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Autore: meetmeatsunset    11/07/2013    3 recensioni
C'era un ragazzo.
No, questa purtroppo non è una di quelle favole che iniziano con "C'era una volta" e terminano con "e vissero tutti felici e contenti".
No.
Questa è un'altra storia.
Allora, c'era un ragazzo e c'era una ragazza.
Okay, fin qui sembra tutto apposto, no?
Ma non è così.
Cosa succederebbe se i due s'innamorassero? Se diventassero così uniti da non lasciarsi più? Se i loro cuori continuassero a cercarsi per sempre?
E poi, cosa succederebbe se, tutto ad un tratto, si dividessero?
Lui si allontanerebbe.
Lei piangerebbe.
E' ovvio.
Ma dopo? Se un giorno, casualmente, si reincontrassero? Magari con qualche lacrima in più e qualche sorriso in meno?
Beh, sta al destino deciderlo.
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Storia di @meetmeatsunset©
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nothing's changed at all.
II Capitolo.
'La partenza'
@meetmeatsunset


La notte prima della partenza.
Piena di angoscia, paura e speranza.
Sarah non la pensava così: lei aveva molta fiducia in questo viaggio e in quello che doveva realizzare a Cambridge.
Aveva già preparato tutto. 
Vestiti, scarpe, cellulare, iPod, piastra, smalti e trucchi erano da qualche parte in una delle tre valigie vicino alla porta della sua camera.
Aveva preparato anche un'altra borsa e un'altra più piccola per tenervi libri e oggetti essenziali.
Riguardo ad Erin, beh, lei quella notte dormiva e basta.
I suoi bagagli erano lì, pronti.
Non pensava a nulla, si era ripromessa di svegliarsi come in un giorno normale, di non piangere perchè avrebbe lasciato la madre sola.
Voleva che tutto apparisse una grande opportunità per lei -come, del resto era- e non voleva mostrarsi impreparata agli occhi degli altri.
Avrebbe fatto subito una buona impressione con i professori e si sarebbe fatta valere per ciò che era.
Sì, è vero, prima non le andava di partire e di trasferirsi nell'università, ma la gioia che aveva provato quando aveva aperto la busta gialla con Sarah le aveva fatto cambiare idea.
Aveva pensato alla loro amicizia per prima.
Pensava che grazie alla loro ammissione, avrebbero trascorso più tempo insieme e, magari, avrebbero fatto nuove conoscenze.
Ah, questa era la cosa che Erin desiderava di più al mondo. 
Al liceo aveva pochi amici e voleva che all'università ci fossero tipi interessanti da aggiungere alla lista.
Ma la cosa che più voleva era conoscere un ragazzo, sì, uno di quelli che ti lasciano senza fiato, uno di quelli che ti amano per davvero.
Ci sarebbe mai riuscita?
Era questa la domanda che la tormentava giorno e notte.
Sapeva di non essere perfetta, ma voleva trovare una persona che l'apprezzasse per ciò che era.
Se esistesse, il ragazzo perfetto per Erin avrebbe avuto gli occhi verdi, i capelli castani e sarebbe stato più alto di lei. 
Poi sarebbe stato un tipo affettuoso e sempre disponibile a darle un passaggio se lei si fosse ritrovata a piedi.
Ma fu proprio in quell'istante che un altro sogno prese il sopravvento su quella notte così tranquilla.
 
C'erano due occhi verdi e brillanti davanti ai suoi.
Sembravano gli stessi dell'altra volta.
Erin non ne era certa perchè, prima che se ne accertasse, quegli occhi sparirono.
Subito dopo ebbe la sensazione che qualcuno le toccasse la mano e poi la stringesse forte.
Poi, delicatamente, quell'impressione sparì.
Ma tornarono quegli occhi verdi.
Stavolta si chiusero lentamente e poi si riaprirono, ancora più luminosi di prima.
Lo zoom si spostò dagli occhi all'intero viso; quella figura maschile disse un nome.
Forse era il suo.
Buio.
 
