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Autore: Natalja_Aljona    08/07/2013    2 recensioni
Novosibirsk, 2013.
Aljona Sergeevna Dostoevskaja e Lev Fëdorovič Puškin, l’aspirante pattinatrice e l’ex terrorista.
Lei quindici anni di sogni, lui ventidue anni di illusioni.
Lei scandalosamente bionda, coraggiosa e incosciente come poche.
Lui troppo impulsivo e troppo innamorato.
Lei frequenta il penultimo anno del Ginnasio, lui ha passato sei anni in carcere per un attentato a Putin.
Perché lui davvero non ci riusciva, a non idealizzare quel Paese, quella Siberia feroce e opprimente, il cuore bianco e grigio della sua Russia sanguinaria e corrotta, a non cullare l'illusione di una Patria gloriosa sotto le macerie della violenza fine a se stessa e le sue stesse cicatrici di ragazzino che credeva ciecamente nel suo mondo immaginario, nei suoi miti bellissimi e impossibili, perché non c'era davvero quella gloria, non c'era davvero quella Patria.
Non c'era davvero quella luce, c'erano solo loro.
Lev con la pelle mangiata dalla prigione e il cuore rubato da Aljona e Aljona fatta di ghiaccio, musica, libri e capelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Cinquantatré

Cinquantatré

Amore dei ventanni miei

Но я тебя найду и я к тебе прийду

No ya tebya naydù i ya k tebe priydù

Ma io ti troverò e verrò da te

 

Novosibirsk, 23 Febbraio 2013

 

-Lui dice che non mi sposerai-

Questa fu la frase con cui Lev svegliò Aljona, dopo la prima notte che Lyudmila e Sergej le avevano permesso di passare a casa del fidanzato.

Gliel’avevano concesso perché tutto sommato quel Lev stava troppo simpatico ad entrambi, era assurdo ma aveva un sorriso e un’allegria incredibili, e poi aveva detto che voleva sposare Aljonka, e con una convinzione e una serietà assolutamente disarmanti.

L'aveva giurato, anzi.

Ormai si fidavano di lui, e così, sia pur con mille raccomandazioni, comprese “Non infilare le dita nelle prese elettriche” e “Guardati bene intorno prima di attraversare la strada”, l’avevano lasciata andare.

-Lui chi?- domandò con voce assonnata la biondina, socchiudendo appena gli occhi.

-Stalin-

-Stalin?!-

-Sì, vabbé, Iosif-

-E lui che ne sa?!-

-Boh. Crede di saperlo-

-Lui crede di sapere un po’ troppe cose...-

-Tu mi sposerai, vero?-

-Tutte le volte che vuoi-

-Sul serio?-

Aljonka lo guardò un po’ di traverso.

-Beh, penso che una possa bastare-

Lev le rivolse un sorriso raggiante e le lasciò un bacio a fior di labbra.

Aljona lo guardò estasiata, fin quasi a consumarlo con lo sguardo.

Lui era certamente la prima visione mattutina più celestiale con cui la bionda Dostoevskaja avesse mai avuto a che fare in tutta la sua vita.

Aveva gli occhi azzurri lucidissimi e uno sguardo languido tanto bello da rasentare lo straziante.

I suoi capelli dorati erano completamente sconvolti, e nel complesso era più abbagliante del solito.

Si strinse a lui e gli chiese, in un soffio:

-Come hai passato la notte?-

-Stavo meglio in carcere- rispose Lev, senza esitazioni. -Mi hai dato un sacco di gomitate, calci e pugni, parlavi nel sonno, mugugnavi, grugnivi e russavi-

Aljona sbiancò, senza parole.

-Ma...-

-Eh-

-Io...-

-Sì?-

-Lev...-

-È stata la notte più incredibile della mia vita, Al. Tu sei la cosa più incredibile della mia vita. E questa notte è stata... Unica-

-Cioè... Non si ripeterà?-

-Oddio, Aljonka...-

La sua adorata Al in quel momento doveva avere il vuoto pneumatico in testa, constatò Lev.

-Stavo solo scherzando. È stata così stupenda che non riesco nemmeno a descriverla-

Offesa, Aljona spalancò gli occhioni celesti e si girò stizzosamente dall’altra parte.

Che razza di idiota, quel suo grande amore...

-Piccolina... Amore mio... Aljonka mia... Stellina adorata... Girati per il tuo Levočka... Dai, ti prego...- sussurrò Lev, appoggiando il mento su una spalla della fidanzata.

-Te lo scordi, odioso-

-Io?!-

Lui le baciò la spalla, ma Al si scostò infastidita.

-Ma tesoro...-

-Tesoro a chi?!-

-All’unica che potrei chiamare così-

-Che evidentemente non sono io-

-Ma fai sul serio?!-

Il tono esasperato e disperato di Lev le fece sfuggire un sorriso suo malgrado.

-No, ovviamente... Ma non posso nemmeno arrabbiarmi un pochino?-

-No...-

Lev le baciò il collo e poi una guancia, e lei finalmente si girò, finendo esattamente tra le sue braccia.

-No?- gli chiese, a un soffio dalle sue labbra.

-Assolutamente no- sorrise Lev, per poi baciarla come sognava di fare da quando si era svegliato.

E da quel momento, almeno per quel mattino, Aljona non fu più arrabbiata e Lev non fu più odioso.

 

Quello era il grande giorno.

Non quello del matrimonio, non quello degli esami.

Il giorno dell’incontro con Anastasija.

Per Sergej e Lyuda Al e Lev sarebbero andati a fare una gita speciale a Krasnojarsk.

Una visita ai quartieri della Rivoluzione, Forradalom e Shtorm, la periferia storica, il principale centro antizarista ottocentesco, antistalinista novecentesco e antiputiniano attualmente.

Un pellegrinaggio alle statue di Feri e Jànos Desztor e Natal’ja Zirovskaja, i tre fondatori di Forradalom, un po’ come i Musulmani alla Mecca.

