, la sua Gwen, aveva detto “mi dispiace” a lui, a Tom Riddle. E lo aveva anche chiamato per nome. Tom in quel momento era euforico: pensava che il nome ”Tom”  detto dalle labbra di Gwen suonava così dolce e melodioso. Tom era così perso nei suoi pensieri che non si accorse di andare a sbattere contro un paio di babbani che camminavano a pochi passi da lui. Quando sentì una botta al suo carrello e la sua Nagini sbattere le ali indignata, tornò alla realtà. Dopo essersi scusato una dozzina di volte con i babbani urtati e altrettante con Nagini, si girò verso Gwen e si accorse che stava ridacchiando. Al suo sguardo interrogativo la ragazza disse – Ti ho già detto che sei buffo?- il ragazzo sorrise e riprese a camminare a fianco della ragazza. –A che pensavi quando hai quasi investito quei poveretti?- gli chiese Gwen. –A mia madre- mentì Tom, non poteva mica dire che stava pensando a lei. Gwen disse soltanto –Oh! Capisco…- e continuarono a camminare fino al muro di ingresso del binario 9 ¾ dove insieme presero la rincorsa e sparirono confondendosi nel muro di mattoni.

Quell’ estate

23 Luglio 1942 Ore: 4.45

Merope si svegliò di buon ora con il viso bagnato di lacrime. Lo aveva fatto, un'altra volta. Aveva sognato suo marito. Era da più di un anno che Tom Riddle Senior tormentava i suoi sogni trasformandoli in incubi. In tutti i sogni c’era lui in piedi che la guardava con sguardo severo e, ogni volta, gli mancava un pezzo diverso del corpo. Ogni notte Tom diceva a Merope –Tu. È colpa tua e solo tua se ora io sono morto. Se tu non mi avessi ingannato io ora sarei a casa mia, a Villa Riddle, con la donna che amo veramente. Non con una come te- e continuava dicendo cose del genere fino a quando non faceva comparire un pugnale e lo scagliava addosso a Merope scossa dai singhiozzi. Ma quella volta c’era qualcosa di diverso. A Tom non mancava una parte del corpo come le mani o un piede, a Tom mancava il cuore. Quel giorno Tom non aveva detto cose che facessero pentire Merope, Tom non aveva detto niente. Era rimasto li, fermo impalato con uno sguardo omicida e un sorriso maligno sulle labbra, mentre guardava attentamente Merope che veniva torturata da una forza invisibile. Alla fine del sogno, quella notte, non fu Tom che scagliò il pugnale contro Merope, ma lei stessa che prendeva un pugnale argentato con sopra marchiato un serpente che formava la lettera S e se lo trafiggeva nel petto.
Merope si prese la testa tra le mani e iniziò a singhiozzare. Poi ripensò all’incubo che aveva vissuto quella notte e si asciugò le lacrime. Sapeva cosa fare. Si mise il suo abito migliore, prese la bacchetta e uscì dalla stanza matrimoniale. Prima di arrivare alle scale che l’avrebbero condotta al portone di ingresso si fermò davanti alla camera di Tom, suo figlio. Con un nodo in gola si fece coraggio e, silenziosamente, aprì la porta. Tom dormiva appoggiato sul lato destro. Silenziosa come un ombra, Merope si avvicinò al figlio e con un sorriso malinconico pensò che era uguale al padre. Accarezzò la guancia del figlio come anni prima aveva accarezzato quella del marito e diede un bacio in fronte a Tom, al suo piccolo Tom. Poi uscì dalla stanza e scese le scale fino ad arrivare nella sala da pranzo. Lì prese un pezzo di pergamena abbandonato sul tavolo e una piuma e scrisse.

Caro Tom,
Se il mio unico figlio e, come madre, non ti abbandonerò mai.
Ma sono giunta ad un punto della mia vita, nel quale non posso fare più a meno di tuo padre.
è dalla sua morte che non dormo la notte. Sono sempre tormentata da incubi in cui lui appare e mi dice che sono la causa della sua morte.
Forse ha ragione. È colpa mia. Ho deciso che è ora di raggiungerlo. Quando leggerai questo biglietto io non ci sarò più, ma sappi che resterò sempre con te, qualsiasi cosa accadi.
Ho solo un ultimo desiderio da esprimere. Vorrei essere sepolta vicino alla lapide di tuo padre.
Tu ora non devi far altro che crescere, trovare un lavoro, sposarti, avere una famiglia ed essere felice. Spero che non ti dimenticherai mai di me o di tuo padre.
Sappi che ti voglio tanto bene.
Con affetto     Tua madre.


Rilesse il messaggio più e più volte. Poi lo lasciò sul tavolo e, più silenziosamente possibile, uscì dalla casa per l’ultima volta.

*** 

Quando Tom si svegliò erano le 10.30. Scese giù in cucina lentamente, era strano sentire la casa così vuota. Di solito la madre trafficava con il cibo dalle 9.00 ma quella mattina nemmeno un rumore proveniva dalla cucina. Quando arrivò in cucina, come sospettava, non trovò nessuno e pensò che la madre fosse uscita a far compere. Ma quando andò in sala da pranzo per raccogliere i suoi libri lasciati sul tavolo la sera prima, trovò un pezzo di pergamena e, incuriosito, lo lesse. Quando terminò di leggerlo aveva le guance rigate di lacrime. Subito, senza pensare, andò in camera sua, indossò le prime cose che trovò e uscì correndo di casa nella speranza di trovare la madre.
Girò per tutto il giorno in lungo e in largo, ma da nessuna parte c’era traccia della madre. Così, a malincuore, tornò a casa e si buttò per terra a piangere.

La mattina dopo fu trovato il cadavere di una donna al cimitero affianco alla tomba di Tom Riddle. Secondo le indagini della polizia locale babbana la donna si era suicidata, trafiggendosi il petto con un pugnale argentato con sopra marchiato un serpente che formava la lettera S. La donna era morta sorridendo, come se avesse visto qualcuno che non vedeva da molto tempo.
 
Salve ragazzi! Allora questo è il secondo capitolo, o meglio è la prima parte del secondo capitolo. Qui vediamo un Tom quasi diciassettenne e innamorato. Per la seconda parte del capitolo dovete aspettare fino a sabato prossimo visto che devo ancora finire di scriverlo e domani sera parto per Venezia e torno venerdi sera! Se posso lo aggiorno in questa settimana ma non credo!  Vi dico solo che nella seconda parte del capitolo ne vedrete delle belle! Tom,come avrete capito, non diventa il signore oscuro.
Allora… voglio ringraziare  dubhe01 che ha recensito lo scorso capitolo.
Poi voglio ringraziare chi ha messo la storia tra le preferite, nelle ricordate e nelle seguite.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ci vediamo presto. Ciao da NewShadow
  
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