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Autore: Chemical Lady    10/07/2013    5 recensioni
Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera mancante di questo gioco pericoloso.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di un orco ma che, dietro ad una maschera di marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un nuovo tassello alla famiglia De Medici.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: No Good Deed Goes Unpunished.
Capitolo quattordici.
Rating: Arancione.
Betareader:Lechatvert
Genere:Sentimentale, Drammatico, Avventura.
Personaggi principali: Famiglia De Medici, Nuovo Personaggio, Girolamo Riario.
Coppie trattate: Het
Disclaimer: Non possiedo i diritti suoi personaggi protagonisti  di questo racconto, ne sulla trama di fondo.
Sommario: Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera del domino mancante.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di  un orco ma che, dietro ad una maschera marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un tassello alla famiglia De Medici.
Buona lettura.
 
 
 

 
 
 
 


 
 
Parte XIV: L’Innocente.
 

 
Il salone era gremito di persone.
In molti erano accorsi da ogni parte della città per assistere alla sentenza contro Brancacci. Spinti da curiosità, tutti coloro che non dovevano lavorare le messi e avevano attività proprie avevano chiuso le botteghe e gli studi, recandosi alla Rocca. Quella era la prima vera sentenza ufficiale, a Forlì. Quello a Simonetta non era da considerarsi una vero e proprio processo, visto che l’uomo era morto nel momento stesso in cui era sceso dalla carrozza con le catene ai polsi e aveva calpestato quelle vie per la prima volta.
Beatrice si sentiva particolarmente tesa. Lanciava di tanto in tanto sguardi verso le panche poste ai lati, dove sedevano Becchi, Giuliano e Camilla.
Bertino si era avvicinato alla sua seduta un paio di volte, chiedendole come si sarebbe svolta quella sentenza e cosa avrebbe comportato una condanna. Ovviamente, il tradimento alla Signoria era punito con la morte a Forlì tanto quanto a Firenze.
La Contessa non aveva messo mano alle leggi della sua città, nonostante la forte tentazione provata nel leggerle. Ne aveva l’autorità, ma il pensiero di modificare, magari in modo errato, qualcosa l’aveva spinta a rinunciare in partenza.
Pensando a quel che ora aspettava Brancacci, se n’era pentita.
Così presa da quei cupi pensieri, non s’era accorta di quanto nervosa fosse. Si torturava il labbro con i denti, così forte che a breve l’avrebbe fatto sanguinare. Sussultò, quando Riario appoggiò la mano sulla sua, sul bracciolo in legno della seduta. Si scambiarono uno sguardo, mentre lei stringeva la presa a sua volta. Poi annuì piano e Girolamo alzò il braccio “Fate entrare l’accusato.”
Ezio non aveva una bella cerca, quando venne trascinando dentro al salone, in catene. In quella stanza, dove aveva dipartito gli ordini alle guardie e alle vedette dei bastioni, ora veniva additato come traditore. Non disse nulla, mentre veniva buttato malamente a terra sulla pavimentazione marmorea dai suoi stessi uomini. Beatrice notò lo zigomo gonfio, il labbro spaccato…
I traditori non avevano pace nemmeno all’ombra di una cella solitaria.
Girolamo si alzò in piedi, imitato anche da coloro che stavano sulle panche, guardando verso il popolo radunato innanzi a lui. Ezio incontrò gli occhi della Signora della Rocca, che però non fu in grado di sostenere quello sguardo. Il Conte introdusse il tema di quel processo, mentre alla sua destra, un uomo metteva a verbale il tutto su un vecchio libro dalla copertina di pelle. Rigorosamente in latino, come da legge “Quest’oggi siamo qui per punire la peggiore delle colpe di cui un figlio del Signore può macchiarsi: il tradimento verso la sua Patria e i suoi Padroni.” Ezio rise, fragorosamente, facendo voltare tutti nella sua direzione “Deliziato dal fatto che voi troviate la vostra posizione così divertente, Brancacci.” Disse Riario, riprendendo posto con eleganza “Orsù, fate ridere anche noi, a questo punto. Parlate.”
Il condannato scosse piano il capo, drizzandosi sulle ginocchia, mentre sul suo viso si disegnava un sorriso che era solo l’ombra di quelli passati. In effetti, quella era un smorfia triste “Partiamo già del presupposto che io sia colpevole, mio Signore Riario?”
Il Conte sospirò, fingendosi affranto “Abbiamo una testimone, che ora andremo ad ascoltare.  Non vi è alcun dubbio sulla vostra colpevolezza, ma quando ella avrà terminato di esporci ciò che ha visto, avrete diritto di replicare. Sempre se lo desidererete.”
“Potete scommetterci, che lo vorrò.” Replicò a denti stretti il biondo, mentre Grunwald accompagnava una giovane donna innanzi alla Signoria del castello.
Beatrice la studiò attentamente, permanendo nel suo mutismo. Sembrava più grande di lei di non più di due o tre anni. Indossava vesti lise e aveva il volto sporco di polvere, così come i capelli biondi. Era senza ombra di dubbio una delle contadine che aravano i campi al di fuori delle mura, anche uno stolto lo avrebbe capito. Aveva però lo sguardo parecchio sveglio, furbetto.
Ezio fece lo stesso ragionamento, con l’aggiunta di un piccolo commento personale: Riario, o chi per lui, l’avevano saputa scegliere bene la loro ‘testimone’.
“Chi siete?” domandò il Conte, incrociando le mani sul ventre e osservando la ragazza con attenzione.
Lei fece una piccola riverenza verso i due Signori, prima di iniziare a parlare “Io sono Chiara Viserbi, figlia di Antonio. Non siamo che umili contadini che dimorato sul crocevia presso la Madonnina, Conte.”
“Molto bene, Chiara. Siete stava voi a portare la denuncia alla nostra attenzione o sbaglio?” chiese di nuovo Girolamo.
“Sì, mio Signore, sono stata io.”
Beatrice si fece passare da Olivieri un foglio “Parliamo di questa, per caso?” domandò incalzante, alzandosi per mostrarlo alla contadina.
Questa non si degnò nemmeno di guardare il foglio “Non saprei, mia Signora. Io non so leggere, né scrivere. Ho domandato al nostro parrocchiano, Monsignor Fantini”
