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Autore: VexDominil    11/07/2013    1 recensioni
Una scelta è sempre una scelta. Anche se presa per le decisioni sbagliate.
Genere: Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Non l'amore, non i soldi, non la fede, non la fama, non la giustizia... datemi solo la Verità

(Schopenhauer)

Anche solo per i vestiti orribili che si era messa, Temi capì che la giornata non sarebbe filata via come un fuso. "Come se lo facesse mai!" Purtroppo soprattutto quel giorno perché più cercava di concentrarsi più le tornava in mente il quasi stupro e le informazioni che aveva ottenuto.
Un sacco di medici le chiesero se fosse lei quella comparsa quella mattina in camice spiegazzato e sporco e lei mentì spudoratamente, imbarazzandosi da morire. Sembrava essere la nuova barzelletta dell'ospedale e, pur scherzando, due malati le avevano chiesto che fosse loro cambiato medico, poiché non sopportavano il suo look. Lei rise a denti strettissimi, tanto da sembrare un criceto estatico. O sotto acidi.
Comunque, la giornata peggiorò moltissimo quando un medico le chiese di occuparsi con la massima discrezione di un paziente speciale. "Massima discrezione" e "speciale" avevano acceso una luce nella mente di Temi che diceva: "Attenzione! E' un vip/riccone/potente che si è fatto la bua mentre il suo medico personale è in vacanza alle Hawaii/Canarie/Narnia/Arcadia e danno a te il compito di accudirlo come una servetta perché sei una quasi medico e per lui, povero caro, vogliono solo il meglio, perciò niente assistenza infermieristica!"
Con il senno di poi, la ragazza si chiese se le luci potessero parlare o vedere il futuro.
Ma ora non c'era tempo per quel pensiero ozioso e si diresse nella camera 47,al secondo piano.
Aveva un brutto presentimento, tuttavia sapeva che erano solo stupidaggini: era una donna di scienza, mica noccioline.
Purtroppo, dopo la piega degli eventi, decise che avrebbe fatto meglio a diventare astrologa: almeno nessun evento l'avrebbe più stupita.
Aprì la porta, ma la socchiuse subito, perché il vip/pezzo grosso/potente sdraiato su un letto stava parlando animatamente al cellulare con qualcuno. E di certo non chiacchieravano di violette e cerbiatti volanti.
Bussò e sentì gridare un irritatissimo "Avanti!". L'uomo chiuse la telefonata tagliando corto, visto che forse il suo interlocutore misterioso era molto restio a lasciarlo andare. Lei gli chiese sorridendo come stesse e diede una sbirciata alla sua cartella medica: cirrosi epatica.
"Questo qui ci ha dato dentro con l'alcool. Guarda che pancia da birra che ha."
Di certo il signor Tommy Busco non era un figurino, ma un gran bel vitellone di quelli robusti.
Sembrava un produttore di Hollywood: aveva pure la coda di cavallo e i capelli radi sulla fronte!
Gli mancava solo una camicia a stampa Hawaiana, sostituita in questo caso da un camice azzurrino.
"Busco, Busco, Busco... l'ho già sentito questo nome e non mi ispira fiducia. Dovevo dormire di più, stanotte, almeno mi ricorderei altre cose, oltre al mio nome!"
Ben conscia che non avrebbe potuto farlo comunque, si avvicinò, controllò la flebo e si preparò a sorbire le lamentele del paziente. Stranamente non ne fece, anzi, chiacchierò un po' e cercò di fare il cascamorto con lei, visto che solo a vedere una bella figliuola come lei si guariva di colpo, secondo il suo parere.
Temi ridacchiò, ben conscia di non essere tutta questa miss mondo, e si assicurò che fosse comodo, invitandolo a chiedere qualunque cosa potesse aver bisogno. Fu in quel momento che notò QUELLO.
Mentre lui sventolava le mani per dare più enfasi al suo immaginario spalancare le finestre, i suoi occhi notarono uno scintillio di tre metalli diversi che ormai conosceva bene, con la sua bella letterina greca incisa sopra. Le sue mani corsero alla tasca del camice, dove teneva l'anello del suo assalitore, che ora le scottava addosso.
