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Autore: elyxyz    08/07/2013    35 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
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SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti)

SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti).

 

Linea temporale: Un anno dalla lettera di addio di Merlin, poi 20 mesi dall’arrivo di Linette a Camelot.

 

Riassunto generale: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

Riassunto delle ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è morto, ma la sua maledizione non si è sciolta. Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va saldandosi sempre più. A Camelot, in ogni caso, gli imprevisti sono dietro l’angolo e – tra situazioni imbarazzanti, incidenti e fraintendimenti – al castello non c’è mai tempo di annoiarsi…

 

 

Dedico l’aggiornamento a chi ha recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).

A chibimayu, chibisaru81, Rosso_Pendragon, Hamlet_, Nian_, elfin emrys, melleth, Raven Cullen, LaAngol, strangerinthistown, paffy333, aria, DevinCarnes, Draviran, Burupya, Yuki Eiri Sensei, Encha, katia emrys, mindyxx, Orchidea Rosa, Barby_Ettelenie_91, Bleakers, principessaotaku97, Morganalastrega e Hayley Cullen96.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo LXXVI 

 

 

Era trascorso un anno da quando Arthur aveva ricevuto la lettera di Merlin – l’unica lettera di Merlin – e da allora non erano più arrivate sue notizie.

 

Certo, era stato un messaggio d’addio, ma

 

In cuor suo, il principe aveva sperato di ottenere ancora sue informazioni, in qualche modo.

Niente di prolisso o complicato, giusto un cenno per fargli presente che era ancora vivo, ecco.

 

Ma ovviamente questo non era avvenuto.

 

Quell’idiota poteva essere ovunque, nel mondo, ed era chiaro che non gli fosse facile comunicare.

Arthur preferiva darsi quella spiegazione assennata, piuttosto che sentire il peso del tradimento che gli gravava al centro della schiena e quindi in mezzo al petto.

 

A volte, lui e Linette ne avevano parlato. Spesso, ai primi tempi, e poi sempre meno.

Il nobile non si spiegava il perché, ma percepiva che lei era a disagio di fronte a quell’argomento, come se si sentisse in qualche modo in colpa per l’assenza di suo cugino, o per la sua partenza, o per l’averlo sostituito al suo servizio quasi usurpandogli il posto – quando lei, in realtà, gli aveva fatto solo un favore.

 

Per una qualche forma di gentilezza, quindi, l’erede al trono aveva smesso di parlarne con lei, ma questo non significava che avesse anche smesso di pensarlo.

 

Merlin, dal canto suo, non sapeva se essere contento che l’Asino non lo nominasse più, aggravando le sue colpe – ogni giorno di falsità, aggiunto ai precedenti, non faceva che accrescere un divario che forse non sarebbe più riuscito a colmare –, o se dovesse sentirsene ferito, perché – in qualche modo – significava che il loro legame non era così unico e speciale come gli era stato raccontato dal drago, se Arthur aveva accettato la loro separazione e lo aveva dimenticato, andando avanti con la propria vita.

 

Ma la verità era che la vita andava avanti davvero, incurante dei loro crucci, di una maledizione che il giovane stregone non sapeva come sciogliere – forse non ci sarebbe neppure mai riuscito – e i mesi scorrevano veloci, come l’acqua sotto ai ponti dopo una pioggia torrenziale, e l’autunno aveva sostituito l’estate, con le temperature più miti e le giornate più corte, e l’uva matura e i campi mietuti, e l’aria di festa sui volti degli abitanti di Camelot.

 

Da venti mesi, Linette affiancava l’erede al trono in ogni incombenza legata al suo ruolo. Era una cosa assodata fin da subito e consolidatasi nel tempo; e quasi nessuno, fra i domestici del castello, si chiese più se il servo precedente del giovane Pendragon sarebbe mai tornato.

