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Autore: MissBethCriss    07/07/2013    1 recensioni
Secondo la definizione di ohana, che corrisponde al termine famiglia, nessuno viene abbandonato. O dimenticato. Questo Blaine e Sebastian lo hanno imparato sulla loro pelle: sono stati uniti dal fato a due piccoli angeli e mai si separeranno da loro. Il fato, che per molto tempo ha remato contro di loro, ora li ha resi un ohana.
F is for Family. A family named Smythe-Anderson.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*

Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei due baldracchi che mi hanno rubato il cuore.






babies meh





M is for music

 

Baby, you're not alone
Cause you're here with me
 

Sebastian e Blaine si ricordano bene quella telefonata che gli fece il marito di suo sorella dove riuscì a dire solo un “è nato” pieno di quelle emozioni che solo un genitore può avere. Erano diventati zii. Si ricordano anche la corsa che fecero per arrivare all’ospedale per vedere il piccolo Jonathan come si ricordano quella pazza ricerca del reparto maternità, ognuno gli diceva una direzione sbagliata portandoli addirittura di fronte alla stanza dove mettono i bambini a riposare, sia quelli abbandonati e non. Blaine si ricorda ancora quei piccoli occhietti che lo fecero girare, anche a distanza di un anno, Blaine quel giorno non se lo scorda. Arrivarono col fiato corto nella stanza di suo sorella e a Sebastian come li vide gli si illuminarono gli occhi, sua sorella era l’unica persona della sua famiglia che amava col tutto il cuore e ora era diventata una mamma di uno splendido bambino. Blaine rimase sulla porta, a distanza di anni ancora non riusciva a sentirsi parte di quella famiglia, ma Kevin gli andò vicino per stringergli la mano a mo’ di saluto per poi abbracciarlo per la troppa felicità.

«Non vuoi vedere il tuo nipotino?»

Blaine gli sorrise e andò vicino ai due fratelli, Sebastian stava accarezzando dolcemente la testolina del piccolo Jonathan che aveva gli occhietti chiusi, ma sorrideva felice fra le braccia della madre coccolato dallo zio Bastian e quel sorriso era il marchio Smythe, era così piccolo e così fragile che non sapeva come riuscissero ad accarezzarlo in quel modo. Non c’era rischio che si rompesse? Ma Sebastian continuò a farlo e poi baciò la fronte della sorella perché era bellissimo e nel frattempo continuarono a parlare nella loro lingua natia, facevano sempre così quando si incontravano, dopotutto avevano vissuto molto tempo della loro vita in Francia. Blaine si allontanò da loro e disse a Kevin che andava a prendersi un caffè, non gli andava però si sentiva come di peso in quella stanza come se fosse troppo piccola per quattro persone. Blaine ripassò davanti a quella grande vetrata in cerca di quegli occhietti, gli ricordavo qualcosa che si era imposto di non ricordare, ma ora doveva vedere se stava impazzendo o no, non poteva ricaderci ancora. Stette lì forse per troppo tempo, almeno quello che bastò ad un’infermiera di fermarsi vicino a lui mettendogli delicatamente una mano sulla spalla per farlo girare. Aveva gli occhi pieni di lacrime, quegli occhietti si erano riaperti e l’aveva fissato.

«Signore, tutto bene?»

«Si.»

«Qual è il suo?»

Blaine rise, loro non potevano diventare padri.

«Nessuno.»

«Perché piange?»

«Per un ricordo.»

«Non mi dica che lei. . .»

«Non ho mai perso un figlio signora, nessuno di loro me lo potrebbe ricordare.»

«Grazie al cielo. Chi gli ha fatto questo effetto?»

L’infermiera sperava con tutto il cuore che gli dicesse il nuovo piccolo arrivato, era stato abbandonato subito dopo la nascita, dalla prima volta che lo vide capì che lui era speciale e i bambini abbandonati con lui si meritano di trovare una famiglia che lo ami e lei sapeva che l’uomo dai ricci scuri e gli occhi dolci era quello faceva a caso suo, poi era sposato, almeno pensava che era così dall’anello che portava sulla mano. Blaine gli indicò un bambino con qualche ciuffetto rosso di capelli in testa che ora lo stava fissando con i suoi occhietti celesti vispi. L’infermiera gli sorrise e dentro di sé esultò.

«Lui è un bambino abbandonato.»

