O  t  h  e  r    s  i  d  e.

Harry, vuole qualcosa che tutti vedono, ma che non tutti sanno. 

E' la cosa importante del verbo 'vedere' ma non tutti capiscono che non é la stessa cosa della parola 'guardare'. Una cosa estremamente stupida posta di fronte a persone banali e scontate, una cosa estremamente inflessibile posta di fronte a persone esitanti. Di quell'esitazione composta dalla voglia di scoprire, un po’ perché si teme il primo pensiero che una cosa può scaturarti, un po' perchè hai paura di capire, per davvero, e non trovare quello che ti aspettavi. Che è l'equivalente di affiancare l'anima, cosa più quanto vicina al diavolo, per i credenti. 

Un po' come prendersi una pausa per poi ritrovarti di fronte ad una situazione che ti obbliga a premere il tasto play, in sincrono con 'avanzamento rapido'. 

Dei pensieri di Harry, questa ne era solo una parte. Perchè se proprio ne dovessimo parlare, o quantomeno provarci, sarebbe un guaio. E l'equivalente di quel ragazzo era, è, e probabilmente sarà di sicuro 'distorto'.

 

Di quel giorno, il ricordo più chiaro, sicuramente, era stato l'occhio di bue che non ne voleva sapere di accendersi, Un coincidenza strana, con Harry, proprio lui che non ne voleva sapere a lasciar perdere, perchè lasciar perdere, solo perchè la ragione era bilanciata dalla parte sbagliata? Era come darla vinta al difficile, ed Harry non lo avrebbe sicuramennte fatto.

Quell'occhio di bue non voleva proprio accendersi, e allora partivano imprecazioni, bestemmie, miste alle urla delle fan, che non aspettavano altro che vedere i propri idoli 'scatenarsi sul palco' con le solite mosse di routine, che sembravano tanto naturali, ma no, erano tutte programmate. E saperli li ad aspettare, con un aggeggio che proprio non ne voleva sapere e ad ostruire il loro sogno, la situazione gli risultò un po' comica, tanto da lasciarsi sfuggire un risolino, il biondo, a qualche metro di distanza sulla destra, posto sulla pedana di lancio, lo guardava accigliato, chiedendogli in un sussurro -Perchè ridi?- al cui harry aveva risposto con uno scuotimento di testa.

Ad un certo punto l'occhio di bue prese vita, catapultando Harry e gli altri sul palco. In un primo momento il riccio rimase basito dalla tanta luce che lo accecava e dall'improvvisa entrata in scena, ma poco dopo sentì una base partire sulle note di 'Rock me' allora iniziò a muoversi e cantare.

Stesse mosse.

Stesse parole.

Stesse urla.

Stesse fans bramose del suo corpo, che si muoveva a ritmo.

Stessi sentimenti.

 I cinque continuarono a cantare e a spostarsi come gli era stato detto dai coreografi, quando per alcuni attimi il riccio sfiorò il fianco di Louis, intento ad andare dall'altra parte del palco. Dopo averlo sorpassato, subito si voltò ed incontrò i suoi occhi. Lui lo guardò arrossendo, per poi riprendersi e fargli un occhiolino, al quale Harry arrossì visibilmente e sorrise teneramente.

Ma Harry era stanco, stanco di fare quello che gli si ordina, lui non era un tipo che si faceva comandare, lui andava fuori dagi schemi. Allora prese tutto il coraggio che aveva in corpo, e smise di cantare, smise di cantare e iniziò ad intonare le parole di una canzone.

 

"Don't let me don't let me, don't let me go...cause i'm tire of feeling alone"

 

Cantò queste parole guardandolo, guardando l'unica persona che lo avrebbe fatto felice. 

Che poi, se qualcuno si fosse soffermato un po' di più sulle sue labbra, mente pronunciavano quelle parole, vi avrebbe letto il celato desiderio che nascondevano e la forma perfetta destinatagli a dover pronunciare solo e soltanto il suo nome. 

 

Louis Tomlinson.

 

Harry avrebbe voluto urlare 'lo amo, amo questo ragazzo' ma le semplici parole, alle volte, non bastavano per far capire il legame quanto più profondo che li univa. Riaprì gli occhi e riprese a cantare il giusto brano come se nulla fosse successo, incrociando più volte lo sguardo dei suoi compagni che gli rivolgevano occhiate interrogative, dato ciò che era appena successo. 

Anche quel brano finì, e venne la volta del cambio d’abiti. Le luci si spensero, una alla volta, finché non ci fu il buio. E in quel momento Harry si sentì vuoto, come se gli mancasse l'aria, la sua aria preferita, Louis. Così approfittò del momento di oscurità sul palco e si fiondò sul fianco del più grande, di Louis, dandogli il tempo di voltarsi per poi premere i palmi ai lati del suo collo e poggiare le labbra sulle sue. Un contatto durato non più di cinque secondi, ma talmente significativo, forte, pieno di rivelazioni, pieno di quell'amore che non si sarebbero mai potuti scambiare in pubblico, pieno di bisogni nascosti. 

Dopo di che fu tutta luce. Rivide i suoi occhi, le sue mani, la sua bocca; e si ricordò le notti d'estate passate sotto le stelle, abbracciati a scambarsi amore. Ma le cose belle non durano per sempre, Harry riluttante, si allontanò lasciandolo così, solo, indifeso. E una volta distante, dopo aver rivissuto il momento migliaia di volte nella sua testa, si girò nella sua direzione. Era rimasto li, dove l'aveva lasciato. La bocca semi-aperta e gli occhi tristi e terribilmente espressivi. Era fragile, lo si poteva vedere chiaramente. E lui doveva essere forte, per entrambi, ma leggendogli gli occhi si poteva chiaramente capire che  era come un uccello indifeso, che non era ancora pronto per spiccare il volo. E forse non lo sarebbe stato mai. 

 

-Ti amo Lou.-

-Anche io Haz, troppo.-