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Autore: Jackie_    11/07/2013    2 recensioni
Questa storia è ambientata nel 2029, Jack -diventato padre a 25 anni- ha deciso di tornare a Baltimora dopo sedici anni di assenza per sistemare i conti col passato. Che cosa ne è stato degli All Time Low? Come se la caverà April Barakat nella nuova città? E riuscirà Jack a far pace con i propri rimpianti?
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Tre

April's pov
 
Non avrei mai pensato che lo avrei detto, ma papà aveva ragione: Baltimora mi piace. Non sempre e nemmeno troppo, ma i pomeriggi come questo mi fanno sentire meno la nostalgia di casa e riesco persino a divertirmi. Non che facciamo niente di speciale, eh, stiamo semplicemente al parco fregandocene altamente dei compiti di scuola. 
Sono appena arrivata e Virginia e Lucas stanno litigando furiosamente. Di nuovo.
"Cos'è successo questa volta?" chiedo sedendomi sulla panchina accanto a Josh.
"Dio ce ne scampi, April! Litigano per Nathan. E io credo mi taglierò presto la gola, non li sopporto più!"
Sorrido divertita concedendomi un istante per osservare i miei nuovi amici.
Quando me li ha presentati Peter il primo giorno di scuola sono rimasta sconcertata, mi avevano fatto davvero una strana impressione. Ma adesso so di essere stata davvero fortunata.
Virginia e Lucas sono gemelli e passano le giornate ad ammazzarsi in furiose litigate, ma non possono fare a meno l'uno dell'altra. 
Virginia è piuttosto autoritaria, ma allo stesso tempo gentilissima. Ha un suo preciso ordine mentale che deve essere rispettato ad ogni costo e riesce sempre ad ottenere ciò che vuole. Sarà per il suo candido viso da angelo? Probabile.
Lucas invece è l'esatto opposto. È volubile, un indeciso cronico, si fa condizionare da chiunque, e credo di non aver mai conosciuto persona più paranoica di lui. Ogni tanto sembra uno schizzato, uno scienziato pazzo. Ah, è più gay di Freddie Mercury e Ricky Martin messi assieme.
Poi c'è Josh. Lui è il tipico ragazzo di ghiaccio che sembra non provare mai alcun tipo di emozione. Nel suo cuore pare alberghino unicamente istinti omicidi, è il solito adolescente che odia tutto e tutti indistintamente. Eppure io credo sia solo una facciata, in questo mese trascorso in sua compagnia si è dimostrato un amico fantastico.
E Peter. Non saprei come descriverlo. È un ragazzo strano, particolare. Ogni tanto sparisce per giorni interi e nessuno sembra farci caso. È come un'ombra che aleggia costante su questo assurdo gruppo di amici, una presenza invisibile che tutti percepiscono in ogni momento anche quando effettivamente non c'è. Peter non parla molto, ma quando lo fa ha la capacità di stupirti. È molto maturo, più di chiunque altro -soprattutto dei gemelli- e ha un modo di guardarti che ti fa sentire speciale. 
"Ti ho detto che mi ha lasciato il numero!" le grida di Virginia mi distraggono dalle mie riflessioni.
"Si, ma solo perché voleva che tu lo dessi a Margaret!"
Lucas alza lo sguardo al cielo furibondo e finalmente si accorge della mia presenza.
"April!" -sorride sollevato avvicinandosi- "Eccoti qua, era ora! Adesso puoi dire gentilmente a mia sorella che Nathan è assolutissimamente gay?"
Passo lo sguardo prima su di lui e il suo sorriso, poi su Virginia e il suo cipiglio incazzato. Non ci metto molto a rispondere: "Non coinvolgetemi! Lasciatemi fuori!"
Lucas sta certamente per rispondere, sembra deluso dal fatto che io abbia deciso di rimanere neutrale -Svizzera è il mio secondo nome- ma viene interrotto dall'arrivo di Peter che piomba felice in mezzo a noi.
"Cos'hai da sorridere tanto?" gli domanda Josh squadrandolo dalla testa ai piedi.
"Ragazzi" -esordisce Peter con tono solenne sedendosi tra me e il suo amico circondandoci le spalle con le braccia- "se n'è andato. È partito, finalmente!"
Vedo i visi dei miei tre amici illuminarsi contemporaneamente. Persino Josh sembra sollevato.
"Davvero? Quindi questo significa..." -Virginia guarda attentamente gli altri tre e insieme esclamano- "FESTA!"
Io rimango allibita da questo slancio di euforia. I gemelli sembrano essersi completamente dimenticati della loro disputa e hanno preso a saltellare trascinando Peter in una strana danza. Anche Josh è scattato in piedi lasciando cadere a terra la sigaretta, sembrano tutti molto esaltati. E io non idea del perché.
"Ehm...ragazzi?" -domando un po' titubante- "Ragazzi, che vi prende? Chi se n'è andato?"
Ma quei quattro idioti sembrano essersi dimenticati della mia presenza e io non riesco a tollerarlo per più di qualche minuto. Voglio capire il perché di quell'improvvisa felicità, voglio saltellare anch'io come un koala in preda a degli spasmi folli!
Con una mossa di agilità degna di Ken il Guerriero salgo in piedi sulla panchina e mi lancio senza alcun timore contro il quartetto impazzito. Josh è l'unico che si accorge di me giusto in tempo per fare un passo indietro ed evitare di rovinare a terra come invece è successo a me e agli altri. 
"Ahia! Ma che cazzo?" si lamenta Lucas guardandomi malissimo.
"Cosa diavolo ti passa per la testa? Ho picchiato il gomito!" piagnucola invece Virginia cercando l'aiuto di Josh per rialzarsi.
Peter, invece, è l'unico ancora esaltato. Si volta verso di me e mi abbraccia di slancio conficcandomi un ginocchio nelle costole. Rimango schiacciata per qualche interminabile secondo tra il terreno e il peso del mio amico che ancora non ha proferito parola.
È Josh ha spiegarmi tutto con il suo solito tono indifferente, ma so che sotto sotto anche lui freme di una strana eccitazione.
"Se n'è andato il padre di Peter. Va via per lavoro e ogni volta che parte noi festeggiamo."
"Oh..." sussurro, ma sembra più un rantolo perché i miei polmoni sono ancora spiaccicati contro le costole.
Per fortuna Peter decide di alzarsi e mi dà la possibilità di riprendere fiato. A dirla tutta la spiegazione di Josh non mi è piaciuta molto. Non capisco perché loro sono così...felici che suo padre se ne sia andato. 
"Cioè...voi festeggiate quando lui parte? È...triste." ammetto volgendo lo sguardo su Peter.
Lui mi sorride e si avvicina prendendomi sottobraccio come se fossimo due vecchie comare.
"Ogni tanto dimentico che sei nuova di qui. È il caso che ti racconti un paio di cose."
 
