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Autore: leti19989090    08/07/2013    0 recensioni
Selena si è appena trasferita in Inghilterra, lì nasceranno nuove amicizie e nuovi amori. Ma dureranno nonostante le difficoltà?
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Una voce che mi ordinava di alzarmi mi svegliò, era mia mamma che mi chiamava dalla cucina
“Elenaaa.. Elena è pronta la colazione, ALZATI SUBITO!”.
Era il primo giorno di scuola, non mi ero ancora ripresa del tutto da quello che era successo durante l’estate nonostante fossi andata ogni settimana dalla psicologa, ma come diceva lei ‘ogni giorno è un nuovo giorno’, e oggi in effetti era tutto nuovo per me, mi ero appena trasferita dal Canada, in Inghilterra per seguire mio padre che doveva trasferirsi per lavoro. Sinceramente non so bene che lavoro faccia, ha a che fare con la musica, probabilmente lavorerà per una casa discografica o qualcosa di simile. Io ero una ragazza di 18 anni frequentavo l’ultimo anno di liceo, avevo i capelli biondi, mossi, non ricci ma mossi, e i miei occhi erano azzurri, azzurro chiaro, la mia altezza era nella media e il mio fisico era normale, non ero anoressica, avevo un fisico snello.
Comunque scesi..
“Buongiorno mamma.”
“Buongiorno tesoro, papà è già andato al lavoro, tuo fratello è uscito di casa presto perciò ti accompagnerò io a scuola.” me lo disse con un entusiasmo che sinceramente mi irritava un pochino, forse perché in questi ultimi tre mesi non avevamo passato molto tempo insieme a parte quando eravamo dalla psicologa. L’unica con cui mi ero confidata e con cui avevo parlato era Meredith, la mia psicologa, si, oramai era diventata un’amica ma ora che ci eravamo  trasferiti l’unico modo con cui potevo parlarle era tramite e-mail o tramite il cellulare. Mio fratello era stato parecchio assente per via del lavoro che aveva durante l’estate, gli serviva per mettersi da parte i soldi per il college.
Mio padre beh, meglio non parlarne, io e lui non andavamo molto d’accordo, e quando parlavamo, o litigavamo o l’unico argomento che interessava ad entrambi era sui miei gusti musicali. Lui sapeva quanto mi piaceva cantare, e quanto mi piaceva ascoltare i miei idoli cantare ma per me aveva già in mente un altro futuro, lui non avrebbe mai accettato che diventassi una cantante. Per lui ero la figlia perfetta che aveva il massimo dei voti in tutte le materie e che finite le superiori sarebbe andata al college, si sarebbe laureata e sarebbe diventata un medico. Avevamo litigato così tante volte per questo motivo e per lui ormai questo argomento era chiuso.
“Ok.”
“Tutto bene? C’è qualcosa che non va?”
“Certo che non sto bene, non c’è niente che va bene, ci siamo appena trasferiti e in un posto nuovo per me, dove non ho nemmeno un amico, e anche se in Canada non avevo molti amici, quelli che avevo erano fantastici, ma come al solito voi dovete rovinarmi la vita.”
“Adesso basta Elena, ne abbiamo già parlato”
“si, infatti ne abbiamo già parlato e vi ho già detto come la penso e nonostante questo voi siete rimasti della vostra idea di merda”
“BASTA! Non voglio che ti rivolgi a me in questo modo, sono tua madre.”
“A si? Tu sarai anche mia madre ma io sono tua figlia e anche voi mi parlate in questo modo, e non dirmi che ti devo portare rispetto, perché il rispetto te lo devi meritare.”
“BASTA, ARGOMENTO CHIUSO! Ora non voglio litigare.”
“Troppo tardi. E ora se permetti vado a prepararmi”
.. mi alzai e mi diressi verso la mia camera e mentre stavo salendo le scale sentii mia madre.
“Finisci la colazione!”
“Non ho più fame, mangiatela te!” ed entrai in camera mia sbattendo la porta talmente forte che sembrava ci fosse un terremoto. Mi lavai e aprii l’armadio e presi i primi vestiti che trovai, un paio di Jeans corti, e una maglietta bianca con disegnato il simbolo dell’infinito in nero. Quando fui pronta scesi.