“Naturalmente…” Beatrice acconsentì con un cenno del capo, prima di proseguire, sempre rimanendo in piedi davanti alla giovane. Era particolarmente brava a scovare la menzogna negli occhi delle persone, le avrebbe chiesto tutto quello che andava domandato, affinché non vi fosse nemmeno il ragionevole dubbio “Quindi, signorina Viserbi, avete riferito di aver visto Brancacci parlare con un uomo vestito dei colori di Modena al ritorno dal foraggio, giusto?”
Chiara lanciò un’occhiata veloce verso Riario, prima di rispondere “No, mia Signora. Io ho detto che, al ritorno dai campi così come voi stessa avete affermato, ho visto Brancacci parlare con un uomo bardato di giallo. Sul petto aveva uno stemma particolare, con quattro spighe dorate e tre stelle del medesimo colore.”
“Molto bene.” Proseguì la Contessa “Mi state dicendo che Brancacci cospirava contro di noi alla luce del tramonto? Non è molto astuto, non credete?”
Girolamo si passò una mano sul mento, senza levare gli occhi dal viso della contadina e dalla schiena della moglie. Mercuri non aveva tutti i torti quando sosteneva che una donna eccessivamente scaltra portava guai. Peccato che Riario ne fosse sempre più intrigato.
La risposta di Chiara non tardò ad arrivare “Era notte, mia Signora. Io e mio padre ci siamo attardati a legare qualche fascio di stecchi.”
“Fa caldo per accendere la stufa, non trovate?”
La contadina annuì “Lo so, Madonna, ma li abbiamo raccolto ed accatastati mentre facevamo i fieni. Sembrava brutto non approfittarne così li abbiamo presi e riposti nelle stalle.”
La mora fece una pausa, rileggendo velocemente la denuncia per poter farsi un’idea di cosa chiedere nel dettaglio. Lesse qualcosa che non le tornò, esattamente com’era successo la prima volta che si era ritrovata quel documento fra le mani “Avete detto di averli sentiti parlare, sbaglio?”
“No, non sbagliate, mia Signora.”
“Che si sono detti?”
La contadina prese a storcere un pezzo di stoffa dell’abito tra le mani, nervosa. Di domanda in domanda, Beatrice si faceva un poco più aggressiva. Iniziava a temere di sbagliare qualcosa e, al posto degli scudi che Riario aveva promesso, si sarebbe ritrovata con una lama sulla gola. “Ho sentito assai poco, Madonna. Così come ho chiesto a Monsignor Fantini di riportare….”
“Vero, ma qui vi sono delle parole ben precise.”
La poverina indugiò un istante, deglutendo. Beatrice non staccò gli occhi dal sul viso, per non perdersi nessuna reazione. Stava per esortarla a rispondere, quando la ragazza lo fece da sé “Brancacci ha detto a quell’uomo che vuoi non avevate ceduto alle sue lusinghe, mia Signora, e che non era riuscito ad uccidervi. Temeva il ritorno del Conte a palazzo, poiché con voi ancora viva non sarebbe riuscito a organizzare le guardi contro di lui e-” 
“Frottole!” Brancacci strattonò la catena che portava ai polsi e attorno al collo mentre s’alzava, facendo poi un passo in avanti verso i due Signori “È  chiaro come il sole, mi stanno incastrando!”
“Per quale motivo dovrebbe, una povera contadina, cercare di incolparvi per un crimine che non avete commesso?” domandò Riario, con fare annoiato.
Il biondo sbuffò una risata “Non insultate la mia intelligenza, Conte. Entrambi sappiamo che non è di certo lei a volermi morto. Voi avete idee di chi potrebbe essere, invece?”
“State per caso insinuando qualcosa?” rilanciò Girolamo, con tutta la calma del mondo. “Se avete da muovere delle accuse, fatelo.”
“Io, al contrario di voi, non mi credo onnipotente.” Ezio ringhiò quella frase, con astio, sputandola fuori quasi fosse veleno “Io non mi sostituisco a Dio nel giudicare la gente.”
“Io faccio solo ciò che è giusto per questa città, Brancacci. Io sono solo uno strumento nelle mani del Signore.” Rilanciò il Conte, improvvisamente serio. Piccato, fece segno alla guardia di rimettere in ginocchio. Questa tentennò appena, prima di colpire sulla schiena il suo capitano.
“Ora basta, silenzio!” Beatrice alzò la voce, calmando anche il brusio all’interno del salone.
“Mh.” Riario sorrise appena, come se tutto ciò lo stesse divertendo parecchio , sotto un certo punto di vista noto solo a lui “Servono altre prove?”
“Poco mi convince, tutto ciò” disse la Contessa, guardando prima la contadina e poi la denuncia. Tornò verso la sua seduta.
Il marito la guardò prendere posto “Avete la denuncia confermata dalla testimone. Cos’altro vi serve?”
Giuliano si alzò in piedi, chiedendo di poter parlare. Beatrice glielo concesse “Solitamente, a Firenze, si domandano particolare per confermare o meno una testimonianza.” Disse de’Medici “Cose di poco conto, che però facilmente possono sventare un bugiardo.”
“Hai ragione, Giuliano!” Beatrice annuì concitata, mentre negli occhi di Ezio si riaccendeva la speranza “Procedi, te ne prego!”
Un’ombra calò sul volto del Conte, mentre il giovane de’ Medici scendeva dalle sedute dei palchetti, raggiungendo la testimone. “Ditemi, signorina Chiara, l’uomo che parlava all’accusato aveva per caso un cavallo con sé?” chiese di getto.
La bionda guardò Riario “Ecco, lui…”
Ciò non sfuggì ne a Giuliano, né alla sorella “Perché cercate l’approvazione negli occhi del Conte? Rispondete or dunque alla domanda!”
“No, non aveva un cavallo!” rispose velocemente Chiara, sicura di aver sbagliato.
Giuliano, infatti, la guardò sorpreso “Volete dirmi che un uomo è riuscito a venire dal Ducato di Modena sino a Forlì a piedi, signoria?”
“Posso chiedervi cosa c’entra?” Girolamo riprese la parola “Potrebbe aver lasciato il cavallo ovunque!”
“Un messaggero che richiede informazioni sulla morte della Signoria rivale di certo non si ferma in villeggiatura, Conte” rispose de’ Medici, guardando poi Beatrice che iniziava a fiutare del marcio.
“Ancor non mi è chiaro chi vi ha investito del diritto di porre domande” Girolamo si finse pensieroso.
“Posso parlare?” domandò il giovane alla sorella.