 

Lin era una brava ragazza, gentile e disponibile, che cercava di andare d’accordo con tutti, e poi aveva l’indiscutibile pregio di riuscire a sopportare le paturnie di Sua Maestà, e tanto bastava a garantirle la simpatia della maggior parte della servitù e persino quella di alcuni nobili della cerchia personale del principe.

 

Fu per questo che, una mattina di metà ottobre, quando anch’ella si presentò alla partenza della comitiva, nessuno trovò strana la cosa.

 

Arthur, qualche giorno addietro, aveva comunicato alla sua ancella che si sarebbe assentato per una breve perlustrazione dei confini settentrionali del regno, per verificare talune voci di razzie ai danni di alcuni villaggi di frontiera.

Sembrava una cosa innocua e poco impegnativa, un’assenza di appena qualche giorno, e lui le aveva proposto di seguirla, com’era ovvio che facesse un valletto reale.

 

A quell’idea, Merlin non aveva potuto che sorridere entusiasta, perché aveva già preventivato di dover litigare con il nobile Babbeo per convincerlo a trascinarsi dietro anche Linette. E invece…

 

Evidentemente, se il principe le offriva quell’opportunità spontaneamente, significava che per lui non c’erano rischi in preventivo né ragionevoli pericoli.

Era una missione noiosa, di consuetudine. Niente più che una scampagnata autunnale fra i poderi dei mezzadri da godersi a cuor leggero.

 

 

***

 

 

L’agguato dentro la foresta era stato improvviso e veloce.

 

Quella non era una banda di ladruncoli, ma un gruppo di mercenari prezzolati che sapeva fare bene il proprio mestiere.

Arthur era partito con una scorta leggera, presa per pura precauzione – pochi uomini e una manciata di servitori – perché completamente convinto che quella spedizione non avrebbe avuto imprevisti. E invece… Non sarebbero mai arrivati a destinazione.

 

Quello che doveva essere un normale giro di ispezione, per verificare lo stato dei pascoli e dei raccolti del confine a Nord, si era tramutato in un piccolo massacro, una battaglia in piena regola.

 

I servi stavano giusto finendo di predisporre l’accampamento per la notte, dopo aver viaggiato per ore, quando erano stati attaccati alle spalle, all’improvviso, da una masnada urlante e terribile, che brandiva armi mortali con cui, prima ancora che i cavalieri di Camelot potessero rendersene conto e reagire, avevano già mietuto le prime vittime.

 

Merlin, che in quel mentre stava cucinando la cena per tutti loro, era stato costretto a rischiare anche lui, usando la magia davanti a tutti, per difendersi e difendere il suo padrone da morte certa.

 

Urlandole di andare a nascondersi, di scappare, Arthur era corso nella direzione di Linette per proteggerla – incurante di se stesso e della propria incolumità –, ma lo stregone non l’avrebbe mai lasciato da solo e, disubbidendo, gli aveva salvato la vita per tre volte.

 

Nel momento in cui – per parare un fendente al fianco sinistro e neutralizzare il bandito con cui lottava, – il principe si era sbilanciato e un colpo d’alabarda avrebbe potuto trapassarlo mortalmente, perforando la sua cotta di maglia in un punto esposto, il mago era riuscito a malapena a deviarne parzialmente la direzione rendendolo doloroso ma innocuo.

Tuttavia, non aveva fatto a tempo a rallegrarsene quando, un secondo nemico – spuntato da chissà dove – aveva calato una pesante mazza ferrata sul corpo del cavaliere ancora stordito dal precedente impatto.

 

“Arthur!” l’aveva chiamato Merlin, per avvisarlo del pericolo dietro di lui e il nobile padrone, rallentato nei riflessi, aveva solo potuto attutire il colpo troppo vicino, preparandosi all’urto.

 

Era stato un incantesimo dello stregone a far inciampare il nemico, su una radice comparsa magicamente, evitando il peggio.

La mazza ferrata si era comunque abbattuta sull’erede al trono strappandogli il respiro, ma egli aveva ugualmente ucciso l’assalitore con un pugnale e poi, boccheggiante, era rimasto a terra a rantolare, affannato.

