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Autore: Moonshade    10/07/2013    0 recensioni
*Storia che ha partecipato al concorso "Canto di Natale" di BS.*
Personaggi Scelti:
• Aberforth Silente nei panni di Scrooge
• Harry Potter nei panni dello Spirito del Natale Passato
• Hermione Granger nei panni dello Spirito del Natale Presente
• Severus Piton nei panni dello Spirito del Natale Futuro
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aberforth Silente, Harry Potter, Hermione Granger, Severus Piton
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Aberforth Silente sedeva vicino al camino acceso di casa sua. Stringeva tra i polpastrelli una lettera che gli era stata recapitata dal gufo di suo fratello. Esitava nell'insicurezza di aprirla. In fondo, perché doveva farlo? Sapeva benissimo di che cosa si trattasse e non aveva la minima intenzione di partecipare a quella buffonata indetta da suo fratello. Infatti era da diversi anni che Albus Silente cercava di contattarlo e di invitarlo alla cena di Natale della scuola di Hogwarts dove era preside, ma lui aveva rifiutato tutte le volte e non si era mai presentato.

«Com'è possibile che, dopo tutti questi anni, non si è ancora arreso?» Disse tra se e se rigirando la lettera tra le mani e studiandone i caratteri in bella scrittura scritti con inchiostro color smeraldo «Sa benissimo che non mi presenterò come tutti gli anni! »

Gettò la lettera sul tavolo e decise che l'avrebbe bruciata l'indomani, dopo una sana dormita e a mente fresca. Spense frettolosamente il camino e si diresse a grandi passi verso la sua camera da letto attraversando il corridoio che portava alle varie stanze della sua gigantesca e silenziosa casa. Si distese nel letto freddo e ruvido che lo accoglieva ogni volta cullandolo nella sua dolce insonnia e facendogli compagnia mentre si faceva strada nel labirinto dei suoi pensieri dove, ad ogni angolo svoltato, lo aspettava un enorme dilemma da superare con notevole fatica.

Quella notte si rivelò come tutte le altre solo che la montagna di problemi si presentò più alta del solito e più complicata da scalare. Aveva in testa l'ennesimo invito del fratello e il tentativo di quest'ultimo di rappacificarsi con lui proprio il giorno che più odiava, la festività che era costata la vita a sua sorella.

Scosse la testa cercando di eliminare completamente quel pensiero e il ricordo di Ariana morta per colpa di un incantesimo che fu lanciato.

Sono sicurissimo… Pensò Sono sicurissimo che sia stata colpa di Albus...

Dopo quello che era successo aveva deciso di non rivolgergli mai più la parola se non in rarissimi casi, ma, sebbene si sentisse certo della colpevolezza di suo fratello, il pensiero di quello che avvenne lo continuava a torturare tutte le notti non lasciandolo dormire. Il perché era ovvio. Non si sapeva con sicurezza chi avesse lanciato quel incantesimo fatale e c'era una bassissima probabilità che fosse stato lui ad ucciderla.

Canti natalizi risuonavano dalla strada e sembravano voler accompagnare il suo strazio. Aberforth si rigirava nel letto cercando di trovare la posizione giusta per addormentarsi. Sbuffò e aprì gli occhi scrutando le ombre che si distinguevano nel buio della sua camera. Non poteva credere di essersi ridotto in quella maniera. Solo, senza neanche un amico e senza più famiglia. L'unico che lo poteva tirare fuori da quella situazione disastrosa, era proprio Albus, l'unica persona sulla faccia della terra con cui non voleva avere nulla a che fare.  Continuò a fissare il vuoto cercando di addormentarsi ma qualcosa attirò la sua attenzione. Una strana luce si faceva strada nello specchio di fronte al letto dove Aberforth giaceva disteso e diventava sempre più grande finché non occupò tutta la stanza. Aberforth strizzò gli occhi, accecato dall'improvvisa lucentezza apparsagli di fronte.

Appena tornò a vedere, si stupì di quello che gli si era materializzato ai piedi del letto, tanto da cadere per lo spavento. Il fantasma di sua sorella Ariana lo fissava dal buio della camera.

«Aberforth! Stai bene?» chiese la ragazza preoccupata

« Chi sei? Che ci fai nella mia camera?» Domandò l'uomo rimettendosi in piedi e stringendo in mano la bacchetta.

«Avanti Aberforth, sono tua sorella!» disse lei scoppiando in una risatina sommessa «Sono venuta ad avvisarti di qualcosa che accadrà tra qualche ora! »

«Parla, spettro!» Le gambe di Aberforth tremavano di paura.