“Procedi” replicò la Contessa, scambiando un’occhiata del marito che si finse tranquillo. Intendeva andare fino in fondo a quella storia.
“Quindi nessun cavallo…” Giuliano girò attorno alla ragazza, che per un istante tremò al solo pensiero di cosa la attendeva, se il processo non finiva come Riario voleva “Voi avete detto che erano presso un crocevia, giusto?”
“Io vivo presso il crocevia.” Lo corresse ella “Loro erano vicini alla vecchia miniera.”
“Un ottimo luogo ove vedersi senza esser visti.” Disse pensieroso lui “Che è sulla via dei campi e di casa vostra?”
“Precisamente, Signore.”
“Voi dove eravate rispetto a loro?”
La contadina si morse il labbro “Appostata dietro ad una roccia.”
“Con vostro padre?”
“No, lui era tornato prima.”
“Vi ha lasciata sola?”
“Sì.”
“Se vi portassi alla cava, mi indichereste il sasso in questione?”
“Tutto ciò è ridicolo!” Riario non c’era riuscito. Era scattato, come una molla, in piedi e s’era avvicinato con fare minaccioso a Giuliano, il quale aveva estratto la spada. Così come Riario e almeno trenta guardie armate della città.
“Girolamo!” Beatrice si alzò a sua volta, andando verso il marito e costringendolo ad abbassare il polso. Lui si voltò di scatto con quella scintilla folle nello sguardo, prendendola per la gola e stringendo un poco la presa. Giuliano fece per saltagli addosso, ma le guardie glielo impedirono. “Lasciami andare….” Sussurrò la Contessa con voce bassa “O sembrerà che tu abbia qualcosa a che vedere con tutto questo.”
“Stiamo solo perdendo tempo.” Rispose il Conte, liberandola “Trovo sia chiaro come il sole l’attendibilità di questa contadina.”
Beatrice sospirò, passandosi una mano sulla gola, mentre tutti rinfoderavano le lame “Io non sono convinta. Per niente.” Diede le spalle alla ragazza, tornando alla seduta accompagnata dal fratello. In quel istante, Riario fece segno a Chiara di concludere in bellezza, così come avevano deciso. Gli bastò uno sguardo e lei capì cosa dire.
“Mia Signora” attentò la ragazza “C’è una cosa che non ho detto a Monsignor Fantini, e che mi sento ora di riportarvi” la mora annuì stancamente, esortandola a parlare “Messer Brancacci ha detto a quell’uomo che il piano era cambiato. Visto che non vi aveva convinta ad andare a Firenze con lui, v’avrebbe uccisa la notte successiva.”
La Contessa ci rimase di sasso. Nessuno sapeva di quel discorso tra lei ed Ezio, nemmeno Camilla. Nessuno sapeva dell’esortazione accorata di Brancacci ad andarsene da Forlì, scortata da lui, alla volta della città natale. Sentì la gola secca, mentre la consapevolezza d’esser stata ingannata si concretizzava. “Non m’avete potuta uccidere perché, inaspettatamente, è giunto mio fratello a corte.” disse, senza quasi accorgersi di aver concretizzato un pensiero. 
“No, mia Signora, ascoltatemi.” Brancacci aveva visto sfumare ogni piccola scintilla di speranza. Era già morto “Io mai avrei fatto una cosa così.”
Beatrice si prese un istante, prima di alzare gli occhi sull’uomo. Giuliano, nel vederle il viso, fece un passio in dietro. Gli occhi celesti della sorella s’erano tinti di una sfumatura gelida, fredda come il cielo invernale. Non v’era compassione alcuna nelle sue parole quando parlò nuovamente “Come vi spiegate che questa donna sia a conoscenza di ciò che mi avete detto?”
Ezio abbassò lo sguardo, impotente “Non me lo spiego, Madonna. Vorrei solo che voi poteste credermi.”
“Non vi sono i presupposti.” Beatrice si alzò, pronta a dare il verdetto. Fu dura, sentì qualcosa infrangersi nel petto, ma la delusione nell’esser stata tradita da qualcuno che aveva tutta la sua fiducia furono un incentivo sufficiente “Vi giudico colpevole del reato di tradimento.” Scambiò uno sguardo con Girolamo, che rimase del tutto impassibile, seppur dentro di sé stesse esultando “Verrete condannato secondo i termini delle nostre leggi e possa il Signore solo aver pietà della vostra anima e perdonarvi.”
Non aggiunse altro.
Sollevò appena il bordo della veste cremisi che indossa e lasciò il salone.
Solo a quel punto, il Conte si concesse un sorrisetto compiaciuto. Andò verso Brancacci e si chinò, afferrandolo per i capelli, per costringerlo a guardarlo in viso “Conoscete la vostra sorte, immagino. Sarà mia premura occuparmi di voi, personalmente.” Lo lasciò andare, spingendolo a terra, prima di sbrigarsi a seguire la moglie.
Tutti iniziarono a disperdersi, lasciando la Rocca per tornare alle proprie mansioni, chiacchierando malevolmente sul futuro di quell’uomo. Mentre Grunwald scortava nelle segrete Ezio, Giuliano riconobbe tra la folla un ragazzino dai capelli rossi e corti, col viso contornato da molte lentiggini. Lo riconobbe come la vedetta che l’aveva preso in giro il giorno precedente “Voi! Fermatevi!”
Il ragazzo lo guardò sorpreso e con una seria riverenza si fermò ad attenderlo “Sono Valerio Lenzini, mio Signore, per servirvi.” Non v’era più ironia nella sua voce, non scherzava. La situazione era solenne.
“Cosa prevedono le vostre leggi, in questo caso specifico?” domandò de’ Medici, incrociando le braccia sul petto.
Il giovane sospirò, affranto “Brancacci deve confessare, così che un prete possa assolverlo. Poi c’è la pena di morte, Signore. Gli appoggeranno la testa su di un ceppo, per poi farla rotolare nella piazza della chiesa.”
Giuliano scosse il capo “Tutto ciò è ridicolo. E se non confessa?”
“Qui da noi sono ancora in vigore le leggi che la chiesa impose trecento anni fa.”
L’altro ci rimase di sasso “Le leggi dell’Inquisizione? Quell’uomo verrà torturato sino a che non ammetterà la sua colpa?”
Lenzini annuì “Esatto. Perdonatemi, ma devo tornare alla mia postazione.” Fece un altro inchino, ma dopo soli due passi si voltò verso Giuliano “Hanno condannato un innocente, mio Signore.”
“Come fate a dirlo?”
“Nell’ora in cui gli è stata attribuita quella conversazione con il lacchè dei Campi, lui era con me. distribuiva i compiti.”
Giuliano rimase a bocca aperta “Perché non avete parlato?”
La vedetta sorrise, triste “Nessuno che si metta contro Riario campa tanto da poterlo raccontare...”
 