 

La valletta reale era corsa da lui, mentre la battaglia imperversava – tra urla disumane e clangori di metallo e fiotti di sangue – e i cavalieri di Camelot lottavano con strenuo coraggio per non lasciarsi sopraffare.

 

Aiutandolo a sollevarsi a sedere, lo scudiero si sincerò che il suo signore non fosse gravemente ferito, ma Arthur non fece in tempo a rassicurarlo – non fece in tempo a dire niente, in realtà –, poiché intravide a poche iarde da loro un arciere avversario pronto ad incoccare una freccia, prendendo la mira. E la direzione del ferale dardo era inequivocabile.

 

Nell’istante in cui il colpo fu scagliato anche Merlin se ne accorse e, intuendo le intenzioni dell’Asino, egli lo prevenne, facendo l’unica cosa che era in suo potere: sacrificarsi per salvarlo.

 

Lo stregone spinse nuovamente il principe a terra con un gesto brusco e disperato, sovrastandolo col proprio corpo, per fargli da scudo e proteggere i suoi organi vitali.

 

Mentre già il sibilo della freccia giungeva ai suoi orecchi, Linette socchiuse gli occhi, sussurrando un incanto dettato dalla disperazione e poi si preparò a ricevere il colpo.

 

Fu doloroso. E bruciante come le fiamme dell’inferno. Come la lama di una spada arroventata.

Ma il sortilegio aveva funzionato e il dardo non le si era conficcato nella schiena. Era là, piantato nel terreno, poco oltre a loro.

 

 

***

 

 

Il bilancio dei caduti era stato disastroso, ma i soldati dei Pendragon avevano combattuto con lealtà e coraggio malgrado l’evidente svantaggio numerico.

Avevano appena dato degna sepoltura alle cinque guardie e ai tre cavalieri periti nello scontro. E poi si erano occupati anche dei corpi degli avversari, per pura pietà.

 

Linette aveva osservato il principe assistere in prima fila all’estremo saluto dato ai suoi sottoposti, fermo, rigido e impettito. Orgoglioso e composto nel dolore. Grato per il sacrificio altrui, che li aveva mantenuti in vita. Poi si era ritirato nella sua tenda. 

 

E da allora Arthur si era chiuso in un mutismo angosciante.

Sembrava persino che mal tollerasse la sua presenza vicino a lui.

Aveva avuto un moto di fastidio – ribrezzo? – quando lo aveva sfiorato per staccargli le cinghie della corazza.

 

Merlin cercò di non sentirsi ferito per quel rifiuto, era certo che l’Asino si addossasse la colpa di tutto quello che era successo, benché chiaramente non fosse stato un errore suo. Nessuno avrebbe potuto ragionevolmente prevedere quell’attacco. I racconti dei Barbari che stanziavano a Nord erano sembrati lontani e inconsistenti, fino a quel momento.

 

Con gesti quanto più delicati possibile, lo scudiero sfilò la cotta di maglia dal suo signore, e poi i vestiti, denudandolo fino alla cintola, verificando lo stato dell’ematoma che gli copriva l’intero fianco.

Era davvero una brutta ecchimosi, tuttavia l’armatura aveva fatto il suo dovere e, parando il colpo, aveva salvato la vita del principe. Mentre gli tastava la pelle cercando eventuali fratture nelle costole, Arthur stringeva i denti ma rimaneva in silenzio, cupo e greve, perso con i pensieri altrove. Non protestò neppure, quando Linette lo aiutò a lavarsi di dosso lo sporco e il sangue dei nemici.

Quando la vide armeggiare in una delle sacche, la fissò a lungo, scuro in volto.

 

La valletta estrasse una boccetta d’unguento che avrebbe facilitato il riassorbimento del livido e forse gli avrebbe placato il dolore.

“Provate a fare un lungo respiro”, gli ordinò, con lo stesso tono che avrebbe usato il suo mentore se fosse stato presente.