«Suvvia, hai paura di tua sorella?» Ariana si avvicinò a lui e continuò fissando gli occhi atterriti del fratello «Comunque… Sono venuta a dirti che per tre notti consecutive ti faranno visita tre spiriti! Lo Spirito del Natale Passato, quello del Natale Presente e quello del Natale Futuro.»

«Per la barba di Merlino, Ariana! Non viviamo mica in un'opera di Dickens!» Urlò esasperato l'uomo che a fatica si reggeva in piedi. Ricordava che era una delle storie preferite della sorella. Gliela raccontava lui ogni qualvolta glielo chiedesse e, proprio quel fatidico Natale, aveva deciso di regalarle il libro.

«Questo lo dici tu, fratello!» Disse la ragazza gonfiando le guance dalla rabbia, come era solita fare quando era ancora viva «Verranno veramente questi spettri! E tu dovrai seguirli! Ti mostreranno delle cose che ti faranno capire quello che dovrai fare prima di morire e diventare…» La ragazza si interruppe rattristandosi improvvisamente

«Prima di diventare cosa?» Chiese lui «Uno spirito come te? Non ci posso credere! Il tuo scopo è quello di rappacificarmi con nostro fratello! E non pensi minimamente a quello che ti ha fatto! Ho sempre sostenuto che l'unico ad avere una testa in questa famiglia ero io e… »

«Aberforth! Ti prego… » lo interruppe lei «Sai benissimo che non è detto che sia stata colpa sua e sai benissimo che quello che è successo non è stato fatto apposta. Ti prego di ascoltarmi. Non sai che tortura sopportano ogni giorno i fantasmi come me che hanno un fatto in sospeso… Il mio sei tu e se non riesco nel mio tentativo rimarrò così per sempre! Ora ti lascio, ma ti prego ascolta le mie parole… Riceverai la prima visita al rintocco della prima ora. Il secondo arriverà la notte dopo alla stessa ora e il terzo la notte dopo ancora, quando i rintocchi dell'ultima ora avranno smesso di vibrare. Quanto a rivedermi non accadrà più!»

Detto questo, la ragazza sparì con uno scoppio di luci e di colori sotto agli occhi increduli del fratello.

Quest'ultimo, ripresosi dallo shock, si distese di nuovo nel letto cercando di sistemarsi al meglio. Era strano quello che era appena successo ma non quanto quello che stava per accadere.

«Se devo essere sincero… » si disse in un minuto di tranquillità «Mi sento preso in giro… »

Chiuse gli occhi e attese che il sonno prendesse possesso del suo corpo, ma qualcosa lo disturbò di nuovo. Un tonfo e di nuovo delle luci lo fecero sobbalzare.

«Che cos'è stato?» Urlò l'uomo in preda al panico. Il volto gli si fece paonazzo e le vene del collo cominciarono a pulsare nervosamente. Strinse di nuovo la bacchetta nella mano e scrutò la stanza. Un fantasma dall'aspetto familiare risplendeva nello stesso punto in cui era sparito lo spirito della sorella. Aveva l'aspetto di una fiamma e risplendeva nella notte di una stranissima luce viola. Aberforth indietreggiò allarmato.

«Chi sei tu?» urlò

«Sono Harry Potter! Il fantasma del Natale Passato… » rispose la figura spettrale «Sono veramente stupito del fatto che tu non mi abbia riconosciuto Aberforth… sono il sopravvissuto! E se devo essere sincero sono anche un po' offeso… »

«Oh, avanti Harry! » Disse l'uomo abbassando la guardia «Mi state tutti prendendo in giro? Giuro che se scopro che vi siete messi d'accordo ad Hogwarts per farmi rappacificare con mio fratello, io… »

«Aberforth non faremmo mai una cosa simile nei tuoi confronti…» Rispose il ragazzo che subito dopo assunse uno sguardo pensieroso «O forse sì… Beh, io sono stato incaricato, per motivi che non conosco neanche io, di mostrarti i tuoi Natali passati e così farò!»

Harry si avvicinò ad Aberforth e lo prese per la giacca del pigiama.

«E ora alzati e cammina insieme a me!»

«Harry, ti sto implorando. Mollami o ti faccio causa!» gridò l'uomo atterrito

Ma tutte le urla sprecate dalla voce di Aberforth non servirono a nulla. Fuori dalla finestra si fece giorno e le case non erano più le stesse.

