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Autore: Molly182    07/07/2013    2 recensioni
“Questo sarebbe il momento in cui io ti dovrei baciare”, aveva sussurrato a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Questo sarebbe il momento in cui tu dovresti farlo”.
Nella penombra avevo visto comparire un sorriso sulle sue labbra e pochi secondi dopo le sentii appoggiate sulle mie.
“Mi piaci molto, Allyson”, mi aveva sussurrato. Mi stavo davvero convincendo che quel ragazzo non fosse solo un completo idiota, ma sapeva essere dolce e romantico. Eppure mi stavo facendo abbindolare da un ragazzo che probabilmente avrei rivisto chissà quando. “Non mi scappi, ora sei mia”, però mi piaceva e non potevo fare nulla.

“Ally ci sei?”, mi chiese Sally sventolando una mano davanti ai miei occhi cercando di portarmi alla realtà.
“Ehm…sì, scusa”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chap ventidue. – Jack P.O.V.
Lo stava facendo di nuovo e non mi sarebbe piaciuto come sarebbe finita quella situazione, sapevo per certo che si sarebbe lasciato trasportare dalle sue stupide emozioni e avrebbe passato le giornate chiuse nel bunk del bus che ci avrebbe portato in giro per l'Europa e successivamente nel resto del Mondo.
Non avrei tollerato un'altra scenetta isterica di lui che si chiudeva in se stesso ad ascoltare canzoni deprimenti. Non faceva di certo bene a lui stesso, tanto meno alla band che viveva come se avesse bisogno di una strana dose di pazzia e perversione shakerato a un pizzico di buon senso e contenuto il tutto all'interno di un capiente bicchiere di allegria. Noi quattro, insieme, eravamo il mix perfetto. Il drink che tutti vorrebbero bere ma che solo pochi sanno reggere. Se solo fosse mancato un ingrediente sarebbe stato tutto inutile, una falsa cosa di quello che in realtà eravamo. Se io ero la perversione, Zack il buon senso e Rian la pazzia, mancava l'elemento portante, quello che ci avrebbe tenuto insieme ed era Alex con la sua allegria, che in questo giorni se ne stava letteralmente andando a puttane. Non dicevo che senza di lui noi tre non avremmo parlato, solo che era quel collante perfetto che riusciva a metterci tutti d'accordo.
Sapevo che dovevo fare qualcosa ma non sapevo precisamente cosa. Probabilmente dovevo parlargli. Esatto! Ero il suo migliore amico e dovevo assolutamente sollevarlo dai pesi che si portava dentro.
Quasi mensilmente Alex aveva bisogno di parlare con me, di sfogarsi seriamente, di urlare, di arrabbiarsi, di ridere e di scherzare e a volte di piangere solo perché aveva il brutto vizio di tenersi tutto dentro e archiviarlo in un angolo polveroso della sua mente e del suo cuore fino a quando quel grumolo di emozioni si stancava di rimanere lì e sbucava pronto a tormentarlo. Erano frequenti i suoi attacchi di panico dovuti all'ansia e mi sorprendeva come ancora non ne aveva avuto uno e la cosa mi preoccupava nello stesso tempo. Era come una bomba a orologeria, ed io lo sapevo bene, sarebbe potuto scoppiare quando meno ce lo si aspettava semplicemente perché si aveva erroneamente schiacciato un tasto sbagliato o per restare in tema: si aveva tagliato il filo blu anziché quello rosso e così la bomba aveva iniziato il suo conto alla rovescia per una catastrofica esplosione.
E questo era sicuramente un lavoro per l’artificiere Jack Barakat!
«Noi tutti sappiamo che i musicisti affrontano qualunque cosa in modo diverso dalle persone normali. Durante i tour è possibile trovare le rockstar nel loro ambiente naturale mentre scherzano tranquillamente con ogni persona che si trovano davanti nonostante siano appena state lasciate o abbiano semplicemente nostalgia di casa.
Grazie all'opportunità che abbiamo oggi di trovarci in un tour bus in viaggio per una nuova citta, possiamo studiare da vicino le determinate fasi che attraverseranno la mente e il corpo di questi ragazzi.