Non c’era di che stupirsi, trattandosi della loro Aljonka: ogni volta che andavano a San Pietroburgo lei pretendeva di fermarsi alla Cërnaja Rečka, attualmente stazione della metropolitana, dove era stato ucciso a duello il suo adorato Puškin, e in Площадь Декабристов (Ploščad’ Dekabristov, Piazza dei Decabristi), ex Сенатская Площадь (Senatskaya Ploščad’, Piazza del Senato), a commemorare uno ad uno i capi dei Decabristi impiccati all’alba del 25 Luglio 1826, Pavel Ivanovič Pestel’, Pëtr Grigor’evič Kachovskij, Kondratij Fëdorovič Ryleev, Sergej Ivanovič Murav’ëv-Apostol e Michail Pavlovič Bestužev-Rjumin.

Aljona, quando doveva fare un compito in classe importante o affrontare una situazione difficile, non pregava i Santi, ma Feri Desztor, lo zingaro ungherese che aveva condotto per sei anni la Гражданская Война Сибирячка (Graždanskaja Vojna Sibirjačka, la Guerra Civile Siberiana) contro lo zar Nikolaj Romanov I.

Il Capitano di Forradalom, uno dei più grandi Rivoluzionari di tutti i tempi.

Lev era invasato quanto lei riguardo agli eroi della Rivoluzione, e perfino di più, considerati i suoi precedenti penali e la storia della sua famiglia, indi per cui avevano trovato la scusa perfetta per il loro viaggio.

Lei aveva portato il vestito bianco in una sacca e la sera prima si era fatta fare da Nadezhda, la madre adottiva di Pavel nonché sua parrucchiera di fiducia, tantissime sottilissime treccine con i capelli ancora bagnati, in modo che, quando se li fosse sciolta il mattino dopo, sarebbero rimasti favolosamente mossi.

A dirla tutta, sembrava che stesse andando a sposarsi.

Non per niente Lev e Fëdor, vedendola aggirarsi per i corridoi di casa loro con le parvenze di un angelo e rimanendone puntualmente folgorati, la chiamavano “Красивая невеста” (Krasívaya nevesta, La bella sposa).

 

Aljona arrivò in cucina ancora in pigiama, ma con le treccine sciolte in una cascata di onde dorate, gli occhi luminosi come zaffiri e i polsi carichi di braccialetti scintillanti - ma quelli li aveva sempre, non erano certo una novità del momento.

Lev si era tolto la maglia del pigiama e infilato i jeans, ed era arruffato e affascinante come non mai.

Entrarono tenendosi per mano, con sorrisi abbaglianti sulle labbra che bruciavano per i baci dati e ricevuti.

Sulla soglia, però, si fermarono come pietrificati.

-Papà, non farlo!-

Fëdor si voltò, confuso.

Stava per cliccare il tasto di accensione del microonde.

-Ehi, tranquillo, è tutto sotto controllo... Non è poi così terribile-

-Stai... Stai attento, però. Aljona, stammi vicina-

-Amore... Tuo padre sa cosa sta facendo. E sta facendo la cosa giusta, credimi- cercò di rassicurarlo Aljona.

Possibile che bastasse un microonde a mettere in crisi il ragazzo più coraggioso di Novosibirsk?

-Va bene. Va bene. Hai ragione, devo superare questa cosa. Però, papà, stai a distanza di sicurezza. Ti prego-

-Tra cinque minuti la colazione sarà pronta. E saremo ancora tutti vivi- gli assicurò Fedja, con un sorriso.

Poi si rivose ad Aljona:

-Come sta la mia piccolina?-

-Come sempre quando sono insieme a tuo figlio. Felice da star male, Fëd’ka-

Lev le passò un braccio intorno alle spalle e, attiratala a sé, le schioccò un bacio su una guancia.

-Allora, cosa c’è per colazione?- chiese allegramente, estasiato dalle parole della sua Aljonka.

-Quello che c’era ieri- fu la risposta di Fëdor, che però non scalfì minimamente la sua euforia.

-Oh, no. Ieri non c’era Aljonka-

In quel momento il microonde suonò, poiché aveva finito...

E Lev neanche se ne accorse.


Fëdor era grandioso quel giorno, seppur con qualche elemento fuori luogo.

Felpa blu scuro col cappuccio e senza cerniere, camicia celeste fuori dai pantaloni, jeans neri aderenti, stivali di pelle nera alti fino al ginocchio, i capelli color carbone appena lavati con lo shampoo alla camomilla e miele di Aljona ancora un po’ bagnati e...occhiali da sole.

Per carità, era una visione, ma, come si erano chiesti Lev e Aljona con uno sguardo d’intesa, gli occhiali da sole, esattamente, cosa c’entravano?

-Papà, non per puntualizzare... Ma siamo in Siberia, ed è il 23 Febbraio... Nevica... Non se... Gli occhiali da sole, ecco... Sono un tantino superflui... No?-

La risposta di Fedja, però, fu ancora più disarmante.

-Quali occhiali da sole?-

Un brivido corse lungo la schiena di Lev.

-Quelli che hai addosso...-

Fëdor sgranò gli occhi.

-Oh! Veramente?! Già, cosa li ho messi a fare? Vabbé, già che ci sono li tengo, dai.

Così Nasten’ka mi riconoscerà subito, quando arriveremo-

-Sei suo marito, ti riconoscerebbe comunque... Ma va bene, va bene, fai quello che vuoi- sospirò Lev, facendo ridere Aljona.

Alle nove e trentotto uscirono di casa.

La krasívaya nevesta, il Siberiano con gli occhiali da sole a Febbraio e...Lev.

Sarebbe stato difficile, in tutta Novosibirsk, trovare tre tipi più originali di loro, ma anche tre sorrisi più smaglianti.


-La sposa, lo sposo e il testimone- decretò il controllore, un giovane dall’aria gioviale, fin troppo, indicando, in quest’ordine, Aljona, Fëdor e Lev.

-La mia futura sposa, mia, mio padre, ovvero il futuro suocero, e il futuro sposo, che sarei io. E smettila di guardare la scollatura di mia moglie, anche perché non c’è niente da guardare, è solo la stoffa arricciata che confonde le idee-

Il controllore sussultò e si affrettò ad annuire.

