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Autore: ChiiCat92    11/07/2013    2 recensioni
Tom e Bill Kaulitz sono gemelli, e questo, ancora prima degli Hunger Games, ha complicato la loro vita.
Contro Capitol City non c'è speranza, si cerca di morire nel modo più dignitoso possibile.
è questo che pensa Tom, quando ogni anno aspetta che il suo nome venga estratto durante la Mietitura...
Genere: Avventura, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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7: 24, Leone Morto

 

Solo domani i punteggi dell'esame saranno resi noti, per cui per il momento dovremo passare il tempo rigirandoci i pollici.

Io lo passo steso sul divano, con il televisore acceso, anche se non trasmettono più programmi e si vedono solo scariche di elettricità statica.

Ho davvero, davvero voglia di dormire. Ma la voglia di vedere Astrid è ancora più forte.

Ma tra le due cose (stare qui col dubbio, o salire in terrazza e dissipare ogni dubbio), preferisco stare qui.

Non voglio salire e ritrovarmi solo come un deficiente.

Anche se ho bisogno di capire.

Astrid ha continuato a comportarsi come se nulla fosse, pur ignorandomi del tutto.

Non ha alcun senso, no?

Ho bisogno di chiarire le cose, prima di essere catapultato nell'Arena.

Ho bisogno di dirle: “che cosa vuoi dalla mia vita?” Prima di essere davvero costretto ad ucciderla.

Forse dovrei prima capire che cosa voglio io dalla mia vita.

Nel giro di tre giorni, due persone ben diverse tra loro mi sono arrivate addosso con la potenza dell'acqua che cade giù da una cascata.

Io che non avevo mai stimato il rapporto umano, e che anzi l'avevo schivato per paura di essere giudicato, percosso e tradito, adesso mi ritrovo ad essere invischiato in qualcosa da cui non sarà facile uscire.

Forse, Bill saprebbe gestire questa situazione meglio di me.

Lui che è tanto più emotivo saprebbe cosa dirmi, saprebbe cosa sarebbe meglio che io dicessi all'una e all'altra, e nel frattempo forse riuscirebbe anche a farmi arrivare agli Hunger Games tranquillo.

Già, gli Hunger Games.

Riesco a crederci? Sono passati in secondo piano.

Forse perché preferisco allontanare il più possibile il pensiero del combattimento e della morte.

Forse voglio solo rimanere inchiodato al presente, questi attimi che potrebbero essere gli ultimi su questa terra.

O forse mi sto rincitrullendo, e non dovrei partorire nessuno di questi pensieri.

Basta!

Ho deciso.

Che ci sia o no, salirò in terrazza.

Mi alzo di slancio e corro all'ascensore.

Mi disturba sentire che la cabina è in movimento, ma non capisco perché.

Quando le porte si aprono al mio piano, la sensazione che Astrid sia solo un fantasma ritorna forte a farsi sentire, perché è lì, avvolta in un pigiama bianco latte, con i capelli nero ebano che le scendono sulla schiena, e lo sguardo d'argento piantato nel mio.

Non riesco a sentirmi imbarazzato quando le dico qualcosa tipo “il pulsante del nono piano ha smesso di funzionare di nuovo?”.

La vedo solo scuotere la testa, e in quel lento movimento scorgo tutto quello che non vuole dirmi.

- Non farà troppo freddo per salire solo in pigiama? -

E nel dirlo, le porgo la giacca che indosso.

Lei non fa neanche finta di rifiutarla. Se l'appoggia sulle spalle e l'avvolge, quasi scompare.

Mi viene da sorridere.

- Un'altra notte insonne? -

Mi chiede.

Le porte dell'ascensore si chiudono e lentamente cominciamo a salire.

Mi stringo nelle spalle.

- Una più, una meno... -

- Continuo a pensare che tu sia un tipo strano. -

Dice lei, ridacchiando.

- Alla fine, cos'hai fatto davanti agli Strateghi? - riesco solo a dire io. Non so quale parte del mio cervello ha voluto così fortemente cambiare argomento. Capisco dalla sua rapida occhiata che vorrebbe davvero rispondermi, ma che non può per motivi che ne vanno della nostra reciproca sopravvivenza. Così decido di smascherarmi io per primo, senza una ben motivata ragione. - Io ho agitato qua e là un paio di spade. E poi ne ho lanciata una contro un bersaglio del tiro con l'arco. Sai che ho fatto centro? Non ho mai avuto una botta di fortuna così, prima d'ora. -

Le mie parole sembrano scioglierla. Si apre in un sorriso timido.

