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Autore: Stregatta    21/01/2008    0 recensioni
Una notte nera di buio, gialla di luce elettrica, bianca come un documento di Word vuoto.
E a farti compagnia solo loro due.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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notte Disclaimer: Stavolta è più inutile del solito, visto che questa piccola ff è uno sclero puro e semplice dettato dall’esigenza di sfogarmi. Mi trovo in un periodo in cui dovrei terminare una fic e l’ispirazione tarda a venirmi in soccorso. Perciò ho immaginato questa scena, che è di un surreale talmente sfrenato da sfociare nell’allucinazione.
Prende spunto da un capitolo del “Diario Vagabondo” di Liala, dove l’autrice si trova alle prese col mio stesso problema e immagina di dialogare con un suo personaggio.
Le parole fra virgolette sono tratte dall’ultimo libro di Harry Potter (no, niente spoiler, tranquilli XD! ).
Enjoy (if you can…)!

                                                                    

“Certo che sta succedendo nella tua testa…
Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?”

 



Notte. Notte fonda.
Se a qualcuno fosse saltato in mente di spiare dalle finestre oscure di quella casa grigia, severa nella sua semplice struttura, un monolite triste proteso verso la cupola vellutata del cielo nero, avrebbe captato solo il buio che custodiva il sonno degli abitanti, e avrebbe udito solo respiri lenti e regolari risuonare intrecciati al ticchettio di un orologio perso nell’oscurità e il ronzio monotono di un frigorifero troppo vecchio.
Tranne che nell’unica stanza illuminata della casa.
Un ticchettio frenetico echeggiava in quella cameretta gialla, gialla di luce elettrica e di carta da parati un po’ rovinata.
Dita che correvano su una tastiera di computer, non abbastanza veloci da rispecchiare il ritmo dei pensieri della ragazza che stava scrivendo con così tanto fervore.
Le parole si rincorrevano sul bianco irreale dello schermo del computer, talmente puro, asettico, artificiale da ferire gli occhi della giovane, che ogni tanto si fermava per riprendersi da quel chiarore abbacinante.
Le pause si fecero più lunghe. Le parole più rare.
Ecco. Era accaduto di nuovo.
Non era stanchezza, non era per gli occhi.
- Maledizione…- sussurrò la ragazza rabbiosamente, poggiando con movenza frustrata il capo sul palmo della mano.
Alzò lo sguardo dallo schermo e lo fissò sul suo letto.
Un uomo stava ricambiando la sua occhiata.
Un uomo seduto sul materasso a gambe incrociate, le mani aggrappate alle caviglie fini, sottili.
Mani bianche, belle, affusolate.
- Come va?- le chiese con voce appena più forte di un mormorio, inclinando il capo con aria interessata.
La ragazza sibilò furiosamente : - Lo sai benissimo come va . Una merda, ecco come.-
L’uomo non rispose subito, assumendo un’espressione pensierosa mentre si attorcigliava una ciocca di capelli neri attorno ad un dito.
Poi chiese, in tono neutro : - Ma è colpa mia?-
La giovane ebbe uno scatto rabbioso che le fece spostare, anche se di poco, gli occhiali dalla sottile montatura metallica dal naso.
Scostandosi la frangia dagli occhi e riaggiustandosi gli occhiali la ragazza replicò, seccamente : - Sì. Non ti sopporto. Sei complicato, sei assurdo, sei… Impossibile, ecco!-
L’uomo rise sommessamente, gli occhi verdi – verdi ? Un attimo dopo erano grigi, e poi azzurri…- che parlavano di un divertimento, di un’ironia sottile che alimentò la frustrazione della giovane.
- Ecco, lo vedi? Perché staresti ridendo, adesso?? –
L’uomo tacque, ma quel sorrisetto lievemente derisorio non si dileguò dalle sue labbra piene ed armoniose : - Perché secondo l’idea che ti sei fatta di me io reagirei così.-
La ragazza scosse il capo, confusa. – Io non ti immagino così… Tu sei diverso, sei più di questo.-
- Lo so.- annuì l’uomo, dondolandosi leggermente con la schiena.
- Bè, se lo sai, perché ti ostini a comportarti in questo modo? Perché diamine devi essere così…Così… Stronzo??- sbottò la sua interlocutrice.
Stavolta la risata dell’uomo assiso fu piena, scrosciante e spontanea.
- Tu non riesci a descrivermi e dai la colpa a me di ciò? Sei proprio matta!-
Dopo quest’attacco la giovane borbottò semplicemente un “Torno a scrivere, che è meglio…” e affondò di nuovo nel bianco dello sfondo del documento di Word.
Ne riemerse boccheggiante e sfinita pochi minuti dopo, di nuovo intrappolata in una secca creativa.
- ‘Fanculo…- esclamò sottovoce e a denti stretti.
Quella dannata storia non ne voleva sapere di uscire dalla sua mente, dove era sommersa dalla confusione, dalla fatica, dal nervosismo.
