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Autore: ObliviateYourMind    11/07/2013    0 recensioni
Victoria è una ragazza che ha realizzato il suo sogno: è la cantante di un famoso gruppo rock. Un giorno, però, un evento inaspettato sconvolge la vita di Vic e i suoi rapporti con le altre persone, portandola a riflettere su se stessa e su tutto ciò che è accaduto.
Che cosa le è successo e che cosa l'ha condotta fino a lì? Sta a voi scoprirlo.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Every night I try my best to dream

Tomorrow makes it better

Wake up to the cold reality

That not a thing is changed

But it will happen... Gotta let it happen

 

 

 

«Vi...Victoria? S-sei tu?» sussurrò mia nonna, pronunciando le parole a fatica.

«Sì, nonna, sono io, sono io» dissi io tenendole delicatamente la mano. Un fiotto di lacrime cominciò a bagnarmi il viso, scendendo veloce fino a raggiungere con un leggero rumore la camicia da notte di mia nonna.

Sentirla parlare in quel modo, proprio rivolgendosi a me, mi aveva fatto uno strano effetto.

Lei inclinò la testa verso destra, muovendosi faticosamente, gli occhi opachi semiaperti.

Non sapevo proprio cosa dire. Sapevo che ormai era arrivata la fine, ma mi rifiutavo di ammetterlo, così dissi la prima cosa che mi venne in mente:

«Nonna, hai sentito il concerto? Come...come ti sono sembrata?». Le lacrime non mi davano tregua.

Lei si limitò a spostare lo sguardo verso di me, fissandomi. Ma cosa mi aspettavo? Probabilmente non avrebbe mai più parlato, quello di prima era stato semplicemente un caso.

Infatti, lei chiuse gli occhi e contemporaneamente aumentò la presa sulla mia mano, una presa comunque molto debole.

 

Non so per quanto tempo rimasi là a fissarla, la sua mano nella mia.

Ad un certo punto, trasalii sentendo una voce dietro di me che diceva:

«Vic...mi dispiace tanto. I dottori hanno detto che ha avuto una ricaduta improvvisa, e che è difficile che si riprenda, questa volta»

Era mia mamma, che subito appoggiò una mano sulla mia spalla. Mi voltai: anche lei aveva gli occhi lucidi. Una strana sensazione mi attanagliava lo stomaco.

Per la prima volta da quando ero arrivata assieme a Brian mi guardai intorno: ci trovavamo in una semplice stanza d'ospedale, piccola e spoglia. Non c'erano altri pazienti oltre mia nonna.

Le uniche persone presenti nella stanza erano i miei genitori, Brian e il dottor Folkner, che esibiva uno sguardo preoccupatissimo sul volto sempre allegro.

Il ticchettare dell'orologio appeso alla parete risuonava nel silenzio, correndo inesorabilmente, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto.

L'elettrocardiogramma ci informava che la frequenza cardiaca della nonna era molto lenta; ma nessuno tra i presenti si mosse: né i miei genitori, né il dottor Folkner. Rimasero semplicemente fermi immobili.

«Ehm, signora...credo che ormai stia per...andarsene. Non c'è nulla da fare, mi dispiace» sussurrò il dottore rivolto a mia madre.

Lei per tutta risposta annuì sconsolata.

Io mi avvicinai alla nonna, chinai la testa per darle un bacio, ma proprio in quel momento le sue labbra screpolate si aprirono. «S-sei stata...b-bra...vissima» sussurrò.

Chiuse gli occhi, voltò leggermente la testa e rimase immobile.

«Grazie, nonna, grazie» risposi io con un filo di voce, sapendo benissimo che non avrebbe potuto sentirmi.

Nonna Faith se n'era andata, per sempre.

 

Nel lutto, non potei fare a meno di sentirmi rincuorata, sapendo che le sue ultime parole erano state per me.





Credits: la canzone citata all'inizio è "Last Hope" dei Paramore.

Tutti i personaggi presenti in questo capitolo sono di mia invenzione.

   
 
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