Prima fase: l'evitazione del problema. Le rockstar tendono ad evitare i loro problemi rifugiandosi negli scherzi e nelle chiacchiere animate con chiunque, facendo sembrare che sia tutto apposto e che non abbiano nessuna preoccupazione eccetto quella di riuscire a scrivere correttamente il proprio nome per un improvviso autografo e di avere abbastanza birre che vedremo poi nella fase successiva.
Seconda fase: l'autodistruzione. Da musicista degno di esserlo chiamato tale, esso affoga i propri dispiaceri nell'alcol e talvolta nelle droghe leggere, come facevano i poeti maledetti del Decadentismo. Questo solo per creare uno stato anormale dove la tristezza, la malinconia e il dolore non possono continuare ad affliggerli.
Terza fase: l'autocommiserazione. In questo caso dobbiamo entrare più nello specifico e analizzare ogni membro della band.
Per esempio, se il membro soggetto a malumore si tratta di un chitarrista o di un bassista esso passerà un'intera giornata a demoralizzarsi e commiserarsi per essere stato un idiota, ma tranquilli perché tornerà sul campo la sera stessa pronto a mettere in scena la fase due seguita dal primo stadio, il tutto non smettendo di sorridere come un idiota.
Se è il batterista a essere preoccupato vi consiglio dei tappi per le orecchio in quanto potrebbe continuare a suonare su qualunque cosa e con qualunque strumento abbia tra le mani. Ebbene sì, potrebbe anche riprodurvi "My Heart Will Go On" con un paio di cucchiaini e due pentole. Il risultato sarà che avrete una versione black-metal della canzone, ma che potrebbe fare un successo tale da essere scaricata sui vostri iPhone e utilizzarla come suoneria per le ex-fidanzate.
La faccenda diventa più seria se è il cantante il diretto interessato alla depressione. Preparatevi ad affrontare lagne, melodie e canzoni che parlando della magnifica storia d'amore e di come farà di tutto per riavere la sua lei o come ci si sente a essere così tristi quando tutto intorno a loro sembra andare avanti senza accorgersi di quanto loro stanno soffrendo. Sarà davvero una cosa pesante… e smielata… e pesante, ma probabilmente sarà di sicuro una canzone che sarà inserita nel successivo album e che sarà continuamente suonata live ai concerti.
Quindi, se ancora sei convinto ad intraprendere una vita da tour dopo queste indicazioni ti conviene andare dal proprio psicanalista di fiducia e farti rilasciare un certificato di sanità mentale!
Per oggi è tutto. Ci vediamo alla prossima puntata di: In Tour con Barakat!
Fuck you!»
Mi sentivo così idiota dopo aver pensato a questo stupido discorso. Lo facevo sempre prima di fare qualcosa di importante. Mi mettevo a parlare nella mia testa come se fossi un conduttore tv e iniziavo a dire cose estremamente stupide e che probabilmente avrebbero fatto ridere Alex se solo avessi trovato le parole giuste per spronarlo ad uscire dal suo bunk, rannicchiato dietro alla tenda nera così da non fare entrare la luce del giorno.
Bussai sul muro prima una vota, poi due, finché la testa del ragazzo fece capolino dalla tenda leggermente aperta.
"Posso essere invitato nel tuo letto o devo essere un vampiro che brucia alla luce del sole?", gli chiesi abbozzando un sorriso. Passarono diversi secondi, che sembravano minuti, prima che il mio compagno di tour aprisse la tendina per farmi accomodare.
Questi autobus potevano vantarsi di avere tutto eccetto lo spazio necessario per un decente letto. A volte il divano era decisamente più comodo che quei buchi che spacciavano per letti.
"Tutto questo buio non fa bene ai tuoi capelli tantomeno alla tua pelle che sembra assumere una tonalità grigiastra”.
"Cosa vuoi Jack?", chiese come se fosse scocciato della mia presenza.
"Cosa stai ascoltando?", gli domandai ignorando la sua domanda e prendendo una cuffia che si era tolto quando lo avevo disturbato. “I'm Lost Without You", dissi riconoscendo la canzone. "I Blink-182... un classico"
"Sei venuto per criticare i miei gusti musicali?"