Cavolo, proprio la невеста (nevesta, futura sposa) di Lev Puškin doveva trovare...

Effettivamente, quegli occhi grigiazzurri e quell’aria da Pugačëv moderno erano inconfondibili.

Lui, però, la scollatura della sua adorabile обручена (obruchena, promessa sposa) ormai l’aveva guardata comunque.

Non era vero che non c’era proprio niente da vedere...

-I biglietti, allora...-

-Tutti i biglietti che vuoi, purché ti smaterializzi-

Un po’ a disagio per lo sguardo insistente del ragazzo, Aljona strinse il braccio di Lev, che, come tutte le volte che sentiva la sua pelle di splendida adolescente a contatto con la propria, non rispose più di se stesso.

Quando finalmente il controllore si chiuse la porta dello scompartimento alle spalle, Aljona prese per mano il fidanzato e lo condusse a sedere accanto a lei.

-Я живу для тебя- Ya zhivù dlya tebya, Io vivo per te, gli sussurrò dolcemente all’orecchio.

Lev la guardò rapito e le sorrise, accarezzandole lentamente una guancia con la punta delle dita.

-Я тоже-

Ya tozhe.

Anchio.

Si avvicinò al suo viso per baciarla, ma in quell’esatto momento dal cellulare di Aljona partì Good is Good di Sheryl Crow, facendoli sussultare entrambi.

-Scusami, dev’essere la mamma...-

Lev, indispettito, le diede comunque un leggerissimo e fugace bacio sulle labbra, prima di lasciarla rispondere.

-Мама? Да, siamo sul treno! Tra poco partiamo... Sì, ma tanto non arriviamo a Krasnojarsk in meno di sei ore, nevica anche... Sono le dieci, saremo lì per le quattro e mezza circa, ovvero le cinque e mezza di Krasnojarsk, forse anche più tardi, dipende. La Transiberiana è fantastica, ma con la tempesta... No, adesso non c’è la tempesta, ma sei a Novosibirsk anche tu, affacciati alla finestra, lo vedi che non c’è la tempesta? Per il momento nevica solo, volevo dire se ci sarà la tempesta. Mamma, stai calma, sai quante tempeste abbiamo visto! Sì, lo so che non devo saltare giù dal finestrino mentre il treno è in corsa, soprattutto durante la tempesta di neve, ma oserei dire che questa raccomandazione è un attimino superflua, non credi? Dai, mamma, rilassati... Pensa alla gita a Gorno-Altajsk, son stata via quattro giorni eppure sei andata meno in crisi... Come, era solo perché c’era Drubeckoj e di lui ti fidi ciecamente?! Cioè, mamma, anche tu hai una cotta per il Professor Drubeckoj?!  E papà lo sa?! Forse è meglio se adesso ci salutiamo... Ci sentiamo più tardi, sì... Certo... E stai tranquilla, mi raccomando! Tu però adesso non raccomandarmi più niente, eh!-

Aljona chiuse la telefonata con sua madre, momentaneamente Lyudmila l’Isterica, e alzò repentinamente lo sguardo sui due Puškin.

-Ebbene?! Ve li volete togliere quei sorrisi idioti?! Ma guarda a te...-

-Tutto a posto?- le chiese per primo Fëdor, con la sua solita dolcezza.

-Se la mamma si prende un tranquillante, o meglio ancora un sedativo, sì-

-Wow... Chissà com’è avere una madre così...- intervenne Lev, con un sorriso e uno sguardo pieno di speranze.

Per lui e Fedja era tutto nuovo, loro non lo sapevano come si comportava di solito una madre, una madre a tempo pieno.

-Stressante, a volte- rispose Aljonka, ricambiando il sorriso.

-Ma anche bello, immagino-

-Già... Bellissimo-

Schioccò un bacio su una guancia ad entrambi e poi cercò l’iPod nella sua tracolla.

-Cosa volete sentire?-

-Ruby Tuesday...- sussurrò Fëdor, pensando alla sua Anastasija sempre più vicina, a sole sei ore di treno di distanza.

-Papà, stai lontano dalla discografia dei Rolling Stones! Ruby Tuesday ti fa piangere ogni volta, lo sai-

-Beh, comunque ho portato il mio iPod. Voi sentite quello che volete, io ascolterò... Я буду ждать тебя (Ya budu zhdat’ tebya, Io ti aspetterò) di Валерия (Valerija, famosa cantante russa)-

Effettivamente, quella canzone era perfetta per lui e Anastasija.

-Lev?- chiamò allora Al, in attesa di un suggerimento del fidanzato.

Lui le prese l’ipod di mano e sorrise, trovando quasi subito la canzone giusta.

-Mettiti un auricolare e chiudi gli occhi- le sussurrò poi, facendo partire la musica.

Aljona sorrise e obbedì.

-Questo vuol dire che me la dedichi?-

-Questo vuol dire che se non stai zitta e ascolti la dedico alla prima ragazza che incontro a Krasnojarsk-

-Va bene, va bene, fai partire la canzone, dai-

Lev non avrebbe potuto dedicarla a nessun’altra, in realtà.

 

Я была в твоем времени, наверно временно

Я была в твоем имени, цветом инея

Билась жизни каждый миг для тебя

Билась в каждый миг у тебя где-то в сердце

 

Ya byla v tvoyem vremeni, naverno vremenno

Ya byla v tvoyem imeni, tsvetom ineya

Bilas’ zhizni kazhdyy mig dlya tebya

Bilas’ v kazhdyy mig u tebya gde-to v serdtse

 

Ero nel tuo tempo, forse momentaneamente

Ero nel tuo nome, nel colore del gelo

Ho combattuto ogni momento della mia vita per te

Tu hai combattuto ogni momento da qualche parte nel cuore

 

In quel momento Lev posò la sua mano su quella di Aljona e, chinatosi su di lei, le sfiorò le labbra con un bacio, mentre la canzone, Любви история (Lyubvi istoriya, Storia d’amore) di Mika Newton, continuava.