 
Erin si svegliò madida di sudore e con le mani tremanti.
Chi era quel ragazzo?
Non riusciva a ricordarne il nome, eppure nel sogno era così chiaro.
«Cavolo!» sussurrò guardando l'ora sull'orologio del comodino. Erano le quattro e un quarto.
Erano le quattro e un quarto e lei tra poche ore sarebbe dovuta partire.
Sbuffò e si rimise sotto le coperte. Non riuscì a prendere sonno.
Ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva quelli di quel ragazzo senza nome.
Contò le pecore, ma poco dopo ripensava al nome che aveva quel tizio.
Robert? Edward? Ah, non lo sapeva.
Comunque quel nome aveva il suono di una erre, o forse due.
Diede un'occhiata ai suoi bagagli e controllò che sulla scrivania ci fossero i vestiti per la partenza.
Non sapendo cosa fare, prese un pezzo di carta e scrisse dei nomi con la erre.
Harrison, Ray, Roger, Rian, Harry...
«Mh, Harry.» mormorò Erin. «Potrebbe essere questo...» disse chiudendo gli occhi e cercando di ricordare il sogno.
Li riaprì, convinta che quello era il nome giusto.
Ma, adesso che credeva di saperlo, a cosa le serviva?
In fondo, non sapeva neanche se questo ragazzo esistesse davvero.
Nascose il foglio in un cassetto e, piano piano, si addormentò.
 
Sarah sobbalzò dal letto circa venti minuti prima della sua sveglia.
Il suo cellulare continuava a suonare, Erin la stava chiamando.
«Ehi bella, dimmi tutto.» disse Sarah con voce un po' assonnata.
«Io sono qui sotto casa tua, vestiti e scendi!» rispose l'amica ridendo.
«Okay, arrivo tra un po'.»
Si vestì in fretta e ricontrollò i bagagli un paio di volte, sempre con la stessa accortezza di non dimenticare nulla.
Svegliò anche i suoi genitori e disse che dovevano vestirsi per salutare lei ed Erin.
Trovò due minuti per fare colazione con un cappuccino e una brioche.
Quando furono pronti, i genitori di Sarah e lei uscirono di casa.
Erin le saltò al collo continuando a ripetere "Adesso si parte, adesso si parte!" e Sarah non potè fare a meno di abbracciarla più forte.
Samantha salutò i genitori di Sarah e poi i tre si misero a parlare di quanto sarebbe stato lungo il viaggio e verso che ora sarebbero arrivate.
«Erin, io ancora non credo che tutto questo sia possibile. Lo capisci? Vivremo insieme!» esultò Sarah.
«Neanche io ci credo, voglio il massimo da quest'esperienza. Ce lo meritiamo, entrambe.» concluse l'altra.
«Sai cosa voglio?» aggiunse poco dopo Erin.
Sarah scosse la testa.
«Voglio conoscere qualcuno. Ho la piacevole sensazione che incontreremo delle persone speciali...»
«Oh Erin, vedrai, sarà esattamente così.» sorrise l'altra «E sai cosa voglio io?»
Erin bisbigliò un timido "No" e poi sorrise.
«Io voglio conoscere un bel ragazzo!» ammiccò Sarah.
Le due risero e si abbracciarono.
Erin sussurrò nell'orecchio dell'amica: «Sai, anche io.»
 
