Questa volta in quanto a ritardo non mi si può
dire quasi niente vero??? ^___^ Sono stata bravina, su…! Ringrazio, come sempre, chi continua a
leggere e soprattutto chi commenta, scusandomi se questa volta non mi soffermo
più a fondo ma lotto contro una corrente che non vede
l’ora di saltare l’ennesima volta!! ^___^
In ogni caso…buona lettura e…non vi preoccupate,
questa storia non diventerà Beautiful, non è proprio mia intenzione ;) (capirete poi…)
Capitolo 5 – Una pista
La
squadra del C.S.I. era tutta riunita intorno al tavolo metallico nella Break Room. Ognuno per conto suo sfogliava concentrato
le pagine di vari dossier e cartelle, attento a cogliervi una provvidenziale
illuminazione. Il silenzio fu rotto dai passi affrettati provenienti dal
corridoio. La porta si aprì con uno scatto facendo picchiettare rumorosamente la
tendina di plastica contro il vetro in plexiglas.
“Ecco
i risultati dei test vocali provenienti dal laboratorio!” esclamò Greg, sventolando un foglio di carta bianco, con alcuni
grafici stampativi sopra.
Subito
l’attenzione nella sala si fece pungente.
“Abbiamo
un riscontro!” esclamò, soddisfatto.
“E
cosa aspetti a dirci chi è?” domandò Sara, guardandolo impaziente. Il suo
dossier si era piegato miseramente per tutte le volte che era stato sfogliato.
“Qui
casca l’asino” aggiunse il biondo, inclinando la testa e inarcando le
sopracciglia.
“Greg, entro questa puntata riuscirai a dirci quello che hai
scoperto o dobbiamo aspettare la prossima settimana?” domandò Nick, guardandolo sarcastico.
“Okay,
okay. Il fatto è che non abbiamo un…un
vero e proprio riscontro – sospirò – perché ogni riferimento a questo codice
di indagine è sparito”.
Nella
sala calò il silenzio.
Ogni
caso veniva rigorosamente catalogato con tutti gli
accorgimenti del caso. Venivano dettagliatamente
organizzate le prove, gli indizi e le schede dei sospettati. Ogni sacchetto
contenente anche il più piccolo materiale organico veniva
minutamente schedato e riposto dentro scatoloni sigillati. Dopodichè
tutte queste scatole erano disposte in grandi scaffalature metalliche, divisi
per anni e, all’interno dello stesso anno, divisi per il codice che veniva assegnato ad ogni caso. Tutto questo per far sì che,
qualora ci fosse stata la necessità di rispolverare un vecchio dossier, sarebbe
stato semplicissimo trovarlo e riesaminarlo. Per sicurezza, oltre che un
catalogo cartaceo, negli ultimi decenni ne era stato elaborato anche uno informatico, salvato con accurati backup
ogni settimana e inserito in un disco rigido che a sua volta veniva chiuso in
una cassaforte con riconoscimento ottico della cornea. Insomma, un vero e
proprio caveau di massima sicurezza. D’altronde all’interno di questi archivi
erano conservati importantissimi dati. Solo agli stessi poliziotti era concesso
l’accesso perciò, la scomparsa di uno di essi,
significava automaticamente l’implicazione di un agente.
“Sei
sicuro?” domandò interdetto Warrick.
Greg annuì, posando il foglio sul tavolo.
“Ho
controllato più volte e…niente” aggiunse, sollevando le spalle.
Gil, rimasto fino a quel momento in
silenzio, afferrò il foglio, inforcò gli occhiali all’altezza della punta del
naso e lesse a voce alta il codice.
“CW187-JL”.
“E
ora che facciamo?” domandò Sara, affranta.
“A
dir la verità c’è qualcosa!” esclamò il biondo, sfoderando un sorriso
soddisfatto.
“Ricominciamo
con le puntate” borbottò Nick, risistemandosi sul
seggiolino di metallo e incrociando le braccia.
“Sei
un ingrato, mio caro…non capisci che le menti geniali come le mie hanno bisogno
di tempo?”
Nick sbuffò, scuotendo la testa.
“Se
non sbaglio, i codici non sono dati a caso, vero?” intervenne Sara.
“Appunto.
CW si riferisce ad un evento importante del periodo. 187 è il numero del caso.
JL sono le iniziali dell’agente che si è occupato di catalogare il caso e
forse, se la fortuna ci aiuta, che se ne è occupato in prima persona” terminò Greg.