 

Ne uscì un rantolo spezzato a metà. Il principe si teneva il fianco ferito, boccheggiando.

 

“È necessario che vi bendi il costato, potrebbe esserci una costola incrinata”, gli spiegò, cercando delle garze improvvisate. “Purtroppo, non ho l’esperienza necessaria per capirlo. Dovreste farvi visitare da Gaius appena ritorneremo”.

 

Arthur le lanciò l’ennesima occhiata in tralice.

Lin ricambiò lo sguardo, esibendogli le garze fatte di stracci – probabilmente un vecchio lenzuolo appartenuto a chissà chi – che teneva in mano come per dimostrargli che erano innocue.

 

L’erede al trono sbuffò, sollevando stancamente le braccia per facilitarle il lavoro.

Quand’ebbero finito, Merlin gli disse: “Vado a vedere se Sir Leon ha bisogno d’aiuto per medicare gli altri…

 

“No”, ripose il nobile, fissando gli occhi azzurri nei suoi. “Resta”.

 

Linette lo squadrò scettica. “Avete forse biso-

 

“Spogliati”, le ordinò sbrigativo.

 

“Sire?” Merlin boccheggiò. “Ma cosa…?”

 

“Ora”, precisò. “Subito”.

 

Il servo ansimò sconcertato, senza capire le sue intenzioni.

 

“Togliti quella dannata casacca e fammi vedere la tua schiena!” gridò allora il principe, perdendo la pazienza.

 

Lo stregone esalò un sospiro di sollievo. Per un attimo aveva temuto che l’altro fosse impazzito.

“Non serve, Maestà”, lo tranquillizzò, voltandosi a rassettare. “È solo un graffio”.

 

“Lascialo decidere a me”, replicò il nobile, che fissava il sangue rappreso all’altezza della scapola della ragazza.

 

“Non…”

 

“Ubbidisci!” ingiunse, irato.

 

Merlin fece sciogliere i legacci della maglia e cercò di sfilarsela. Un gemito di dolore lo tradì.

I lembi della ferita si erano incollati alla stoffa, rendendo dolorosissima la svestizione.

 

Arthur si appressò e, intuendo il problema, intinse una delle bende rimaste in un catino.

Inumidendo con la pezzuola la parte della lesione, riuscì a separare la pelle coagulata col sangue dalla veste.

 

Tuttavia, il suo silenzioso scrutare innervosì il mago. “Era una freccia presa di striscio, non può essere così brutta!” sbottò, per schermirsi.

 

“Sei stata fortunata”, rispose invece egli, serio. “Potevi morire”.

 

“I rischi del mestiere!” sbuffò Linette, con voluta leggerezza, trattenendo la treccia perché non infastidisse l’operato del principe.  

 

“Stupida che non sei altro!” la rimproverò lui, all’opposto, con tono aspro, strattonandola. “Se avesse avuto appena un’inclinazione un po’ diversa, ti avrebbe perforato un polmone!”

 

“Sire?!” squittì lei, spaventata dal gesto improvviso.

 

“Te ne rendi conto?!” la aggredì, furibondo. Poi la lasciò, come se si fosse scottato, e si passò nervosamente una mano tra i capelli, tentando di dominarsi.

“I medicamenti?” domandò, cercando con lo sguardo la sacca che Gaius preparava sempre per precauzione, quella che anche lei aveva usato poco prima.

 

“Lì, sulla destra”, rispose l’ancella, indicandogliela. “Il flacone verde”, suggerì.

 

Le sue mani callose vagarono sulla pelle di Merlin con straordinaria gentilezza.

Mentre ripuliva la ferita e la cospargeva di unguento, mentre la fasciava facendo attenzione a non procurarle dolore, percepiva il tocco delicato del principe e il suo respiro caldo sulla nuca.