Blaine si girò subito verso l’infermiere, era scioccato: che madre abbandonerebbe il proprio figlio? Veramente questa era l’unica opzione? Forse era troppo giovane e troppo spaventata per affrontare quella realtà e subito quella rabbia si affievolì, forse voleva dargli una vita migliore a suo figlio e la poteva avere solo lontano da lei, in quel momento provò molta tristezza e risentì gli occhi pizzicargli perché un’altra opzione c’era ma non voleva pensarci.

«Le andrebbe di vederlo? Gli piace molto essere preso in braccio e sembra che è incuriosito da lei.»

Blaine non sapeva cosa dire, lui era andato a prendere un caffè, non si sarebbe mai aspettato che avrebbe preso in braccio un bambino.

«Mi può non dare del lei? Mi fa sembrare vecchio, sono Blaine.»

«Carmen. Mi vuoi seguire, Blaine?»

«Va bene.»

Lo fece fermare nel piccolo corridoio di fronte alla porta bianca che portava nella stanza dei bambini, Blaine si sentiva agitato perché aveva visto com’era il piccolo Jonathan e aveva una strana sensazione all’altezza dello stomaco: e se lo rompe?

Ma Carmen dopo un po’ uscì da quella bianca stanza con un sorriso materno in volto e con le braccia cullava il piccolino.

«Eccolo qua l’ometto.»

Disse tutta felice a Blaine che si era messo a guardare quel bimbo senza nome che agitava le manine verso di lui, era un bimbo molto curioso tutti nel reparto lo sapeva ed era molto attratto dalle cose nuove, tipo la barba di Blaine, era abituato a stare con le infermiere.

«Le andrebbe di tenerlo fra le braccia?»

Blaine non sapeva cosa dirle, lo voleva? Ma Carmen non aspettò una risposta da parte sua perché gli disse come doveva tenerlo per farlo stare comodo e Blaine se lo trovò fra le braccia. I due si fissarono senza dire niente, Blaine era abituato a trattare con i bambini più grandi per via delle lezioni di musica, ma il piccolino che aveva fra le braccia era speciale perché si sentiva collegato a lui, come se il destino li voleva far incontrare.

Nel frattempo Sebastian stava iniziando ad accorgersi della mancanza di Blaine nella stanza di sua sorella, si guardò in torno ma di lui non c’era traccia.

«Andava a prendere un caffè, ma era più di mezz’ora fa.»

Gli disse Kevin. Disse alla sua NettyJ ) che lo andava a cercare, ma che sarebbe tornato per salutarli. Ma Sebastian come uscì e fece alcuni passi verso la caffetteria sentì la risata leggera di Blaine e la seguì, di certo non si aspettava di vederlo con un bambino dai ciuffetti di capelli rossi che ora gli stava toccando il viso ridendo quando toccava la barba di due giorni di Blaine mentre quest’ultimo gli baciava le manina come si avvicinavano alla bocca, tutto questo sotto il vigile sguardo dell’infermiera che in quel momento incrociò lo sguardo verde di Sebastian. Carmen guardò prima Blaine e poi Sebastian leggendo negli occhi di quest’ultimo il legame che univa lui e il ragazzo riccio, per un attimo ebbe l’impulso di prendergli il bambino dalle mani per portarlo via da loro dopotutto capita anche a lei di poter sbagliare e questa non era la famiglia sana che avrebbe voluto per quel bambino che in futuro dovrà affrontare il discorso dell’abbandono, ma ritornò a vedere il ragazzo moro e capì che non  aveva mai visto così giusto, in una famiglia alla fine occorre solo tanto amore e quei due ne avevano fin troppo.

Sebastian lo trovò bellissimo, non avevano mai pensato a fare una famiglia, ne avevano parlato una volta, ma si trattava solo di sogni detti così senza cognizione di causa. Ma ora questa realtà si piazzava di fronte a lui e la trovò perfetta, in quei due trovò quel piccolo pezzetto mancante alla loro vita, ma non capiva il motivo per cui si trovava con un bambino in braccio. Ad un certo punto Blaine alzò gli occhi verso Sebastian, notò che gli brillavano come non mai, Carmen andò verso al più alto e gli fece strada. Sebastian si andò a mettere davanti a Blaine, si inginocchiò di fronte a quei due prima guardò verso il bimbo e poi verso Blaine, ed ebbe paura.

«Ha anche una gemellina.»

Il sorriso di Blaine divenne ancora più grande e gli occhi di Sebastian si fecero ancora più spaventati, perché aveva capito dove voleva arrivare l’infermiera, stava trovando una famiglia che si prendesse cura di loro, ma lui aveva paura. Si alzò e se ne uscì da quel corridoio che lo stava asfissiando, Blaine lo raggiunse dopo poco e lo fermò prendendogli il braccio.