 

Ты мой город из песка, моря и облака

Ты мой лучший день и снег, корабли и свет

Ты мой лучшая любовь для тебя

Безупречна боль без тебя где-то в сердце

 

Ty moy gorod iz peska, morya i oblaka

Ty moy luchshiy den’ i sneg, korabli i svet

Ty moy luchshaya lyubov’ dlya tebya

Bezuprechna bol’ bez tebya gde-to v serdtse

 

Tu sei la mia città di sabbia, mare e nuvole

Tu sei il mio giorno migliore e la neve, le navi e la luce

Tu sei il mio migliore amore per te

Senza di te ho un dolore perfetto da qualche parte nel cuore

 

Aljona appoggiò la testa sulla spalla di Lev, sempre tenendo stretta la sua mano.

Stava per arrivare la parte più bella della canzone, il ritornello, e in quel momento Al voleva sentire Lev più vicino che mai.

Il treno era partito e un biancazzurro paesaggio innevato, interrotto da squarci del grigio della strada e da sprazzi del verde dei boschi, scorreva fuori dal finestrino ghiacciato, verso Krasnojarsk.

A Krasnojarsk c’era Anastasija, l’amore di Fëdor, ma il loro amore, la loro любви история splendeva anche su quel treno appena partito da Novosibirsk, nella loro stretta di mano che scottava sulla pelle sfidando il gelo siberiano.

 

Ты вся моя любви история, судьбы история

История меня ты

Вся моя печаль и светел миг история, без края и конца

Ты...

 

Ty vsya moya lyubvi istoriya, sud’by istoriya

Istoriya menya ty

Vsya moya pechali svetel mig istoriya, bez kraya i kontsa

Ty...

 

Tu sei tutta la mia storia d’amore, la storia del destino

Tu sei la mia storia

Tutto il mio dolore e il momento luminoso della storia, senza confine o fine

Tu...

 

-Ты вся моя любви история...- ripeté Lev, e Aljona socchiuse gli occhi turchini, che scintillarono emozionati in quelli blu-argentei del fidanzato.

-Спасибо- sussurrò, in un fil di voce.

Lui le sorrise e scosse la testa.

-Ты...-

Lei cosa?

Lev non finì la frase, in fondo Al avrebbe dovuto saperlo.

Lei era tutto.

 

Я же в твоих берегах, так берегла

Сохранить для себя тебя лишь на миг смогла

Билась жизни каждый миг для тебя

Билась в каждый миг у тебя где-то в сердце

 

Ya zhe v tvoikh beregakh, tak beregla

Sokhranit’ dlya sebya tebya lish’ na mig smogla

Bilas’ zhizni kazhdyy mig dlya tebya

Bilas’ v kazhdyy mig u tebya gde-to v serdtse

 

Sono sulle tue rive, come un tesoro

Posso tenerti per me solo per un momento

Ho combattuto ogni momento della mia vita per te

Tu hai combattuto ogni momento da qualche parte nel cuore

 

Fuori era iniziata la tempesta, scoppiata dal nero del cielo contro la steppa già sanguinante di neve.

Nuove ferite in quella bruna e gelida terra siberiana, nuovi sogni splendenti negli occhi di Aljona e Lev.

Al si sfilò l’auricolare e guardò oltre il vetro appannato del finestrino.

Pensò a sua madre e le scappò un sorriso.

Anche Lev pensò a sua madre, e per la prima volta il pensiero di lei lo fece veramente soltanto sorridere.

Fëdor ascoltava al suo iPod canzoni che ormai non gli facevano più male, parole che troppe volte l’avevano fatto piangere ma da cui ora sapeva difendersi, e non gli strappavano più lacrime a tradimento, ma sorrisi ebbri di luce.

Lui l’aveva aspettata tanto, la sua Nasten’ka...

Ma ora non doveva più.

Ora sarebbe stata di nuovo sua.

Я буду ждать тебя (Ya budu zhdat’ tebya, Io ti aspetterò) di Valerija finalmente aveva un senso.

Lui aveva aspettato abbastanza!

Nessuno di loro aveva paura della tempesta.

Non in un giorno come quello.

Non in un giorno di libertà.

Novosibirsk era l’ottava fermata della Ferrovia Transiberiana e Krasnojarsk era la nona.

Mosca, Nižnij Novgorod, Kirov, Perm’, Ekaterinburg, Tjumen’, Omsk, Novosibirsk, Krasnojarsk, Irkutsk, Ulan-Udė, Čita, Skovorodino, Chabarovsk, Ussurijsk, Vladivostok.

Krasnojarsk distava 642 verste da Novosibirsk ed era un’ora avanti della Capitale siberiana, infatti se lì erano le dieci, a Krasnojarsk erano le undici.

 

Krasnojarsk, 23 Febbraio 2013

 

Почти семь часов после

Pochti sem’ chasov posle

Quasi sette ore dopo

 

Не сворачивай с пути, ты не можешь не прийти

Пусть метели на пути стеной

С неба падает звезда - это значит навсегда

Загадай любовь, удача с тобой!

 

Ne svorachivay s puti, ty ne mozhesh’ ne priyti

Pust’ meteli na puti stenoy

S neba padayet zvezda - eto znachit navsegda

Zagaday lyubov’, udacha s toboy!

 

Non allontanarti dal sentiero, non puoi non venire

Lascia la bufera di neve sul muro

Dal cielo cade una stella - questo significa per sempre

Fare un amore, buona fortuna a te!

(Я буду ждать тебя - Ya budu zhdat’ tebya, Io ti aspetterò-, Valerija)

 

-Остановка поезда в Красноярске! Остановка поезда в Красноярске!-

Ostanovka poyezda v Krasnojarske! Fermata del treno a Krasnojarsk!

Fëdor, che fremeva sul suo sedile da quando aveva riconosciuto fuori dal finestrino i paesaggi della Siberia Centrale e il susseguirsi delle città del Kraj di Krasnojarsk precedenti alla Capitale, si alzò di scatto come se avesse preso una scossa, con l’unico, fantastico risultato di sbattere violentemente la testa contro il tetto dello scompartimento, facendo un rumore terrificante.

-Папа, я прошу тебя...- Papa, ya proshù tebya... Papà, ti prego..., lo redarguì Lev, con un sospiro.