- E la spalla? Come va? -

Mi poggia per istinto una mano sulla spalla. Accorgendosi subito di aver azzardato troppo, si ritira con uno sguardo di scuse tatuato negli occhi.

Faccio finta di niente, perché altrimenti dovrei dirle che il suo tocco mi ha suscitato uno strano piacere, e mi ha mandato in tilt il cuore.

- Bene! È solo un po' dolorante... -

- Peccato, avrei potuto prepararti un altro impacco... - se solo oggi ci fossimo azzardati a venirci vicino più del necessario - Io ho solo preparato qualche intruglio curativo, e qualche veleno. Niente di che. Non penso che gli Strateghi mi daranno un punteggio molto alto. -

Mi fa piacere che abbia deciso di aprirsi con me. Così, più volontariamente di quanto vorrei, le sorrido di rimando.

- Saper preparare un veleno dovrebbe darti un punteggio alto invece, non penso che siano in molti a saperlo fare. -

Non sembra compiaciuta del mio quasi complimento.

Si limita a fare una smorfia e ad accanirsi sul pulsante dell'ascensore premendo la “T”, che non sta per “Terra” ma per “Terrazza”.

Le porte sono chiuse, ma il trabiccolo non si muove.

Comincio a pensare, anzi no, a temere che ci sia qualcosa che non va.

La cabina ha un sussulto, poi la corrente salta e rimaniamo al buio.

Sento Astrid trattenere il respiro, nient'altro.

Si accende una luce verdastra.

- La segnalazione del guasto è stata inviata a chi di dovere, la preghiamo di mantenere la calma. Il problema verrà risolto al più presto. -

È la voce affettata di una donna. Subito dopo aver parlato, nella cabina si diffonde una musichetta da sala d'attesa, che dovrebbe forse farci mantenere la calma. A me fa solo perdere la pazienza.

- Oh ma è assurdo! Capitol City ha tutti i soldi necessari per costruire ogni anno un'Arena diversa per farci morire, e non riesce a mantenere funzionante uno stupido ascensore? -

Sbotto, con una certa acidità.

Forse non riesco ad accettare di stare cominciando a soffrire la claustrofobia.

Quest'ambiente così ristretto mi fa tornare alla mente ricordi che vorrei tenere lontani.

- Hai paura. -

Ridacchia Astrid.

Mi sento avvampare.

- No che non ho paura! -

Quasi urlo.

Mi mordo la lingua a sangue per averlo fatto.

Ma quanto sono stupido.

Questo sì, è il più patetico ritratto di Tributo che potrei immaginare.

Dov'è che sarò la prossima notte? Ah, già, all'addiaccio in un'Arena con almeno 20 persone pronte ad uccidermi, e dovrebbe andarmi bene, perché potrebbero esserci creature carnivore, nebbie assassine e alberi semoventi. Ma, dai, quello è una passeggiata.

È uno stupidissimo ascensore senza corrente a spaventarmi davvero.

Mi lascio scivolare a terra, e sbuffo.

Non voglio fare la figura del codardo di fronte a lei.

Illuminata con quella strana luce verde, sembra una creatura proveniente da un altro universo. E forse lo è davvero.

Lei si siede accanto a me.

- Sarebbe bello rimanere sempre qui. - per un attimo mi guarda. I suoi occhi grigi sono diventati stranamente verdi sotto quella luce. Mette le mani con i palmi aperti in avanti. Sembra quasi che stia spingendo qualcosa lontano da sé. - Noi potremmo rimanere qui dentro, e lì fuori il mondo avrebbe il suo corso, e nessuno si accorgerebbe di noi. Sarebbe come essere morti, ma da qualche parte in realtà noi esisteremmo comunque. Forse vuol dire questo morire. -

- E sarei io quello strano. -

Le dico, dopo un lungo silenzio.

Perché non posso accettare che le sue parole mi abbiano turbato.

Un sorriso le affiora alle labbra.

Si volta a guardarmi.

- Mi dispiace per quello che ti ho detto l'altra sera. Non volevo vincolarti in nessun modo. -

Mi dice. Il che suona strano, perché sembra esattamente quello che io dovrei dire a lei.