 
 


***

 
 

Beatrice sospirò, lasciando ciondolare in avanti il capo.
Girolamo ne approfittò; intinse la pezzuola  nell’enorme catino in cui entrambi erano seduti, prima di passare sulle spalle della giovane moglie.
Si erano concessi un bagno dopo l’udienza. La più difficile che la Contessa avesse mai mediato, sicuramente.
“Ancora non posso crederci d’essere stata tanto stupida!”
Riario le lavò accuratamente la schiena lungo le scapole, fin dove essere rimaneva fuori dall’acqua intrisa di oli dalle fragranze orientali.  “Non dovete dolervi così tanto, dopotutto Brancacci doveva essere una garanzia. Lavora per me da quando era un ragazzino scapestrato, che rubava il pane per le vie di Roma. Il vizio di commettere peccati gravi agli occhi di Dio non gli è passato.”
“Vorrei solo conoscere il motivo che l’ha spinto ad una simile azione.” La ragazza si voltò, mettendosi in ginocchio per poter guardare il volto del marito “Immagino che non vi negherete la sessione di torture, stanotte.”
Girolamo trattenne con tutte le sue forse il suo solito sorrisetto, “In effetti, vorrei chiedere ancora qualcosa a Brancacci. Pensavo di andare. Voi è meglio se vi risparmiate un tale scempio…”
Beatrice seguì ogni suo movimento con lo sguardo, mentre le prendeva la mano per farle alzare il braccio e poterlo lavare. Attese il termine di quell’operazione, prima di rubargli la pezuola per poter ricambiare la cortesia “Non sopporterei mai una cosa del genere. Non di una persona che credevo amica.”
Riario appoggiò le braccia lungo il bordo del catino, lasciando così spazio alla moglie di detergergli il petto. Non aggiunse nulla per diverso tempo, fino a che la pezuola venne lasciata cadere a terra. Beatrice scivolò in avanti, sedendosi sul suo ventre, mentre lasciava qualche bacio sul suo collo e sul suo viso. Solo a quel punto, il Conte aprì di nuovo bocca “Avevate l’occasione di scappare e non l’avete fatto.” Mormorò pensieroso. Lei si bloccò, incrociando le braccia dietro al suo collo mentre lo guardava in viso “Potevate accettare la proposta di Brancacci e tornare nella vostra amata Firenze, a casa vostra. Eppure, avete deciso di non lasciarmi. Per quale motivo?”
La mora incurvò un angolo della bocca in un leggero sorriso “Voi siete strano, spaventoso per certi aspetti. Sicuramente avete fatto cose che io non posso nemmeno immaginare e commetterete atti simili in futuro. Forse con voi non sono al sicuro, sicuramente non lo so. Mi avete taciuto di sapere che io faccio parte, o quanto meno credo di far parte visto che non ho informazioni certe, di una setta eretica. M’avete sposata per controllarmi. Eppure leggo qualcosa nei vostri occhi, ogni qualvolta si scontrano con i miei. Non so spiegarmelo, forse sono impazzita, ma vi amo. Ve l’ho già detto.” Fece una pausa, permettendo al Conte di scostarle i capelli dal viso e di accarezzarle piano una guancia, in un semplice gesto di puro affetto. Non riusciva a capire cosa lo sposo stesse pensando, non lasciava trasparire nulla da quello sguardo d’ambra “Mercuri, quella sera alla corte d’Este, m’ha detto che una donna una volta sposata cambia famiglia. Quindi sei tu ora la mia famiglia, Girolamo, e Forlì è casa mia. Ovunque sei tu, è casa mia.”
Riario non poteva nemmeno immaginare d’esser già arrivato a quel punto. Non credeva che Beatrice gli fosse già così fedele. Senza smettere di accarezzarle piano il volto, si inumidì le labbra con la punta della lingua. Voleva dirle che sì, era un mostro, che aveva fatto condannare Brancacci, infangando la sua innocenza con delle menzogne solo perché Zita li aveva sentiti, entrando dalla porta della servitù. Voleva dirle che era ingenua, che anche se sicuramente lo sperava, lui non sarebbe mai cambiato. L’avrebbe distrutta, rovinando per sempre la sua purezza e macchiandola di sangue. Voleva anche aggiungere che però avrebbe fatto quanto in suo potere per proteggerla.
Voleva dirle che era una stupida, perché s’era innamorata di un uomo che non aveva mai sentito il calore del sole sul viso per davvero, che nel petto aveva un vento più gelido di quelli che provenivano da nord.
Non disse nulla, però.
Si limitò a tentennare per un istante, in bilico tra il fingere d’essere un uomo migliore e il diventarlo veramente.
Ma tacque, limitandosi a sigillare le parole della moglie con un bacio che aveva una sfumatura dolce, estranea al suo modo d’essere. Lasciò che fluisse in pura passione, mentre la possedeva facendo uscire dall’acqua dal catino. 
Ancora una volta, si negò la possibilità di vedere la luce che Beatrice avrebbe potuto portare nel suo mondo.
 