"Non è per questo che sono qui... ", gli dissi incrociando le gambe e chiudendo la tenda nascondendoci dietro.
Sapevo che se avessi creato uno spazio privato, sicuro, tranquillo, dove fossimo solo noi due, sarei riuscito a farlo ragionare o almeno a parlarci senza provocare ulteriori danni. Però quel buio non mi piaceva, volevo un pretesto che lo obbligasse a guardarmi negli occhi e che capisse che tutto quello che stava facendo non andava per nulla bene, così mi limitai ad accendere la piccola lucina improvvisata su quella che poteva essere chiamata la base del bunk di sopra.
"Sono qui per parlare... ", inizia a dire. "È arrivata la seduta mensile di «Parla con Jack» ", scherzai. "Cosa ti affligge?", gli chiesi sapendo esattamente quello che lo tormentava da quanto era iniziato il tour. La nostalgia di casa, la nostalgia per Ally, il non essere abbastanza e le ulteriori preoccupazioni.
"Jack... ", disse soltanto, come se volesse continuare la frase ma che lasciò prontamente cadere senza aggiungere niente. Come se non trovasse le parole. come se non avesse il coraggio di dirle.
"So che ti manca Baltimora e che ti manca Ally, ma non puoi continuare a chiuderti qui dentro emulando il Signore delle Tenebre... ", gli dissi tutto d'un fiato. "... e sono stanco di essere battuto da Zack alla Playstation, quindi ho assolutamente bisogno del mio compagno di squadra che faccia il culo a quel ragazzo tutto muscoli e niente cervello", dissi forse alzando un po’ troppo la voce.
"Jack ti ho sentito!", urlò il diretto interessato dall'esterno di quel rifugio che si erano creati.
"Fottiti Zack!", gli risposi. "Vinci solo grazie ai tuoi muscoli... se li avessi anch'io le cose sarebbero diverse”.
"È solo invidia!", ribadì aprendo la tendina e mostrando il suo bel sorriso beffardo. "Lo sai anche te che appena dovrai aprire un barattolo di vetro avrai bisogno di me o di Rian perché le tue mani da mozzarella non riescono a fare nulla”.
"Oh tu non sai cosa riesco a fare con queste mani... ", lo avvertì maliziosamente. "Intanto potrei portarle attorno al tuo collo mentre dormi e poi voglio proprio vedere chi non ha muscoli”.
"Contaci!", rispose lui per poi chiudere la tendina. Scossi la testa ritornando al mio amico che aveva bisogno di me.
"E se si stancasse di me?", chiese improvvisamente. "E se si abituasse all'idea di non avermi più attorno?", domandò. "Se non avesse accettato la proposta perché non vuole più stare con me?"
"Alex non dire cazzate!", lo avvertì. "Ally ti vuole bene, forse anche più di quello che una persona normale riuscirebbe a provare per te", dissi cercando di tranquillizzarlo. "Non si è stancata di te, probabilmente avrà avuto i suoi buoni motivi e non è così semplice levarti dalle scatole, ti conosco da più di dieci anni e ancora mi ritrovo a prendermi cura di te... sei come un maledetto tarlo chiuso nella mia testa", dissi ridendo e finalmente vedendo un sorriso anche sul suo volto. "Quindi non vedo nulla di cui preoccuparti... ", lo rassicurai. "Appena ti tranquillizzerai vedrai che qualcosa si sistema”.
"Grazie Jack", disse semplicemente. Poteva fare qualunque gesto: abbracciarmi, picchiarmi, insultarmi e mandarmi a fanculo ed eppure si era limitato a dire grazie. Apprezzai quel gesto più di qualunque altra cosa. Era detto con sincerità e sull'angolo destro delle sue labbra c'era un sorriso che stava crescendo. Era tutto quello che pretendevo per il mio migliore amico. Volevo che stesse bene.
 
Alex P.O.V.
Appena Jack se ne era andato, la mia attenzione era stata catturata dal mio telefono che aveva iniziato a squillare. Guardai lo schermo cercando di  capire chi fosse, ma la troppa luce in contrasto con il buio all'interno del bunk mi diede fastidio così accettai la chiamata senza guardare chi avesse composto il mio numero.
