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Autore: SonSara    25/01/2008    11 recensioni
Lillium Japonicum, giglio giapponese, originario del Giappone.
Ama la mezz’ombra. In autunno va estratto dalla terra e conservato con tutte le radici tra la sabbia o la torba asciutta, in serra fredda.
E’ una specie molto elegante e capricciosa, che viene spesso coltivata in vaso; in giugno e in luglio fa fiori grandi a tromba, profumati, di color viola sfumato con vistose antere.
...Non vi ricorda nessuno?
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Tenten
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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[Baka: scemo
Mendosuke: Noia, seccatura

Good morning: buona mattinata
]



Shikamaru Nara odiava la primavera.

Questa preannunciava l’estate, la calura, il sudore, i vestiti appiccicati,
le zanzare, quel penetrante odore di boccioli appena spuntati.
I bambini, Inoltre, chissà perché si rianimavano, non stavano fermi un attimo, urlavano, scalpitavano. La primavera era sinonimo di seccatura, a suo parere.
Tra tutte le stagioni, era la più inutile, senza senso.
Ma presto, Nara Shikamaru si sarebbe dovuto ricredere,
perché a primavera sarebbe diventata la sua stagione preferita.
E, alla fin fine, non gli sarebbe dispiaciuto
neanche il profumo dei boccioli appena nati…




Quella Primavera al Profumo di Giglio







Aprile 1910, Isola di Honshu, Nagoya (provincia di Edo, l’attuale Tokio).
Mercoledì

Shikamaru non era mai uscito dal suo, a quel tempo, paese, ma sapeva molte cose. Non aveva mai fatto ricerche, ovviamente. Per il suo carattere di principio pigro e inoperoso, era un oltraggio il solo pensiero. Semplicemente, le aveva sentite dire dal suo capo, il padrone di casa, e il suo cervello le aveva meccanicamente memorizzate.
D’altronde, il suo cervello gli era sempre sembrato come un grande, grosso pozzo vuoto, e ogni informazione, anche quella più futile, ne riempiva una minima parte, e poi stava lì, non se ne andava.

Nel suo seccante ma ben pagato lavoro da giardiniere, sfruttava al meglio questa sua dote: ben presto il giardino del signor Hyuuga era il più florido del villaggio. Con un po’ di’ingegno scopriva la giusta dose d’acqua per ogni pianta, quale terriccio andava meglio, quando fosse il momento adatto a piantare le nuove corolle, e così via.

Spossato e accaldato, si asciugò la fronte con un braccio, la zappa stretta nell’altro. Alzò scocciato la sguardo al cielo, dove il sole ardeva prepotente.
Nemmeno una nuvola a offrire un po’ di riparo.
Con una smorfia, riabbassò lentamente gli occhi castani. Se doveva finire di piantare i semini dei nuovi gigli, tanto vale farlo subito, e poi tornarsene a casa.
Nel tragitto per tornare a terra, le sue iridi incrociarono la grande casa a due piani in stile giapponese al confine con quella degli Hyuuga, divisi da una bassa staccionata.
La residenza era più piccola di quella dei suoi padroni, senza dubbio, ma il legno era pregiato, e il giardino attorno era grande.
Notò con curiosità che una delle finestre del secondo piano dava sul giardino degli Hyuuga, proprio dove era lui in questo momento, e dove avrebbe piantata i giovani gigli.
Sorrise, sperando che il loro profumo avvolgesse il proprietario della stanza.
In poco meno di un battito di ciglia però si diede del baka, ricordando che l’abitazione era vuota, anche perché avevano finito di costruirla solo due mesi fa.
Non era venuto a viverci nessuno nel frattempo, ma in città girava voce che i proprietari, inglesi dell’alta borghesia, sarebbero arrivati il primo giorno di primavera, domani, che sarebbe stata festeggiata adeguatamente come ogni anno, e sembrava che i futuri vicini degli Hyuuga non se la sarebbero persa per nulla al mondo.

Scuotendo la testa, e riprendendo a lavorare, Shikamaru non poté trattenere una smorfia di disappunto: domani ci sarebbe stata una delle feste più aspettate di tutto l’anno, e mentre gli stranieri, quei signorotti dai grandi occhi e con la puzza sotto al naso, si divertivano in feste non loro, lui, giapponese puro e fiero di esserlo, era costretto a lavorare. Sbuffò di nuovo, anche se non riuscì a non essere curioso.
Non aveva mai visto uno straniero, un occidentale, come venivano chiamati.
Sapeva che avevano degli occhi stupidamente enormi, come dei mostri, e i loro capelli non erano lucidi e meravigliosi come gli orientali.
Inoltre, la loro pelle era rosa, rosa!, come dei grassi porcelli.
Dovevano essere davvero orribili.