 
 

***

 



Brancacci non si stupì affatto quando, mettendo piede nella sala che un tempo era allestita in modo tale da permettere alla Santa Inquisizione di svolgere le proprie mansioni, vide il Conte Riario. Egli sedeva sulla cremagliera, tenendo le gambe a penzoloni e un libro dalla copertina vermiglia tra le mani.
“Se siete qui per leggermi la Bibbia, o per farmi qualche strano indovinello di cattivo gusto su di essa, vi pregherei di andarvene.” Disse acidamente il biondo, mentre un paio di guardie lo costringevano a sedersi su di una panca, agganciando la catena che lo teneva imprigionato ai polsi e ad un collare ad essa.
Riario non diede nemmeno segno di averlo sentito, continuando a leggere interessato.
Monsignor Fantini iniziò a benedire quella stanza dall’aria ammuffita insieme a padre Borelli, un frate cappuccino che sempre lo assisteva. Sembrava che nessuno entrasse lì dentro da parecchio. Uno spesso stato di polvere ricopriva ogni strumento di tortura, a partire dalla gigantesca Vergine di Norimberga che si intravedeva in un angolo. Il metallo della sua sommità pareva opacizzato tanto era sporco.
Tutti, eccetto la sopracitata cremagliera e una serie di marchingegni dalla dolorosa presenza su di una bassa mensola, alla sinistra della porta d’ingresso. Lì, dove erano ben visibili a tutti coloro che arrivavano da fuori. 
Ezio non si preoccupava , però, dell’igiene. Non in un  momento come quello. Stava per soffrire in chissà quanti modi diversi per mano di niente meno che il Conte in persona e, memore di tutte le barbarie che lo aveva visto compiere, s’era già messo l’anima in pace, sperando che il buon Dio decidesse di fare un’opera caritatevole, stroncando Riario lì, in quell’esatto istante.
Il Conte però sembrava essere particolarmente in salute.
Il parroco prese posto su di una sedia innanzi al condannato, ponendo la domanda di rito “Innanzi a nostro signore Gesù Cristo, come vi ritenete?”
“Innocente.” Brancacci non lo fece quasi finire di parlare. Non si sarebbe mai dichiarato colpevole di una cosa da lui non commessa, a costo di morirci in quella stanza.
Monsignor Fantini gli appoggiò una mano sul ginocchio, sussurrando a voce bassa “Se ora ti confessi colpevole, io ti darò l’assoluzione dei peccati e potrai tornare in cella. Non addentrarti per un sentiero doloroso, figliolo.”
Ezio guardò il prete negli occhi, scuotendo piano il capo “Non lo permetterà.” Si limitò a dire, prima di voltarsi verso Girolamo.
Come chiamato dal cielo, il Conte scese dal tavolo di stiramento con un piccolo balzo, avvicinandosi a Brancacci con ancora quel libro aperto sotto al naso aquilino. Appena fu un poco più vicino, il biondo riconobbe il volume “Sapete come Dante ha classificato i traditori della Patria?” domandò, retorico, mentre Grunwald passava dietro di lui, diretto verso il focolare acceso nell’angolo, per alimentarne le fiamme “Essi sono i dannati della seconda zona – l’Antenòra-del Nono Cerchio dell'Inferno, detta così dal nome di Antenore che secondo una leggenda assai diffusa nel mille e cento avrebbe tradito Troia di cui invece, secondo il racconto omerico, era un fedele principe.”
“Conosco bene la Divina Commedia, Conte. Sapete che non sono un sempliciotto” replicò Ezio, senza paura.
Riario chiuse il libro, battendolo piano contro il palmo aperto della mancina “Oh, lo so eccome. In particolare vi dilettate del Terzo Canto. Sbaglio?”
“Ho visto che stavate guardando me e la Contessa, quel pomeriggio, Riario.” Ezio parlava a denti stretti, cercando di trattenersi dal infierire contro il Conte “Perché non ammettete che mi uccidete solo perché ho provato a portarvela via, e la chiudiamo qui?”
Fantini e Borelli si scambiarono uno sguardo veloce, ma nessuno dei due disse nulla. Che il Conte si servisse di strani metodi, per punire coloro che a parer suo lo meritavano, era risaputo. Le voci erano arrivate anche all’orecchio del clero di Forlì che mai e poi mai avrebbe impedito al Nipote prediletto del Santo Padre di far ciò che riteneva giusto. Riario non fece nulla per mascherare la vera origine di quella situazione incresciosa “In un certo senso, voi siete un traditore della Patria, Brancacci.” Appoggiò il libro sulla panca, davanti al condannato, affinché potesse vederlo per bene mentre lui  si sbottonava la casacca, passandola poi a Grunwald. Alzò anche le maniche della sua camicia fino al gomito, come se si stesse preparando ad un lavoro faticoso “Avete tentato di sedurre mia moglie, tradendo me, l’uomo che vi ha portato via dalla strada e dato un lavoro.”
“Sono stato un vostro lacchè per anni, avrei preferito morire di colera da bambino piuttosto che vedere le mostruosità che voi siete in grado di commettere”