«Harry io non so volare! » Disse alla fine l'uomo arrendendosi a quello che stava succedendo «Potrei cadere e morire!»

«Hai ragione… me lo stavo dimenticando… » Disse il ragazzo toccandogli il petto con la bacchetta dalla quale uscirono delle scintille color rosso «Dovrebbe bastare per farti fluttuare… »

«Voi spettri avete una bacchetta?»

«Come tutti i maghi!»

I due volarono fuori dalla finestra e sorpassarono con una velocità inaudita la città. Attraversarono un'enorme foresta piena di alberi candidi fino ad arrivare in una piccola cittadina, molto lontana da quella in cui abitava Aberforth.

«Ma io… in questa città ci sono cresciuto!» Disse l'uomo sorridendo «E quella casa lì in fondo… è la mia!»

Preso dall'euforia, Abeforth volò velocemente nella direzione della casa seguito dallo spirito di Harry. Tutto era come se lo ricordava: l'edificio era di piccole dimensioni, costruito completamente in legno. Il colore cupo delle pareti esterne rendeva la casa riconoscibile a dispetto delle altre abitazioni. Un uomo stava uscendo da casa sua trascinato da altre due persone in una strana divisa.

«Ma quello è mio padre…» disse l'uomo rattristandosi improvvisamente.

E aveva ragione. Harry lo aveva portato proprio nel momento in cui il padre di Aberforth, Percival Silente, era andato a finire in prigione. Un ragazzo correva fuori dalla porta piangendo e urlando, implorando affinché il suo genitore potesse tornare a casa senza essere ucciso dai dissennatore. Aberforth sentì le farfalle allo stomaco e subito dopo delle perle trasparenti scesero dai suoi occhi arrossati.

«Povero bambino… » Disse sospirando «Povero, povero bambino…»

«Si passi ad un altro Natale… » sussurrò Harry.

Aberforth chiuse gli occhi come se non volesse più sentire niente. Li riaprì e vide quello stesso bambino, che prima piangeva, ridere con una ragazzina tra le braccia.

«Ariana…» Un sorriso gli si dipinse nel volto al ricordo di quegli sporadici momenti di gioia che provava insieme alla sorella.

«Mi dispiace mettere fretta a questa gioia…» Harry mosse la mano e lo trasportò in un'altra scena della sua vita. Le pareti si scurirono, brevi istanti di luce si alternavano e la tensione dell'uomo aumentava sempre di più.

«Non può essere… » disse Aberforth con un filo di voce.

Il momento che stavano rivivendo era proprio l'incubo ricorrente dell'uomo: la morte della sorella.

Un flash, un urlo e tutto tacque. Un uomo scappa e un'altro si getta sul corpo morto di una ragazza. Le lacrime cominciano a farsi strada sul volto di Aberforth e il senso d'angoscia si impadronì del suo cuore.

«Harry, portami via da questo posto. Non riesco a sopportarlo.» disse l'uomo con la poca voce rimastagli.

Harry scoppiò in una risata improvvisa, quasi spettrale. Aberforth, sebbene sapesse che tutto quello che stava accadendo era tutto frutto di un bruttissimo scherzo, si spaventò a tal punto da saltare addosso ad Harry per ammutolirlo. I suoi tentativi erano, però, invani. Lo spirito rideva sempre più forte e s'ingrandiva sempre di più. Le scene intorno a lui diventarono sempre più cupe fino a rendere lo spazio intorno a loro completamente nero. Harry lo prese per il collo della veste con l'indice e il pollice e lo lanciò per terra come se lo volesse schiacciare al suolo, cosa che non avvenne.

Aberforth sbattè la testa nel suo parquet di legno come se fosse caduto dal letto e come se tutto quello che era avvenuto fosse stato un sogno. Si massaggiò la testa con la mano mentre cercava di rimettersi in piedi. Era stato tutto un incubo, pensò. Un incubo così reale da fargli credere che era tutto accaduto veramente.

Si girò verso il letto pronto per distendersi di nuovo quando ad un tratto il camino del soggiorno sembrò accendersi di nuovo. Un profumo invitante proveniva dalla stanza e Aberforth si diresse verso essa pensando che la sua civetta si fosse buttata improvvisamente nel focolare provocando così un incendio incontrollabile e la morte dell'animale. Arrivò alla soglia della porta e quello che vide non era una civetta agonizzante che si rigirava per terra nel tentativo di spegnersi, ma un focolare acceso con un pentolone di sopra come se qualcosa stesse cuocendo. Poco più in la, sulla poltrona preferita dell'uomo, una figura verdognola e luminosa, giaceva con in mano un libro. Quest'ultima, disturbata dal rumore dei passi, sollevò lo sguardo nella direzione dell'uomo e si alzò per avanzare verso di lui.