 
Jack's pov
 
È passato un mese e finalmente posso dirlo: avevo ragione. Ad April Baltimora piace davvero, più di quanto lei sia pronta ad ammettere, ne sono certo. Ed io sono estremamente felice. Non avrei mai pensato che le cose potessero andare così bene: ho trovato un lavoro stabile in un bel locale dove quasi ogni sera suonano musica dal vivo e mia figlia ha già trovato degli amici. 
Questa sera era particolarmente felice. Si è accoccolata accanto a me sul divano e con un sorriso sul viso mi ha chiesto il permesso per andare a dormire a casa di amici che avevano organizzato una festa. Ammetto che avrei voluto farle il terzo grado chiedendole da chi andava, quante persone ci sarebbero state, se ci sarebbero stati i genitori del ragazzo che organizzava la festa, ma April mi aveva anticipato puntandomi un dito contro e sussurrando quasi minacciosamente: "Fidati di me, papà, tornerò domattina sana e salva."
E io mi fido.
Dopotutto non sarei mai riuscito a dirle di no. È da quando abbiamo lasciato Olympia che non sorride in quel modo. Mia figlia ha il sorriso più bello del mondo: quello di sua madre. Ogni volta che si lascia andare a quel sorriso il mio cuore perde un battito, mi sembra quasi di rivedere lei, Clara, davanti a me. 
Poggio la tazza di latte fumante sul tavolo e raggiungo la finestra. Clara. Vorrei sapere dove si trova in questo momento, se ogni tanto anche lei mi pensa e soprattutto se pensa ad April. Vorrei rivederla almeno una volta, solo per riversarle addosso tutta la rabbia e la delusione che non sono stato in grado di liberare in sedici anni. 
 