Samantha e i genitori di Sarah accompagnarono le figlie alla stazione.
Le due avrebbero viaggiato per non più di due ore.
«Ecco, manca poco...» bisbigliò Erin.
I genitori erano sempre fermi nello stesso punto e stavano decidendo quale giorno chiamarle.
«Ragazze, abbiamo deciso» annunciò la madre di Sarah «ci chiamerete ogni mercoledì sera, così avrete tutto il tempo libero.»
Le due ragazze sorrisero e si strinsero la mano.
I cinque udirono un lungo fischio, segno che il treno stava arrivando.
A Erin batteva forte il cuore.
Il treno si fermò e le porte si aprirono.
«Fa' buon viaggio piccola, ti voglio bene.» disse Samantha alla figlia.
La strinse forte e, dopo averla lasciata, si asciugò un paio di lacrime che scendevano velocemente sulle guance.
Anche Sarah e i suoi genitori si salutarono così.
Presi i bagagli, Sarah ed Erin salirono sul treno e scelsero dei posti.
Erin continuava a salutare la madre dal finestrino e intanto piangeva.
Mosse la bocca per dire "Ti voglio bene" e, proprio in quel momento, il treno partì, lasciando la caotica stazione di Londra.
-
Erin si sedette al suo posto e guardò intensamente Sarah, anche lei con gli occhi lucidi.
«Erin...» disse l'amica a bassa voce «...stiamo facendo la cosa giusta? Voglio dire, stiamo lasciando i nostri genitori da soli...» si asciugò una lacrima.
Erin strinse la mano di Sarah e annuì dolcemente.
«Lo so, staranno da soli fino a quando finiremo l'università, ma loro vogliono solo il meglio per noi, quindi sì, stiamo facendo la cosa giusta, credimi.»
Sarah abbassò lo sguardo verso i bagagli: «Compreremo altri vestiti, vero? Anche se ce li ho messi tutti, sono pochi per i prossimi cinque anni!»
Erin sorrise e rispose un timido "Sì".
Solo in quel momento Erin notò che il loro vagone era quasi vuoto, se non per un uomo che si era addormentato e due ragazzi, anche loro con dei bagagli.
Si concentrò proprio su loro: vide che uno dei due aveva i capelli ricci e un ampio sorriso e l'altro era biondo e aveva degli occhi azzurri pazzeschi... color del mare.
Il ragazzo con i capelli ricci sembrava... un angelo.
Era perfetto.
Lui si scostò i capelli dalla fronte con una mossa delicata che fece sciogliere Erin.
Solo allora lei vide i suoi magnifici occhi verdi.
Un momento.
 
Buio.
Poi due occhi verdi davanti ai suoi. 
Brillavano...
 
No, non poteva essere lui.
Erin distolse lo sguardo e chiuse gli occhi. 
No, non era lui.
Sentì il cuore esplodere. Le sue mani tremavano.
Sarah chiamò Erin preoccupata.
«Ehi, tutto okay?» 
Sarah guardò nella direzione dei due ragazzi e realizzò che erano bellissimi.
Lei continuò a guardarli, ignara del fatto che Erin stava sudando.
«Erin, che ti prende?»
«Nulla, Sarah, tranquilla.» disse Erin e, piano piano, si ricompose.
Guardò un'ultima volta quei due ragazzi. No, quel ragazzo non assomigliava molto a quello del sogno.
Si convinse che il ragionamento poteva essere solo quello: non poteva sognare un ragazzo perfetto e poi ritrovarselo nel suo stesso treno, no?
Tranquillizzò Sarah e decise di riposarsi un po'.
 
Erin si svegliò di colpo per colpa del solito fischio che emetteva il treno.
«Oh, la bella addormentata si è svegliata! Ti sei persa tutto il paesaggio, sai?» disse Sarah.
«Scusami, mi sentivo un po' scossa. Avevo paura di sentirmi male...» rispose Erin sistemandosi i capelli.
Vide che quei due ragazzi se n'erano andati e concluse che era meglio così.
Non avrebbe sopportato un altro "malore" per quel tizio ed era certa che non avrebbe voluto reincontrarlo più.
«Tranquilla, conoscendoti so che stanotte non hai dormito molto, vero?» 
«No, infatti...» 
«Come ti conosco!» sorrise Sarah.
Le due presero i bagagli e scesero dal treno.
Sarah aveva, come dire, qualche problema di trasporto.
Erin l'aiuto e, uscite dalla stazione, non poterono trattenersi dallo stupore della meravigliosa città di Cambridge.
«Ommiodio, Erin! Questa sarà casa nostra! Casa nostra!» urlò Sarah.
«Sì, casa nostra...» concluse Erin.
Sarah mollò i bagagli e abbracciò forte l'amica.  
«Conserverò il biglietto del treno per sempre!» esultò Sarah. «E poi terrò ogni biglietto dell'autobus che prenderò, e poi...»
Erin la lasciò parlare mentre lei girava su sè stessa per capire se stava sognando o no.
Esaminò ogni cartello delle strade davanti a lei, guardò i bar, la gente...
«... mi hai sentito Erin?» concluse Sarah dopo un po' sospirando.
«Sì...» disse Erin distrattamente mentre si soffermava a guardare gli edifici.
«Prendiamo l'autobus o andiamo a piedi?» domandò l'altra.
«Mh, preferirei andare a piedi!» concluse Erin.
«Oh, non avrò il mio primo biglietto dell'autobus!» si lagnò Sarah.
Erin rise e prese l'amica sottobraccio trascinandosi dietro i bagagli. 
 