«Aberforth! Ti stavo aspettando!» disse questa «Gradisci un po' di zuppa?»

«Scusami, ma tu chi saresti? E chi ti ha dato il permesso di usufruire delle mie proprietà?» Chiese l'uomo ormai esasperato.

Credeva che tutta quella storia fosse finita, credeva di essersi addormentato e che il pensiero del fratello gli avesse fatto fare tutto quel sogno così strano e allo stesso tempo reale. Invece rieccolo di nuovo con un fantasma in casa sua dalle fattezze femminili.

«Sono Hermione Granger, la migliore alunna che Hogwarts possa vantare!» disse la ragazza alzando il mento in modo fiero «Ma per una notte sarò lo Spirito del Natale Presente. Allora, vuoi seguirmi oppure ti trascino via a forza?»

Aberforth lanciò un fortissimo sospiro e aprì le braccia in segno di arresa.

«Portami dove vuoi, Hermione…»

«Spirito, prego.» Disse con un pizzico di disapprovazione la ragazza «Tocca la mia veste.»

A quel punto Hermione porse un lato della sua veste al uomo che la agguantò con mano tremante e l'insicurezza dipinta in volto. Hermione tirò fuori la bacchetta e la agitò in maniera circolare trasformando il pavimento di legno e rendendolo invisibile. Improvvisamente la casa prese a fluttuare e si mosse attraversando tutta la città. Un urlo breve ed acuto, uscì dalle labbra di Aberforth che venne influenzato dal fortissimo senso di vertigini.

In poco tempo, la casa raggiunse il castello di Hogwarts, la scuola sotto il controllo di suo fratello. Si addentrarono tra tutti i corridoi e attraversarono ogni tipo di stanza fino a fermarsi in un curioso luogo che Aberforth riconobbe. Era lo studio del preside, rimasto esattamente come se lo ricordava. In fondo alla sala, due figure si muovevano nel buio della stanza.

«Si spargerà, Albus…» disse una voce che sembrava essere quella di uno dei professori assunti dalla scuola

«Quanto mi resta?» La voce di suo fratello era sicura e malinconica come al solito, ma questa volta Aberforth scorgeva una leggera nota di terrore.

«Forse un anno»

« Non ignorarmi, Severus. » Disse Albus con voce tremolante mentre il professore si spostava in un altro punto della stanza sussurrando delle parole che l'orecchio di Aberforth non riuscì a comprendere «Noi sappiamo che Lord Voldemort ha ordinato al giovane Malfoy di assassinarmi, ma qualora fallisse dobbiamo presumere che il Signore Oscuro si rivolgerà a te.»

In quel momento Albus si alzò dalla sedia continuando a reggersi sul bancone mentre il professor Piton si voltò verso di lui con sguardo cupo.

«Devi essere tu ad uccidermi, Severus.» Annunciò Albus fissandolo «Questo è l'unico modo.»

«Cioè, mi vuoi dire che mio fratello sta per morire?» urlò l'uomo con tutta la forza che aveva in corpo «Non ho mai avuto la possibilità di parlargli e ora mi dici che sta per morire??»

Hermione si limitò a fissarlo. In fondo che colpe aveva quella ragazza, pensò lui. Non era stata lei a causare quella maledizione che lentamente stava divorando l'anima di suo fratello e non poteva nemmeno prevederlo. Gli stava mostrando solo le ombre del presente, gli avvenimenti che si erano realizzati esattamente come li stava vedendo. La ragazza agitò di nuovo la bacchetta in senso orario e ricoprì il buio con scintille dorate. Improvvisamente si ritrovarono in una stanza addobbata con decorazioni natalizie e piena di persone che si agitavano a suon di musica. Ridevano, scherzavano. Tutti sembravano felici e festeggiavano il Natale. Vide una delle professoresse avvicinarsi ad Albus e rabbuiarsi nel chiedergli se Aberforth si sarebbe fatto vedere.

«Non credo che si farà vivo, Minerva. » Disse il fratello sospirando «E dire che prima di morire volevo rappacificarmi con lui.»

La stanza si rabbuiò di nuovo e le pareti agghindate, furono presto sostituite da muri di legno, bui e cupi. Alle spalle di Aberforth vi era una finestra da cui sbucavano i raggi argentei della Luna.