«Bas che c’è?»

«Niente.»

«Non ti credo, che c’è?»

Sebastian si girò verso di Blaine, combatteva contro se stesso per non piangere.

«Bas. . .»

Disse Blaine allungandogli una mano che venne afferrata subito da Sebastian che si avvicinò al corpo del compagno per posare la testa sulla sua spalla mentre le braccia di Blaine lo cingevano sulla vita.

«Ti ho visto prima e non possiamo, lo sai.»

«Perché?»

«Non ce lo permetteranno mai, lo sai.»

«Perché no? Non abbiamo nulla meno degli altri. Sono stati abbandonati, Bas. . .»

«Io ho paura, ok? Non mi sento pronto a prendermi la responsabilità di due vite. Non voglio diventare come i miei.»

Blaine gli fece alzare il volto per poterlo guardare negli occhi.

«Sebastian Smythe tu non sei come loro, hai me. Ti fidi di me?»

«Sempre.»

«Allora sai cosa facciamo noi? Andiamo a salutare Carmen, dicendole che torneremo, tanto vuole farmi conoscere la sorellina del piccolo, poi passiamo da tua sorella e stiamo un po’ con loro, ritorniamo a casa ci prendiamo il nostro tempo e domani a mente ferma ne parliamo seriamente. Ci stai?»

E così fecero.

 

****

 

Ma ora a distanza di qualche mese i ruoli si invertirono: Sebastian era l’uomo più tranquillo del mondo mentre si leggeva l’ennesimo libro sui “10 passi per diventare un perfetto papà” appuntando ai lati della pagina tutte le cose inutili e che non si dovrebbero fare con dei bambini notando che in quei libri il 99% dei “trucchi” erano inutili, ma c’era sempre quel 1% che rendeva l’acquisto di quel libro un’azione sensata. E poi c’era Blaine, Blaine che sembrava una trottola impazzita che si aggirava per tutta la casa: metteva al sicuro tutti gli spigoli, puliva per l’ennesima volta la cameretta dei gemelli arredandola nei minimi particolari e riscriveva la lista di ciò che mancava da comprare, quando in realtà tutto ciò che aveva comprato poteva bastare per cinque coppie di gemelli. Sebastian ci aveva provato a tranquillizzarlo, ma niente, parlava al vento e in cuor suo non vedeva l’ora che quei due piccoli angioletti venissero a casa loro perché sapeva che solo in quel caso Blaine si sarebbe tranquillizzato perché già badare ad un bambino era problematico nei primi mesi, figuriamoci con due.

Qualche giorno prima dell’arrivo di Andrew ed Emily Sebastian si svegliò nel cuore della notte, sentiva il petto troppo leggero e sentendo un freddo che mai aveva provato fin da quando Blaine si era trasferito da lui. Mosse la sua mano avanti e in dietro nella parte del compagno, ma la trovò vuota allora si alzò e andò alla ricerca del suo Blaine chiedendosi cosa mai lo aveva spinto a svegliarsi alle tre di notte. Arrivò alla fine del corridoio e vide che dalla porta della stanza della musica fuorusciva un piccolo spiraglio di luce, Sebastian aprì piano la porta perché Blaine odiava venire disturbato e se stava in quella stanza a quest’ora voleva dire che aveva avuto un’ispirazione, ma la stanza era molto silenziosa. Quando entrò vide che Blaine era circondato da fogli e aveva la testa appoggiata alla tastiera del pianoforte, gli andò vicino mettendosi in ginocchio e poi gli toccò la spalla facendolo saltare.

«I pannolini ci sono il biberon sta in cuci- Oh Bas?»

«Che ci fai qui te?»

«Stavo componendo.»

«Lo vedo, ma alle tre di notte? Non mi piace dormire senza te, lo sai.»

Blaine si stropicciò gli occhi e poi iniziò a sistemare i fogli che lo circondavano, la maggior parte erano da buttare. Poi si girò verso Sebastian che lo stava guardando preoccupato e si tuffò fra le sua braccia aggrappandosi al suo collo, per poco ecco che cadevano.

«Blaine ma che hai?»

«Non ce la posso fare.»

«A fare cosa?»

«Questo. Non sono pronto ad essere un papà, non ce la posso fare.»

«Blaine.»

«Non riesco nemmeno a scrivergli qualcosa come potrei badare a loro?»