Tutte queste informazioni, ovviamente, le aveva sentite dire dal Signor Hyuuga, il suo padrone, tornato dopo otto mesi all’estero per affari, e questo gli aveva trovati esibizionisti e senza pudore, pronti a spendere tutti i loro soldi per l’ultimo vestito alla moda. Certo, aveva anche ammesso che con alcuni di loro si era trovato proprio bene, ma la maggior parte erano raccomandati figli di papà.
Si, ringraziava l’imperatore, Figlio del Sole, per essere giapponese.


*

Aprile 1910,
Giovedì

Mendosuke…”

Sospirò un giovane dai capelli castani, ritti ma così incredibilmente belli e soffici, legati per semplicità in una coda alta. Shikamaru sentiva l’eco della folla, le risate, i rumori della festa giù in paese.
Per un certo verso aveva piacere ad essere lontano da tutta quella confusione, dall’altro non gli piaceva neanche lavorare. Semplicemente, avrebbe preferito stare a casa a dormire.

- Shi- Shikamaru Nar-a…-

Sentendosi chiamare da una voce piccola, impaurita, balbettante, alzò lo sguardo sapendo chi avrebbe trovato davanti a sé.

Una graziosissima ragazza si guardava le punte dei piedi calzati nelle geta, le tradizionali infradito giapponesi, le guancia notevolmente rosse, così in contrasto alla pelle bianca e delicata, pallida, quella di chi non esce mai di casa.

- Signorina Hyuuga, lei non dovrebbe uscire, né parlare con un semplice giardiniere. -

Hinata alzò la testa, di scatto, e i suoi lunghi e lucenti capelli neri le danzarono sulle spalle, con quei loro esclusivi riflessi blu. Shikamaru si ritrovò a perdersi, come sempre, nei particolari e unici occhi della casata Hyuuga.

Erano incolore, talmente chiari da avvicinarsi al bianco, spettrali, non adatti a esseri umani. Ma si diceva che portavano fortuna, vista la ricchezza e la grandezza che da sempre regnavano in quel clan.

Per quanto però quegli occhi incutessero paura, Hinata ne era l’eccezione.
Le iridi perlacee trasmettevano dolcezza, grazia, delicatezza.

- M-ma Shikama-ro Na-ra! La mia famiglia la conosce da tanto ormai! Posso rivolgervi la parola, anche se siete…siete…-

- Un povero servitore? -

Le domandò, rivolgendo uno sbieco sorriso, leggermente ironico.

- Non inte-tendevo dire questo, Shikamaru Nara! -

Si affrettò a rispondere la bella ragazza, arrossendo ancora di più. Il lungo kimono bianco di seta pregiata luccicava sotto al sole.

- Mi ha so-solo mandato mi-o pa-padre, Shikamaru Nara, a dir-dirle che è molto soddi-soddisfatto del suo lavo-ro, e che per stavolta può anda-andare alla festa…-

Continuò mogia, togliendo lo sguardo.
Hinata aveva sempre sofferto il fatto che a lei, essendo donna di alta casata, pura e preziosa, era proibito andare al villaggio.

Shikamaru si inchinò in un ojigi, ovvero abbassò la testa e parte della schiena.

- Grazie, Signorina Hyuuga. -

- Ti prego, Shikamaru Nara, chiamami Hinata. -

Era una supplica, e Shikamaru decise di non insistere.

- Va bene, e per lei sono semplicemente Shikamaru… Hinata. -

La ragazza, per una volta, sorrise apertamente. Al giovane moro fece piacere che, per una volta, quella mielata bambolina sorrideva davvero, come tutti.

*

- Sir Yamanaka, benvenuto in Giappone. -

Un affascinante uomo dai lunghi capelli color caramello scese dall’elegante carrozza, guardandosi attorno alla ricerca della voce che l’aveva accolto.

I guizzanti e sottili occhi nocciola, protetti dagli eleganti e pratici occhiali, si posarono su una bellissima donna davanti a lui.
Questa aveva mossi e neri capelli lucenti, assomiglianti a scure nuvole, ed occhi penetranti, sottili, con curiose e grosse pagliuzze rosse.

- Good morning, Lady Yuhi. La giornata è splendida, ne sono lieto. -

- Si, e la festa in paese è già iniziata. Fatto buon viaggio? -

- Abbastanza. Piuttosto lungo, ma senza sorprese. Mi è stato mandato un telegramma che sarebbe stata lei a mostrarci la nostra nuova casa. -

- Sono solo la sensei della figlia maggiore del Signor Hyuuga. -

- Il caro Hiashi! Sarà un piacere fare di nuovo affari con lui. L’abitazione è questa? -

Chiese Inoichi Yamanaka, guardando l’alloggio davanti a loro.