«Ora devo sparire» Disse la ragazza con lo sguardo che lentamente le si spegneva.

«La vostra apparizione è sempre così breve…» sussurrò Aberforth

«La nostra vita sotto questa forma è sempre breve e la mia termina stanotte a mezzanotte.» Il ticchettio di un orologio si fece spazio tra i pensieri dell'uomo che continuava a fissare la figura fluorescente della ragazza «Ascolta. L'ora si avvicina. »

I ticchettii si fecero sempre più forti fino a farlo impazzire. La finestra da cui si affacciava la Luna, si rivelò essere un orologio simile al Big Ben. Aberforth abbassò lo sguardo e vide spuntare dal buio quattro occhietti che emanavano una lucentezza rossa e che lo fissavano.

«Cosa sono quelle cose?!» Disse Aberforth allarmato

«Sono chimere, figlie degli esperimenti umani e fuoriusciti dai loro sbagli.»

Le due creature uscirono dal loro nascondiglio. Una si rivelò essere la classica chimera con una testa di un leone e una di una capra attaccate al corpo e con una coda che sembrava proprio il corpo di un serpente. La seconda era ben più strana:

aveva il corpo squamoso e rosso che si attribuisce ad un drago, la testa apparteneva ad un essere umano dai lunghissimi capelli castani e la coda era quella di un castoro.

«Questa è la miseria e questa l'ignoranza. » disse indicando prima l'una e poi l'altra «Riguardati da entrambe!»

I rintocchi della campana cominciarono a suonare e la ragazza gemette dal dolore. Si portò una mano sul petto e cominciò ad urlare. Rintocco dopo l'altro, lei si accasciava sempre di più finché non arrivò a distendersi e a svanire lentamente mentre rideva a squarciagola con una risata che suonava spaventosa.

Quando sparì completamente e i rintocchi della campana cessarono di vibrare, le due chimere cominciarono a fondersi tra di loro fino a formare una figura nera che si distingueva dal buio della stanza. Aberforth si inginocchiò di fronte alla presenza che man mano si avvicinava e si rendeva sempre più visibile.

Si abbassò il cappuccio appartenente ad un lungo mantello nero e permettendo ad Aberforth di riconoscerne i lineamenti: era l'uomo che aveva visto a fianco di suo fratello in quelle immagini mostrategli prima, il professore conosciuto sotto il nome di Severus Piton.

«Tu sei…» Cominciò lui

«So cosa stai pensando. » lo interruppe lui senza dargli possibilità di continuare «E no, per questa notte non sono Severus Piton, l'uomo che ucciderà tuo fratello. Tuttavia…» A quel punto si avvicinò pericolosamente ad Aberforth «Non significa che devi avere meno paura di me.»

Piton lo spinse all'indietro facendolo sprofondare sempre di più nel pavimento di legno e facendolo precipitare giù da un'immensa scalinata. Quando raggiunse la fine di essa, si ritrovò improvvisamente di fronte alla banca della Gringott a testa in giù con davanti due uomini che gli sembravano conoscenti ma che non riusciva minimamente a riconoscere.

«Ma allora quando è morto?» Disse il primo

«Dicono qualche sera fa o forse la sera stessa di Natale.» rispose il secondo

«Ci sarà il funerale, quindi…»

«Il più misero funerale che lei abbia mai visto. Nessuno gli voleva bene e nessuno sarà lì a vederne i funerali.»

Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata e si salutarono separandosi per andare ognuno a casa propria.

Alberforth si alzò improvvisamente e si ritrovò di fronte la figura che prima lo aveva trascinano in quel mondo parallelo fatto di immagini e ombre.

Severus mosse una mano di fronte al volto di Aberforth e la scena cambiò di nuovo rivelandogli un corpo morto sotto ad un lenzuolo. Un altro movimento della mano di Piton e la scena cambiò di nuovo. Questa volta si trovavano in un cimitero, più precisamente di fronte ad una tomba. Aberforth si  girò verso quest'ultima e vide che la pietra che segnava il nome e la data di morte erano coperti dalla neve. Severus, con un gesto della sua mano, fece cadere la neve che copriva il nome di chi vi era sotterrato facendo scoprire che il morto in questione era proprio Aberforth. Tutt'un tratto una violentissima bufera di neve si alzò e sembrava volersi portare via il corpo debole e vecchio di Aberforth.

«Spirito!»  Urlò coprendosi il volto con le braccia «Ti prego, rispondi a questa domanda! Tu mi mostri le ombre del futuro oppure le ombre di quello che potrebbe accadere? Potrei mai cambiare le mie sorti?»