«Una bravura di un papà non si misura in base a come riesce a comporre musica.»

«Ma per me questo era importante.»

«B hai una vita per scrivergli una canzone, non preoccuparti proprio ora. Il nostro dovere è stare lì per loro quando hanno bisogno, non farli sentire soli. Scommetto che quando li vedrai nella loro stanzetta al sicuro ti ritorneranno le parole. Ritorniamo a dormire ora?»

«Puoi ripetere?»

«Ritorniamo a dormire?»

«No prima.»

«Il nostro compito è quello di amarli e non farli sentire soli.»

A Blaine gli si illuminarono gli occhi e baciò Sebastian per poi andar prendere dei fogli puliti. Sebastian lo guardò ridendo, aveva sposato un pazzo, poi decise di prendere la videocamera che stavano usando per fare dei filmini per i figli e se le puntò contro.

«Allora è il vostro daddy che vi parla. Emily e Andrew ora vi farò vedere una cosa che voi non dovrete mai fare quando avrete dei figli, ok? – spostò la video camera per inquadrare Blaine – vedete papa? Sta impazzendo e questo è uno degli effetti collaterali del troppo amore.»

«Smythe non mi inquadrare gli sto facendo una sorpresa!»

«Sentite ragazzi? UNA SORPRESA! – poi abbassò la voce per non farsi sentire da Blaine – dovete sapere anche un’altra cosa: questa stanza è l’unica insonorizzata, capito Andrew? Io non ho detto niente!»

«Bas ti sento non deviare già da adesso la mente dei nostri bambini!»

«Ops mi ha sentito. . .»

«Adesso vattene, devo comporre!»

Ma Sebastian non se ne andò e rimase con Blaine in quella stanza piena di musica e passione, si addormentò cullato dalla voce del suo Blaine sul tavolo. Quando finitamente riuscì a portarla a termine Blaine si girò verso il marito, notando che si era addormentato e ora il primo raggio dell’alba lo stava disturbando, si avvicinò a lui e dopo avergli accarezzato i capelli gli lasciò un bacio sulla tempia, sentendo quel leggero contatto gli occhi verdi di Sebastian si aprirono all’istante.

«Finita la canzone, killer?»

«Finita.»

«Me la fai sentire?»

«Con piacere, ma sappi che questa è anche per te.»

«Sono ancora più curioso allora.»

Disse Sebastian con un sorriso stanco fra uno sbadiglio e un altro.

«Sai quel “non dobbiamo farli sentire soli” mi ha ricordato una nostra conversazione sai? Ed era questo ciò che volevo trasmettergli con questa canzone, perché un giorno andranno al college, si sposeranno e noi non staremo più con loro e la musica sarà l’unica cosa che ci farà sentire vicini come un tempo. E ancor prima dovranno affrontare le differenze che li caratterizzano dagli altri: avranno due papà, gli stiamo mettendo un grosso peso sulle loro spalle, sai? E ammettiamolo non potremmo dirgli: siete figli biologici di uno di noi. Andrew verrà con i capelli rossi, l’hai visti no ora che stanno crescendo? Emily potrà sembrare un po’ figlia tua, ma i capelli rossi non fanno parte del tuo patrimonio genetico o sbaglio? Quindi dovremmo affrontare un sacco di discorsi quando cresceranno e io voglio dargli qualcosa. Quel qualcosa che solo loro avranno sempre anche quando saranno troppo arrabbiati per poter parlare con noi o hanno i loro problemi dei quali non riescono a trovare il momento giusto per condividerli con noi. E penso di esserci riuscito.»

«B dovresti pensare di meno, lo sai?»

Disse Sebastian facendo fare una risata genuina a Blaine.

«Forse hai ragione.»

«Matrimonio? Ancora non li abbiamo tenuti fra le nostre braccia come genitori effettivi e tu pensi già al loro matrimonio?»

«Forse sto esagerando, ne prendo atto. Ti va di ascoltarla ora e di accompagnarmi?»

«Sarei onorato.»

Blaine gli passò con un sorriso a trentadue denti il foglio dove aveva scritto il testo della canzone.

«Ti do io l’attacco, ok? Tu segui la musica!»

«Sarà fatto. Dimenticavo! Accendi la videocamera e inquadrami!»

«Ok! Allora, è di nuovo daddy che parla e ora insieme a papa vi faremo sentire quella sorpresa che vi aveva accennato questa mattina. . .»

