Film > Coraline e la Porta Magica
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Autore: alix katlice    09/07/2013    3 recensioni
Sono passati anni dalle vicende narrate in "Coraline".
Una nuova famiglia si è trasferita a Pink Palace.
Riusciranno a non cadere nella tela del ragno? Riusciranno ad uscirci?
*Tematiche delicate*
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altra Madre, Gatto, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Settimo Capitolo.
Dove si cena e si mente.

 

 
 
 
 
 
 
Julia era particolarmente agitata quel pomeriggio.
Non solo avrebbe dovuto preparare la cena non per quattro, ma per ben sei persone: in più i due posti aggiunti erano due ospiti d’onore.
L’amante del marito –che non si sapeva se fosse una donna o una troia- e il ragazzo della figlia –con cui faceva cose che Julia avrebbe preferito non sapere-.
Niente di meglio.
Julia passò il pomeriggio in cucina, a tagliuzzare verdure non ben identificate e a cucinare cibi dall’odore “acquolinante”, o almeno così lo definì Avrile.
Apparecchiò con cura la tavola e, con un anticipo di circa un ora e mezza, si sedette per rilassarsi dopo aver finito.
Non era mai stata così agitata, e per cosa poi? Una cena.
Aveva affrontato prove peggiori.
 
***
 
Avrile si stava guardando allo specchio.
Avrebbe voluto essere carina come sua sorella: aveva come lei ricci capelli neri, ma i suoi occhi non erano altrettanto belli. Erano più piccoli, ed erano grigi come quelli della sua mamma. Alexa aveva preso dal papà gli occhi, lei la corporatura: Avrile era bassa, certo, ma un po’ cicciottella; non come Alexa, che era bassa e magra, proporzionata.
Avrile decise che il suo aspetto fisico non era importante: non aveva forse comunque due genitori che le volevano bene?
Alexa non li aveva.
Avrebbe voluto riuscire a convincerla ad attraversare la porta, così da mostrarle quel mondo fantastico in cui lei si rifugiava: non era questo che facevano le sorelle?
Si aiutavano l’un l’altra, certo, ma se Alexa non le dava la possibilità di farlo, come poteva aiutarla?
Avrile non lo sapeva, e più ci pensava, più si sentiva male.
Non avrebbe varcato quella porticina un’altra volta senza sua sorella.
 