Severus non rispose, ma in compenso agitò di nuovo la mano scoprendo dalla neve la data di nascita dell'uomo

«No! » Urlò l'uomo in preda al panico «Ho capito di essere stato crudele con mio fratello e non voglio più penalizzarlo! Voglio riunirmi con lui come se fossimo una vera famiglia e voglio tornare indietro per realizzare tutto ciò, ma ti prego! Fa sì che questi fatti si cancellino!»

Severus agitò di nuovo la mano e la neve cadde fino al mese di morte facendo capire all'uomo che sarebbe morto la notte di Natale di un anno indefinito.

«Ti prego! Non voglio vedere!» Detto questo, Aberforth cercò di fuggire, il vento però fu più veloce di lui e mentre l'uomo provava a correre verso una direzione, questo lo spingeva verso quella opposta. Lo afferrò con la sua mano gigantesca ed invisibile e lo sbattè a terra con la stessa violenza con cui l'aveva scagliato al suolo il primo Spirito. Mentre lui cadeva, appena sotto di lui, nel suolo, si stava scavando una profonda fossa che concludeva il suo percorso con una bara aperta e che sembrava aspettare il corpo di Aberforth.

Questo ci cadde dentro e la bara si richiuse. Aberforth si ritrovò al buio e allungò una mano in cerca delle pareti della bara. Chiuse gli occhi sperando di poterli riaprire e di potersi ritrovare in camera sua, sotto le coperte e al sicuro da tutto quello che stava accadendo.

Si stupì nello scoprire che effettivamente era tornato nel suo letto, incolume da tutto quello che gli era successo durante la notte. Lo stupore fu così forte, da farlo alzare in piedi in un impeto di euforia. Corse a vestirsi e, quando finì, si diresse fuori dalla porta di casa sua per poter iniziare una nuova vita.

 

Albus sedeva insieme a tutti gli altri professori intorno ad una tavola imbandita e piena di tutto quello che si potrebbe immaginare. Guardava fuori dalla finestra mentre tutti gli altri professori chiacchieravano allegramente e addentavano tutto quello che gli capitava sottomano. Minerva si volse verso Albus e, mentre un sorriso di comprensione le si dipingeva nel volto, gli posò una mano sulla spalla.

«Albus» Cominciò «Pensi che verrà?»

Albus sbuffò ricambiando il sorriso della donna

«Non credo che si farà vivo, Minerva.» Disse l'uomo con tono solenne, ma si sbagliava. Non poteva sapere di tutto quello che era accaduto in casa di Aberforth e non poteva prevederne la visita inaspettata.

La porta della Sala Grande si spalancò e, da dietro di essa, sbucò un omino dai vivaci occhi azzurri e la lunga barba bianca.

«Aberforth! Sei proprio tu?» Chiese Silente alzandosi dalla sua sedia e dirigendosi a grandi passi verso la figura che si rivelò essere proprio suo fratello.

I due scoppiarono in una grandissima risata e si abbracciarono sotto agli occhi attoniti dei presenti.

Degli stranissimi giochi di luce provennero dalla finestra. Fuochi d'artificio di tutti i colori e delle più svariate grandezze, si pavoneggiavano volteggiando in cielo. Tutti corsero a vederne la bellezza.

«Ariana, finalmente potrai riposare in pace. » Sussurrò Aberforth.

E così finalmente era tornato tutto alla normalità. Finalmente sarebbero stati una vera e propria famiglia.

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NdA: Questa storia devo ammettere che l'ho un po' troppo scopiazzata dalla storia di Dickens… un po' perché a mio parere la storia di Aberforth vestiva perfettamente nei panni di quella di Scrooge, ma anche perché non ho molta inventiva nel riscrivere storie! Per di più ho usato molte citazioni (leggermente storpiate) del film che hanno fatto qualche anno fa e forse ne ho scopiazzato qualche scena.

Da qualche parte c'è qualche nota di sarcasmo e spero che non sia proprio questo il motivo di condanna della mia storia… Per quanto riguarda i caratteri dei personaggi… forse sono un po' OOC e se lo sono chiedo umilmente perdono!

Un'ultima cosa… Perdonate il fatto che gli avvenimenti in questa One Shot di ben sette pagine e mezzo siano descritti in maniera frettolosa (ovvero come se un cane stesse rincorrendo Aberforth e il resto della ciurma) e perdonate tutto il resto >-<

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SimplyLuna

  
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