Però, almeno una cosa mi è chiara.

- E a me dispiace per quello che ho fatto. Non volevo ingannarti. -

Lei sembra stordita dalla mia risposta, ma incassa dignitosamente.

Torna con lo sguardo lontano dal mio, come se volesse sfuggirmi.

- Come mai non ti piacciono i posti stretti? -

Mi sento sbuffare alla sola idea di dover rispondere.

Ma la sua presenza è stranamente confortante, e comunque tra qualche giorno potrei essere morto. E quello è solo un ricordo

- Ah, è solo una vecchia storia. - in realtà, vorrei solo che mi spronasse a raccontargliela. Però non batte ciglio, quindi mi limito a continuare. - Io e Bill non siamo mai stati dei bambini molto socievoli. - la guardo come per dire “riesci a crederci?” con tutto il sarcasmo che sono in grado di metterci - I nostri genitori ci hanno tenuti chiusi in casa, finché hanno potuto. C'era sempre qualche curioso a sbirciare dalle nostre finestre, e questo ha mandato nostra madre più volte in paranoia. Aveva il terrore che qualche Pacificatore arrivasse un giorno e ci portasse via. - mi stringo nelle spalle - Per questo cercava di tenerci al sicuro. Però, eravamo bambini, e c'era un mondo enorme fuori che non potevamo vedere. Avevamo nove anni, credo. Siamo sgattaiolati via una mattina, mentre loro erano impegnati a curarsi di un tubo che l'inverno aveva fatto scoppiare, e aveva inondato quasi tutta la cucina e il soggiorno. Ricordo che faceva freddo, ma che eravamo così eccitati dall'idea di poter uscire fuori a giocare con la neve che non ci abbiamo fatto caso. Abbiamo corso a perdifiato sulla neve, era bellissimo. Appena fuori dal Villaggio dei Vincitori c'è una piazza, lì scorrazzano liberamente tutti i bambini del Distretto, e quel giorno non faceva eccezione. C'era un gruppo di dodicenni, che reggeva i giochi. Quando ci hanno visto arrivare, hanno fatto subito in modo di metterci bene in mostra. “Sono i due mostri dei Kaulitz” ha detto il più grosso di loro. Bill ha capito subito che sarebbe finita male, sai lui...lui ha un sesto senso tutto suo, che alle volte è migliore di un campanello d'allarme. Ha provato a tirarmi via, a convincermi ad andarcene, ma io ho stupidamente colto la provocazione. Non so come sia successo, non riesco a ricordare, so che ad un certo punto ci erano addosso. - non so perché, ma cerco lo sguardo di Astrid. Cerco di capire se la sto annoiando. Incontro i suoi occhi grigi, fissi su di me. Rabbrividisco e volto la testa, prima di essere incapace di continuare a parlare. - È stato il primo di tanti pestaggi. Quegli stupidi... -

Una risata strana mi sgorga dalle labbra.

Mi si serrano le labbra.

Il calore del corpicino di Astrid si fa più intenso ora che mi è così vicina.

- In mezzo ai campi, c'era un vecchio pozzo scoperto. Dopo averci picchiati, mi hanno preso e gettato lì. Mentre hanno lasciato che Bill se ne tornasse a casa, più morto che vivo. Non doveva essere molto profondo, il pozzo dico. Almeno, è quello che hanno raccontato i ragazzini, parecchio tempo dopo. Ma lo era, era profondo, e il gelo dell'inverno aveva ghiacciato quel poco d'acqua che c'era. Mi sono rotto una gamba, cadendo. - lo racconto come se fosse successo a qualcun altro, ad un parente alla lontana, ad un conoscente forse - Sono rimasto una settimana, sul fondo di quel pozzo. L'ipotermia aveva addormentato il dolore alla gamba. -

La butto lì, come fosse una cosa da niente, mentre i ricordi mi tornano alla mente con una violenza inaudita.

Ricordo la caduta libera di dieci metri. Ricordo lo schiocco netto della gamba che mi si spezza, e il mio urlo soffocato dalle pareti cilindriche del pozzo.

Ricordo anche la concitata discussione dei ragazzini, lassù in cima.

Oh cazzo, l'abbiamo ucciso!”

Scappiamo!”

Ricordo di non aver avuto la forza di piangere e implorargli di non lasciarmi lì da solo.

