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Autore: Dreamhunter    24/01/2008    2 recensioni
Questa è una serie di one-shot romantiche collegate l'una all'altra, che partono dalla fine del nono episodio della terza stagione di Bones. Attenzione per cui agli spoiler. Il titolo della serie è ispirato a un video musicale che ho realizzato su Bones.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Seeley Booth, Temperance Brennan
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Disclaimer: questa seconda one-shot è ispirata vagamente ad un noto film, a cui ho rubato il titolo e una scena. Booth e Brennan sono una coppia da commedia romantica. Riesco a trovare parallelismi con loro in tantissimi film che conosco. Quest'idea mi sembrava particolarmente carina. Spero vi piacerà.
Il pairing è ovviamente sempre BB.
E al solito i diritti sui personaggi non mi appartengono e sono proprietà di Hanson, della Fox e di quant'altri li detengano. Io non li uso a scopo di lucro, ma solo per passione e divertimento.
Buona lettura!!


Grazie a gabryriden24

- Addomesticare significa creare dei legami -
"Il piccolo principe" - Antoine De Saint- Exupéry

Il telefono suonò mentre Seeley prendeva il borsone sportivo dal portabagagli del SUV. "Stai vicino a me, finché non siamo usciti dal parcheggio, ok?", ordinò a Parker, richiudendo il portellone posteriore e frugando nella tasca dei jeans, in cerca del cellulare. "Ci sono troppe auto, qui. E' pericoloso... Pronto? Bones, che è successo? Non sei ancora partita?".
Alcuni giorni prima, Amy, la compagna di Russ, era venuta in città perché la figlia più piccola, Hayley, doveva fare degli esami specialistici con un esperto di fibrosi cistica e Seeley sapeva che poi, quel sabato, Temperance le avrebbe seguite in Nord Carolina per rivedere il fratello e trascorrere il week end con loro.
"Ehm... I piani sono cambiati". Lei sembrava nervosa. "E' accaduto un imprevisto... Dove sei? A casa?".
"No...". Infilandosi il borsone su una spalla, Seeley tese una mano al figlio, per attraversare la strada. "Sono con Parker... Un imprevisto? In che senso? Gli esami di Hayley hanno dato brutti risultati?".
"Per fortuna no. Il dottor Goetz dice che sta rispondendo bene alla terapia. In realtà si tratta di Amy...".
"Amy?".
"Questa mattina è scivolata su un marciapiedi. Si è rotta una caviglia e ha sbattuto la testa". Temperance sospirò. "Nulla di grave, ma ha una leggera commozione cerebrale e il medico del Pronto Soccorso ha insistito per farla ricoverare almeno per una notte".
"Wow. Alla faccia dell'imprevisto...".
"Già... Ho avvertito Russ, ma naturalmente lui non può muoversi, a causa della libertà condizionata, e comunque deve occuparsi dell'altra bambina, per cui...".
Lui comprese. "Tu devi occuparti di Hayley...".
Gli scappò un sorriso. Bones sola con una bambina di sette anni.
Come minimo, doveva essere in preda al panico.
"Esatto... Domani Amy sarà dimessa e le riaccompagnerò, ma...".
"Mi stai chiedendo aiuto, Bones?".
Un altro sospiro risuonò nel cellulare. "Uhm... beh... tu sei più pratico di bambini...".
"Parker ed io stiamo andando a pattinare: vi va di unirvi a noi?".
Temperance esitò. "A pattinare?".
"Sì. Sul ghiaccio. C'è una pista in un centro commerciale della mia zona...". Velocemente Seeley le fornì le indicazioni. "Dai, Parker sarà contento. E' da un mese che mi chiede delle tue nipoti...".
"Ok", acconsentì piano lei. "Arriviamo... Uh, Booth?".
All'ingresso del centro commerciale, Seeley scompigliò i riccioli di Parker, ammiccando e facendogli capire che c'era in serbo una sorpresa. "Cosa, Bones?".
"Grazie".
Di nuovo, lui sorrise. "Di niente, Bones, di niente".


