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Autore: BlackLily    07/07/2013    5 recensioni
C’è chi dice che far parte di un gruppo di ragazzi scapestrati sia un male, ma questo Harry lo sa bene. Non ricorda con esattezza quando abbia cominciato a frequentarli, ma ora è certo che tutto ciò che gli è capitato fin ora sia stato un bene, perché l’hanno condotto da lei.
Sapeva che sarebbe stato difficile starle accanto, ma nonostante lei avesse quel problema, nonostante lei non potesse camminare, Harry sapeva che in cuor suo non l’avrebbe mai abbandonata.
Di poche cose Harry era sicuro nella sua vita ed il suo ritorno in quella casa, da lei, era assolutamente una di loro.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era lì, davanti a lui, cupa e tetra come non mai.
Nonostante il sole fosse ormai alto nel cielo e illuminasse anche il cunicolo più profondo e buio di sempre, quella casa continuava a sembrare oscura ed incuteva paura soltanto a guardarla. Harry si maledii per aver accettato quella stupida sfida, per averla persa e per essere stato costretto a quella futile ed inutile scommessa. Stava per sporcarsi la fedina penale e niente e nessuno avrebbe potuto aiutarlo.
Contemplò quel panorama per un paio di minuti, poi sbuffò e decise che non avrebbe perso cento sterline per paura di entrare in quella casa e tanto meno avrebbe rinunciato al suo orgoglio per colpa di una scommessa. “Vogliono soltanto un oggetto, anche minuscolo andrà bene!”- pensò e almeno così non sarebbe più stato torturato dai loro stupidi commenti imbarazzanti. ‘Loro’ erano i suoi compagni ribelli, quelli con cui passava la maggior parte delle giornate a vagare per la città, quelli con cui usciva tutte le sere e con cui si ritirava all’alba. Harry non ricordava come li conobbe, ma quando cominciò a frequentarli si sentì subito parte del gruppo e, nonostante il suo ex migliore amico gli consigliasse di tenersi alla larga da quei ‘criminali’, lui strinse una forte amicizia con loro. Si trovava bene, non aveva pensieri per la testa e tutti i problemi familiari che aveva se li lasciava alle spalle, li lasciava a casa. Più faceva pazzie e meglio si sentiva, più combinava guai e più si sentiva apprezzato dalla sua combriccola.
Sospirò nuovamente e, con parole cariche di speranza, si fece forza e
valicò la soglia del giardino. Lanciò occhiate furtive a destra e a manca e si diresse verso quella che doveva essere la portafinestra del giardino ormai trascurato da tempo e con le aiuole ormai morte. Erano le due del pomeriggio e solitamente non c’era anima viva da quelle parti, nessun pedone, nessun automobile, nessuno.
Soltanto lui e quella casa.
Allungò la mano verso la maniglia e senza sprecare neanche un minimo di forza la aprì. Chiunque abitasse lì dentro, era davvero uno stupido, pensò Harry. Nessuno sano di mente avrebbe mai lasciato le porte aperte.
Si inoltrò nella casa lasciando socchiusa la portafinestra alle sue spalle e velocemente cercò qualcosa che potesse andare bene. Non trovò nulla di adatto al piano terra dato che quella casa era stranamente poco arredata e poco ornata da oggetti. Era una casa semplice, normale e modesta e non come tutti osavano descriverla. La gente, qualche anno prima, cominciò ad inventarsi strane leggende e storie su quella casa. La prima di queste, nonché la più popolare, sosteneva che l’abitazione fosse infestata da qualche strano essere dalle sembianze umane ma che la notte mutava in una sorta di vampiro che si divertiva a mordere i coinquilini per poi ucciderli. La fantasia della gente davvero non aveva limiti.
La casa era silenziosa e particolarmente vuota. Non c’era anima viva e questo era un punto a favore di Harry. Facendo come se fosse a casa sua, salii al piano superiore e cominciò ad osservare tutti i dipinti e le fotografie appese alle mura.
Una foto attirò particolarmente la sua attenzione: una donna.
Aveva dei lunghi capelli castano ramato e degli occhi così luminosi che illuminavano l’intero abitacolo con un solo sguardo, aveva le labbra socchiuse in un sorriso radioso ed era avvolta in una lunga pelliccia beige. Era in compagnia di un uomo alto e muscoloso dai capelli biondi che tra le braccia stringeva una piccola fanciulla dai capelli del suo stesso colore. Sorrideva timida all’obiettivo della fotocamera mentre stringeva con la sua docile manina la cravatta di quell’uomo che doveva essere, molto probabilmente, suo padre. Harry osservò attentamente quella zona della casa, così che quelle immagini potessero imprimersi nella sua mente. Quella casa gli piaceva perché gli ricordava vagamente la sua infanzia. Se avesse avuto una grande fortuna –perché grande com’era, valeva sicuramente qualche milione-, non ci avrebbe pensato due volte ad acquistarla.
 Continuò la sua perlustrazione ed entrò in una stanza in fondo al corridoio. Era enorme e arredata da mobili di legno: scrivania in legno, libreria in legno, sedia in legno. Addirittura una tazza da caffè, adibita a porta penne, era in legno.
Era stupenda, trasmetteva un senso di magico e mistico che gli riportava alla mente i periodi che trascorreva rintanato in biblioteca insieme a Louis, quel migliore amico che lo aveva abbandonato perché, secondo le sue opinioni, Harry era cambiato a causa dei suoi nuovi amici. Scosse la testa furiosamente come a scacciare via quei pensieri diventati ormai troppo dolorosi per essere ricordati.
Ripresa la lucidità della sua mente, chiuse la porta alle sue spalle e vagò un po’ nella stanza fin quando il suo occhio non fu attirato da un oggetto posto sulla scrivania e quasi sepolto dalla montagna di fogli che la tappezzava. Era una miniatura laccata in oro di un auto d’epoca, e secondo Harry, era perfetta come trofeo alla scommessa. La raccolse e ne scrutò tutti i minimi dettagli così da notare anche una dedica incisa sotto la base della miniatura.

