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Autore: _ems    09/07/2013    7 recensioni
“Ha quasi perso la sensibilità delle dita, James, e si chiede se forse non ha ragione lei a sostenere che non c’è bisogno di un paio di mani fredde per un cuore caldo.
«Io ho i piedi sempre freddi. Questo cosa significa? Che ho il fegato in iperventilazione?»
James sorride, nella sua mente la voce risuona forte e chiara: lo stesso tono, la stessa cadenza e – sorprendentemente – lo stesso finto accento francese, che la ragazza si premuniva di calcare solo nei momenti d’intolleranza. “
[La storia è arrivata 13º al contest "Partecipa e Vinci la Coppa delle Case!" sul forum di Efp indetto da DreamRain95.]
[La storia partecipa al contest "In una valle di lacrime" di gunslinger_ sul forum di EFP.]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dominique Weasley, James Sirius Potter | Coppie: James Sirius/Dominique
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Dominique Weasley 2005 - 2028.

“E adesso che sei dovunque sei
Chissà se ti arriva il mio pensiero
Chissà se ne ridi o se ti fa piacere
E adesso che sei dovunque sei
Ridammelo indietro il mio pensiero
Deve esserci un modo per lasciarmi andare.”

Ligabue – Il mio pensiero.

Le strade di Godric’s Hollow sono innevate, ma al giovane uomo che lentamente percorre la via principale non sembra importare più di tanto. C’è freddo ovunque lì intorno: sugli alberi, le strade, le panchine e le staccionate di ogni abitazione presente nel piccolo paesino. C’è freddo anche nel cuore di James, il respiro sempre più pesante passo dopo passo, schiacciato dal ricordo. Ovunque egli posi il proprio sguardo non può far altro che pensare a lei.
Lei che si lamenta del vento gelido e potente che con noncuranza le penetra nei vestiti facendola tremare.
Lei che si sposta, con una piccola smorfia sul viso pallido, ciocche di capelli bionde sfuggite al berretto di lana rossa fatto a mano.

Lei che ride, lei che sorride, lei che vive.

James chiude gli occhi per un istante e gli sembra di sentirla lì, aggrappata al proprio braccio mentre con tono canzonatorio gli rimprovera di non aver messo i guanti.
«Oh, andiamo! Sai come si dice: mani fredde, cuore caldo.»
Le avrebbe risposto, se solo lei fosse stata davvero lì.

James sospira stringendosi nel giaccone nero imbottito. La mano destra affondata nella tasca laterale del cappotto e l’altra stretta al petto, mentre stringe un mazzo di girasoli finti.
Ha quasi perso la sensibilità delle dita, James, e si chiede se forse non ha ragione lei a sostenere che non c’è bisogno di un paio di mani fredde per un cuore caldo.
«Io ho i piedi sempre freddi, questo cosa significa? Che ho il fegato in iperventilazione?»
James sorride, nella sua mente la voce risuona forte e chiara: lo stesso tono, la stessa cadenza e – sorprendentemente – lo stesso finto accento francese, che la ragazza si premuniva di calcare solo nei momenti d’intolleranza.  

Scuote appena la testa James fermandosi, di scatto, davanti al cancelletto di ferro battuto. Sospira prima di poggiare la mano – che aveva precedentemente in tasca – sul ferro freddo e spingere quel tanto che basta affinché il cancelletto si apra per farlo passare. Ci fu un tempo in cui James era solito spalancare il cancello d’ingresso con non curanza, attraversarlo e non preoccuparsi minimanente di chiuderlo.
Poi un giorno lei l’aveva accompagnato lì.
Aveva sbattuto le palpebre confusa a quel suo gesto e, con pazienza, era tornata indietro.
«James non dovresti usare tanta maleducazione in un posto del genere.» Lo aveva rimproverato. «Porta rispetto a chi è qui da anni ed ha fatto di questo posto la propria casa» aveva aggiunto raggiungendolo «non ti chiedo di bussare, sarebbe alquanto inquietante se i defunti ti rispondessero... ma abbi un minimo di accortezza, suvvia.» e così dicendo aveva stretto la mano in quella di lui, le dita intrecciate tra loro ed un sorriso bonario solo per lui.

James sorpassa il cancelletto di ferro richiudendoselo alle spalle con una lentezza quasi snervante, perfino il vento sembra intimargli di fare presto. Il giovane uomo sospira chiudendo, ancora, gli occhi. Un sorriso gli sfugge sulle labbra mentre l’immagine di lei, che con un sorriso radioso gli va incontro, gli riscalda il cuore. Ed il tutto è questione di un attimo, riaprendo gli occhi James è invaso ancora da quell’onda di freddo, di gelo che gli attanaglia il cuore e le viscere ormai da un anno.

Un anno.

Era passato un anno da quando James aveva fatto visita alla ragazza in Egitto, posto in cui lei svolgeva il lavoro dei suoi sogni: la Spezzaincantesimi.
Anche in quel momento, come allora, James riuscì a pensare – quasi distrattamente – che il destino avesse voluto dare ad entrambi ancora un po’ di tempo, un’ulteriore opportunità.
E lui l’aveva colta al volo, felice di questa nuova opportunità era corso da lei con la prima Passaporta che era riuscito a procurarsi e… e James c’era riuscito, era riuscito a convincerla a ritornare a Londra.

E lei era tornata a Londra, ma non nel modo che James sperava.