Non ebbe il coraggio di controllare se l’uomo la stesse ancora sorvegliando.
Ma sentì dei bisbigli provenire da una voce diversa, più profonda.
Una voce che divorava le parole, le spiegazzava e le rendeva quasi incomprensibili.
- Vabbè , ma cerchiamo di comprenderla, l’RPS è una brutta bestia!-
- Bè, che impari a domarla allora!-
- Su, in fondo lo sai che non pensa davvero quelle cose che ti ha detto…-
La ragazza, sentendosi tirata in ballo, li rimproverò aspramente : - Insomma, la piantate con questo casino? Sto cercando di caratterizzarvi in maniera decente e devo concentrarmi per farlo! –
Il secondo arrivato – un ragazzo magro, dai lineamenti squadrati eppure allo stesso tempo delicati rischiarati da due enormi occhi azzurri – smise di parlare con l’altro, osservando educatamente : - Non c’è bisogno di alterarsi… Staremo zitti, se è quello che vuoi.-
- Non voglio che stiate zitti…- sospirò la giovane, ad un passo dal mettersi le mani fra i capelli per la disperazione.-… voglio descrivervi. Voglio catturarvi. Voglio che usciate dal mio cervello e vi fissiate sullo schermo sotto forma di parole!-
L’uomo dagli occhi verdi, guardandosi le unghie ricoperte di smalto nero mangiucchiato, la apostrofò : - Secondo me dovresti rilassarti, amore.- e si infilò una mano in tasca, estraendone un pacchetto di sigarette.
- Non mi va che fumi qui dentro.- sillabò recisamente la ragazza, osservandolo mentre sfilava un sottile cilindro di tabacco per prenderlo fra le labbra.
L’uomo la fissò ironicamente sotto l’arco del suo sopracciglio alzato, e mentre parlava la sigaretta si spostava e tremava.
- Andiamo, lo so che vedermi fumare ti piace. Lo trovi sexy.-
- Lo trovo solo dannatamente fastidioso, ora come ora.-
L’uomo, invece di rispondere, si voltò verso il ragazzo con gli occhi azzurri porgendogli il pacchetto e sorridendogli : - Ne vuoi una? –
Quest’ultimo rifiutò garbatamente, e quel gesto convogliò l’attenzione della giovane scrittrice su di lui, su quel personaggio che in qualunque salsa letteraria lo avesse condito rimaneva una delle creazioni più riuscite della sua mente.
Nel corso della sua “carriera” quel ragazzo era stato isterico, dolce, indeciso, impulsivo, sensuale, bastardo, bambino, generoso ed innamorato… E in nessuna di tali declinazioni le era sembrato meno che adorabile.
Così spontaneo, così ordinatamente complesso – sì, le piaceva quell’espressione… Ordinatamente complesso.
Quello era Matt. O meglio, quello era il suo Matt, il suo primogenito, il personaggio che era venuto alla luce suonando un pianoforte immerso nella luce di un’alba immaginaria…
Poi c’era l’altro.
L’altro era una sfida continua, un personaggio da sezionare ed esaminare con attenzione, cercando di non cadere nella banalità grottesca della caricatura… O perlomeno, cercando di non caderci involontariamente.
Brian era misterioso. Era uno che – secondo la ragazza – si portava addosso il peso di centinaia di maschere, continuamente.
Voleva comprenderlo, voleva interpretarlo… E invece delle volte sentiva di non poter fare altro che rimanere immobile, fissandolo ed aspettando che si decidesse a rivelarsi da sé, perché lei proprio non ci riusciva.
Eppure teneva anche a lui. Persino in quel momento, mentre la stava sfidando con quella sigaretta accesa e fumante stretta fra indice e medio, l’unico pensiero che scorreva libero e fluido come mercurio nella sua mente era : “ Dannazione, ha ragione. E’ davvero sexy.”
La ragazza sorrise, e Brian assottigliò gli occhi, tornando ad inclinare da un lato il capo.
- Allora, tesoro… Ti è passata? –
Matt si avvicinò al compagno, scrutando attentamente la ragazza che ormai ridacchiava apertamente : - Mi sa di no… Credo stia avendo una crisi di nervi.-
Stavolta l’uomo dagli occhi verdi sorrise senza malizia, scherzando : - Ah, non è un problema…Tanto è già matta di suo!-
- Ehi… Guarda che non ci metto niente ad immaginarti calvo e con le maniglie dell’amore, sai?- lo minacciò la ragazza, sempre conservando una certa spensieratezza nel suo tono, mentre Matt rispondeva, abbracciando strettamente quello che nella finzione era il più delle volte rappresentato come suo amante : - Non ti azzardare!-
- Mhm, tranquillo… Comunque adesso chiudete il becco e fatemi scrivere, altrimenti divento davvero isterica!-
I due uomini obbedirono, fino a quando la giovane non decise di averne abbastanza di storie e personaggi inventati per quella sera, e tornarono nell’angolo di cervello che li aveva prodotti.
   
 
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