 

Aveva la pelle d’oca, e rabbrividiva. Sentendo improvvisamente le bende che legavano il seno al posto del bustino terribilmente strette – lo stavano quasi soffocando, dannazione! – non poté impedirsi di ansimare.

Sapeva che era impossibile che l’altro non lo notasse, ma sperava almeno che ne fraintendesse la ragione. Che desse la colpa al dolore.

 

“Lascia a riposo la spalla”, le ordinò, pulendosi le dita dalla pomata.

 

Grazie, Sire”, bisbigliò la valletta, cercando di rivestirsi. Poi ricordò che la casacca era perforata e sporca di sangue, e il suo cambio d’abiti era altrove. Chissà dove, nella confusione.

 

Arthur le lanciò ancora un volta un lungo sguardo, in un secondo tempo raccattò una delle proprie camicie e non volle sentir proteste, mentre la aiutava ad infilarla, almeno nella parte malata.

 

“Raduna le cose”, le ordinò infine, abbracciando idealmente l’intera tenda. “Sto per dare l’ordine di smontare l’accampamento. Ritorniamo immediatamente a Camelot”.

 

Merlin si limitò ad annuire, certo che l’altro avrebbe continuato.

 

“Mio padre deve sapere ciò che è accaduto; riorganizzeremo la truppa e tornerò a stanare quei bastardi, nel caso ce ne fossero ancora nascosti in questi boschi!”

 

Il mago assentì nuovamente.

 

“Linette?” chiamò Arthur, mentre aveva già una mano sulla tenda scostata.

 

“Sì, Sire?”

 

Il principe la sondò a fondo. L’espressione marmorea che non lasciava trapelare i suoi pensieri.

“Non hai niente da dirmi?”

 

“Non credo, Milord”, balbettò ella, stupita. “Cosa dovrei…?” Ma Arthur era già andato via.

 

 

***

 

 

Viaggiare di notte non era mai stata una buona idea, eppure Merlin comprendeva la voglia del principe di mettere quanta più strada possibile fra se stesso e il luogo della battaglia.

 

Facendo scricchiolare il collo indolenzito, il mago risollevò le spalle dalla posizione accasciata sulla sella; a quel gesto, però, il dolore alla ferita si riacutizzò, strappandogli una smorfia sofferente.

Forse l’aveva un po’ sottovalutata, ma Arthur l’aveva ripulita e Gaius l’avrebbe rimesso in sesto. Oppure avrebbe usato la sua magia di guarigione; tuttavia, solo dopo esser giunto al castello.

 

L’erede al trono comandava la piccola carovana, dettando il passo – un’andatura sostenuta quanto gli permettevano le tenebre e la presenza dei commilitoni malconci.

 

Arrivarono al maniero l’indomani, di primo mattino.

I feriti vennero fatti portare dal medico di Corte e il principe si era rinchiuso con il re a parlare dei fatti accaduti e di strategie future.

Non ebbero più modo di vedersi, fino all’ora di pranzo. Arthur l’aveva congedata subito, nel piazzale, appena smontati da cavallo. Le aveva raccomandato di farsi vedere la spalla dal cerusico e, quando lei si era offerta di preparargli un bagno e un minimo di ristoro, lui aveva rifiutato, dicendole che avrebbe chiesto a qualche altro servo e che lei doveva riposare e rimanere a disposizione nella propria stanza, sino che non fosse stata nuovamente convocata personalmente da lui.

 

Gaius, dopo essersi fatto raccontare ogni cosa, l’aveva visitato e aveva giudicato buono il lavoro che aveva compiuto il principe: la ferita, infatti, benché sgradevole alla vista, non si era infettata.

Poi aveva dato il permesso a Merlin di usare la magia, per accelerare il processo di guarigione.

 

 

***

 

 

Mezzogiorno era suonato. Ma, del principe, neppure l’ombra.

Lin sbuffò e sistemò nuovamente le posate accanto al piatto, ripetendo l’incantesimo per mantenere caldo il cibo.