-Мы приехали! Боже мой...- My priyekhali! Bozhe moy... Siamo arrivati! Oh mio Dio..., esclamò Fedja, isterico.

-Appunto. Che ne dici di scendere?-

-Oddio, Lev, sei proprio insopportabile, oggi!-

-Non più del solito, Fedja- commentò Aljonka, beccandosi un’occhiataccia dal fidanzato.

Fëdor sorrise e le tese una mano, che la biondina prontamente afferrò.

-Va bene, scendiamo. Andiamo da Anastasija...- sussurrò, sognante.

-Ты всегда любил ее? Всегда?- Ty vsegdà lyubil yeye? Vsegdà? Tu l’hai sempre amata? Sempre?, gli chiese Aljona, intenerita.           

-Всегда. Fin da quando eravamo bambini. Lei era la più bella, la più dolce, la più simpatica... Insomma, ero perso per lei-

-E tra poco ci perderemo anche noi, se continuiamo a seguire te che non sai neanche dove stiamo andando. Ancora un po’ e ci ritroviamo a Noril’sk*, sai?- intervenne Lev, notando con un filo d’inquietudine che appena erano usciti dalla Stazione suo padre aveva preso una direzione così, per simpatia, e aveva proseguito dritto per quella con ben poca cognizione di causa.

-Sì, così ti lascio a Norillag**-

* Città della Siberia Settentrionale nel Kraj di Krasnojarsk dove la temperatura è arrivata fino a sessantasette gradi sotto zero percepiti, fino al 1956 sede del Gulag di Norillag**, nel quale nel 1953, dopo la morte di Stalin, c’è stata la sanguinosa Rivolta di Noril’sk.

-Così mentre voi siete dispersi a Noril’sk io da Anastasija ci vado da sola- concluse Aljona, ben sapendo che a quelle parole i due Puškin avrebbero sbarrato gli occhi e scosso con forza la testa, per poi placare immediatamente ogni loro battibecco.

-Facciamo che per oggi rimaniamo a Krasnojarsk- concluse infatti Fëdor, e Lev annuì, concorde.

Fu in quel momento che il ragazzo lanciò un’occhiata distratta al cellulare del padre, sul quale avrebbe dovuto esserci la cartina di Krasnojarsk, e per poco non gli prese un colpo.

-П-Папа, п-почему... (P-papa, p-počemù... P-papà, p-perché...) Per la Santa Patria Russa, perché hai Google Maps aperto sulla cartina della Bosnia-Erzegovina?!-

-Ma io che ne so, di come funzionano questi cosi...- si difese Fedja, confuso.

-Bastava che digitassi Krasnojarsk, Kraj di Krasnojarsk, Siberia Centrale. Riesci a farlo adesso?-

-Sì, ma... Non c’è la tastiera...-

Lev soffocò un grugnito e gli strappò il cellulare di mano.

Riuscì a far saltare fuori la tastiera digitale momentaneamente eclissatasi, ma...

Il cirillico.

Dove accidenti era finito il cirillico?!

-Papà... Oh, papà, non puoi aver impostato il serbo come lingua del tuo cellulare!-

-No, infatti, non posso, deve averlo fatto qualcun altro...-

-Aaaah! Rivoglio la mia tastiera cirillica, немедленно! (nemedlenno, subito)-

Il serbo aveva sia l’alfabeto cirillico con qualche lettera in più rispetto al russo che quello latino.

Ovviamente Fëdor aveva, chissà come, impostato l’alfabeto serbo latino, e la cosa mandava in crisi Lev.

Non che non lo conoscesse, avendo studiato polacco e inglese al Ginnasio, ma in quel momento non aveva certo la lucidità necessaria per traslitterare mentalmente i caratteri latini in grafemi cirillici.

-Tranquillo, proviamo a chiedere a quel signore che sta passando...- intervenne Aljona, e Lev si limitò ad annuire, ancora sconvolto per le recenti scoperte.

Dunque Al si avvicinò al passante in questione e gli chiese, con il suo sorriso più luminoso:

-Подскажите пожалуйста в какой стороне находится Форрадалом?-

Podskažite požaluysta v kakoy storone nakhoditsya Forradalom?

Potrebbe indicarmi per favore da che parte è Forradalom?

-Жао ми је, ја не говорим руски. Ја сам српски- le rispose però quello, costernato.

Žao mi je, ja ne govorim ruski. Ja sam srpski.

In serbo: Mi dispiace, non parlo in russo. Sono serbo.

In quel momento anche lei cominciò a smarrire la calma.

-Era... Era serbo?!- chiese scioccata, voltandosi verso Lev e Fëdor.

Quanti serbi potevano esserci, a Krasnojarsk?

Quante probabilità potevano esserci che loro chiedessero informazioni proprio ad un serbo?

Quante speranze c’erano che Lev riuscisse a reimpostare il russo al posto del serbo come lingua del cellulare di Fëdor?

-Oddio... Forse avremmo dovuto fermarlo e chiedergli di cambiarla lui, la lingua nelle impostazioni...-

 

Сорок минут после

Sorok minut posle

Quaranta minuti dopo

 

Я буду ждать тебя и верить чудесам

А белый снег нам подарит любовь

Не закрывай глаза, мне упустить нельзя

Все что сейчас происходит со мной!

 

Ya budu zhdat’ tebya i verit’ chudesam

A belyy sneg nam podarit lyubov’

Ne zakryvay glaza, mne upustit’ nel’zya

Vse chto seychas proiskhodit so mnoy!

 

Io ti aspetterò e credo ai miracoli

Una neve bianca ci darà l’amore

Non chiudere gli occhi, io non posso perdere

Tutto quello che sta succedendo a me!

(Я буду ждать тебя - Ya budu zhdat’ tebya, Io ti aspetterò-, Valerija)

 

-Ce l’ho fatta!- gridò Lev, agitando entusiasta il cellulare del padre.

Fino a quel momento gli era sembrato di essere in un fumetto di Paperino, sinceramente.