Con qualche piccola difficoltà -ovvero quella di perdere la cartina della città e di sbagliare strada più o meno una decina di volte- riuscirono ad arrivare all'università.
C'erano tanti altri ragazzi che aspettavano lì fuori.
Alcuni si abbracciavano, altri si stringevano la mano e si presentavano come segno di nuove amicizie.
Sarah domandò ad un ragazzo vicino a lei: «Cosa stiamo aspettando precisamente?»
Il ragazzo si girò, la squadrò e poi rispose. «La preside deve fare il solito discorso da quattro soldi...»
Sarah lo ringraziò e portò Erin davanti all'ingresso. 
«Ho già visto un paio di ragazzi mentre camminavo...» ammiccò Sarah.
Erin fece una smorfia di disaccordo. «Non mi piacciono questi tipi.»
Sarah le fece la linguaccia e, in quel momento, la porta si aprì.
La preside era un po' anziana, forse sulla sessantina, e aveva un completo di giacca e gonna marroni, coperti da un trench beige.
Aveva i capelli grigi e due enormi orecchini pendenti color oro.
«Buongiorno, ragazzi.» annunciò.
«Buongiorno Signora Davies.» risposero tutti i ragazzi in un coro monotono e strascicato.
«Ancora una volta, sono davvero molto felice di accogliervi qui. Spero che vi troviate a vostro agio e vi auguro che passiate dei bellissimi anni con me e i professori. Ci tengo a dire che non studierete sui libri tutto il giorno, ci saranno anche delle attivià extra-scolastiche che troverete in segreteria.»
Erin si guardò intorno. Non ne poteva già più di quel discorso.
«... ora vi saluto, in bocca al lupo per i prossimi cinque anni, ragazzi!» concluse la preside.
La folla di studenti applaudì per più di un minuto, e finalmente, poterono entrare nella scuola.
«Erin, è stupenda!» esclamò Sarah tenendola per mano.
Erin sorrise e annuì.
Non poterono fare più di qualche passo che un piccolo megafono trillò. «A tutti gli studenti: oggi farete un giro panoramico della scuola, ma prima vi sistemerete nelle rispettive camere. Recatevi in segreteria in fila, riceverete un bigliettino con il numero della stanza e il vostro coinquilino. A dopo!»
«Spero che almeno saremo in stanza assieme.» sbuffò Erin.
«Vedremo... qui ci sono tante ragazze...» disse Sarah guardandosi intorno.
In men che non si dica, tutti i ragazzi erano già in fila davanti alla segreteria.
Erin e Sarah erano parecchio indietro, però aspettarono pazientemente il loro turno.
Quando Sarah fu, finalmente, davanti alla signora della segreteria, sbuffò e sibilò un "Mi dispiace" ad Erin che era dietro di lei.
Erin dapprima non capì, ma quando le consegnarono il biglietto, concluse che non era in stanza con Sarah.
Le due si confrontarono i biglietti poco più avanti, non curandosi della folla di ragazzi che correvano verso le loro stanze.
«Sul mio c'è scritto che starò con una certa Margaret Fisher...» disse Sarah.
«Mh, sul mio c'è Caleigh Mitchell. Suona bene come nome!»
Sarah rise, ma fu interrotta da una ragazza che urlava.
«Chi è Sarah Williams? Sei tu? Sarah Williams!» 
Sarah la squadrò. Prese Erin per mano e si diressero verso quella pazza.
«Ciao. Sono io Sarah Williams.» disse dolcemente agitando la mano.
«Oh, bene, ti ho trovata! Piacere, sono Margaret Fisher, la tua nuova coinquilina.» disse porgendole la mano.
Sarah mandò un'occhiata ad Erin e poi strinse la mano a Margaret.
«Piacere di averti conosciuta, ci vediamo in camera!»
Margaret la salutò e salì le scale.
«Non mi piace» sussurrò Sarah «è una secchiona.»