Il simbolo di una banda, ma certo! Un segno di riconoscimento, di appartenenza. Qualcosa di così pacchiano da rimanere senza attenzione, perché troppo visibile.
E lei aveva un complice del potenziale stupratore davanti, con cui aveva scherzato e a cui aveva dato la propria disponibiltà.
Si odiò all'istante: non poteva dimenticare John Ferson dopo due giorni!
Il paziente, notando il cambiamento di temperatura nella stanza, le chiese se andasse tutto bene.
Lei gli ripose di stare solo ammirando il suo anello e gli chiese dove l'avesse comprato, perché voleva fare un regalo al suo fidanzato, poiché questo fantomatico ragazzo amava quelle cose.
"Eh, questo mica si trova dappertutto, cocca! Prendigli piuttosto un abbonamento allo stadio!" Le fece l'occhiolino e sorrise. Quella confidenza, quel tono bonario e manipolatore la nauseavano, così inventò di dover badare ad altro pazienti e uscì di corsa.
"Non si trova dappertutto, cocca! E' praticamente un'ammissione che si stato fatto per uno scopo ben preciso e che ce ne siano pochi in circolazione, fatti su misura. Ecco perché mi ricordava qualcosa il suo cognome! E' una delle famiglie che contano qui. Suo fratello non aveva passato dei guai recentemente con la giustizia?"
Scosse la testa.
No, non doveva farsi prendere dalle fantasia.
L'anello poteva essere di una confraternita, del gruppo di golf, poteva essere stato trovato nel sacchetto delle patatine, poteva essere di qualunque cosa.
No, per la sua testa, per quanto ci provasse, quell'anello indicava solo che era stata quasi vittima di uno appartenente alla banda dei Busco, di certo in giro per gli affari suoi.
Improvvisamente si sentì salire una gran rabbia: come mai quella gente non poteva mantenere delle brave persone invece che dei pregiudicati? Sarebbe stato meglio per tutti. Soprattutto per lei. Era quasi riuscita a non pensare al tentato stupro quella mattina, impegnata com'era tra un paziente e l'altro, ma sembrava quasi perseguitarla.
Uscì dal corridoio, cercando un'uscita per prendere una boccata d'aria e ossigenare il cervello che le rimaneva.
Incontrò Norge che guardò interrogativa la sua corsa folle e, per non farla preoccupare, le sussurrò al volo che aveva la pausa sigaretta.
All'infermiera non scappò che Temi non fumava e, dopo essersi sommariamente occupata di un paziente che non voleva rimanere a letto, la inseguì.
La trovò sulle scale antincendio, mentre guardava pericolosamente giù.
Temi aveva paura dell'altezza, ma affacciarsi per vedere il suolo era una delle cose che la tranquillizzava, come se la terra dicesse: "Può succedere di tutto, ma io sarò sempre qui pronta per il tuo doloroso abbraccio."
Norge sapeva che quella posizione era un'avvisaglia di un evento spiacevole per l'amica; infatti, qualche giorno dopo la morte del signor T, l'aveva trovata nella stessa posizione e si era spaventata da morire, poiché credeva che si stesse per buttare, tanto si stava sporgendo.
Anche lei temeva le altezze ma non trovava affatto rassicurante fissarle.
Così, con piccoli passi, le si avvicinò da dietro, ben attenta ad appoggiarsi a qualsiasi cosa, per non avere la terribile sensazione di vertigine, e afferrò le sue spalle come se fossero state le uniche cose stabili rimaste al mondo.
Temi, che era sovrappensiero, al contatto, si spaventò a morte e si irrigidì.
Solo quando sentì l'altra maledire tutto il pantheon nordico, le scappò un sorriso e si voltò.
Norge era livida e infuriata con lei, perché la costringeva a venire in luoghi che odiava e a preoccuparsi di lei.
Lei cercò di tranquillizzarla e finse solo di aver dovuto dare una brutta notizia a un paziente.
L'altra era davvero dubbiosa: era capitato altre volte, erano in un ospedale, dopotutto, ma mai la specializzanda si era comportato in questo modo, mentendole spudoratamente.