-Grande Levočka! Adesso possiamo andare?-

-Dobbiamo andare, pa’!-

Aljona sospirò di sollievo.

Non si poteva certo dire che Lev e Fëdor fossero i due ragazzi più tecnologici della Siberia, in realtà erano giusto qualche gradino sopra Taras Bul’ba, Cosacco ucraino di molti secoli prima, ma alla fine se l’erano cavata.

Diede la mano a Lev e si rivolse a Fedja, riprendendo l’argomento di prima della “tragedia serba”:

-Mi racconti di quando le hai chiesto di sposarti?-

Fëdor sorrise al ricordo di quel momento, quel giorno per metà terribile e per metà meraviglioso, e per lo sguardo sognante che aveva Aljona nel chiederglielo.

Non era sicuro che fosse come se lo aspettava lei, ma in fondo neanche lui e Anastasija se l’erano aspettato proprio così, quel 21 Gennaio 1990.

-Il giorno in cui le ho chiesto di sposarmi è lo stesso in cui abbiamo deciso di chiamare Lev il nostro primo figlio, anche se allora Nastja non era ancora incinta. Ed è anche il giorno in cui lei mi ha convinto a non incendiare il Genio Militare di San Pietroburgo e a non sparare ad Anatol’ Emil’evič Voloshyn. Sono salito su quel treno con la vendetta negli occhi, e quando sono tornato avevo solo l’amore per lei. Senza di lei, quante volte sarei caduto, quante volte mi sarei ferito! Solo perché volevo diventare veramente terribile come mi credevano.

Un giorno, quando ci sarà anche lei e saremo tutti insieme, lei mi sorriderà e tu mi ascolterai, ti racconterò tutto-

-Ѐ una bella storia, vero?-

-Ѐ una delle storie più belle della mia vita. Вся моя любви история, судьбы история...-

Vsya moya lyubvi istoriya, sud’by istoriya...

Tutta la mia storia d’amore, la storia del destino...

Con queste parole nell’aria e nel cuore arrivarono a Forradalom.

Я буду ждать тебя

Солнце в душе храня

Сколько б ночей не пришлось пережить...

Мелькают поезда... Не отпускай меня!

Я так хочу лишь с тобой рядом быть!

Лишь с тобой...

 

Ya budu zhdattebya

Solntse v dushe khranya

Skolko b nochey ne prishlosperezhit’...

Mel’kayut poyezda... Ne otpuskay menya!

Ya tak khochù lish’ s toboy ryadom byt’!

Lish’ s toboy...

 

Io ti aspetterò

Con il sole nell’anima

Quante notti non ha vissuto...

Si intravede il treno... Non lasciarmi andare!

Io voglio solo essere vicino a te

Solo con te...

(Я буду ждать тебя - Ya budu zhdat’ tebya, Io ti aspetterò-, Valerija)

 

Aljona dovette fermarsi a riprendere fiato prima di entrare a Forradalom, quel quartiere magico che aveva vissuto la Rivoluzione.

Lev, al suo fianco, le passò un braccio intorno alle spalle.

-Se non fossimo nati a Nostal’hiya, saremmo nati qui-

La biondina annuì quasi impercettibilmente, perché tre figure di marmo candido che si stagliavano in mezzo alla neve alta avevano rapito il suo sguardo turchino.

Coperte da un lieve strato di ghiaccio, le statue dei fondatori di Forradalom.

Feri Desztor, Jànos Desztor e Natal’ja Zirovskaja.

-Oddio, Lev... Mi manca il fiato! Feri... Tu sei come lui!-

Lev sorrise e la strinse a sé, per poi baciarle una guancia.

-Oh, tesoro... Questa è di sicuro la cosa più incredibile, spettacolare e meravigliosa che mi abbiano mai detto in tutta la mia vita! Paragonarmi a Feri Desztor... Solo tu potevi farlo-

Aljona conosceva a memoria ogni particolare di quelle tre statue, grazie alla foto che c’era sul suo libro di storia nel capitolo dedicato alla Guerra Civile Siberiana (1843 - 1848), la guerra di Feri Desztor.

La statua di Feri aveva incisa sul petto una N, l’iniziale del nome del suo unico grande amore, Natal’ja, fiammiferaia siberiana ed eroina nazionale, scolpita accanto a lui.

Era per lei che Feri aveva fatto la guerra, per la sua libertà.

Sul piedistallo invece era incisa l’ultima frase pronunciata dal Capitano sul patibolo, pochi secondi prima di essere impiccato.

Non saremo mai sconfitti.

Nella memoria di ragazzi come Aljona e Lev i ragazzi di Forradalom -oltre a loro tre, l’islandese Helga Björg Dolokova, la moglie di Jànos Desztor, l’ungherese Hajnalka Desztor, la sorella minore di Feri e Jànos, il boemo praghese Isaakij Keresztely e il kazako Lörinc Aleksandrovič Csarabàs- non sarebbero mai stati sconfitti.

-Adesso ce la fai ad entrare?- le sussurrò Lev all’orecchio.

Lei annuì, ancora un po’ scossa dall’emozione.

-Andiamo-

 

Poco lontano, seduta sui gradini innevati del Campo di Rose, cimitero e un tempo arena dei duelli di Forradalom, dove si scioglievano promesse di guerra e si stringevano promesse d’amore, una giovane donna bionda s’intrecciava pazientemente i lunghi capelli con una limpida emozione tremante negli occhi grigi.

Non sapeva perché si stava facendo una treccia, Anastasija.

Lei non se le era mai sapute fare da sola, le trecce, anche se ormai aveva trentasei anni, e nei ventidue che aveva passato in carcere forse l’aveva avuto, il tempo d’imparare.

La verità era che aspettava lui, Fëdor, suo marito.

Era sempre stato lui ad aiutarla a pettinarsi, perché lei aveva i capelli troppo lunghi ed era un disastro con le acconciature, ed erano le sue dita, non le proprie, che voleva sentire tra i capelli, che sognava di avvertire tra le sue ciocche dorate.

Non sapeva cosa fosse più forte in quel momento, Anastasija.

Se il battito della neve o il battito del suo cuore.