Di nuovo, Riario non considerò ciò che aveva detto. Fece segno a Walmar di avvicinarsi “La camicia, levategliela.” Ezio non si stupì del fatto che vi fossero solo guardie svizzere proveniente da oltre i confini italiani, in quella stanza. Anche se far soffrire gli altri era la specialità di Riario, quindi si aspettava di vedere un paio di suoi uomini costretti a esaudire le richieste di quel folle. La lama del generale che a lungo aveva cavalcato al suo fianco incise pochissimo la sua pelle, mentre tagliava la sua camicia lungo la schiena. La strappò via e solo un paio di pezzi di stoffa delle maniche ricaddero molli sulle braccia, appoggiandosi molle contro le grandi manette di ferro.  Il Conte afferrò un’asta rovente che appoggiava nel focolaio, stando ben attendo a non toccarla al di fuori dell’impugnatura. Poi si avvicinò ad Ezio “Un uomo colto conosce poche cose, ma di molti argomenti.” Disse col solito tono mellifluo, soffiando piano sulla parte finale dell’asta, che si accese ancor di più, ardente “Fisica, matematica, latino, ingegneria, letteratura… Io amo moltissimo la storia. Passerei ore a sfogliare vecchi libri di araldica e trattati di guerra sulle legioni romane, ma quando posso, mi documento in merito a questa nuova disciplina, l’anatomia.” Il suo sguardo saettò sul biondo, prima di infilargli l’asta tra la spalla e il pettorale. L’uomo trattenne un grido di dolore, mordendosi forte le labbra. Girolamo parve soddisfatto “Il corpo umano è qualcosa di straordinario, Brancacci.  Esistono decine e decine di punti che, se trafitti, non portano alla morte, ma che sanno essere dolorosi come poche altre cose. Per mia sfortuna, non li conosco tutti. Per vostra sfortuna, ne posso trovare almeno venticinque, sparsi per tutto il vostro corpo.”
Ritrasse l’arma lasciando che il sangue zampillasse sul petto del biondo, che ridacchiò, nonostante fosse scosso da un tremolio diffuso a causa del dolore “Minaccia graziosa, Conte. Dovete riutilizzarla, in futuro.”
Riario lo afferrò per il volto, portando una mano sulla sua bocca e stringendogli le guance “Fossi in voi farei poco lo spiritoso. Avete a che fare che un uomo che sa come provocare un ingente quantitativo di dolore e ha voglia di divertirsi.”
Lo lasciò andare, affinché egli potesse replicare “Ben lo so, vi servo da tredici anni. Sapendo di cosa siete capace, non vi temo. Ormai sono rassegnato.”
“Dite di conoscermi, ma non avete ancora capito che io condanno tutti coloro che bramano ciò che è di mia proprietà.” Riario passò in rassegna i diversi strumenti che gli parevano  i più ‘carini’, appoggiati sulla mensola bassa. Nessuno però lo stimolava a iniziare la tortura. Prese in mano lo schiaccia pollici, meditabondo.
“Alludete a vostra moglie?” domandò Brancacci, abbassando lo sguardo sul suo petto. Il sangue continuava a scorrere, ma non impetuoso come si aspettava. A quanto pare Girolamo non stava bleffando.
Riario lasciò cadere a terra quella fatiscente diavoleria, trovandola assai noiosa. Si guardò attorno, prima di annuire lentamente come se avesse architettato chissà cosa. Tornò verso il condannato “Immagino vi siate stupito nel vedere che Beatrice non v’ha nemmeno guardato. Ella mi è fedele, vi siete ucciso da solo, nel tentare di averla.” Guardò Grunwald “La cremagliera, ora.” Ezio venne fatto alzare con un paio di strattoni decisi e condotto fino al tavolo “ ‘Non desiderare la donna d’altri’, Brancacci. È peccato, quello che avete commesso.”
Il biondo venne fatto stendere sul tavolo con una spinta decisa. Sentì i chiodi dei tre rulli incassati dentro di esso entrargli nella carne della schiena, ma ancora riuscì a non urlare “Vogliamo parlare dei Comandamenti e di come voi li avete infranti quasi tutti, Riario?” domandò, mentre le mani gli venivano portate sopra al capo ed assicurate ad una corta. Lo stesso accadde con le caviglie. Ezio si chiese se quella macchina di tortura paresse brutta come sembrava dall’esterno.
Tanto l’avrebbe scoperto a breve.
Riario ridacchiò, andando a posizionarsi dietro di lui, vicino alla leva del perno. “Io sono uno strumento del volere del Signore, Brancacci. Ciò che faccio è di per sé giustificato da un potere che voi non potete comprendere, in quanto peccatore.”
Il biondo buttò il capo indietro per riuscire a vedere la figura ora capovolta del Conte “Dev’esser comodo vivere così, Riario. Io vi ho visto fare cose che vostra moglie non può nemmeno immaginare. Per quanto intelligente, quella ragazza è accecata da un amore fittizio  verso la vostra persona. Esso la condurrà verso la sua distruzione  e me ne dispiaccio.”
“Siete anche un indovino, ora?” domandò ironico il Conte “Sapete che la stregoneria è ancora punita col rogo? Se non sbaglio, Dante ha collocato i Maghi e coloro che prevedono il futuro nella seconda Bolgia.”
“Nella quarta, mentre gli ipocriti nella sesta. Tenete a mente questi indicazioni, un giorno potrebbero servirvi” replicò Brancacci, cercando di testare la robustezza delle corde con uno strattone. Non si sarebbe mai liberato e, se anche ci fosse riuscito, non avrebbe avuto scampo. Le lame di Grunwald e Walmar l’avrebbero trafitto in un istante. Forse però sarebbe stato rapido abbastanza da conficcare quella stessa asta che l’aveva trafitto in un occhio a Riario.