I ricordi prendono il sopravvento e in pochi secondi mi ritrovo catapultato nel passato, quando ancora lei era accanto a me.
Indossavi un abito bianco e nero, lo ricordo perfettamente, nonostante siano trascorsi quasi diciassette anni. È come impresso a fuoco nella mia mente quel vestito, forse perché ti rendeva più bella di quanto non fossi già. Ti donava un'aria innocente che contrastava magnificamente col rossetto rosso che tanto adoravi. 
Riesco a sentire ancora adesso il tuo profumo mentre eravamo sdraiati nel prato di casa tua a guardare le stelle il giorno del mio venticinquesimo compleanno.
"Ti sporcherai il vestito." -avevo protestato quando mi avevi trascinato sull'erba- "Prenderai freddo!"
"E piantala!" avevi riso deliziosamente perché avevi perfettamente capito che quella situazione in realtà mi imbarazzava da morire. 
Eri l'unica persona sulla faccia della Terra in grado di farmi vergognare. In senso positivo, ovviamente. 
"Senti, Jack, devo dirti una cosa. Stammi ad ascoltare, okay?"
E in quel momento mi avevi sorriso nel modo che ancora oggi mi fa stare male. Sembravi un sogno, non avevo mai visto nulla di più bello. Non riuscivo a credere di essere stato così fortunato, non riuscivo a credere che avessi scelto proprio me.
"Farei qualsiasi cosa per te, Jack. Devo dirti la verità: io ho già detto 'ti amo' ad una persona, ma adesso so che era una bugia perché non era nulla in confronto a quello che provo per te. Ti amo davvero, è più forte di me. Non posso fare a meno di amarti."
Quell'istante fu il momento più bello della mia vita. E ripensarci adesso, sapendo che non una parola era sincera, fa più male di quanto possa essere lecito. Ironico come una sola persona possa farti sentire unico e speciale e lasciarti cadere nel baratro più profondo poco dopo. 
Credo che le persone socializzino solo per un motivo: per ottenere qualcosa in cambio. Che sia perché hanno paura della solitudine, vogliono fare musica girando il mondo, vogliono derubarti di tutto quello che hai... Viviamo in un mondo di arrivisti. 
 
Il campanello di casa mi fa sobbalzare portandosi via il ricordo amaro di Clara. Mi chiedo chi possa essere a quest'ora, forse April che ha dimenticato le chiavi di casa. Sbadata proprio come suo padre.
Raggiungo la porta pronto a rinfacciarle la sua dimenticanza, ma quando capisco che la persona che mi sta davanti non è April, rimango pietrificato.
"Rian." realizzo incredulo in un soffio.
Lui sembra rilassato, mi guarda dritto negli occhi con un sorriso un po' strano, sembra più un ghigno.
E senza nemmeno una parola mi tira un pugno dritto sul naso.






Author's corner
Ehilà! Scusatemi davvero tantissimo se ci ho messo una vita e mezza per aggiornare, ma ho fatto la maturità e poi sono andata al mare! >__< Perdono!
E so anche che questo capitolo non è un granché, ma non mi va di accorciare troppo la storia, presto ci saranno svariati colpi di scena, abbiate fede!
Scusate ancora!
Jackie.
  
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