Aveva il petto in fiamme, colmo di un fuoco struggente che le strappava il respiro, e un gelo acuto come una pioggia di spilli sulla pelle.

Si sentiva una febbre strana, più dell’anima che del corpo, uno stordimento grave come un nodo di ferro, un peso tale da spezzarle le vertebre, più forte e insopportabile proprio perché esisteva solo nella sua mente.

-Fëdor...-

La sua voce si spezzò su quel nome.

Il nome del suo sangue, delle sue cicatrici.

Il nome che aveva scritto sul muro della sua cella per non avere più paura.

Il nome che aveva letto tra le linee della sua mano quando credeva di non avere più un futuro.

Il nome dei brividi della malattia, della cenere dei suoi quindici anni, degli sguardi feriti degli occhi.

Il nome cambiato in “papà” dalla voce di suo figlio.

Tutti quegli anni...

Ventidue anni...

Era finita la loro расставание?

(Rasstavanie, Separazione)

Я буду кохати тебе так і знай

Бери мої крила і просто літай!

Я буду кохати без сліз і без болю

Я буду літали без крил с тобою

Моє серце б’ється для тебе

Не відпускай!

 

Ya budu kokhaty tebe tak i znay̆

Bery moï kryla i prosto litay̆!

Ya budu kokhaty bez sliz i bez bolyu

Ya budu litaly bez kryl s toboyu

Moye sertse b’yet’sya dlya tebe

Ne vidpuskay̆!

 

Io ti amerò e lo so

Prendi le mie ali e vola!

Io amerò senza lacrime e senza dolore

Io volerò senza ali con te

Il mio cuore batte per te

Non lasciare andare!

(Не відпускай - Ne vidpuskay̆, Non lasciare andare-, Mika Newton)

 

D’un tratto Anastasija si alzò di scatto e corse da Sten’ka.

Stepan Jakovlevič era seduto sui gradini di casa sua, al numero 9 della Perspektíva Szabadság, quella che un tempo era la casa di Natal’ja Zirovskaja, e stava fumando una sigaretta, contemplando assorto la neve che cadeva.

I suoi folti capelli nero ossidiana erano scompigliati dal vento, i suoi lucenti e taglienti occhi neri erano quanto di più scuro e luminoso potesse scalfire quel gelo di cristallo.

Quando la vide arrivare non poté fare a meno di sorridere, perché quella ragazzina lo faceva sorridere sempre, c’era qualcosa in lei di troppo bello per non illuminarsi a sua volta alla sua vista.

La ragazza si precipitò a sedere accanto a lui, con il cuore in gola.

-Sten’ka... Mio Dio... Mi sento così... Male, così stupida... Come se dovessi fare chissà cosa per tenerlo ancora con me, e questo mi fa così paura... Ѐ che noi siamo stati marito e moglie solo per dieci mesi... Da quel giorno, poi...-

-Обручены и обречены- Obrucheny i obrecheny, Amanti dannati, concluse Sten’ka per lei, citando Расставание (Rasstavanie, Separazione) di Valerija e Stas P’ekha.

-Già... Lui non è ancora arrivato, ed io... Tremo già per quando se ne andrà. Io lo amo, lo amo, e l’ho già perso per ventidue anni... Non voglio morire ancora, non senza di lui-

-Ѐ tuo marito, Nasten’ka. Leggi il suo nome sulla fede, guarda come brilla. Fëdor Aleksandrovič Puškin, 3 Febbraio 1991. Ѐ tuo marito, sarà tuo per sempre, Nastja! Lo so che non vale per tutti, e quando non vale è tremendo, ma voi siete diversi, o meglio, siete come tutti dovrebbero essere, e spesso non riescono... Ma adesso non pensare agli altri, non pensare a chi non ce la fa. Il tuo Fëdor non ti lascerà mai. È tutto finito, non siete più amanti dannati. Siete Anastasija e Fëdor, solo che nessuno vi vedrà. Dovrete stare attenti, ma sarete felici-

-Я знаю (Ya znaju, Lo so), ed è meraviglioso. Sai, mi sento come se stessi per sposarlo di nuovo. E adesso dovrò essere all’altezza di nostro figlio, all’altezza del suo amore...-

-Senti, Nastja, io non lo so, quanto sono alti tuo figlio e tuo marito, ma sono sicuro che lo sarai-

-Fedja un metro e settantasei, Lev un metro e settantotto-

-E tu?-

-Un metro e settantaquattro-

-Allora sì, sei alla loro altezza, punto-

-Oh mio Dio, Sten’ka!- gridò in quel momento Anastasija, sbiancando completamente, sconvolta.

-Altra crisi isterica in vista?-

-No... La mia famiglia in vista!-

-Oh, Христос...-

Oh, Khristos...

Oh, Cristo...

 

A pochi sazhen’ da loro, due ragazzi e un giovane uomo li guardavano con occhi pieni di luce.

Emozioni spezzate, confuse, splendenti.

Anastasija si alzò dai gradini di casa di Sten’ka e fece alcuni passi avanti, travolta dai brividi.

Fedja, gli occhi di Fedja...

Quell’azzurro che si perdeva nel blu, reso liquido dalle lacrime che vi bruciavano...

E poi quel viso, da quanto tempo non gli sfiorava le guance, la pelle chiara di neve e d’amore...

E il suo Lev, che meraviglia di ragazzo era diventato!

Ed era figlio suo!

Vederlo in carcere e vederlo lì, a pochi passi da lei, senza barriere a dividerli, non era la stessa cosa.

Aljona era indubbiamente la ragazzina più deliziosa che avesse mai visto, e il pensiero che si fosse vestita così elegante per incontrare lei la inteneriva da morire.

Erano lì... Per lei... Con lei.


-Fëdor...-

Ora quel nome tanto amato, sussurrato in ogni buio e in ogni solitudine, corrispondeva ad un uomo.

Il suo uomo.

Suo marito.

-Fëdor! Lev! Aljona!-

Avrebbe voluto gridare, ma le mancava la voce.

Le mancava il fiato, ma non loro...

No, loro non le mancavano più.

Non le sarebbero mancati più.