James oltrepassa la tomba dei propri nonni salutandoli con un cenno del capo, dopo sarebbe passato anche da loro ma ora, a distanza di un anno, la sua unica priorità è un’altra.
Vede la lapide quasi subito, la neve che si è adagiata sopra non è riuscita a coprire il nome inciso nel marmo, né tantomeno la frase che accuratamente aveva scelto con Louis:

“Dominique Weasley – 6.05.2005/24.09.2028
La vita è uno specchio: ti sorride se tu le sorridi.*”

James nota con stupore che la tomba è perfettamente in ordine, la neve è stata spostata – e a giudicare da come si accumulava ai lati - con le mani dal marmo incastonato nel terreno.

Meglio così, pensa, nessuno verrà a disturbarmi.

«Ehi piccola, come stai?» James è inginocchiato davanti alla lapide, le mani con il mazzo di girasoli finti tese in avanti. «Lo so, non sono il massimo… ma abbi pazienza, riccioli d’oro, i girasoli non sono molto in voga in questo periodo dell’anno, lo sai.» James non riesce a sentirsi stupido proprio per niente mentre, con una delicatezza che non credeva di possedere, va ad adagiare i fiori sulla tomba. E James non si sente stupido proprio per niente quando comincia a parlare ancora, a raccontarle di sé, dell’anno appena trascorso e dei progressi nel suo addestramento Auror.
«Capisci perché non sono mai venuto?» chiede al nome inciso sulla lapide «ho avuto un anno impegnativo, piccola. Hai sentito, no?» e James mente, mente così male che anche il vento decide di ribellarsi: una folata di vento gelido sorprende James così tanto da fargli perdere l’equilibrio, il ragazzo piegato sulle ginocchia cade per terra di sedere, gli occhi sbarrati e mani ben piantate nella neve per sorreggere quel poco del suo carpo che ancora non ha toccato terra.

James finisce per sistemarsi meglio sul sedere, le gambe incrociate e le mani ormai portate al viso, tra i capelli. Si tiene la testa tra le mani James e in un sussurro proclama le proprie scuse.
«La verità è che sono un vigliacco, Dominique. Si sente, sai? La tua assenza si sente in ognuno di noi. Hai lasciato un vuoto incolmabile in tutti noi, riccioli d’oro. Zia Fleur aveva quasi smesso di piangere, ero arrivato a pensare che avesse prosciugato ogni lacrima, ma zio Bill sostiene che piange di notte e che di lacrime ci sono e ci saranno.» James si ferma un attimo, il respiro corto. La presa sulle mani si stringe ancor più, le nocche ormai bianche. «Victoire ha rimandato ancora le nozze, Teddy dice di capirla ma dopo un anno temo abbia il dubbio di non sposarsi più. Vuoi sapere di Louis, vero?» Un’ulteriore pausa ed il petto di James che a fatica respira. «Louis ha ricominciato a mangiare e uscire dalla sua stanza solo da un mese, Dominique. Gli manchi... gli manchi così tanto che a volte temiamo che respirare non gli basti. Gli manchi, riccioli d’oro, si sente perso senza di te. È come se un pezzo di sé fosse andato via con te, quella sera.» James si sporge in avanti, lentamente stacca le mani dai propri capelli ed appoggia gli avambracci sulle gambe. «Ed io lo so come si sente Louis, perché io mi sento esattamente come lui. A volte costa fatica persino alzarsi dal letto, Dominique. Ed anche pronunciare il tuo nome è una continua tortura. Dove sei, piccola? Perché non sei qui a rimproverarmi? Le vedi le miei mani? Non ho guanti qui con me. Ed i fiori, li vedi? Sono finti ed io vorrei tanto che tu me li lanciassi contro urlando, in quel tuo francese quasi privo di accento, che non te ne fai niente dei girasoli se son finti.» Un'altra pausa, stavolta più lunga delle precedenti.

James si stringe le ginocchia al petto, chiude gli occhi ed in un attimo il suo corpo è scosso da profondi singhiozzi, le lacrime corrono lungo la sua guancia senza fermarsi mai. Una goccia salata non fa in tempo a raggiungere il mento che subito un’altra le va incontro e si fondono rotolando giù, fino al colletto della camicia del giovane uomo. «Dove sei, Dominique? Perché non sei qui ad asciugare le mie lacrime?» Sussurra aprendo piano gli occhi, la vista annebbiata dalle lacrime che ancora gli solcano il volto.

E gli occhi di James sono puntati sul nome inciso in nero sulla lapida, il silenzio della notte rotto solo dai suoi singhiozzi. E mentre James resta lì inerme, gli sembra quasi di sentire la mano di Dominique poggiata sulle proprie spalle; le sue labbra alle orecchie ed il tono dolce della sua voce.
«Sono qui» gli dice «va tutto bene, James, sono qui.»
E per un attimo, solo un attimo James finge di crederci e lascia che il dolore abbandoni il suo cuore.

Solo un attimo, ripete, e poi non ci sarai più.

Ed abbandonando il cimitero, James lancia un ultimo sguardo dietro di sé. Dominique seduta sulla propria lapide gli sorride, sventolando la mano in forma di saluto.

Tornerò, pensa, magari domani. E porto dell’acqua finta per i tuoi finti fiori, piccola mia.



1.
    Mi ricordavo solo la frase, ma non di chi fosse, spero non sia un problema!
2.    Per quanto riguarda l’altra nota ho notato, rileggendo la storia più volte, che il finale può essere frainteso. Il  “Dominique seduta sulla propria lapide gli sorride, sventolando la mano in forma di saluto”  è puramente “immaginario” una semplice proiezione data dalla mente di James, ecco. Dominique ovviamente non è davvero lì non essendo tornata come fantasma. Forse la cosa è chiara, ma mi sembrava giusto schiarirla ulteriormente!
3.    La storia è arrivata tredicesima.
   
 
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