“Ti aspetto in macchina!” non dissi nient’altro e uscii di casa.
La macchina di mia madre era parcheggiata fuori, aveva una Ferrari rossa. Si, la mia famiglia era ricca, ma a me non mi importava, perché non sono una di quelle ragazze che si vantano perché i genitori sono ricchi e si possono permettere tutto, anzi sono proprio l’opposto. I soldi erano l’ultima cosa a cui pensavo, io avevo sol due desideri e il primo è di essere felice, ma essere felice veramente. Il secondo è di incontrare quei cinque ragazzi che mi hanno dato la forza di andare avanti, perché loro sono la mia forza, sono la cosa più bella della mia vita perché quando li ascolto è come se tutto il mondo sparisse e ci fossero solo le loro cinque voci, solo io e loro, è come se mi facessero sentire viva, ma viva davvero, perché mi stavo lasciando sconfiggere dalla realtà e loro mi hanno salvata, a loro devo la vita. Loro sono i miei idoli, i One Direction o come li chiamo io i Ragazzi.
Salii in macchina e aspettai qualche minuto prima che mia mamma arrivasse.
“Pronta?”
“No”
“Dai Elena, non essere sempre così.” Io non risposi, non mi andava di discutere, non ne avevo proprio voglia.
Prima di arrivare davanti alla scuola passarono 10 minuti. Arrivata scesi e mi diressi verso l’entrata. Mi fermai davanti all’entrata ad aspettare che aprissero i cancelli e vidi un gruppo di ragazzi che mi fissavano, c’erano due ragazze, una alta e magra e con i capelli scuri e gli occhi di un marrone intenso, e l’altra più bassa ma sempre con un bel fisico, quest’ultima aveva i capelli biondi e anch’essa gli occhi marroni ma di un marrone più chiaro, e poi c’erano tre ragazzi uno aveva i capelli scuri e lisci, con gli occhi verdi, era uno di quei ragazzi con un bel fisico che nei film giocano nella squadra della scuola, a dir la verità avevano tutti un bel fisico, probabilmente giocavano tutti nella squadra della scuola, comunque il secondo era alto e aveva anch’esso gli occhi marroni ma i capelli erano biondi, l’ultimo era il più misterioso, se così si può definire, era alto, e aveva i capelli biondi, erano scompigliati come se si fosse appena alzato dal letto. Aveva gli occhi azzurri, un bel azzurro, e i capelli erano marroni scuro quasi neri.
Comunque, mi stavano fissando e a me la cosa dava parecchio sui nervi così mi sono avvicinata..
“Avete qualche problema? No perché mi state fissando un po’ troppo e mi sta irritando.”
“Ragazzina chi ti credi di essere? Sai chi siamo noi?” disse la ragazza, più bassa, si in effetti mi dava l’impressione di una snob. Mentre gli altri rimasero in silenzio.
“Credo di essere Elena Robinson, e ragazzina lo dici a qualcun’altro. E sinceramente chi siete voi non mi interessa.” C’è stato del silenzio per un minuti, circa e poi la ragazza più alta ha parlato.
“attenta a come parli.” Mi ha guardato come se fosse sorpresa del mio atteggiamento.
“non mi fate paura e non me la farete mai.” Ecco ora tutti loro mi hanno guardato come se fossero sorpresi.
Il ragazzo con i capelli biondi si era fatto avanti, aveva un sorriso malizioso.
“Come hai detto che ti chiami? Robinson? Sei nuova vero?”
“Si esatto sono nuova, e questo posto sta già iniziando a darmi sui nervi.”
“Io mi chiamo Samuel, quel ragazzo Patrick..” poi indicò la ragazza bionda e successivamente l’altra “lei Rebecca, e lei Emily.” E alla fine indicò quel ragazzo con i capelli scuri e gli occhi color cielo “lui Matty”
“Per caso ti ho detto che mi interessa come vi chiamate?” lui mi ha guardato ancora una volta sorpreso dal mio modo di fare. Mentre Matty aveva come una specie di sorriso.
*DRIIIIIIN*
“O guarda è suonata, avrei voluto tanto star qui a parlare con voi” dissi ironicamente e mi diressi all’interno della scuola.