Da una panchina, Temperance osservava critica la pista di pattinaggio.
Era enorme ed affollatissima, per lo più da famiglie e ragazzini. Troppa gente. Troppa. Stava cominciando a soffrire di claustrofobia, in mezzo quel chiasso.
Però... Hayley si divertiva. Aveva le guance rosse, gli occhi brillanti. Tenendola stretta a sè, per evitare che si affaticasse i polmoni debilitati dalla malattia, Booth la sospingeva lentamente a bordo pista, dove lo spazio era maggiore. Parker, che sembrava essere abituato ai pattini, rimaneva loro vicino.
Lo sguardo di Temperance indugiò sul volto di Booth.
Era concentrato e rilassato allo stesso tempo. Aveva un'espressione così... paziente?
Sì... Paziente. La pazienza tipica di un genitore.
Di un padre. Booth era adatto a quel ruolo. Possedeva le giuste qualità protettive e morali, la necessaria dolcezza... Guardandolo, si rendeva conto che avrebbe meritato una famiglia propria, altri figli.
E chissà, era giovane e magari, presto o tardi...
Di colpo, una lieve sfumatura di ansia e disappunto le si annodò nello stomaco. Non aveva mai considerato quell'opzione, ma... in effetti, era irrazionale ed illogico escluderla. E se Booth, un giorno, si fosse sposato?
Se avesse dedicato meno tempo al lavoro, per riservarlo a una moglie e a dei bambini che avrebbe potuto finalmente crescere di persona, quotidianamente?
Pur non coltivando aspirazioni di quel genere, era conscia che Booth al contrario ne avrebbe ricavato realizzazione e serenità. E lei avrebbe dovuto esserne lieta per lui...
Infatti. E allora perché quel nodo fastidioso allo stomaco?
Perché lo perderei, ecco perché.
Perché continuerebbe ad essere il mio partner, ma... non ci sarebbero più i caffé e le fette di torta al Diner o le quattro chiacchiere al Lincoln Memorial...
A lavoro concluso, lui avrebbe qualcuno da cui tornare.
Qualcuno di più importante di me.
Con più diritti sul suo affetto.

"Bones?".
Temperance sbattè le palpebre e mise a fuoco Booth, in piedi di fronte alla panchina. Accanto a lui, Parker e Hayley si erano tolti i pattini e reggevano due bicchieri di cioccolata calda. Quanto a lungo si era distratta?
"Scusa...", balbettò. "Ero soprappensiero...".
"L'ho notato... Hayley è stanca. Lei e Parker resteranno qui seduti a bere la loro cioccolata e tu...". Booth le sorrise. "... vieni con me. E' il tuo turno".
"Il mio turno?".
"Per pattinare".
"Oh, no, non so se...".
"Andiamo, Bones... Altrimenti perché ti avrei fatto affittare ed indossare i pattini?".
"Credevo che fosse obbligatorio per accedere alla pista...".
"Non hai mai pattinato, zia?", s'intromise Hayley, la bocca già sporca di cioccolato. "Hai paura?".
"No... E' che non pattino da quando avevo la tua età e... c'è troppa folla, io...".
"Non ti preoccupare", la rassicurò Parker. "Papà ti aiuta. Lui è bravo".
"Sì, è molto bravo", annuì Hayley con enfasi.
"Giocatore di hockey", precisò Booth, sempre sorridendo. "Coraggio... Sei un'esperta di arti marziali, no? Dovresti avere un buon equilibrio...".
Accigliata, Temperance si alzò.
E fu solo grazie al braccio di Booth, che la resse prontamente, se non si ritrovò distesa sul ghiaccio. "Ehi...", esclamò. "Calma, Bones, non mi scappare...".
"Quando mi esercito con le arti marziali sono a piedi nudi", brontolò lei. Imbarazzatissima. Non riusciva a darsi un assetto, ondeggiava come una canna al vento. "E neanche da piccola, sono mai stata brava in questa cosa...", ammise. "E' la ragione per cui ho smesso".
"Rilassati", le consigliò Booth. "Non ti lascio...".
Era alle sue spalle e Temperance percepiva la solidità del suo torace contro la schiena, il suo respiro tra i capelli sulla nuca, la forza delle sue braccia attorno alla vita. Quella frase...
Non ti lascio...
Le rammentò le riflessioni di poco prima. E le creò uno strano subbuglio nel petto. Anziché assecondare Booth, d'istinto si divincolò e...
... se lo trascinò dietro in una rovinosa caduta.
Tanto rovinosa che per qualche istante le mancò il fiato. Poi sentì Booth ridere. "Gesù, Bones, che botta...".
"Scusami...".
Lui si tirò su in ginocchio. "Ti sei fatta male?".
"No... Non mi pare... Tu?".
"No, no... Però, sai, mi consola la consapevolezza che, in caso di frattura, tu sarai in grado di elencarmi i nomi di tutte le ossa che potrei essermi rotto...".
"Non infierire, adesso", bofonchiò lei, tentando vanamente di rialzarsi. "Io non sono adatta per questo genere di attività...".
"Quali attività?", sogghignò Booth. "Quelle umane?".
"Ehi, ti ripeto che non era mia intenzione...". Temperance si zittì, realizzando che lui scherzava. Peggio, se la stava proprio godendo. Gli rifilò una sberla su una spalla e lo rispedì seduto.
"Vuoi smetterla?", protestò Booth. "Mi si sta congelando il sedere...".
"Chissà, magari ti giova...".
Tacquero entrambi. Quindi lui scoppiò a ridere.
"Questa cos'era, Bones? Una frecciata perché, quando siamo caduti, ti ho messo le mani dove non avrei dovuto? Giuro che non era premeditato...".
"Eh? No, che dici... ", ribatté Temperance, con ostentata indifferenza. "Non me ne sono neanche accorta...".
"No, eh?". Booth sospirò. "Io sì, me ne sono accorto...".
Per la verità, pure lei.
Aveva finto con se stessa che non fosse capitato, ma cadendo le mani di lui le erano scivolate sul seno. Per un attimo...
"Io no", ribadì decisa. "E...".
Non terminò la frase. Davanti a loro comparvero Parker e Hayley, nuovamente con i pattini. "Ma non avete freddo, seduti sul ghiaccio?", chiese la bambina.


