L’importanza del nome
Nero ed ancora nero.
Gente che lo toccava, lo girava, lo manipolava e gli faceva male… molto male
La voce di suo padre che gli leggeva un libro
La mano di sua sorella, perché capiva che era lei, stretta alla sua
La musica della sua band sparata a tutto volume nelle sue orecchie
La voce di Aida che cantava una canzoncina
La mano di Andrea che gli carezzava i capelli
E soprattutto costante, immancabile e sempre presente la voce di Semir che parlava degli argomenti più disparati, di calcio e di miss Germania, del tempo e di inseguimenti in autostrada, delle bambine e dei loro compiti a scuola, della nuova macchina di servizio e di Hartmut che aveva finalmente trovato una fidanzata, di viaggi a Disneyland e delle lasagne di Andrea
Infine la voce di Emanuel “Hai in te la forza, usala e apri gli occhi”
Ben voleva dormire, solo dormire, ma si sentiva come se qualcuno lo stesse trascinando verso una fastidiosa luce che lo abbagliava. Voleva tornare indietro, al sicuro al buio, ma non c’era possibilità di opporsi, la luce lo attraeva a sé.
Lentamente aprì gli occhi. Sentiva dei rumori strani, ritmici e fastidiosi, capiva di essere in un ospedale. Non aveva neppure la forza di muovere un muscolo, e la vista era annebbiata, anche se man mano andava schiarendosi. Girò gli occhi e vide, abbandonato su di una sedia addormentato…. Semir. Quasi non lo riconosceva… ma che aveva fatto? Si era fatto crescere la barba? Sembrava così stanco e dimagrito.
“Che cavolo è successo?? Da quanto tempo sono qui?” si chiese Ben cercando di ricordare, senza risultato. Cercò di parlare, ma dalla bocca gli uscì solo un suono gutturale. Sentiva come se nella gola ci fosse asfalto rovente.
Semir si svegliò di soprassalto e lo guardò incredulo.
“C… Ben finalmente…. mi hai fatto passare le quattro settimane più brutte della mia vita” gli disse mentre gli carezzava i capelli e scoppiava in un pianto di gioia.
A Semir era stato imposto di lasciare la stanza mentre i medici facevano i controlli su Ben. E lui ne era stato anche contento, doveva riprendersi un attimo e telefonare a tutti per dare la notizia
“Semir ho saputo che si è svegliato, ne sono veramente felice” gli disse sorridente Elena una delle infermiere del turno di giorno. Ormai Semir conosceva tutti i medici e le infermiere del reparto di terapia intensiva e chiamava tutti per nome visto che aveva passato la maggior parte del tempo accanto al letto dell’amico. “Sì, grazie Elena non è magnifico?” le rispose lui con occhi brillanti ed orgogliosi.
Ben era stato in coma quattro settimane ed erano state le quattro settimane fra le peggiori nella vita di Semir, in un continuo alternarsi di timori e speranze. Era stato così male…ma ora a Dio piacendo era finita. C’era solo da sperare che Ben non avesse riportato conseguenze dal coma.
Dopo un tempo che a Semir era sembrato una eternità i medici uscirono dal corridoio.
Il gruppetto di parenti ed amici che nel frattempo si era formato si avvicinò ansioso. “Bene… pare che siamo stati fortunati non ci dovrebbero essere conseguenze a lungo termine. Certo la spalla ed il braccio avranno bisogno di molta fisioterapia, ma torneranno pienamente funzionali. Il vostro amico deve avere un angelo protettore personale” informò uno dei sanitari. Tutto il gruppo tirò un sospiro di sollievo
“Grazie Charlie… grazie davvero” fece Semir stringendo la mano al medico. “Possiamo vederlo un attimo?” chiese il padre di Ben con accanto Julia. “Sì certo ma non stancatelo, è ancora molto confuso e debole” acconsentì il medico guidandoli verso la stanza.
“Appena esce da qui ce lo portiamo a casa e lo rimetto io in sesto” disse Andrea a Semir con sguardo materno. Semir già si prefigurò i quintali di lasagna e polpettone, pranzo preferito da Ben, che la moglie avrebbe cucinato… e si prefigurò anche i gravissimi danni che ciò avrebbe comportato per la linea di tutta la famiglia.