“ATTENTA A COME PARLI. RICORDATELO!” urlò Samuel, suonava quasi come una minaccia.
 
Prima di andare in classe, andai in segreteria per ritirare gli orari e i libri che mi servivano giusto che ero arrivata e non avevo nulla. C’era una donna, avrà avuto sui 40/45 anni, era bassa con i capelli piuttosto corti indossava un vestito elegante che si indossa di solito per andare ad un colloqui di lavoro. Così mi rivolsi a lei.
“Scusi? .. scusii?”
“ciao hai bisogno?”
“si cercavo la segretaria, è lei?”
“no, mi dispiace io sono qui per un colloqui, probabilmente la segretaria sarà di la, aspetta che te la vado a chiamare.”
“Grazie mille.”
“Di nulla.” Così si diresse verso una porta, bussò ed entrò. Suppongo che stava cercando lavoro come insegnante, mi sembrava una persona a posto e molto educata. Prima che arrivasse qualcuno passarono alcuni minuti.
Dalla porta uscì una signora di qualche anno più grande della precedente, suppongo avrà avuto una cinquantina d’anni. Si avvicinò a me.
“Scusa per l’attesa.” Disse.
“Non si preoccupi.”
“come posso aiutarti?”
“sono nuova in questa scuola e avrei bisogno degli orari e dei libri, sono all’ultimo anno.”
“certo, il tuo nome?”
“ A si, scusi, mi chiamo Elena, Elena Robinson.”
Si avvicinò ad un computer e disse qualcosa, ma non la sentii stava parlando a passa voce. Andò di nuovo nell’altra stanza e quando ritornò aveva in mano dei libri e dei fogli.
“ecco, tieni, ma prima di andare dovresti firmare qua.” Mi diede un foglio con le regole della scuola, e in fondo mi indicò uno spazio dove avrei dovuto firmare. ‘Firma dell’alunno/a’. così firmai.
“Grazie mille signora.”
“Grazie a te, di a tua madre o tuo padre di passare di qui che devono firmare delle cose.”
“certo, glielo dirò appena li vedo.”
“Buona giornata”
“Buona giornata a lei.” E mi girai per andarmene.
“Aspetta ho dimenticato di darti l’orario.” Mi girai e tesi la mano per prenderlo e per sembrare gentile le sorrisi, si perché non volevo sembrare strafottente. Alla fine mi diressi verso la mia aula.
Quando arrivai era già chiusa e così bussai, sentii una voce.
“Avantiii..”
entrai ma non c’era nessuno a parte un professore, che mi sembrava troppo giovane per fare il professore, mi sorpresi perché le lezioni erano ormai iniziate da 10 minuti.
“Ciao” disse. Esitai un attimo.
“Salve.”
“Vieni, vieni pure.. i tuoi compagni probabilmente sono andati nell’aula dell’anno scorso e non si saranno accorti che l’aula è stata cambiata per alcuni motivi, più che altro motivi di comodità per voi.”
“A capisco, lei è?” dissi un po’ perplessa.
“Io sono il tuo professore di musica. Sei la ragazza nuova giusto?”
“Si, sono io. Mi chiamo Elena Robinson.” Dissi.
“piacere di conoscerti, io sono John Market. Vieni che ti devo far firmare dei fogli.” Così andai verso di lui. E mentre stavo firmando dei fogli si aprì la porta e entrarono dei ragazzi che suppongo siano i miei compagni. Mi guardarono per un secondo e poi si andarono a sedere. Rimasero due posti liberi, in fondo all’aula e non capivo di chi fosse l’altro. Andai a sedermi e notai che nella mia classe c’erano anche i due ragazzi che avevo incontrato fuori, Samuel e Patrick. Mi sedetti.
Dopo qualche minuto il professore si alzò.
“Ragazzi silenzio.” Quasi nessuno lo sentì. Così cambiò tono. “SILENZIO!” Tutti smisero di parlare e si voltarono verso di lui.
“Ragazzi almeno il primo giorno non fatemi urlare. Ora faccio l’appello dite qualcosa se ci siete.
Così iniziò.. “Lucas Astin..”
“qualcosa” disse, lo disse per far ridere, in effetti la classe fece una specie di risata ma a me non sembrava una cosa molto divertente.