Erin rise di gusto e infine rispose: «Forse ha solo un look da hippy!»
Stavolta, risero entrambe.
«Almeno mi passerà i compiti!» aggiunse Sarah «Che stanza hai?»
Erin prese il biglietto dalla tasca: «Sto nella 406, tu?»
«Io la 408. Saremo vicine!» Sarah l'abbracciò.
Si salutarono e Erin vide l'amica correre su per le scale insieme a tutti i suoi bagagli.
Erin rimase per un po' nei pressi della segreteria. 
Inviò un messaggio ai suoi genitori.
«Ehi, qualche problema?» disse un ragazzo davanti a lei.
Erin sollevò lo sguardo e sbarrò gli occhi.
«No, no, grazie. Sono a posto.» rispose balbettando.
«Bene. Piacere, sono Zayn Malik.» disse sorridendo.
Poco dopo, lui tirò la mano fuori dalla tasca e Erin la strinse.
«Io sono Erin Price.» 
«Ho una nuova amica» rise lui «e sei anche la prima oggi!»
Erin si inchinò come per dire "E' un onore" e lui sorrise.
Erin notò che aveva un sorriso stupendo, che incorniciava i suoi dolci occhi color nocciola.
Aveva un look normale: giacca da college e jeans, nulla di che. I suoi capelli erano all'insù e rasati ai lati.
«Anche tu sei il mio primo amico, e forse anche l'ultimo» disse Erin.
Zayn corrugò la fronte.
«Emh, cioè, non faccio amicizia facilmente...»
«Ah, tutto chiaro. Beh, io devo andare.» disse Zayn guardando l'ora «abbiamo solo un'ora per sistemare i bagagli.»
«Ah, okay. Ci vediamo in giro Zayn!» disse Erin salutandolo con la mano.
Lui ricambiò e si allontanò sorridendo.
--
Dopo aver caricato i bagagli nell'ascensore, Erin riuscì a trovare la sua stanza.
Bussò per vedere se la sua coinquilina era già dentro, e non sentendo alcuna risposta, entrò.
Vide subito che qualcuno era passato di lì... lasciando tutto molto in disordine.
Una ragazza uscì dal bagno con lo spazzolino da denti in bocca.
Squadrò Erin e poi diede un'occhiata al biglietto sul comodino.
«Sei Erin Price, giusto?» disse la ragazza con il dentifricio che le colava da un labbro.
Erin annuì.
«Oh» disse la ragazza porgendole la mano «io sono Caleigh Mitchell.»
Le due si strinsero la mano e Caleigh tornò in bagno a finire di lavarsi i denti.
Erin sbarrò gli occhi e sussurrò un "Okay" prolungando eccessivamente la 'a'.
Scaricò i bagagli vicino al suo letto e vi sedette. Era morbido.
Finalmente, Caleigh uscì dal bagno. «Scusa, di solito non mi presento così.» 
«Tranquilla, non importa.» disse Erin sorridendo.
Caleigh le girò intorno un paio di volte. «Sei carina. Mi aspettavo la solita secchiona di prima categoria»
Erin rise. «Beh, non lo sono. Anche tu lo sei» 
Caleigh la ringraziò. Finalmente si decise a mettere in ordine le sue cose e intanto Erin la guardava.
Era bella.
Aveva lunghi capelli corvini lisci e degli occhi verdi intensi e un sorriso davvero spettacolare.
Era magra, magra da far invidia ed era proporzionata.
Era bella davvero.
Finito di riordinare, Caleigh si concesse cinque minuti di relax sul letto.
«Non voglio vedere la scuola. Insomma, dovremo vivere qui per cinque anni, il tempo per vederla ci sarà di sicuro, no?» disse agitando la mano.
Erin rise. «Magari lo fanno solo per scena»
«Sì! Questi tizi vogliono solo mettersi in mostra.»
«Conosci già tutti i professori?»
Caleigh si mise a sedere.
«Sì, sono stata bocciata l'anno scorso» sorrise.
Iniziamo bene, pensò Erin.
 




SPAZIO AUTRICE:
Ciao! Volevo solo ringraziarvi delle tantissime visite del primo capitolo.
Vi amo, 
peace&love.
@meetmeatsunset
 
 
  
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