Proprio quando comincio a sentire nelle ossa un freddo gelido che mi mozza il fiato, la mano calda di Astrid che si poggia sul mio ginocchio mi riporta alla realtà.

Ha uno sguardo preoccupato, ma non pietoso, sembra che non mi biasimi.

Un po' mi fa stare meglio.

- Che cosa è successo dopo? -

Incalza lei.

Non riesco a trattenermi dal stringere la mia mano intorno alla sua. Il suo calore si diffonde su per il braccio, come un'onda di miele dolcissimo.

- Come ho detto prima, sono rimasto in quel pozzo sette giorni, prima che mio padre riuscisse a tirarmi fuori. Con la gamba rotta non potevo aiutarlo, e il freddo mi aveva praticamente ucciso. Il che è quasi una fortuna, visto che per colpa delle botte avevo un'emorragia interna. Mi hanno spappolato la milza, a suon di calci. Ma il gelo ha rallentato la fuoriuscita di sangue, e in parte ha contribuito a salvarmi la vita. Sono rimasto in ospedale per tre mesi, prima che potessi tornare di nuovo a casa. -

Sospiro, finendo di parlare.

Ho mai raccontato a qualcuno questa storia?

Probabilmente no.

Non ho mai avuto qualcuno cui raccontarla.

Mi rendo conto di aver aggirato la domanda iniziale di Astrid, in modo da non risponderle direttamente.

Sì, le ho parlato di un pozzo, ma non del perché questo possa aver influito nella mia insofferenza nei luoghi stretti.

Forse perché non riuscirei a descriverle quello che ho provato, e come abbia lasciato i segni sul mio animo.

- E a quei ragazzini? Che hanno fatto? -

Lo dice come se si aspettasse che li avessero tipo puniti.

Ancora una volta sento una risata sfuggirmi tra le labbra.

- Niente, nessuno mi ha creduto, né ha creduto a mio fratello. Le nostre ferite, e la mia caduta nel pozzo, sono state attribuite ad un litigio tra noi, e alla disattenzione dei nostri genitori. -

- È terribile... -

Sussurra Astrid, in un soffio.

Mi ritrovo a stringermi nelle spalle, di nuovo.

- Ormai, è andata. Non è la cosa peggiore che mi capiterà nella vita. -

E la guardo in modo eloquente.

La cosa peggiore che potrebbe capitarmi nella vita, sarebbe ucciderla agli Hunger Games, per salvaguardare la mia esistenza.

Ma lei non sembra capirlo, pensa sicuramente che mi riferisca ai giochi in generale.

Prima che Astrid possa aggiungere qualcosa, qualcosa che probabilmente sarebbe imbarazzante per entrambi, la cabina dell'ascensore ha uno scossone.

Il cuore mi salta in gola.

Le luci si accendono ammiccando, si sente un cigolio, e poi la cabina riparte. Scende verso il basso.

Ci tiriamo in piedi, scambiando uno sguardo.

L'ascensore arriva al piano terra, e le porte si aprono.

Ci troviamo di fronte due Pacificatori allarmati. Probabilmente li hanno tirati violentemente giù dai loro letti per venirci a soccorrere. Non sembrano neanche troppo sconvolti nel trovarci insieme nella cabina.

Certo, se fossi stato in compagnia di Mizar, uno dei due (io) sarebbe morto, e allora sì che sarebbero stati sconvolti.

- Vi riaccompagniamo al vostro piano. -

Esordisce uno dei due, che ha la faccia di chi si trova ancora a letto nel mondo dei sogni.

S'infilano entrambi nell'ascensore, senza darci nessuna spiegazione e senza scusarsi per l'inconveniente.

Saliamo al nono piano, e praticamente costringono Astrid a scendere. Lei mi rivolge un'occhiata.

- Buonanotte. -

Le dico, facendo un gesto con la mano.

Lei non ha il tempo di rispondere, perché le porte le si chiudono davanti.

Arrivati al mio piano, i Pacificatori mi riservano lo stesso trattamento.

Di certo non li ringrazierò per avermi tirato fuori.

Sbuffo, uscendo, e le porte si chiudono senza un cigolio.