***
 
La cosa era molto imbarazzante.
La cosa era molto più che imbarazzante.
Erano seduti tutti attorno alla tavola rotonda: Alexa, Nathan, Avrile, Roberta, Jack e Julia, rispettivamente in ordine.
Si scambiarono per un momento occhiate sospette, poi Julia iniziò a servire la prima porzione.
- Jack caro, dicci, come va il lavoro?
Alexa notò immediatamente il guizzo della mano di sua madre quando Roberta pose la domanda: guardò Nathan con fare complice, e poi fece un cenno verso suo padre che –imbarazzato- tentava di rispondere.
A quel punto intervenne Julia.
- Il lavoro di Jack tiene in piedi questa famiglia: posso dire che abbiamo fortuna ad avere un uomo come lui come capo-famiglia.
Roberta le lanciò un occhiata divertita mentre Jack tentava di non strozzarsi con il suo stesso cibo.
- E tu, Julia, di cosa ti occupi?
Alexa sbuffò, tirando la testa all’indietro e procurandosi un’occhiataccia dalla madre.
- In questo periodo non lavoro, mi prendo cura delle mie figlie.
A quel punto Alexa si dovette trattenere dal ridere, ed Avrile dal piangere; non si era mai presa cura di loro, lei.
Nathan intanto, che sorprendentemente era stato zitto da quando si erano tutti seduti attorno al tavolo, osservava con la coda dell’occhio sua ragazza. Fu risvegliato dal suo sogno ad occhi aperti dalla voce trillante di Roberta.
- E tu, ragazzo, sei un terzo fratello adottivo?
- No, sono il ragazzo di Alexa.
Roberta annuì, facendo capire che aveva compreso, ma molto probabilmente non aveva compreso affatto.
Gli adulti molto spesso pensano che gli adolescenti e i bambini non riescano a capire il vero valore di una relazione: quasi sempre però, sono loro che non capiscono.
Calò il silenzio.
Avrile si guardò intorno, timorosa: non c’era niente di vero e divertente in quella cena. Tutti si stavano mostrando per ciò che non erano.
Le venne voglia di scappare lontano e non tornare più.
- E tu, Roberta, di cosa ti occupi?
- Oh, io faccio lavoretti manuali qua e là. Sono particolarmente brava con le mani.
Nathan fu il primo a capire che quella conversazione non sarebbe finita bene, soprattutto grazie al colorito pallido di Jack e a quello rosso peperone di Julia.
- E dimmi, cos’altro sai fare con le mani? – chiese Julia.
Fantastico.
Da lì a breve avrebbero sicuramente iniziato a litigare.
- Beh, parecchie cose, ma non penso che questo argomento non sia adatto alla cena. Abbiamo minori in casa – disse Roberta con tono malizioso e attorcigliandosi un boccolo rosso attorno al dito.
Nathan diede un calcio ad Alexa da sotto al tavolo per farle capire che era giunto il momento di agire.
- Beh, Roby cara, quella che non potrebbe assistere a questo discorso è solo Avrile. Io e Nathan oramai scopiamo come due con…
- Ora basta!
Julia era scattata in piedi, il volto sfigurato da una smorfia di rabbia.
- Ne ho avuto abbastanza di fare la vicina accondisciente. Io e te non siamo amiche, anzi, per cui ti pregherei di andartene da questa casa.
Roberta anche si alzò in piedi, e incrociò le braccia al petto.
- Assolutamente no, io non me ne vado finché il padrone di casa non me lo dice.
Gli occhi di tutti i presenti si puntarono su Jack, che intanto continuava a mangiare imbarazzato.
Poggiò sul piatto la forchetta e si grattò la guancia, per distogliere l’attenzione da lui.
- Cara… penso che sia maleducazione cacciarla così senza un motivo.
Gli occhi di Julia diventarono incandescenti.
- Mi hai fregato il marito, ma non ti permetterò di rubarmi anche la casa – disse, e le si gettò addosso facendo velocemente il giro del tavolo.
- Fatti delle domande, magari non sei capace di gestire una famiglia!
Iniziarono a rotolarsi a terra, fra ciocche di capelli staccate e oggetti che si infrangevano cadendo.
Alexa si alzò immediatamente per dividere le due donne, e si gettò in mezzo a quel groviglio di calci, pugni e graffi.
- Papà, aiutami! – disse, mentre teneva per un braccio la madre e con un piede cercava di tenere lontana l’aversaria.
Jack intanto –che si trovava in uno stato di shock- scosse la testa e si risvegliò, precipitandosi ad aiutare la figlia.
Avrile si era rintanata in un angoletto, le mani sulle orecchie, e si stupì non poco quando Nathan si inginocchiò accanto a lei e avvicinò al suo orecchio la bocca.
- Sai cosa devi fare, vero? Questo posto non ti merita. Quelle persone non ti meritano.
Avrile lo guardò per un momento con gli occhi sgranati.
Poi annuì.
Sapeva cosa doveva fare.
Quando Julia e Roberta si separarono, e la sua mamma cacciò di casa entrambi gli adulti, Avrile aveva già deciso.
Quando Alexa salutò con un veloce bacio sulle labbra Nathan, e lui le fece l’occhiolino, era ancora più convinta di quello che stava per fare.
Quando infine sua madre iniziò a bere, molto probabilmente per dimenticare, Avrile salì in camera.
Sapeva cosa doveva fare.
 
***
 
L’unica cosa che Avrile prese prima di dirigersi alla porticina fu un piccolo orsacchiotto che le aveva regalato Alexa quando per lei era ancora importante.
Scese le scale incespicando per la fretta e per gli occhi appannati: stava piangendo.
Si diresse nel salottino dell’antiquariato e, con sua grande sorpresa, la porta era già aperta.
Cadde grazie ad un qualcosa che le si stava strusciando sulle gambe: il Gatto continuava a miagolare.
- Ciao, Gatto. Spero di rivederti nell’Altro Mondo.
Il Gatto miagolò un’ultima volta prima di piantare un artiglio nel polpaccio della bambina.
- Ahi!
Con un calcio lo spedì addosso alla parete.
Spalancò la porticina.
Scusatemi tanto.
 
 
  
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