 

Fu in quel mentre che l’erede al trono fece il suo ingresso. Si stupì quasi di trovarla lì.

Effettivamente, Arthur non l’aveva ancora fatto chiamare, ma Merlin aveva pensato che fosse troppo occupato con altre faccende e perciò aveva licenziato di sua iniziativa l’altro servo, aveva rassettato tutta la stanza con la magia e poi si era procurato il nutrimento dalle cucine per il suo Asino Reale.

 

“Linette”, la salutò, con una lunga occhiata.

 

Merlin corrugò la fronte.

“Sire”, rispose, con un inchino superfluo.

 

Sembrava come se Arthur avesse davanti un’estranea di cui essere diffidente.

 

“Il vostro pasto, Maestà”, gli rese noto, additando il coperchio del portavivande.

 

“Non ti avevo fatta convocare”, le appuntò, in tono piatto, registrando l’espressione sconcertata di lei.

 

“Io… Sire, io pensavo che…” farfugliò lo stregone, interdetto.

 

Il cavaliere si avvicinò al tavolo, lasciandosi cadere stancamente sullo scranno.

“Come sta la spalla?” le chiese, evitando di guardarla.

 

“Benissimo, Milord. Era giusto una sciocchezza”, rispose per schernirsi, come il giorno addietro. “E sono felice che le vostre costole siano solo ammaccate!”

 

Il principe indurì la mascella, mentre le puntava gli occhi azzurri addosso.

“Gradirei vedere la ferita”, le disse, ma era chiaramente un ordine.

 

Merlin sussultò, perché era in un grosso guaio. L’aveva guarita ore prima, con il giusto incantesimo.

“Non serve, non…” farfugliò, arretrando d’istinto. “È… è bendata!”

 

Arthur si risollevò, dimentico della stanchezza, avvicinandosi a Lin come se fosse stato un predatore in caccia e lei la preda designata.

“Spogliati”, le sussurrò, glaciale e imperioso come dentro alla tenda.

 

Merlin deglutì a vuoto, a corto di parole, scuotendo il capo.

 

“Cosa mi nascondi, Linette?” sussurrò lui, carezzevole e letale, accorciando le distanze.

 

Il mago finì contro l’armadio, ma quando se ne accorse fu troppo tardi, perché il nobile l’aveva intrappolato tra il legno e il proprio corpo.

 

La furia di Arthur sembrava a stento trattenuta e, quando il servo lo vide alzare le mani, si limitò a chiudere gli occhi. Non avrebbe mai potuto usare la magia contro di lui. Neanche per difendersi.

 

Il principe, tuttavia, aveva solo posato le dita sulle sue spalle, facendo scivolare la stoffa verso i gomiti. Il tessuto leggero scese e si arricciò docilmente, scoprendo la pelle chiara di Linette.

Con garbo ma risolutezza, la voltò di schiena.

 

Merlin strinse le palpebre e si morse a sangue l’interno della guancia.

Sapeva cosa Arthur avrebbe visto.

Niente.

 

La traccia lasciata della freccia era completamente scomparsa. E no, non c’era alcuna inutile fasciatura a proteggerne il segreto.

 

Sulla sua scapola restava solo il segno sbiadito del primo giorno che si erano incontrati.

Quel mazzafrusto con cui il principe lo aveva colpito e che Gaius gli aveva medicato.

Era rimasta la cicatrice. E Merlin avrebbe potuto facilmente cancellarla, ma non l’aveva mai fatto.

Aveva scelto di non farlo.

 

Tuttavia ora si malediva, perché se Arthur l’avesse riconosciuta sarebbe stata la fine.

Il principe non conosceva il suo, però sapeva di quello sfregio sul dorso del suo servo, anche se non era consapevole di esserne stato la causa. Ma l’aveva vista diverse volte… Quanto ci sarebbe voluto perché ricollegasse le due cose? Erano troppo, troppo identici.