“Lucas non fare lo spiritoso.” Così continuò e ad un certo punto si fermò e fece un respiro profondo. “E come al solito manca Ma..”
In quel momento si aprì la porta ed entrò un ragazzo, e lo riconobbi era il ragazzo che c’era fuori da scuola, Matty.
“Puntuale come al solito Matty” disse, ironicamente, il professore.
“scusi c’è stato un imprevisto” disse e venne verso il banco vuoto di fianco al mio, e si eravamo vicini di banco.
“come sempre no?”
“l’importante è che sono arrivato.” E fece un sorriso malizioso. Si voltò un secondo verso di me, mi guardò e poi si voltò.
Intanto il professore aveva ripreso a fare l’appello, ma dopo si fermò nuovamente, e avevo capito che probabilmente doveva presentarmi alla classe.
“Ragazzi, vi presento Elena Robinson sarà una vostra, nuova, compagnia di classe”
Samuel e Patrick si girarono subito e subito dopo tutta la classe.
“Bene, puoi alzarti e presentarti.”
“Ha già detto tutto lei. Perché oltre al fatto che mi chiamo Elena Robinson non c’è nient’altro da dire.”
“.. Ti sei svegliata con la luna storta?” disse Samuel
“può essere, o semplicemente mi fa schifo vivere qui” e gli sorrisi, ma era un sorriso malizioso.
“Capisco.” Disse il professore “Da dove vieni?”
“California, vengo dalla California.” I miei compagni sembravano quasi sorpresi, e probabilmente si chiedevano quale motivo aveva spinto la mia famiglia a trasferirsi dalla magnifica California a un paese dell’Inghilterra, vicino, vicinissimo a Londra. E in fondo avevano ragione che razza di stupida famiglia si sarebbe trasferita da un posto come la California a una cittadina. Ma questi non erano affari loro e non avevo alcuna intenzione di parlare delle mie questioni personali a gente che nemmeno conoscevo.
“ok. Ora che la presentazione è finita continuo con l’appello!” e così fece.
Finito l’appello disse che potevamo fare quello che volevamo perché era il primo giorno.
Così si misero tutti a parlare. Mentre io ero li ferma, zitta e persa nei miei pensieri, sperando che questa giornata di scuola finisse in fretta per poi poter tornarmene a casa e andare in camera mia a telefonare a Meredith, e raccontargli che questa giornata era iniziata male, che avevo litigato con mia mamma di prima mattina e che avevo conosciuto dei ragazzi a scuola e si sono rivelati molto seccanti.
Così le ore passarono e la campanella dell’intervallo suonò e vidi i miei compagni che di colpo smisero di fare quello che stavano facendo e si diressero velocemente verso l’uscita della classe per andare in mensa.
Così mi alzai e presi la mia borsa e mi diressi anche io verso la mensa.
Vidi un sacco di ragazzi che parlavano tra di loro e notai che dentro alla mensa i tavoli erano tutti pieni, così presi da mangiare e uscii fuori.
C’era un sole che spaccava le pietre e cercai un posto all’ombra dove poter sedermi per mangiare. Vidi un tavolo libero, e all’ombra, mi precipitai li e mi sedetti.
Ad un tratto due ragazzi si avvicinarono.
“Ehi, tu. Questo è il nostro tavolo levati.”
“ah si, come vi chiamate?”   
“io Johnny e lui David, e se non ti levi ci arrabbiamo, e non ti conviene farci arrabbiare.”
“bene Johnny e David, io non vedo scritto i vostri nomi su questo tavolo, perciò posso starci benissimo.”
“ah, fai anche la spiritosa? ORA ALZATI!” disse uno dei due ragazzi.
“mi dispiace per te ma NO, non ci penso neanche. E se hai qualcosa in contrario possiamo chiedere al preside.” Mi guardarono con disprezzo, ma a me non interessava quello che pensavano di me, e poi si girarono e se ne andarono.
così finì l’intervallo, e mi diressi verso la classe, e rientrai. Mi sedetti,e continuarono le lezioni, e finalmente suonò la campanella. E finalmente potevo tornarmene a casa. Attraversai la strada e mi sedetti su una panchina ad aspettare che mia madre o mio padre o mio fratello venissero a prendermi, passarono cinque minuti e ancora nulla, decisi di chiamare mia mamma.