Di solito la cercava e le piangeva addosso, macchiandole il camice di mascara, quindi questo cambiamento la impensierì, soprattutto perché la vedeva abbastanza calma.
"Che si sia rafforzata? O che stia perdendo la sua spiccata sensibilità? Riuscirà a diventare un medico tipo Dottor House? Non mi piace. C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo, eppure non sembra così diversa dal solito. Gli occhi... solo sono strani. Normalmente dovrebbero quantomeno essere un po' lucidi, invece sono più asciutti del deserto. Sembra che sia separata dalla realtà. Forse ha solo dei pensieri in testa e neppure una brutta notizia riesce a scalfirla, in questo momento. Basta che non scoppi a piangere davanti al Grande Capo."
Norge non riusciva a capacitarsi, ma si limitò a farle una ramanzina sul mentirle e sullo scappare via nei corridoi.
Temi sorrise per farle capire che andava tutto bene e tornò dentro.
Si costrinse a tornare da Busco, altrimenti avrebbe potuto perdere il lavoro se quello si fosse lamentato del trattamento.
Mentre stava per aprire la porta, sentì delle parole smozzicate e appoggiò l'orecchio alla parete legnosa, fermando la mano sulla maniglia, dopo aver controllato chi ci fosse in giro.
Fino a poco tempo prima, precisamente due giorni, non l'avrebbe fatto, anzi: si sarebbe allontanata per discrezione. Ora invece sta ficcanasando come il peggiore dei detective televisivi.
Busco aveva ricevuto una telefonata anche prima, e, sebbene all'inizio le fosse sembrata d'affari assolutamente innocui, ora era certa che stesse dando indicazioni criptate per rapine, furti, ricatti e altri crimini.
Trattenne il respiro: cosa le sarebbe potuto accadere se avesse udito qualcosa che non avrebbe dovuto?
"Be', nulla, se tengo tutto per me." Questo suo primo pensiero fu spazzato via dall'indignazione e dal suo senso del dovere.
Non avrebbe mai potuto tener nascosto una cosa del genere. Ci ripensò: lei non aveva ancora denunciato il tentato stupro e aveva trafugato un oggetto dalla scena del crimine.
Le venne il magone, pensando a cosa sarebbe successo se lei avesse telefonato alla polizia non anonimamente, non toccando nulla e stando sul posto.
"Magari ora Ferson sarebbe in una bara, compianto da tutto il parentado e la famiglia si sarebbe data un po' pace. E io sarei stata forse odiata dalla vedova per essere stata così stupida? Sarei andata anch'io a dare l'ultimo saluto a uno sconosciuto che mi ha salvato la vita?"
Accantonò questi pensieri, per il momento non andava bene fare autocoscienza, e decise che dopo sarebbe andata a confessarsi, benché non mettesse piede da anni in una chiesa.
Era una donna di scienza, mica noccioline, ma ora voleva solo il supporto di uno sconosciuto a cui confidare i propri oscuri segreti.

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice che crede di aver fatto un bel casino.

 

Ciao a tutti i miei lettori e alle mie lettrici!

 

In questo capitolo ci sono vari interrrogativi che mi appresto a risolvere:

 

perchè Tommy Busco è nella stanza 47?

 

Perchè si chiama così?

 

Che cos'è la cirrosi epatica?

 

Che cosa c'entrano i cerbiatti volanti?

 

 

 

Il 47 ha questo significato: Equilibrio precario in ogni cosa. La Morte che parla. La cecità. La sordità. Incostanza, mutevolezza.

 

Poi il caro Tommy in realtà è ispirato a  Tommaso Buscetta, un mafioso italiano.

 

Lui soffre di una malattia del fegato, come si nota dal pensiero di Temi sul pancione da birra.

 

I cerbiatti volanti sono un omaggio a Vergilio, tanto per farlo rivoltare un po' nella tomba.

 

Sono malvagia, lo so.:D

 

Quindi vedete, cari lettori, che non scrivo (tutto) a caso ma molte hanno un significato nascosto.

 

Spero che vi sia piaciuto, che recensiate e che continuaste a seguire questo sgorbio!

 

Adieu!

 

Vex

 

 

 

  
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