Mangiarono al centro commerciale e Parker, tra una patatina e l'altra, monopolizzò la conversazione, raccontando per filo e per segno a Hayley la vacanza di Capodanno che lui e il suo papà avevano trascorso a Disneyland.
"E' stato un regalo di tua zia", specificò tutto felice.
Gli occhi di Hayley si spalancarono.
"Regalerò una vacanza uguale anche a te e a tua sorella", si affrettò a replicare Temperance. "Non appena tuo padre sarà libero dai suoi impegni di lavoro...".
"E verrai con noi?".
"Andremo ancora pure io e te, papà?".
Le voci di Hayley e Parker si sovrapposero.
"Andremo tutti insieme?", insistettero all'unisono.
Booth e Temperance si scambiarono un'occhiata. "Perché no?", disse lui. "Ci organizzeremo".
"Ci organizzeremo, sì", ripeté lei.
Un po' a disagio. E paradossalmente tentata da un simile scenario.
Era stata sola per anni. Così a lungo che si era convinta di essere soddisfatta.
Di stare bene. Di stare addirittura meglio, priva di legami. Libera.
E adesso aveva un padre. Un fratello. Una cognata, delle nipoti.
Rimestando nell'insalata, guardò Booth di sottecchi.
Adesso aveva un amico.
Un amico speciale. Differente da qualsiasi altro.
"... ti va, Bones?".
Si riscosse. Booth le aveva posto una domanda.
"Eh?".
"Oggi sei distratta...". Lui la scrutò. "Parker ed io, dopo la pista di pattinaggio, di solito andiamo in un cinema qui vicino, dove il sabato proiettano film per bambini. E ad Hayley il programma piace... A te va un pomeriggio al cinema, Bones?".
"Sì, andiamoci, zia Tempe!", la pregò Hayley. "C'è Nemo!!".
"Nemo?".
"Alla ricerca di Nemo", spiegò Booth. "E' un film a cartoni animati".
"Ah... Verne", considerò Temperance. "Interessante".
"Mmm, no, Bones, non si tratta di quel Nemo".
"No?".
"No, ma è una bella storia ugualmente".
"Allora andiamo, zia?".
Hayley la fissava speranzosa. Temperance acconsentì, sorridendo.
"Certo". E piano si piegò verso Booth. "Se il Capitano Nemo non c'entra, di che parla il film? Mi annoierò?".