*BIIP.. BIIIP.. BIIIP*
“Pronto?”
“Mamma, dove sei o comunque chi mi deve venire a prendere?”
“Scusa tesoro se non ti ho avvisata. Viene tuo padre, ha detto che tarderà un po’ perché era ad un colloquio.”
“Ok, grazie. Ci vediamo dopo. Ciao.”
“Ciao a dopo” Disse. E riattaccai.

Nel frattempo quasi tutti se n’erano andati, erano rimasto qualche ragazzo, poi vidi da lontano Matty, vidi che stava guardando verso di me, e quando si accorse che l’avevo visto si girò di colpo, ok, avevo capito che mi stava fissando. Poi sparì dietro un albero.
“Quindi ti danno fastidio le persone che ti fissano?” sentii una voce da dietro, capii che era una voce maschile ma non la riconobbi. Mi girai, era Matty, stranamente non ero sorpresa.
“Esatto,e te e i tuoi amici lo stavate facendo”
“Chi ti dice che sono miei amici?” e mi sorprese.
“Forse perché ci stavi ridendo e scherzando.”
“a dir la verità non ho proprio parlato sta mattina comunque se  li conoscessi meglio potresti capire che non sono così male, sono anche simpatici quando vogliono.” Lo disse come se in realtà volesse sottintendere altro, ma io non capii.
“Immagino.” Risposi scorbutica.
“Fai come credi meglio. Ti va un caffè?” E proprio in quel momento arrivò mio padre a prendermi.
“Elena.. dai sali, veloce,che devo tornare al lavoro.” Urlò da lontano mio padre.
“Arrivo un secondo.”
“Sarà per un’altra volta. Ciao.” Dissi a Matty.
“Ok. Ciao”  Mi girai e mi diressi verso la macchina. Salii e trovai mio padre che parlava al telefono, da come parlavano penso sia stata una telefonata di lavoro. Così aspettai che finì di parlare.
“Ciao papà”
“Ciao, com’è andata?”
“tutto sommato bene, cioè meglio del peggio che mi aspettavo. A te?”
“Bene, sono il manager di un cantante, che deve ancora ingranare nel campo della musica, ma siamo sicuri che ce la farà. A proposito dobbiamo passare un attimo dal mio ufficio.”
“va bene.” E così non dissi più nulla, passarono all’incirca 30 minuti. Poi la macchina si fermò e mio padre mi indicò di scendere c così feci, ci trovavamo davanti ad un palazzo molto alto, era, presumibilmente, pieno di uffici. Entrammo e trovammo un signore che aveva all’incirca quarant’anni, si avvicinò a mio padre.
“Salve signore, la aspettano al decimo piano” disse a mio padre, e capii che ci avremmo messo più del previsto.
“Grazie, salgo subito.” E ci dirigemmo verso un ascensore. Mio padre schiaccio il tasto con su ‘10’ e l’ascensore partì.
Uscimmo dall’ascensore e ci dirigemmo in fondo al corridoio, verso una porta. Lessi una scritta ‘UFFICIO COLLOQUI’ mio padre mi disse di entrare in un’altra porta e di aspettare li che ci avrebbe messo mezzora e se qualcuno mi chiedeva qualcosa di spiegargli per quale motivo ero li. Così entrai, era un ufficio, suppongo quello di mio padre, era molto luminoso c’era una scrivania in fondo e subito dietro una finestra che illuminava tutta la stanza, sulla destra c’era una libreria di legno, sulla sinistra un altro tavolo dove c’erano una stampante e una fotocopiatrice. Sulla scrivania c’era un computer molto costoso, era della apple. E un sacco di fogli e di documenti ancora da firmare.
Mi sedetti su una sedia di pelle, presi l’ipod e le cuffie e iniziai ad ascoltare la musica. Ad un certo punto entrò un signore, ma io non me ne accorsi subito perché avevo la musica ad alto volume e stavo canticchiando. Quando me ne accorsi tolsi le cuffie.
“Tu devi essere la figlia del Signor Robinson, giusto?”
“giusto. Comunque piacere Elena.”