La prima cosa che venne inquadrata quando Sebastian posizionò la videocamera vicino a loro prima che Blaine iniziasse a suonare fu i sorrisi di due uomini che stavano muovendo i loro primi passi in un nuovo mondo da loro sconosciuto con la consapevolezza di non esser soli.

____________________________________________________________________________

 

6 anni dopo. . .

Due piccoli bambini si tenevano per mano mentre percorrevano quel corridoio che mai come oggi gli sembra così lungo per poter arrivare nella stanza dei loro genitori. Andrew teneva forte la mano della sorellina fra la sua, le diede pure il suo Kiwi per farla tranquillizzare, ma aveva fatto un incubo e quella strana sensazione non riusciva ad abbandonarla facendola tornare nei suoi sogni popolati dalle principesse. Il mostro nell’armadio le aveva fatto un’altra volta una visita e ora aveva paura di essere presa da lui e portata lontano dai suoi genitori e da suo fratello. Andrew aprì subito la porta, benché sapesse che prima doveva bussare, ma questa era un’emergenza. Trovò i loro genitori stretti in un abbraccio e poi si arrampicarono sopra al letto e a gattoni si fecero spazio fra i loro genitori che come sentirono la loro Emily piangere furono subito svegli.

«Che c’è piccola?»

Disse Blaine mentre la stringeva forte a se.

«Ha avuto un incubo. – disse Andrew al posto suo, visto che stava ancora piangendo – Il mostro dell’armadio.»

Sebastian li fece stare con loro sotto le coperte e col braccio che non si trovava sotto alla testa di Blaine strinse entrambi i loro figli in un abbraccio.

«Ora è tutto ok, - cercava di dirle Sebastian – ci siamo noi, quel brutto mostro ha le ore contate.»

Ma le loro parole non avevano l’effetto desiderato, allora Blaine e Sebastian si trovarono a stringerli ancora più forte per trasmettergli tutto il calore possibile. Poi al riccio venne un’idea.

«I’ve seen you crying, you felt like it’s hopeless I’ll do my best to make you see.»

Dopo che Sebastian capì cosa voleva fare unì la sua voce al suo canto.

«Baby you’re not alone, ‘cause you’re with me. And nothing’s ever gonna bring us down ‘cause nothing can keep me from lovin’ you and you know it’s true. . .»

E cantarono a bassa voce fino a quando tutte le lacrime della piccolo Emily non vennero sostituite da un sorriso tranquillo e le loro voci cullarono i loro gemelli nei loro sogni.

«Avevi ragione –sussurrò nell’orecchio di Blaine Sebastian – a dire che la musica sarà la sola cosa che sentiranno in certe occasioni.»

«Sbaglio su molte cose, ma non su questo.»

«Sai alcune volte penso che vorrei aver avuto la loro fortuna quando eravamo giovani e ne abbiamo passate tante. Vorrei aver avuto anch’io un Blaine che mi cantava certe cose.»

«Sono qui ora.»

Disse Blaine facendo scontrare i loro nasi per poi lasciargli un leggero bacio sulle labbra, continuando a ripetere “sono qui ora”.

«Sai questa canzone mi è in testa da quando mi hai permesso di entrare nel tuo mondo, tutto questo mi servì  per farmi trovare l’ultimo tassello che mi mancava per rendere nostra questa canzone.»

Detto questo Blaine ricominciò a cantare questa canzone, ma questa volte lo fece con un filo di voce, era solo per Sebastian.

Prima di chiudere i suoi occhi, visto che il sonno lo reclamava, Sebastian gli sussurrò “ti amo”, Blaine gli sorrise ma non rispose visto che il suo compagno ora faceva compagnia ai suoi figli nel mondo dei sogni.

 

 

Beth’s Corner.

Salve! Oggi sarò breve perché devo finire l’os per la sfida! Il prompt per questa domenica era “Music!AU”, il mio Blaine è già molto dentro nel mondo della musica quindi giocavo in casa. La canzone è “Not Alone” di Darren Criss per chi non l’avesse riconosciuta, la storia dietro a Not Alone è moooolto lunga e il motivo per cui ce l’ho messa sta dentro alla storia. Spero che Darren non me ne voglia e spero pure che il contesto sia giusto (quando metto all’interno di una storia una cosa che sento molto vicina a me entro in paranoia, come direbbe Sebastian “dovrei pensare di meno” e la beta ne sa qualcosa, grazie). Spero che vi sia piaciuta.

Un grazie immenso alla beta e a chi legge e fa compagnia a me e a questa famiglia un po’ fuori dalla norma.

Alla prossima,

love always

Beth_

   
 
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