“Avete proprio deciso di non tacere, a quanto vedo.”
“Posso parlare tutto il tempo, mio Signore.” Ezio alzò gli occhi azzurri di nuovo sulla figura del Conte, che si era portato accanto a lui lasciando a Grunwald il piacere di azionare quel mostruoso marchingegno. “Possiamo analizzare insieme in quale brutto girono infernale verrete catapultato, Conte.”
“Sembra un discorso affascinante, soprattutto se si considera che è l’ultimo che farete con gli arti funzionanti. Mi sta bene, però. Mi piace parecchio conversare.” Fece un piccolo cenno al Capitano, che diede un primo giro.
Ezio sentì le braccia iniziare a tirare dal lato opposto rispetto alle sue gambe, così prese un respiro profondo “Sicuramente voi non sarete accolto tra i lussuriosi; freddo come siete, mi domando quanto ci metterà vostra moglie a trovarsi un’amante per tenerle caldo nelle nottate invernali.”
Girolamo non trattenne una risatina, guardando bonariamente l’uomo steso sul tavolo di tortura come se si trattasse di un vecchio amico “Qualsiasi uomo si azzarderà anche solo ad avvicinarsi, vi raggiungerà ovunque finirete. Anche se non credo ve ne sarà bisogno. Non conoscete Beatrice.”
Brancacci rispose con la stessa espressione “Nemmeno voi, Conte. Arriverà il giorno in cui vi darà il benservito.” Un altro tiro, le corde infine si tesero. Brancacci strinse i pugni sentendo le membra pesanti, come se il sangue vi iniziasse già a fluirvi male. Ed era solo il secondo giro “Potreste finire tra i Golosi, se vogliamo intendere la vostra sete di sangue come un’allegoria. Di certo, è un eccesso non da poco il vostro.”
“Un altro giro.” Disse il Conte, girando attorno al tavolo e osservando per bene come la corda iniziasse già a incidere la pelle attorno alle caviglie del prigioniero.
“A quanto ricordo, Riario, ‘Non uccidere’ è un comandamento importante.”  Calcò la mano Ezio, sentendo le membra sempre più in tensione in modo assai spiacevole. “Di certo vi ameranno, nel primo Girone della Seconda Cerchia, tra gli assassini come voi. Non avete mai risparmiato ne un bambino in fasce né uno ancora in pancia. Vi ho visto lacerare gole, cavare occhi, strappare lingue a persone che non avevano fatto altro che sottolineare quanto folle fosse il potere Papale!”
Girolamo prese il pugnale dalla cintola, conficcandolo nel muscolo in tensione dell’uomo, al centro esatto della coscia “Sapete che se ruoto la lama, morirete dissanguato? Dev’esserci un canale particolare, che conduce parecchio sangue per il vostro corpo.”
“Fatelo, almeno tutto questo finirà.”
Il Conte sorrise bonario “Oh, non credo proprio. Se è vero che io merito il destino che il Signore mi riserverà per purgare le mie colpe, lo stesso vale per voi.” Si fece nuovamente serio, facendo schioccare la lingua contro il palato “Capitano, prego.”
Altri due tiri, iniziava a far male tutto il corpo. Ezio sentiva il sangue sgorgare dagli squarci che aveva sulla schiena, sempre più ampi visto che man mano che la pelle si tirava, i rulli ruotavano su loro stessi. “Siete un bestemmiatore, Girolamo! Un eretico!” un altro tiro e qualcosa, nella sua spalla destra, fuoriuscì dalla base. Lo nitidamente e non poté impedirsi di urlare per il dolore che provò. “Vi credete Dio sceso in terra, ma non lo siete!”
Grunwald si appoggiò al braccio di leva, guardando quello che per lui era un collega di vecchia data con sguardo imperscrutabile. Di solito si divertiva ad assecondare il Conte, ma vedere Brancacci in quello stato gli fece percepire che se non avesse mantenuto una condotta impeccabile sarebbe finito così anche lui. Monsignor Fantini e Padre Borelli, in un angolo, pregavano, cercando di coprire con le preghiere di rito le urla del condannato, reggendo la croce con mani tremolanti.
“Io so di non essere Dio, ma solo un umile servitore.” Proseguì Riario, prendendo dei chiodi dalla piccola mensola. Li appoggiò sul focolare, cercando poi delle pinze attorno a sé “Il fastidio che sentite sono le vostre spalle che si slogano, Brancacci. Il dolore forse invece è dato dalla posizione scorretta che esse hanno preso, premendo sui nervi.” Spiegò, afferrando con un paio di grandi pinze metalliche il primo chiodo arroventato. Tornò da Ezio “Ora proverò qualcosa di nuovo, quindi vi prego di prestare molta attenzione così che potrete raccontarmi cosa si prova ad avere un chiodo arroventato in un testicolo.”
“Maledetto! Che la vostra anima possa bruciare straziata tra le fiamme degli Inferi, dove vi meritate di essere! Schifoso assassino!”
“Vi avevo detto che conoscevo molti punti, Brancacci. Intendo provarli tutti.”
Tra le urla e gli strepiti, il tempo si bloccò per Ezio.
 Non seppe quando durò, ma l’altra spalla ci mise poco a cedere. Grunwald tirò così tanto da sentir i muscoli lacerarsi, mentre il metallo ardente gli straziava le carni e gli deturpava la pelle.
 