Lev diede un colpetto sulla spalla al padre, che sembrava essere improvvisamente diventato tutt’uno con la fragilità della neve.

Neanche un passo riusciva ad affondare in quella coltre densa di cielo caduto, ma al contrario il suo cuore cedeva, il suo cuore pulsava troppo forte, le lacrime gli offuscavano la vista...

-Anastasija!-

Crollò a terra, invece di andare verso di lei, e strinse la neve come se fossero state le sue mani, quei cristalli d’acqua bianca e immacolata.

Fu lei a raggiungerlo, straziata dall’avergli causato un’emozione troppo violenta, e lo strinse tra le sue braccia come faceva a quindici anni, quando bastava una parola per distruggerlo e un bacio per ridargli la vita.

-Настенька... Я...- Nasten’ka... Ya... Nasten’ka... Io...

La mano di Fëdor sui capelli di Nastja, come una volta, come quando potevano.

Il sorriso di Fëdor bruciò sulla pelle di Nastja, come quando lui era tutto, e lo era ancora.

-Не оставляй меня...- Ne ostavlyay menya... Non lasciarmi..., sussurrò Anastasija, la testa sulla sua spalla, il cuore tra le sue dita.

-Я не знаю как же оставить тебя, моя любовь...-

Ya ne znaju kak že ostavittebya, moya lyubov’...

Io non lo so come si fa a lasciarti, amore mio...

 

-Ma ora comincia una nuova storia, la storia del graduale rinnovamento di un uomo, la storia della sua graduale rigenerazione, del suo graduale passaggio da un mondo in un altro, dei suoi progressi nella conoscenza di una nuova realtà, fino allora completamente ignorata-

Aljona si girò stupita ed incontrò il sorriso radioso di Lev, che le strinse dolcemente una mano e, avvicinatosi a lei, le posò un bacio sui capelli.

-Ti viene in mente un’altra citazione?- le chiese con uno sguardo quasi di sfida, ma soprattutto commosso dalla vista dei suoi genitori come non avevano potuto essere per ventidue anni.

La biondina ci pensò un po’ su, ma trovò presto le parole adatte a Fëdor e Anastasija.

Certo, non poteva competere con la penultima frase di Delitto e Castigo che aveva citato lui a memoria, era semplicemente il ritornello di Сдавайся мне di Mika Newton, che lei aveva impostato anche come messaggio personale di Skype, da tanto che ci si era fissata ultimamente, ma rispecchiava ugualmente bene Fedja e Nastja, i loro occhi lucidi e splendenti, il futuro che bruciava tra le loro mani tremanti.

-Я долго о тебе мечтала... Можно мы начнем сначала?-

Ya dolgo o tebe mechtala... Možno my nachem snachala?

Ho sognato a lungo di te... Possiamo ricominciare da capo?

 

Потерялись мы с тобой

Между небом и землей

Говорят что в жизни все решено...

Разминулись в снежной мгле...

Но сегодня снилось мне

Что лежит твоя дорога домой!

 

Poteryalis’ my s toboy

Mezhdu nebom i zemley

Govoryat chto v zhizni vse resheno...

Razminulis’ v snezhnoy mgle...

No segodnya snilos’ mne

Chto lezhit tvoya doroga domoy!

 

Io e te siamo persi

Tra il cielo e la terra

Si dice che nella vita tutto è stato deciso

Persi nel buio innevato

Ma oggi ho sognato

Qual è la strada di casa!

(Я буду ждать тебя - Ya budu zhdat’ tebya, Io ti aspetterò-, Valerija)

 

[...]

 

Ma sono qui, se tu mi vuoi

Amore dei vent’anni miei

Io credo che lassù

Qualcuno aveva scritto già

L’amore mio per te

E tutto quello che sarà

(Vent’anni, Massimo Ranieri)

-Riferito a Fëdor e Anastasija-

 

 

Stazione di Novosibirsk-Glavnyj:



 

 

 

Note

 

Amore dei vent’anni miei: Vent’anni, Massimo Ranieri.

Но я тебя найду и я к тебе прийду - No ya tebya naydù i ya k tebe priydù - Ma io ti troverò e verrò da te: Расставание (Rasstavanie, Separazione), Valerija e Stas P’ekha.

Tutto riferito, ovviamente, a Fëdor e Anastasija ;)

A scanso di equivoci specifico che Feri e Jànos Desztor, Natal’ja Zirovskaja, i ragazzi di Forradalom e Shtorm e la Guerra Civile Siberiana sono tutti personaggi, quartieri ed eventi di mia invenzione, appartenenti all’altra mia storia Sic Volvere Parcas -dove lo zar Nikolaj Romanov I è stato ucciso il 7 Settembre 1848 da Feri Desztor, mentre nella realtà è morto il 2 Marzo 1855, senza nessuna Guerra Civile Siberiana, purtroppo ;)-, che qui ho “mescolato” alla reale storia russa, ovvero i Decabristi (i cinque che ho citato sono veramente esistiti).

 

Buongiorno a tutti! ;)

Sono tornata ieri dalla vacanza più bella della mia vita, sono stata a Praga, Bratislava e Budapest, la città del mio adorato Feri, e a Budapest, nella mia Hősök Tere, Piazza degli Eroi, ho seriamente rischiato di svenire...

Ero troppo, troppo emozionata.

Io quelle quattordici statue di quei quattordici eroi le sogno da tre anni, e quella piazza è la cosa più meravigliosa che abbia visto in tutta la mia vita.

Praticamente ho provato le stesse cose di Aljona a Forradalom ;)

Ieri mattina all’Aeroporto di Budapest ero disperata, partire e lasciare quel sogno di città  -è impossibile dire a parole quanto adoro l’Ungheria- è stato veramente terribile.

Ma parlando -sarebbe anche ora ;)- del capitolo...

 

Ed ecco qua il capitolo che tutti aspettavate - e che anch’io aspettavo! ;)

Non so se è così che ve lo immaginavate, ma spero che vi sia piaciuto!

Nel prossimo ovviamente continuerà...

Ora lo lascio commentare a voi! ;)

A presto! ;)

Marty

 

  
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