 

Sono nell'Arena, che è un'infinita distesa di nero. Finché l'occhio può guardare, c'è solo oscurità. Se alzo lo sguardo, in alto, si nota la luna, che nel cielo nerissimo come la pece risalta per il suo brillare. Però, è un cielo strano, e anche la luna lo è. Cammino nel buio, sentendo un gelo che mi prende le ossa. Ad un tratto, sbatto con il naso contro una parete che, per colpa dell'oscurità, non avevo visto. La tasto, è umida e appiccicosa. Allora capisco. Mi trovo sul fondo di un pozzo, e quella che mi era sembrata la luna, non è altro che l'imboccatura dal quale filtra la luce. La gamba mi fa male, ma il freddo mi impedisce di muovermi.

- È morto, ormai è morto. -

Dice una voce, in cima.

- Seppelliamolo. -

Una cascata d'acqua si riversa nella bocca del pozzo. Per un attimo, penso che questo mi salverà, mi basterà rimanere a galla finché l'acqua non avrà riempito tutto il pozzo, e potrò uscirne.

Poi mi rendo conto che la gamba che mi fa male è schiacciata sotto un ammasso di nero denso, della pesantezza di un grosso sasso.

Comincio a scalciare e dimenarmi, mentre l'acqua comincia a salire, e salire.

Quando mi arriva al naso, capisco che morirò annegato.

Non riesco neanche a disperarmi, perché l'acqua mi arriva sopra la testa, mi sommerge, dissolve tutto il mondo.

 

È qui che mi sveglio, la mattina dopo, sul pavimento gelido della mia stanza, una gamba schiacciata sotto il comodino, che devo aver rovesciato nella caduta. Il lenzuolo è tutto attorcigliato intorno al mio collo.

Impreco sottovoce mentre mi tiro su e sistemo alla bell'e meglio tutto quel casino.

Brandelli dell'incubo tentano di impossessarsi della mia mente, ma vengono spazzati da un servitore che entra nella stanza dicendomi che la colazione è servita e che mi stanno aspettando.

 

Non ho fame, ma obbligo il mio corpo ad accettare quello che metto in bocca.

I sapori dolci di Capitol City mandano in fibrillazione le papille gustative, ma è proprio lo stomaco a non sopportarli.

Sono tutti un po' tesi, stamattina.

Forse perché saranno rese note le votazioni degli Strateghi.

Finalmente ho scoperto come si chiama Tizio, solo perché mio padre l'ha nominato. Si chiama Jorge, ma per mio piacere personale continuerò a chiamarlo Tizio.

Ria finge di mangiare come un uccellino, ma i tre giorni di dieta intensiva di Capitol City l'hanno fatta gonfiare orrendamente. Non avrà certo problemi per i primi giorni dei giochi a fare qualche rinuncia alimentare.

 

Le programmazioni televisiva di Capitol City per ora vertono tutte sui giochi. Fanno interviste alla gente, agli sponsor, a qualche Stratega che non si sbottona troppo sul genere di Arena che ci sarà quest'anno, benché gli venga sempre richiesto qualche particolare.

Che sia mortale, il più possibile, è a quello che mirano di solito.

Chissà che simpatici modi hanno studiato per farci soffrire, sono quasi curioso.

Poi finalmente comincia il programma che stavamo tanto aspettando: quello in cui verrano rivelati i punteggi degli Strateghi.

Caesar Flickerman quest'anno ha i capelli rosa shocking, abbinate al colore delle labbra e a quello del completo giacca e cravatta che indossa.

È tutto eccitato mentre annuncia che questi sembrano Hunger Games molto promettenti. Dietro di lui passano le immagini della sfilata che inquadrano me e poi Mizar, e poi un frammento di ripresa che vede me e lui litigare in Palestra.

Mio padre m'indirizza uno sguardo a metà strada tra l'arrabbiato e il soddisfatto, ed io mi stringo solo nelle spalle.

- Ma passiamo ai punteggi! So che state fremendo! -

Detto questo, la schermata si fa nera, e compare la prima foto, che è quella di Mizar. Se uno sguardo potesse uccidere, quello colto dalla macchina fotografica in quel momento deve avere per forza ammazzato il fotografo.

Accanto alla sua foto, lampeggiano ad intermittenza dei numeri.

Da questo numero, potrebbe derivare la nostra sopravvivenza.

Gli sponsor decideranno in base alle nostre votazioni su quale Tributo puntare.