 

***



 
 
Quando s’era destata, Beatrice era rimasta sconvolta nel constatare che Girolamo non aveva ancora fatto ritorno. Si era vestita in fretta e furia, uscendo dalla stanza e scontrandosi con il marito, di ritorno.
Era l’alba e lui aveva passato l’intera notte nella sala delle torture, nei sotterranei della Rocca. Aveva la camicia umida di sangue, lo stesso che gli incrostava le mani e gli macchiava il viso su di una guancia.
Lei non disse nulla, non ebbe la forza di chiedere niente se non l’ora in cui si sarebbe svolta l’esecuzione. Lui rispose, avvertendola che essa non avrebbe avuto luogo prima del tramonto e che quindi desiderava riposare qualche ora, prima.
La mora lo riaccompagnò dentro, lavando via tutto quel liquido ramato dalla sua pelle e costatando che doveva essere tutto di Brancacci, visto che lui non riportava nemmeno la più piccola ferita.
Trattenne qualsiasi tipo di emozione, quasi come se in questo stesse cercando di emulare il marito, poi lo lasciò solo a riposarsi, scendendo per fare colazione.
Non riuscì ad attendere oltre e dopo un pasto frugale si fece preparare un po’ di latte e qualche crostino di pane bagnato nel miele, poi scese nei sotterranei, dove c’erano le celle. Nel passare, spiò dentro la stanza nella quale si erano tenuti chissà quali orrori e vi trovò solamente una serva intenta a pulire una grande chiazza scura dal pavimento. L’odore all’interno era forte, ferroso, così tanto da spingere Beatrice a non indugiare oltre.
Brancacci se ne stava rannicchiato in fondo ad una cella, avvolto dentro ad un pastrano scuro che pareva tenuto insieme dall’inerzia, tant’era ridotto ad uno straccio.
Se ne stava appoggiato alla rientranza del muro, di spalle rispetto alla Contessa, con un cappuccio a coprirlo integralmente.
La giovane si fece aprire la cella da Walmar, avanzando piano verso Brancacci “Vi ho portato qualcosa da mangiare.” Disse semplicemente, mentre la guardia svizzera si appoggiava alle sbarre, guardando prima la sua Signora e poi il Condannato. “Non  è molto, ma dovreste cibarvi.”
Brancacci non rispose, rimanendo immobile.
Beatrice abbassò il capo, spingendo la ciotola col pane e la borraccia con il latte verso di lui “Se avete richieste in particolare, farò in modo che possiate avere ciò che volete per il vostro ultimo pasto. Prendetelo come un gesto di clemenza, visto ciò che avete fatto.”
A quel punto, Ezio prese a ridere. Da prima piano, in modo tetro, ma in un crescendo continuo. Portò un braccio alle costole, iniziando poi a tossicchiare “Non credo di voler nulla, visto che grazie a vostro marito non sarò in grado di mangiare. Mi restano si e no cinque denti. Gli altri mi sono stati strappati. Non solo quelli…”
Beatrice rabbrividì. Walmar si fece avanti “Venite, mia Signora, vi accompagno fuori di qui.”
“Sto bene, grazie.” Rispose rigidamente lei, non ammettendo repliche. Tornò a parlare al condannato “Il Conte ha detto che non avete confessato… Non potranno assolvervi se non lo farete.”
“Io non ho bisogno di essere assolto. Non ho fatto nulla di male!” il biondo sbottò,  voltandosi verso la Contessa e alzando di scatto una manica. Laddove prima vi era la mano destra dell’uomo, ora rimaneva solo un moncherino, fasciato alla meno peggio con delle fasce di lino bianco. “Guardate, guardate dove mi ha condotto l’aver servito per anni quel pazzo di Riario!”
La ragazza capitolò indietro, sedendosi in terra con un moto di orrore nello sguardo “Io…. Io…”
“Voi siete una stupida, a credergli!”
Walmar si fece avanti, alzando un bastone che teneva appoggiato fuori dalla cella “Chiedete scusa, traditore!”
“No! Fermo!” La giovane si rimise in ginocchio, fermando la guardia. Non riusciva a capire cosa diavolo fosse successo quella notte. La mano amputata, il viso pieno di graffi…. Chissà quanto era martoriato il corpo di Brancacci sotto a quel pastrano “Perché dovrebbero avervi incastrato?” disse, dando voce ai suoi pensieri.
“Perché Girolamo è un pazzo” rispose ovvio il biondo, tornando a coprire quella mutilazione. Lanciò uno sguardo a Walmar, convinto che se voleva dir qualcosa, doveva farlo in fretta “Meritate di sapere cose che sono state nascoste per anni, Madonna. Una volta che ne sarete a conoscenza, scapperete da quel pazzo…”
“Basta così, venite via, mia Signora.” Disse la guardia, ma ella oppose resistenza.
“Cosa intendete?” domandò stranita, impedendo a Walmar di prenderla per un braccio “Spiegatevi!”
“Andate nel quartiere ebraico e chiedete di Abramo Lisymaghus! Lui vi darà ogni risposta che-Ah!”
Walmar non attese oltre, colpendo forte il condannato sul bacino con il bastone, mentre faceva alzare di peso Beatrice “Ti ordino di lasciarmi andare! Non sapete cosa posso farvi se non la smettete!” sbraitò la ragazza mentre veniva spinta fuori.
Con mani tremanti, la guardia svizzera richiuse la cella “Ciò che mi farete voi, non sarà mai peggio di ciò che potrebbe farmi il Conte. Perdonatemi, Madonna, vi chiedo perdono.”
La giovane si attaccò alle sbarre, guardando l’uomo dietro di esse “Avrò delle risposte? Se trovo questo Lysimaghus?”
Brancacci alzò il capo “Sì, le avrete...”
Docilmente, Beatrice si fece scortare fuori. Diede addio ad Ezio lì, in quelle polverose segrete, poiché non si sarebbe recata all’esecuzione per vedere la sua testa rotolare su di un ceppo. Non avrebbe retto quello spettacolo.
Fu un addio senza parole, con un solo sguardo, mentre nel cuore di Beatrice prendeva piede una consapevolezza che ella già conosceva.
Il vero traditore era colui che occupava il suo letto, non quello incarcerato nelle segrete.
… Ed ella non avrebbe fatto nulla, poiché semplicemente non poteva opporsi.
Poteva solo continuare  a lasciarsi illudere, per non pensare che il vero Inferno è quello che sta in Terra e viveva di giorno in giorno.






Continua.


 

Nda: 
Buonsalve a tutti :D
Inizio a prenderci mano con photoshop finalmente!
All'inizio facevo solo cose oscene, questa è la prima manip che mi soddisfa abbastanza u.u

Che dire... 
L'ultimo capitolo con Ezio.
Sono stata crudele, lo so, ma così andavano le cose per chi veniva condannato.
Lui non ha nemmeno confessato e ha continuato a rispondere a Riario fino a che ha potuto.
Tantissima stima per quest'uomo. 
Ho detto l'ultimo capitolo, ma potrebbe non essere così, chissà u.u 

Grazie a chi continua ancora a seguirmi, alle 13 persone che mi hanno inserito tra le seguire e alle sei nelle preferite.
Grazie davvero tantissimo a coloro che continuano a recensire, ovvero: Lechatvert, Yoan, Eagle, nika deep e alla dolcissima Alkimia che sta recuperando tutto commentando passo passo*O*

Come sempre, i commenti sono graditi :D
Non posso crederci che nessuno abbia da dirmi nulla, non siate timidi u.u ** 
Un abbraccione a tutti

Jessy

 
 
  
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