“Piacere, io mi chiamo Simon e sono il proprietario di questo posto.” Fece un sorriso. Aveva all’incirca 60 anni, aveva i capelli, oramai, grigi e gli occhi verdi. “comunque hai talento. Non hai mai pensato di diventare una cantante?”
“Grazie. Certo, ci ho pensato tante di quelle volte. Ma mio padre è contrario per lui sono già un dottore.”
“Capisco. Ci parlerò io con tuo padre.” E mi sorrise di nuovo.
“Grazie, grazie mille.”
“Di nulla. Ora devo andare che ho da fare diversi colloqui.”
“Salve e piacere di averla conosciuta.” Dissi.
“Puoi darmi del tu.” Sorrise nuovamente. “Ciao.” E io gli sorrisi. Poi lo vidi uscire dalla porta e da quella porta non entrò più nessuno per mezzora.
Poi, vidi la porta aprirsi man mano e sentii delle voci provenire da fuori. Entrò mio padre.
“Elena adesso andiamo.” Io annuii emi alzai, mi diressi verso la porta dove c’era mio padre, e mentre ci stavamo incamminando verso l’ascensore una voce gridò da lontano.
“BOB” stava chiamando mio padre, si mio padre si chiama Bob. Così ci girammo entrambi per vedere chi fosse, era Simon, che si stava dirigendo verso di noi.
“Bob, stanno arrivando, sono sull’ascensore.” E proprio in quel momento sentii l’ascensore aprirsi, e uscirono cinque ragazzi giovani, tutti con un paio di occhiali scuri e un cappello per non farsi riconoscere, presumo. E si diressero verso di noi, diciamo verso mio padre e Simon. E li salutarono. Poi mio padre si rivolse a me.
 
“El, l’educazione.” Io alzai gli occhi al cielo.
“Pa, mi da fastidio chiami El, il mio nome è Elena, ELENA.”  I ragazzi e Simon risero e guardarono mio padre.
“A casa ne parliamo.”
“Ma parliamo di cosa? Del fatto che mi chiamo Elena?” E tutti compreso mio padre fecero un sorriso. “Comunque mi chiamo Elena.” E feci un sorriso malizioso a mio padre come per dirgli ‘ora sei felice?’
Uno dei ragazzi si fece avanti. “Piacere io sono Niall, lui Zayn, lui Harry, lui Liam e lui Louis.” Quando sentii quei nomi mi bloccai e spalancai gli occhi, rimasi così per un minuto poi respirai profondamente e tornai normale. “V.. Voi siete i One Direction?”
“Si.” E sorrisero, poi si tolsero gli occhiali e i cappelli. Io guardai mio padre.
“Tu perché non me l’hai detto? Mi vuoi mandare in ospedale per un infarto?” Dissi a mio padre. E si mise a ridere.
“Vedi Simon, cosa ti avevo detto.” E, a sua volta Simon rise.
“Bob, ti devo parlare un attimo.” Così mio padre e Simon si spostarono. E io e i ragazzi rimanemmo da soli. Si girarono verso di me.
“Aspettate, non giratevi così di colpo, se no svengo.” E si misero a ridere.
“Così sei la figlia di Bob?” disse Harry.
“Già.”risposi.
“Che fai dopo?”
“Sempre il solito che ci prova.” Disse Zayn. E ci mettemmo tutti a ridere.
“Ha parlato lui” Ribatté Louis.
“Si perché tu non ci provi mai? Ahahahaha” Disse Liam.
“Io ci provo solo con il cibo. Ahahahah” Disse Niall.
“Almeno lui è sincero.” Risposi. E ridemmo. “Comunque, seriamente, dopo obbligherò mio padre a fermarsi da qualche parte perché ho una fame..” I ragazzi guardarono tutti Niall e in coro dissero.
“C’è qualcuno come te, hai trovato la tua anima gemella. Ora puoi morire in pace.” A quel punto scoppiammo tutti a ridere, l’unico a rimanere serio fu Niall che disse.
“Aspettate, io.. io non voglio morire.” E a quel punto rise anche lui. Poi arrivarono Simon e mio padre.
“Che avete da ridere?” disse Simon.
“Niente.” Rispondemmo in coro, in modo ironico.