Un Tributo con un voto basso, è un Tributo con troppe poche possibilità di sopravvivere ai Giochi, e quindi gli sponsor non spenderanno un centesimo per aiutarlo.

Anche se a volte, ottenere un voto basso è un modo che i mentori usano per dare una chance in più ai Tributi che non hanno particolari doti come forza bruta e un fisico mastodontico. Di solito i Favoriti tendono ad andare alla ricerca dei Tributi che hanno avuto un voto alto, perché sono quelli potenzialmente più pericolosi, e di rado si prendono la briga di cercare gli altri.

Com'è successo per mio padre, un voto basso non è garanzia di morte.

Il numero accanto alla foto di Mizar brilla di oro acceso: 11 su 12, quasi il massimo.

Non mi viene difficile immaginare cosa debba aver fatto per meritarlo.

Mi viene un brivido quando la foto della sua compagna lo sostituisce. Mi torna in mente la sua voce sussurrante.

Il suo voto è un tondo 10.

Anche per quelli del 2 ci muoviamo su voti vicini al massimo: 9 per la ragazza e 10 per il ragazzo.

Quelli del Distretto 3 ricevono un 5 a testa.

Il Distretto 4 ha una coppia di 11.

Per l'orrore di Ria, i suoi adorati amici del Distretto 5 ricevono due patetici 3.

Gustav riceve un 8 che mi sorprende, anche se la sorpresa più grande arriva con il 10 di Ayra.

Che cosa avrà fatto?” mi viene spontaneo chiedermi. E scopro di non volerla assolutamente come nemica.

I Distretti 7 e 8 si mantengono entrambi su un 6.

Quando compare la foto di Anthya, mi sento prendere un profondo respiro.

Mi sudano le mani quando vedo un 11.

La fotografia di Astrid riempie lo schermo. Anche se in quella foto avrebbe dovuto sembrare aggressiva e pronta a combattere, la sua espressione è solo triste e dimessa, gli occhi argentei sono rassegnati.

Il suo 12 è seguito da un'esclamazione generale che si diffonde tra di noi.

12 vuol dire: devi essere la prima a morire, tanto quanto un 2 o un 1.

12.

Perché vogliono che Astrid muoia?

Perché vogliono che appena suonerà il gong, tutti i Favoriti si riversino su di lei per ucciderla?

Che minaccia può mai essere?

Io ho solo preparato qualche intruglio curativo, e qualche veleno. Niente di che.” mi risuona nella mente.

Non ho il tempo di capire che cosa volessero davvero dire le sue parole, che la mia foto sostituisce la sua.

Mio padre si volta di nuovo a guardarmi, ma stavolta sembra indirizzarmi una tacita parola di conforto.

Non so che genere di emozioni dovrei provare, mentre vedo i numeri accanto alla mia foto scorrere uno dietro l'altro, sostituendosi a vicenda.

A volte sembra che debba essere un 6 il numero definitivo, altre sale a 11, altre ancora scende ad 1. Non pare volersi fermare.

Mi accorgo di stare stringendo tanto le mani che le unghie mi si sono conficcate nei palmi.

Fermati!” mi ritrovo a pensare, mentre i numeri continuano a scorrere.

12.

Lampeggia per un attimo, minacciando di cambiare all'ultimo momento, ma non lo fa.

12.

Tutti si voltano a guardarmi, come se si aspettassero che quel numero mi conferisse un qualche potere.

Anche sulla mia testa, pende una condanna a morte.

A Ria viene assegnato un 4.

Al Distretto 11 un 8 e un 6.

Ai ragazzini del 12 una coppia di 2.

il programma finisce, Caesar Flickerman è rimasto senza parole. Ci invita a non perderci le interviste di quella sera, e saluta il pubblico.

Tizio spegne la televisione.

Nessuno parla.

Mio padre mi guarda in modo strano.

Capisco che cosa vuole dirmi.

Come faccio a farti sopravvivere, adesso?”



The Corner

Buongiorno e ben trovati!
com'è stata la vostra settimana?
la mia un po' movimentata,
oggi per la prima volta suonerò al teatro greco di Taormina,
sono emozionata e felice \(*W*)/
siete andati tutti al mare?
io no, forse ci andrò sabato,
forse...
preferisco stare a casa a scrivere ahahahahah
bhè, l'appuntamento è per giovedì 18!
see you soon :3

Chii

   
 
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