“Semir le posso parlare un attimo?” gli chiese la Kruger avvicinandosi. “Certo capo, che succede?” “La voleva informare… Alberto Maione è stato giudicato incapace di intendere e di volere. Andrà in un manicomio giudiziario…” “Cosa????” tutta la felicità sparì dagli occhi di Semir
“La perizia ha stabilito…” cercò di continuare la Kruger “ Non me ne importa niente di cosa dice la perizia. Quello ha ucciso Anna, ha quasi ucciso Ben… è vivo per puro miracolo… e sapeva molto bene cosa faceva” la interruppe Semir “Purtroppo non decidiamo né io né lei” gli rispose Kim “E cosa dovrei dirgli ora? Che l’uomo che ha ucciso la sua fidanzata, quello che lo ha torturato e quasi spedito all’altro mondo non andrà in galera???” Semir ormai urlava “Ben è un poliziotto, capirà. E poi Maione non uscirà più dal manicomio, questo glielo assicuro io” chiuse il discorso la Kruger. “ E Chillemi?” chiese infine Semir “ Vincenzo Stadera, lo scagnozzo di Maione ha deciso di pentirsi. Sta vuotando il sacco con il procuratore. Stavolta lo incastriamo, grazie a lui e alla sua testimonianza, Gerkan, sul tentativo di estorsione ai suoi danni” lo informò il commissario.
Semir annuì soddisfatto, ma non potè fare a meno di pensare a quanto quel tentativo di estorsione del Don fosse stato vicino ad andare a buon fine.
Ben stava dormendo di nuovo quando Semir tornò nella stanza. Era ancora così pallido e magro e sembrava così fragile in quel letto; a Semir salirono di nuovo le lacrime agli occhi.
Si sedette sulla solita sedia accanto al letto e prese la mano di Ben nella sua. Quasi subito Ben aprì gli occhi “Scusa socio non volevo svegliarti” gli sorrise Semir
“Semir…” mormorò Ben “Che bello vederti, mi sei mancato tanto” “Anche tu mi sei mancato tanto… ma ora tornerà tutto come prima… anzi a proposito ti devo restituire questa” gli rispose Semir mostrandogli la lettera di dimissioni “Ma quella è…” “La lettera di dimissioni… la Kruger non l’ha mai inoltrata. Quella donna a volte mi stupisce… sembra quasi umana” scherzò Semir. Ben sorrise affaticato.
“Semir…” proseguì Ben “Sì socio dimmi” “Mi spiace di essermene andato così senza dire nulla…” “ Fa niente, ti capisco, in effetti non so come avrei reagito io se fosse successo ad Andrea” rispose l’amico pensieroso. “Stavo tornando sai, quando mi hanno preso, stavo tornando. Avevo incontrato un amico che mi aveva fatto capire tante cose” “Davvero? E chi è questo amico, ne sono geloso…” “Un vecchietto…” “Ora te la fai con i vecchietti?? Non ti basto io come vecchietto?” sorrise meravigliato Semir “Sì ma questo è particolare…” “Ben ora dovresti dormire un po’” lo esortò Semir.
Ma dopo alcuni minuti Ben riaprì gli occhi “Semir…” “Sì sono qui Ben…” “L’ho vista sai…” “Chi hai visto?” “Anna, l’ho vista, mi ha parlato…” mormorò Ben riaddormentandosi
Un mese dopo Semir stava aspettando Ben fuori al reparto dimissioni con la valigia. Avrebbe voluto portarlo direttamente a casa da Andrea, ma quel testardo si era messo in testa di dover necessariamente andare ad Henneberg a salutare il vecchietto suo amico. Non c’era stato modo di convincerlo a rimandare e quando aveva minacciato di andarci da solo Semir aveva ceduto ed acconsentito ad accompagnarlo. Era tornato il solito testardo e capriccioso, ma questo a Semir in fondo faceva piacere.
Percorsero tutta la strada per Henneberg parlando del viaggio a Disneyland in programma per l’estate, le bambine erano già eccitatissime al pensiero di andarci anche con lo zio Ben.
Arrivati, Semir parcheggiò la sua auto di fronte alla sede della azienda di costruzioni per cui aveva lavorato Ben
“Mai visto nè conosciuto uno di nome Emanuel, te lo assicuro Ben, non so di che stai parlando” il proprietario della impresa era sempre più sconcertato “E figurati se prendevo a lavorare uno sulla settantina… “
Ben chiese a tutti gli operai e alla proprietaria del pub dove erano stati quella sera. Niente.. nessuno aveva mai visto né sentito nominare Emanuel.
“Forse sono ricordi falsati, dopo un coma può succedere” gli disse conciliante Semir iniziando però a preoccuparsi per la salute dell’amico.
Ma Ben era sicuro, non l’aveva sognato. Nel risalire in macchina lo sguardo gli cadde sulla vetrinetta di un negozietto. C’erano quelle solite targhette souvenir con il significato del vari nomi. Erano moltissime ma l’attenzione di Ben cadde solo di una e su ciò che c’era scritto “Emanuel, dall’ebraico Immanuel significato: Dio è con noi”
Sorridendo e pensieroso Ben risalì in macchina
“Possiamo andare ora?” chiese il vecchio con la barba brizzolata alla ragazza bionda con gli occhi di girasole “Sì certo, possiamo andare ora” rispose la ragazza mentre guardava la BMW allontanarsi.
Ed insieme sparirono nella nebbia serale.
FINE
PS Grazie a coloro che hanno letto e soprattutto a coloro che hanno recensito ( in particolare alla piccola chiromante…).