“Dai Elena, ora andiamo” Disse papà.
“Va bene.” Salutammo Simon e i ragazzi e entrammo in ascensore.
Usciti salimmo di corsa in macchina perché nel frattempo aveva iniziato a piovere.
“Papà, perché non me l’hai detto?”
“Doveva essere una sorpresa.”
“Grazie.” Dissi e gli sorrisi. E lui fece lo stesso.
“Ci possiamo fermare a mangiare qualcosa che ho fame?” gli chiesi.
“Certo.” Così prima di arrivare a casa ci fermammo in una pizzeria a mangiare.
Entrai in casa e andai in camera mia a appoggiare la borsa di scuola e a mettermi qualcosa di più comodo per stare in casa. Scesi e andai in cucina. Ormai era ora di mangiare e trovai la tavola pronta, mio padre, mia mamma e mio fratello già seduti a tavola, ad aspettarmi.
“Ciao mamma. Ciao Charlie.” Charlie era mio fratello.
“Ciao Elena.” Dissero entrambi. Mi sedetti a tavola e iniziammo a mangiare. Eravamo tutti in silenzio quando mia mamma iniziò a parlare.
“Com’è andata la giornata Charlie?”
“Bene, grazie. Ho conosciuto dei ragazzi molto simpatici che sono anche loro all’ultimo anno, e nella mia stessa classe.” Mio fratello era all’ultimo anno come me, ma era stato bocciato perciò lui dovrebbe essere già al College.
“A te Elena, com’è andata?”
“A scuola male, odio quella, scuola, odio i miei compagni, odio il mio compagno di banco, che non mi rivolge neanche la parola. Odio tutto. Mentre dopo benissimo, papà mi ha fatto incontrare i ragazzi.”
“Chi sono i ragazzi?”
“Gli One Direction, e non voglio che mi chiedi nulla, perché non ti risponderei nemmeno.”
“Elena, te l’ho detto anche stamattina, portami rispetto sono tua madre”
“Mamma, te l’ho detto anche stamattina, il rispetto va meritato.” Presi il mio piatto e lo misi da lavare.
“E ora vado in camera.”Mentre salii le scale sentii i miei e mio fratello che parlavano, ma non mi interessai a quello che stavano dicendo, così entrai in camera mia e mi sdraiai sul letto. Presi il computer e lo accesi. Poi presi il cellulare e chiamai Meredith.
*BIIP BIIIP BIIP*
“Pronto?”
“Ciao Meredith”
“Eleeena” Disse entusiasta.
“Come stai?”
“Come al solito te? Com’è andato il primo giorno li in Inghilterra?” Gli raccontai dei ragazzi fuori da scuola, gli raccontai della mia, prima giornata scolastica, gli raccontai tutto, e soprattutto dell’incontro con i ragazzi. Passò un’ora e poi ci salutammo, dicendoci che ci saremo sentite il giorno seguente.
Così presi nuovamente il computer e ascoltai della musica. Poi lo spensi e mentre stavo per mettermi a dormire sentii il cellulare.
*DRRIIIN DRRIIIN*
“Chi è?”
“Ciao sono Simon.” Mi sorpresi.
“Ah ciao. Come mai questa chiamata?”
“Ho parlato con tuo padre per quella cosa che ti avevo detto, e l’ho fatto ragionare e alla fine ha ceduto. Dalla prossima settimana vieni qui in studio e parliamo un po’.”
“Woow, ok, ehm non so che dire.. grazie, non me l’aspettavo.”
“Figurati. Ah e il tuo manager sarò io.”
“Ok. Allora alla prossima settimana”
“Ciao.”
“Ciao.”Dissi. E riattaccai. Ero felice di questa notizia, avrei voluto raccontarla a Meredith o a qualcuno. Ma era ora di andare a dormire e così feci.  











CIAAO SPERO CHE VI SIA PIACIUTA, LA PROSSIMA VOLTA CERCHERO' DI SCRIVERE UN PO' DI PIU' E AGGIUNGERO' ANCHE DELLE
FOTO DEI PERSONAGGI. FATEMI SAPERE SE VI E' PIACIUTA.
BY  L. xx 

 
  
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