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Autore: Giamo    11/07/2013    1 recensioni
Un ricco ragazzo, al quale la vita ha dato il meglio, si trova a dover scoprire gli effetti di una scomoda trasformazione.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RIFLESSI DI PAURA

 

Nordhall giaceva a terra, in una fossa sperduta tra i campi di una cittadina di protestanti americani. Aprì gli occhi: non era morto. Avrebbe voluto urlare perché si trovava legato in questo buco scavato dai contadini che stavano ai bordi di esso. Loro lo fissavano, lo guardavano carichi d’odio e di paura; croci alla mano recitavano preghiere al Signore e ai Santi. Un uomo robusto gli gettò una collana d’aglio in quella che sembrava la sua tomba. La luce del sole era diritta su di lui e lo bruciava: veramente. Inspirò finché i polmoni non furono pieni d’aria per riprendere le forze ma gli arrivò della terra sul viso, nella bocca, fino alla trachea, cercava di respirare ma la terra si opponeva ai tentativi. Si sentiva soffocare e un senso di claustrofobia lo percorse dalla testa ai piedi; le corde gli segavano i polsi e le caviglie, spillavano sangue, un formicolio lo inseguiva per tutto il corpo, i capelli biondi lo infastidivano e la luce gli creava abrasioni sul viso e sulla pelle nuda. Cominciarono a gettare terra su terra a palate per coprirlo nell’intero e lui era inerme e non sapeva cosa fare; allora si agitava in una danza febbrile simile a quella di una gallina senza testa: stava per essere sepolto vivo e lui non poteva impedirlo. 

-Oh Cristo!- gridò Nordhall dal letto della sua abitazione a Londra. -Solo un incubo, meno male..solo un incubo..- Si alzò per andare in sala a prepararsi un doppio scotch con ghiaccio nel suo attico di Hyde Park. Sulle enormi finestre cielo-terra dell’appartamento s’era riversata una pioggia cristallina, curiosa di vedere l’abitazione che vi si prostrava all’interno. Nordhall si accostò ai vetri per osservare il maestoso panorama di una Londra notturna, con automobili eremite che passavano di tanto in tanto e, vessate dalla pioggia, fuggivano sui percorsi asfaltati. -Gli incubi sono peggiorati, sarà meglio avvisare lo psichiatra- pensò. Il soundtrack tonante inquietava il norvegese: erano comunque le 3.30 di notte. Non dormiva da giorni per colpa di questi incubi e cominciava ad essere nervoso. Nordhall si sentiva debole, aveva fame e sete. Posò il bicchiere di vetro che ormai cingeva solo i 2 cubetti di ghiaccio. Aprì il frigorifero e vide qualche pasticcino della sera precedente: li aveva lasciati la sua ragazza prima di andare a casa del fratello per assisterlo in malattia. Da buona cristiana. Sorridendo disse -Voi dolcetti siete tutti infimi nell’animo eh!-, ne mangiò uno, rimise in ordine la bottiglia di vecchio scotch scozzese e fece per andare a letto. Ma ci ripensò, non era ancora sazio, affatto: decise di mangiare un’altra pastarella. Ora era pronto per tornare nel suo ricco giaciglio ma sentiva che qualcosa non andava, sentiva come un vortice nello stomaco, come una forte rivoluzione; corse in bagno per rigettare lo spuntino. Si sentiva diverso, strano: cambiato. Sentì d’un tratto la serratura al piano di sotto che si stava aprendo, notevole, dato che tutte le porte erano chiuse. La sua ragazza stava rientrando, evidentemente il fratello stava meglio o qualcun altro lo avrebbe aiutato. Il nordico piombò giù.

-Ciao amore, a mio fratello sta pensando Stephy quindi pensavo di passare a vedere se dormivi, ma a quanto pare..- disse lei. Nordhall non rispose, non osò aprire bocca; si limitava a guardare la pelle invitante della fidanzata, fresca, chiara ed invitante. Si avvicinò lentamente a lei fissandola negli occhi e cercandovi l’amore perduto in un istante. La sfiorò con le dita sul mento;

-Nordhall..cos’hai? Sei..strano, diverso. E.. perché sei così pallido? Ho capito che sei un vichingo amore ma.. sei più bianco del solito, sembri.. sembri morto!- Lui non faceva altro che fissarla, la guardava, pareva mangiarsela con gli occhi. L’accarezzava tra l’incredulità della donna.

-Aspetta Nord, siediti sul divano, intanto vado a prenderti qualcosa di caldo e un termometro, penso che abbia almeno 39 di febbre.-

-No.- ribatté -vieni qui, avvicinati a me…- lei ubbidì e gli si accostò con fare intimorito.

-Nord..- non fece in tempo a finire la frase che il fidanzato l’azzannò: veloce, vorace, atroce. Coi suoi denti aguzzi e affilati strappò via la carne, i nervi e le vene sul lato sinistro del collo dell’amante, lo stesso collo che baciò poche ore prima. Cacciò via tutto, tranciò la spina dorsale; un urlo provò a scappare dalla bocca della ragazza ma ne venne fuori solo un gorgoglio sanguinolento. Il cadavere cadde a terra come un frutto maturo ed era ormai stanziato sul pavimento in marmo: il sangue scivolava via sulla superficie liscia. L’uomo andò verso il bagno; non era più affamato e assetato, si sentiva pieno come non mai, si sentì sazio, rinato. Voleva levarsi il sangue dal viso e dal busto; aprì l’acqua del lavandino, si sciacquò il viso, alzò lo sguardo allo specchio, per vedere dove le macchie fossero, ma l’unica cosa che vide  furono i riflessi vuoti della luce, riflessi d’aria, riflessi di paura.
 

   
 
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