"Pronto?", domandai nel microfono del telefono.
“Ehi Alex…”, riconobbi la voce. Era l'unica che al momento avrei voluto sentire.
“Tutto bene Ally?”
“Sì, ehm… dove sarete settimana prossima?”
“Penso in Italia, a Milano", le dissi e mi resi solo in quell’istante che era passato già tanto tempo.  “É incredibile, sono già passati due anni da quando ci siamo incontrati per la prima volta”.
“Si…”, disse distante. Forse anche lei soffriva della distanza come me.
“C’è qualcosa che volevi dirmi?”, chiesi speranzoso. “Di solito non ci sentiamo mai a quest’ora… soprattutto perché da te sono circa le quattro del mattino se i miei calcoli non sbagliano”.
“È solo che... è ancora libero quel posto da assistente?”, chiese quasi tutto un fiato.  Non ero certo di aver sentito bene ma speravo vivamente che quello che avesse appena detto fosse vero. Voleva venire qua. Voleva venire da me.
"Matt non ha assunto nessuno... posso chiedergli di prenotarti un volo per arrivare alla prossima tappa”.
"Non c'è problema", rispose semplicemente. Forse era interessata solo al lavoro.
"Non vedo l'ora di rivederti"
"Anch'io... ", disse lasciando sospesa la frase come se non sapesse cos'altro aggiungere. Ero un idiota ad averci sperato. Ad aver creduto alle insensate e banali parole dette da Jack. "Alex... "
"Dimmi... "
"Mi manchi"
"Anche te"
Ok, mi sentivo così stupido per essermi fatto mille paranoie. Lei era la stessa ragazza che mi aveva aspettato per più di un anno nonostante le avessi mentito, nonostante le avessi detto che l'avrei chiamata pur essendo fidanzato nascondendole questo piccolo particolare, e io mi ero posto mille dubbi su quella ragazza che come diceva Jack «ti vuole bene, forse anche più di quello che una persona normale riuscirebbe a provare per te». Ero stato un completo idiota a credere al contrario!
"Ora vai a dormire, ci sentiamo più tardi", le suggerii. Potevo immaginare che aveva passato la notte sveglia a pensare su come avrebbe potuto mettere da parte l'orgoglio e gettarsi a capofitto in quello che per lei era stata un'opportunità.
Riattaccai il telefono e mi decisi ad uscire da quel posto. Più che un bunk sembrava un bunker da come mi ero segregato dentro.
Mi stiracchiai e andai verso la cucina, volevo una birra fresca per dissetarmi e volevo trovare Jack per ringraziarlo come si doveva.
"Ehi Jack, non so se vi siete messi d'accordo ma... ", mi bloccai lasciando la frase a metà. "Jack cosa stai cercando di fare?", chiesi al mio amico che teneva un barattolo di burro d'arachidi sospeso per aria, pronto a buttarlo per terra per farlo aprire.
"Penso che stanotte ucciderò Zack", rispose con un tono vendicativo. "Sono anemico, diamine!", si lamentò. "Non posso morire perché non ho assunto una buona dose di ferro e vitamine”.
"Non penso che il burro d'arachidi possa aiutarti... “.
"Vuoi che soffochi anche te nel sonno?", mi disse con tono minaccioso.
"Dammi, te lo apro io", gli risposi aprendo il barattolo e porgendolo di nuovo a lui tenendo il coperchio in una mano e il vasetto color caramello nell’altra.
"Ora chi ha più bisogno di Zack?!"

Molly
Ok, lo ammetto: mi sono divertita a scrivere questo capitolo, soprattutto la parte di Jack che descrive la depressione dei musicisti. Non ho la più pallida idea se quello che ho scritto è reale o meno, l'ho semplicemente immaginato così come mi sono immaginata Jack vestito da escursionista, in tenuta militare con un capellino mimetico abbinato ai pantaloncini e alla camicia a maniche corte che si muove in punta di piedi, quasi cautamente all'interno del bus.
Forse dovrei semplicemente iniziare a cambiare spacciatore e smettere di bere o forse sono solo strana!
Hahahhahaha
Al prossimo capitolo :)
So long live us
   
 
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