 

Merlin, per un eterno istante, e per la seconda volta nella sua giovane esistenza, si pentì di non poter fermare il tempo e di non poter riavvolgerlo, il drago aveva avuto ragione. Questo momento era molto più grave e forse ora, non allora, avrebbe dovuto usarlo per cancellare il fatto e i ricordi di Arthur.

 

Questa non è la ferita di ieri”, disse il nobile.              

E la toccò lieve, a lungo. Le dita quasi tremarono.   

 

Rabbrividendo, Merlin trattenne un ansito a cui non voleva dare significato.

Poi di colpo, con un gesto sbrigativo, Arthur risollevò le spalline dell’abito e si allontanò da lui.

 

Passarono appena pochi secondi, ma furono un’eternità.

Il mago riaprì gli occhi e decise di voltarsi ad affrontare la realtà.

 

L’espressione del suo signore era travagliata e tumultuosa.

Dentro di lui si stava combattendo una battaglia dall’esito incerto. Poteva percepirne la tensione fin da lì, osservando i pugni stretti dell’erede al trono.

 

“Sei guarita con la magia, vero?” le chiese, ma era un’affermazione.

 

 N-no, Maestà, non… non è come…” tartagliò Linette, agitata.

 

“Non mentirmi!” la sgridò. “È stato Gaius… oppure tu?” tagliò corto il cavaliere, accostandosi al tavolo dove il pranzo si era completamente raffreddato.

 

Lo stregone si allarmò, non poteva permettere che altri venissero coinvolti.

“Gaius non c’entra! Sire, lui è innocente! Non sa niente! Vi prego, non…”

 

Quindi, non resta altri che-”

 

“Un guaritore di passaggio. È stato lui! Era a Camelot, stamattina, e…”

 

Arthur scosse i capelli biondi, facendo capire che non credeva a nessuna parola di ciò che stava dicendo. Erano tutte palesi falsità.

E il mago non si era illuso del contrario. 

 

Non si aspettava, però, quello che sarebbe accaduto poco dopo.

“Non mi lasci altra scelta”, aveva esordito l’erede al trono, afferrando il lungo coltello affilato con cui avrebbe dovuto tagliare la grossa bistecca dimenticata.

 

Merlin boccheggiò, spaventato. Sarebbe morto così? Era questo il suo destino?

Ma si sconvolse ancor di più, nel momento in cui il principe puntò l’arma verso di sé, sfiorando la pelle sottile del polso, dove la vita scorreva nel flusso del suo sangue.

 

“No!” urlò Linette, allungando le mani verso di lui.

 

“Non mi lasci altra scelta”, le ripeté egli, incidendo lievemente le carni. Un piccolo rivolo cremisi fece capolino, gocciolando a terra.

 

“Sire! Vi prego, smettetela!” lo supplicò, con la voce intrisa d’angoscia.

 

“Prova a fermarmi, se ti riesce!” la provocò, allargando la ferita.

 

“ARTHUR, NO!” gridò il servo, nuovamente, e di colpo il coltello volò via dalle mani del nobile e andò a conficcarsi nel legno del canterano.

 

Il principe si guardò la palma vuota, dove una straordinaria forza aveva divelto la stretta delle sue dita, strappandogli l’arma.

 

Lin corse a bendargli il polso sanguinante, indifferente alla sua ira, incurante del suo possibile ribrezzo.

Ma Arthur la lasciò fare, docile e arrendevole.

 

“Dunque… sei una strega”, esclamò, come se fosse la cosa più normale del mondo, restando stranamente calmo e incatenando lo sguardo di lei al suo.

 

Linette sostenne quegli occhi azzurri, indagatori.

Non rispose.

 

Il suo silenzio valeva più di un’ammissione.

Ormai era tardi per negare.

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D
E un grazie a Tao, per il betareading.

 

Note: D’accordo. Vi avevo avvisati, per tempo, che in questo capitolo avremmo avuto un punto di svolta, no? E cosa ne pensate? Ve l’aspettavate?