Sui titoli di coda, Seeley girò la testa.
E vide le lacrime sulle guance di lei. Brillavano nel buio, riflettendo la vaga luminescenza dello schermo.
Con un dito le carezzò lieve una manica. "Ti sei commossa?".
Inghiottendo un grosso sospiro, Temperance sprofondò nella poltrona, all'altezza del volto di lui. "Tu lo faresti, vero?", bisbigliò.
"Cosa?".
"Quello che il padre di Nemo ha fatto per suo figlio. Cercare Parker dovunque e comunque".
"Sì, naturale... Qualsiasi padre lo farebbe, immagino. L'amore per i figli è probabilmente la più alta forma di devozione al mondo...".
Le labbra di Temperance si serrarono, il mento le tremò. "E mio padre? Mio padre lo farebbe?".
"Lo ha fatto", mormorò Seeley. "All'incirca... Ha commesso un sacco di errori, ma il sentimento che lo guidava è sempre stato lo stesso che guidava il padre di Nemo. O che guiderebbe me e ogni genitore che ama il proprio figlio".
"Sì?".
Le loro fronti si sfioravano.
"Sì...".
Le luci si accesero. E Parker balzò in braccio a Seeley.
"Oh!!", gemette lui. "Attento, stai diventando pesante e i miei reni invece invecchiano!".
Il bimbo rise e Temperance si asciugò frettolosamente gli occhi. Hayley, intanto, si insinuò tra i sedili per arrivare sino a lei.
"Che si fa adesso, zia?".
"Non lo so... E' quasi ora di cena...".
"Il cinese, papà!!", gridò Parker.
"Il Booth-itinerario prevede che, dopo il cinema, si vada a comprare la cena dal cinese all'angolo di casa mia", intervenne Seeley. "Il cibo non è come quello del Wong's Foo, ma, da che Sid ha chiuso, è il posto migliore che ho trovato... Continuerete ad essere dei nostri?".
"Non ne staremo approffittando?".
"Di cosa?".
"Del tuo tempo con Parker, Booth... Per l'intera settimana aspetti di trascorrere il sabato con tuo figlio e spesso nemmeno ci riesci per via del nostro lavoro... E oggi che avete una giornata tutta per voi, io e mia nipote non vi consentiamo di...".
"Bones, piantala. O ti faccio tacere come la sera di Natale".
Bingo. Temperance ammutolì.
E un po' Seeley si pentì di averlo detto.
Era la prima volta che accennava al piccolo bacio sul divano...
Beh, ad essere sinceri non avevano neanche mai parlato di quello sotto il vischio. Che era stato parecchio più lungo e... intenso...
Eppure, il bacio nel salotto...
Un bacio tra due persone che si vogliono bene.
Quella sera si erano accontentati di questa definizione.
L'avevano approvata.
Caso chiuso. Archiviato.
Ma certe strane, indescrivibili, complicate emozioni... potevano davvero essere definite?
L'unica cosa che Seeley sapeva era che non c'è due... senza tre.
Nel brusìo della sala che si svuotava, tossicchio schiarendosi la gola e si alzò, con Parker tra le braccia. "Seriamente, Bones: perché dobbiamo starcene separati se è più semplice stare insieme?".


Già... perché?
I pensieri di Temperance orbitavano testardi intorno a quella domanda...
Alla realtà dietro quel punto interrogativo.
Una realtà che si estendeva ben oltre il sabato che stavano vivendo.
Con i bambini per mano, camminavano diretti alle loro auto, ancora nel parcheggio del centro commerciale, e l'aria di gennaio, a dispetto della neve che persisteva sulle aiuole e negli angoli dei marciapiedi, aveva una consistenza dolce, tiepida.
Al cellulare, Hayley era impegnata a descrivere allegramente a Russ la bella giornata con zia Tempe e... zio Seeley.
Booth rise piano. E lei si unì alla sua risata, lo sguardo in quello di lui.
Oh, sì... Perché complicare ciò che era così infinitamente semplice?