“Bravo
Greg – approvò Grissom – CW
si potrebbe riferire a Cold War, Guerra Fredda” fece
l’uomo.
“187
non ci serve a molto…vediamo…Guerra Fredda…” snocciolò Warrick,
tentando di ricordare.
“1947
–
“Promossa
Cath!”
“Grazie
Greg…beh, non guardatemi così, Liz
ha dovuto fare un tema di storia e l’ho aiutata” si giustificò la donna
rispondendo agli sguardi sorpresi dei colleghi.
“Okay,
ci penso io a controllare quali poliziotti con le iniziali JL c’erano
all’epoca…mi piace navigare nelle scartoffie ammuffite” fece Greg, riprendendosi il foglio e uscendo velocemente dalla
stanza.
“Bene
ora possiamo discutere-” cominciò Grissom, ma il suo
discorso venne interrotto dal solito suono dei
telefonino.
L’attenzione
tornò alta, gli occhi tutti puntati sulle mani del supervisore che,
velocemente, scavavano nelle tasche del giubbotto in cerca del cellulare.
“Grissom” rispose, con la sua solita voce sicura.
Gli
altri presenti nella stanza sentivano solo un indistinto ronzio provenire
dall’apparecchio. Potevano solo immagine dalle rughe più o meno incavate del
viso di Grissom chi e cosa potesse
essere successo.
“D’accordo,
mando subito qualcuno”.
CLICK.
“Sparatoria
sulla Strip, chi si offre?” domandò Grissom, con un lieve sorrisetto.
Le sparatorie non erano ambite da nessuno dei poliziotti; si trattava di
analizzare chilometri di selciato e asfalto, raccogliere impronte di migliaia
di persone e prelevare DNA composto per un 90% di cocaina e per il restante 10%
di hashish. Non era proprio il genere di lavoro sul quale si desiderava perdere
tempo. Ma era pure sempre lavoro.
“Warrick?” domandò Nick.
“Nick?” fece di rimando il nero, guardando l’amico con una
lieve alzata di sopracciglia, rassegnato alla proposta.
“Mentre
voi raggiungete Brass io e Cathrine
discuteremo del caso”
“E
io?” domandò Sara, guardandolo.
“Accompagni
loro, no?”
“Perché
è così scontato?”
“Solidarietà
professionale” rispose Grissom sorridendo.
Sara
sorrise a sua volta, si alzò e uscì assieme ai due uomini.
“Okay
Cathrine, allora cominciamo con-”
ma per l’ennesima volta fu interrotto dalla rossa.
“Gil, ascolta, prima di cominciare…vorrei parlarti di una
cosa” cominciò Cathrine, lievemente a disagio.
Grissom sollevò lo sguardo, incuriosito, come
per spronarla a continuare. Si tolse gli occhialetti, ne ripiegò le stanghette
e li posò sul plico di fogli che, per ben due volte, aveva tentato di
analizzare.
“Visto
la difficoltà del caso…insomma, visto che stiamo brancolando nel buio…ho
pensato che fosse meglio rivolgerci a qualcuno di…esperto in questo genere di casi” fece la detective, dosando
attentamente i termini.
“Potrei
essere d’accordo con te” ammise l’uomo.
“Sono
felice di questo ma aspetta a dirlo” rispose Cathrine, sorridendo.
“A
meno che tu non abbia chiamato Ecklie…”
“No,
non siamo così disperati”
“Allora?”
“Ho
pensato di ricorrere ad un profiler” disse
“Cathrine, quale profiler?” domandò Grissom
facendosi serio.
“Quella
che conosciamo entrambi, Gil”.
Grissom sospirò, guardando la sua collega.
“D’accordo,
hai…hai ragione”
“Quindi
non ti dispiace?”
“Direi
di no…no, non mi dispiace”
“Bene,
ne sono felice” sospirò la donna “Perché è qui fuori che aspetta”
“Chi?
Dove? Ora?” sussultò il supervisore alzandosi dalla sedia.
Senza
rispondere Cathrine aprì la porta della stanza e fece
segno a un invisibile interlocutore di avvicinarsi.
Una
donna sulla cinquantina, dal portamento elegante ma sicuro, con lunghi capelli
neri raccolti da un serio fermaglio entrò leggermente titubante nella stanza.
“Grissom” mormorò, sorridendo appena.
Gil ricambiò lo
sguardo, incerto.
“Dottoressa
Campbell” rispose, inclinando lievemente la testa per
poi tornare a guardare Cathrine la quale, dal canto
suo, stava fissando un punto imprecisato tra il pavimento e il battiscopa.