 A Martìn, perché possa realizzare il suo più grande sogno.
                                                                                                             Lydia

Harry si sentiva egoista e spregevole portando via quell’oggetto che per quel ‘Martìn’ doveva essere così prezioso, ma se non l’avesse fatto avrebbe perso la scommessa, avrebbe ucciso il suo orgoglio e calpestato la sua dignità.
Senza pensarci troppo, altrimenti avrebbe potuto cambiare idea, girò la miniatura e la ficcò velocemente nella tasca della giacca di pelle. Poi, però, fu distratto da un rumore secco: la portiera di un auto. Si avvicinò alla finestra e scostò cautamente le tendine bianche cercando con gli occhi la fonte del rumore. C’era l’uomo della fotografia, soltanto un po’ invecchiato, che scaricava alcuni scatoloni dall’auto e veniva aiutato da un altro signore. Quest’ultimo era un po’ più anzianotto ma era tanto in forma da poter portare due scatoloni contemporaneamente. Harry doveva uscire da quella casa al più presto possibile ed aveva circa cinque minuti di tempo per non farsi beccare. Scappò letteralmente da quello studio, lasciando le cose così come le aveva trovate –ad eccezione di quel modellino-, poi chiuse la porta e scese gli scalini a due a due di corsa.
Inizialmente si sentì in trappola dato che non poteva uscire dalla portafinestra che affacciava proprio sull’ingresso della casa, poi però, quasi come un flash, si ricordò di un’altra possibile uscita.
Subito si fiondò verso la stanza che, secondo i suoi ricordi, doveva avere la finestra che affacciava sul retro.
La ricordava quasi alla perfezione perché ogni giorno, dal viale che percorreva per arrivare al parco, notava quella finestra bianca con le tende perennemente chiuse e si era sempre chiesto che cosa nascondessero di così privato.
Aprì la porta della stanza e, cautamente senza fare alcun rumore, la richiuse. Solo dopo essersi voltato notò la candida stanza avvolta da un’aria celestiale e quasi divina. Aveva le pareti totalmente bianche e l’arredamento in legno di ciliegio ornati, di tanto in tanto, da fazzoletti di pizzo bianco. Nell’angolo a sinistra c’era una sedia a rotelle e vedendola quasi ebbe una fitta al cuore. Si era tanto fantasticato, in modo assolutamente sbagliato, sulla famiglia che viveva in questa casa mentre era semplicemente abitata da un persona disabile. A destra c’era un letto a baldacchino con le tendine bianche e, ovviamente, chiuse. Si affrettò alla finestra e quando l’aprì un vento gelido scompigliò i suoi capelli ricci e scostò violentemente, non solo le tende bianche che contornavano la finestra, ma anche quelle del letto mostrando così una figura esile distesa sotto le coperte.
Una dolce ragazza dai lunghi capelli biondi e ormai spenti, lo fissava con i suoi occhi grigi come il cielo invernale di Barcellona. Era la ragazza più bella che Harry avesse mai visto e quando le sue sottili e rosee labbra si schiusero in un sorriso accogliente sentì una fitta al cuore. Si stava tremendamente sentendo in colpa per quello che stava facendo ma la sua idea non sarebbe cambiata, o meglio, non poteva cambiare.
Sentì dei rumori provenire dall’altro lato della porta e si ricordò dei due signori da cui si stava nascondendo.
L’espressione della ragazza divenne leggermente allarmata e ammiccando verso la finestra gli fece capire le sue intenzioni. Poggiò il piede sul davanzale e si diede una spinta dosando bene la forza affinché non cadesse con la faccia sul terreno. Si voltò e lei era li che lo fissava imperturbabile e lui, a sua volta, si lasciò trascinare dai suoi occhi magnetici fin quando, nuovamente, non sorrise facendo nascere automaticamente sul volto di Harry un sorriso sincero. Prima che potessero entrare nella stanza, lei chiuse gli occhi e così fece anche il riccio con le ante della finestra. Si allontanò quanto più possibile da quella casa cercando di scacciare via l’immagine di quella ragazza che stava ormai iniziando a tormentarlo.
C’era qualcosa che lo legava a lei, come se ci fosse un filo invisibile e indistruttibile che li univa. Non era amore, non era pietà, non era nulla di tutto questo. Harry non riusciva a spiegarsi il turbine di emozioni che si stava rivoltando dentro di lui; era come rinchiuso sotto una campana di vetro, riusciva a pensare solo a quella casa, a quella fotografia, a quella dedica, a lei.
Di poche cose Harry era sicuro nella sua vita ed il suo ritorno in quella casa era assolutamente una di loro.


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Lily's corner:
Salve a tutti, sono tornata con una nuova FanFiction, questa volta un po' più malinconica u.u
Partorii l'idea di questa storia tra i banchi di scuola, mentre la mia noiosissima proff di italiano spiegava Ariosto.
Spero vi piaccia, perché penso sia davvero carina come idea, fatemi sapere cosa ne pensate con una piccola recensione, please! *-*
Baci, Lily.

   
 
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