"Non esauriscono mai le energie?".
"I bambini, Bones? Raramente...".
Le voci di Hayley e Parker, alle prese con un videogioco, giungevano vivaci e cristalline dalla stanza di Seeley. Lui e Temperance, invece, giacevano sprofondati nel divano del salotto. La tavola era stata sparecchiata, la lavastoviglie ronzava sommessa e della loro cena non rimaneva che un vago, residuo odore di caffè.
"Perché hai la Play station nella tua camera?", indagò lei.
Non per autentica curiosità, solo per resistere alla stanchezza.
Allo stupore, forse.
Che strano giorno...
Niente che si fosse svolto come stabilito.
O come di consueto.
"Parker ed io ci giochiamo le sere che dorme qui. Tutti e due in pigiama, dal letto. E' divertente".
"Mi sono divertita anch'io, oggi...".
Seeley stiracchiò le braccia sopra il capo. "Mi fa piacere. Ogni tanto un week end lontano da ossa, cadaveri e assassini non guasta...".
Un lieve sorriso ammorbidì le labbra di Temperance.
"Che c'è?", chiese lui.
"Pensavo a Sully...".
"Ah... sì?". Seeley serrò la mascella ed irrigidì le spalle. "Beh...".
"... a qualcosa che mi aveva detto di te...", proseguì lei, senza notare la tensione che si era creata.
"Cioè?".
"Che tu sei uno che non sa rilassarsi...".
"Si sbagliava...".
Hai i bollori per la tua partner.
Ehm...
"Si sbagliava", ripeté Seeley con maggiore decisione. "E' che se ci si rilassa troppo in un lavoro come il nostro...".
"... si lavora solo a metà", lo interruppe Temperance. "Lo so. E il nostro lavoro non può essere fatto a metà. Su questo siamo d'accordo".
"Solo su questo?", la provocò scherzosamente lui.
Lei raccolse la sfida. "Uhm... no. Ci sono pure un altro paio di trascurabili dettagli...".
Il divano era comodo. Caldo.
Veniva voglia di non alzarsi.
Di abbandonarsi.
Di...
"Zia Tempe...".
Lo stato di languido torpore in cui Temperance stava scivolando si dissolse di colpo. Hayley era sbucata dal corridoio. "Devo andare al bagno: mi accompagni?".


Studiò la propria immagine nello specchio.
Si riconobbe. Riconobbe quell'espressione.
La medesima della sera di Natale.
L'espressione di una donna contenta.
Incredibile che fosse frutto di un sabato sui pattini e al cinema.
E di Booth, naturalmente. Inutile negarlo.
Senza la sua presenza, pattinare o vedere un cartone animato non avrebbe avuto alcun senso...
"Zia... io vado da Parker...".
Temperance si appoggiò al lavandino. "No, Hayley, è meglio se andiamo a casa. Siamo tutti stanchi e, se domani dimettono tua madre, dovrò svegliarti presto...".
"Dai, zia, ti prego!! Non abbiamo finito il gioco!! Solo una mezz'oretta, dai...".
Anche Hayley aveva la contentezza dipinta in faccia. Il peso della malattia messo da parte.
"Scendiamo a un compromesso", propose Temperance. "Un quarto d'ora".
La bimba batté le mani e si dileguò di corsa. Lei sospirò. E il suo sguardo fu catturato dal dopobarba di Booth, posato sul ripiano sotto lo specchio. Lentamente ne svitò il tappo e lo annusò.
Il profumo di lui le solleticò i sensi. Famigliare. Quotidiano.
Rassicurante e, malgrado ciò, misterioso.
Prima di pentirsene, strofinò il tappo su un polso.
E uscì dal bagno, imponendosi di dimenticare di averlo fatto.
"Il cappotto di Hayley è nell'ingresso?", s'informò ritornando in salotto. Ma Booth non poteva risponderle.
Dormiva. Seduto sul divano, nella posizione in cui l'aveva lasciato, la testa leggermente reclinata di lato.
Lì per lì esitò, colta di sorpresa. Poi si accostò a lui.
Incredibile...
Quel viso disteso dal sonno era il viso che aveva davanti tutti i giorni.
Ed era bellissimo.
Per guardarlo più da vicino, si rannicchiò al suo fianco. Di nuovo nell'abbraccio accogliente dei cuscini. E l'aroma del dopobarba appena odorato in bagno l'avvolse.
Con l'aggiunta dell'odore della pelle di Booth.
Del calore del suo respiro.
Chiudere gli occhi fu facile.
Facile come stare insieme.


Il quarto d'ora passò.
Per l'esattezza passò un'ora e mezza.
Hayley e Parker saltarono giù dal lettone matrimoniale, perplessi. Spenta la Play Station, nell'appartamento era calato un silenzio perfetto. Persino la lavastoviglie ormai taceva.
Ma che era successo a quei due, in salotto?
Quando li videro, i bimbi risero.
Risate leggere leggere, per non svegliarli.
Zia Tempe e zio Seeley, addormentati, l'uno contro l'altra.
Come le colombe dei film della Disney.


- Se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo -
"Il Piccolo Principe" - Antoine De Saint-Exupéry


FINE


Grazie a tutti coloro che stanno leggendo anche questa raccolta!


  
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