Ora non ci resta che scoprire la reazione completa del principe!

 

Detto tra noi, mi ha sempre stupita che, in ben 75 capitoli, nessuno mi avesse mai fatto la fatidica domanda: “Ma Arthur… scoprirà i poteri di Linette?” però me lo sono tenuta per me, sperando che potesse essere un buon colpo di scena. ^^

Anche perché questo (con il seguente) è uno dei capitoli che ho scritto nel 2009, quando ho elaborato la bozza di Linette, essendo uno dei momenti cardine della storia.

A quel tempo, avevo un’idea mia di come sarebbe stato ilMomento della Verità’, ma ovviamente non potevo sapere se sarebbe stata IC rispetto a quella del telefilm (anche se, pur temendo che Arthur bandisse Merlin, ho sempre sperato invece che il principe ci avrebbe saputo stupire in positivo).

Detto questo, c’è da dire che in questa storia molte cose sono diverse rispetto al TF, l’accettazione o la non-accettazione di Arthur e la sua posizione verso la magia è diversa, perché qui Morgana non è mai diventata cattiva, Arthur non ha mai parlato con Morgause, non ha vissuto molti dei travagli visti nello show, quindi, a suo modo, è normale che lui reagisca diversamente e questa, semplicemente, è la reazione delmio’ Arthur. Chiarisco che non sto cercando di giustificarlo, ma solo di spiegare come mai l’ho immaginata così.^^

Ah, sto evitando volutamente di citare spoiler, per rispetto di chi non l’ha ancora visto e attende l’edizione italiana.

 

Ci sono tre cose che ho ripetuto più volte nelle note finali di questa fic, ma è molto che non lo faccio, quindi provvedo ora (per pararmi il culo) per pignoleria:

1) prima della fine, amerete e odierete Arthur. Sì, fatevene una ragione. Se lo dico, c’è un perché.

2) prima della fine, Merlin ritornerà in sé.

3) l’amore merthur deve necessariamente passare attraverso Linette. Nel bene e nel male.

4) sì, lo so che erano tre le cose, ma questo è un avvertimento generico: non date niente per scontato. XD

 

Nel capitolo vi è un richiamo diretto alla puntata 1x01 “La chiamata del drago”, all’incontro-scontro tra Arthur e Merlin.

Il Mazzafrusto è un’arma medievale con un bastone rigido, una catena e una palla chiodata alle estremità (il numero di palle può variare da 1 a 4).

Documentandomi, ho scoperto che quasi sempre nei film si usa in modo scorretto, e anche Merlin non fa eccezione. XD

 

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- Sì, Arthur ha davvero l’incubo del Buffone.

Ma almeno adesso cerca di rendersi utile… anche se non va tutto secondo i suoi piani. X°D

- Figurarsi se Merlin fa mai le cose facili! Per stare una notte abbarbicato su Arthur, deve prima farsi avvelenare, sennò non c’è gusto!

- Mi piace pensare a Merlin che ‘sprimaccia’ Arthur *ç*

- Sono davvero contenta che lo scorso capitolo via sia piaciuto! E se vi ha strappato una risata, ho raggiunto il mio scopo!

- Tendo a maltrattare i personaggi in modo direttamente proporzionale al mio amore per loro. Più li amo, più soffrono. XD

- Gaius è troppo buono U.U

- Sì, Arthur è idiota, ma è un idiota premuroso, dai!

- Direi che sì, Arty ha un kink per i capelli di MerLin. XD

- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la recensione.

 

 

Vi metto solo un assaggio (ma importante!) del prossimo capitolo, perché non voglio rovinarvi la lettura:

 

Linette riprese: “Molti studiano la magia, la imparano col tempo.

Ma alcuni esseri speciali nascono già magici. Io sono uno di essi. E…” tentennò, ma capì che quello era il momento di vuotare il sacco o lo avrebbe perso per sempre. “…anche Merlin lo è”.

 

 


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elyxyz

 

   
 
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