- Esatto. E villa Hyuuga è proprio vicino alla sua, alla nostra destra. -

Lo informò Kurenai Yuhi, aprendo il braccio in modo da mostrare la villa.

- Bene, bene… Sarà meglio scaricare le valigie subito, se non vogliamo arrivare in ritardo alla festa. Ino, scendi, guarda che magnifica casa ha fatto costruire per te il tuo papà! -

Concluse Inoichi, portando galantemente il palmo della mano verso la carrozza . A questa se ne appoggiò un’altra, più piccola e delicata, fasciata in un lungo guanto di seta chiara. Dall’oscurità del cocchio, spuntò fuori una testa.

Guardandosi curiosa intorno, una ragazza dall’aria audace fissava meravigliata il paesaggio che il Giappone gli regalava.

Sbattendo le lunga ciglia, si tirò su la gonna dell’ingombrante vestito in modo da scendere dalla carrozza. I meravigliosi occhi color rugiada, sottili e a mandorla come una giapponese, brillavano alla luce del sole, i cui i raggi facevano concorrenza con il biondo dei suoi capelli, lucenti e dall’aria soffice.

L’esile corpicino era avvolto da un abito azzurro chiaro, stretto in vita a causa del corpetto, e aderente fino al ginocchio, poi sempre più largo in modo che toccasse terra in un delizioso ovale.
La scollatura quadrata era addobbata da merletti vari, come le corte e bombate maniche di un azzurro più intenso.

- Nice to met you, Lady Yuhi. -

Disse Ino, con voce pacata, controllata, inchinando la testa e sollevando leggermente i lati della gonna.

- Anche per me è un piacere incontrarla, Signorina Yamanaka. Mi avevano detto della sua estasiante bellezza, ma non immaginava tanto. -

- Grazie, Lady, mi permetto di dire lo stesso di lei. La casa è stupenda, padre, e il Giappone, da quello che ho potuto vedere, è meraviglioso. -

- Parla decisamente bene il giapponese, Signorina Yamanaka. -

- Merito del mio maestro, Lady Yuhi. Approposito, Asuma-sensei, esca dalla carrozza, il viaggio è finito - disse con un timbro leggermente più alto Ino - sa, ha sofferto il viaggio, lo ha trovato scomodo. -

Aggiunse in tono confidenziale.

Comparve alla sinistra di Ino un uomo alto, un po’ pallido per la lunga traversata, il contorno del viso coperto da una nera barbetta, dello stesso colore dei ritti capelli.
I vivaci e affusolati occhi neri viaggiarono su tutte le persone davanti a lui, e si soffermarono rapiti sul provocante corpo della sensei.

- Finalmente terra, non ce la facevo più. Ora il mio stomaco è lucido e pulito come non mai. -

Borbottò con voce forte.
Ino trattene una risata, mentre Inoichi fece una smorfia di disappunto.

- Asuma Sarutobi ha uno strano senso dell’umorismo, Lady Yuhi, lo perdoni. Comunque è il miglior insegnate giapponese in circolazione, in quanto lui stesso nato a Edo, e ho provveduto che fosse lui ad occuparsi dell’istruzione di mia figlia, sin dalla tenera età. -

- Se non sbaglio, Sir Yamanaka, lei stesso ha origini giapponesi, giusto? -

- Mio padre, per la precisione. È emigrato in Inghilterra per fare fortuna.
Come vede sia io che mia figlia abbiamo tratti tipici asiatici. Mia madre, scozzese, aveva capelli rossi e occhi chiari, mentre mia moglie, normanna, ha capelli biondi e occhi dello stesso colore di mia figlia, solo più… grandi. Quindi siamo un bel miscuglio genetico - sorrise Inoichi.

- Sua moglie, è con voi? -

- Si, certo, solo è partita dopo dall’Inghilterra, perché il cocchiere si è ammalato improvvisamente e ha dovuto cercarne un altro. Arriverà domani con l’altra carrozza. -

*

Shikamaru aveva osservato ed ascoltato perfettamente tutta la scena.

La sua intenzione era ben lontana da origliare, ma uscendo dal giardino degli Hyuuga si era trovato di fronte l’allegra famigliola.
Non aveva neanche sprecato energia a nascondersi.

Perché gli occidentali erano così…falsi? Quell’ipocrita beneducazione, quelle frasi fatte, senza anima.

Aveva trovato interessanti le parole dette in un’altra lingua, e ne aveva subito associato la traduzione in giapponese: good morning era probabilmente un saluto, mentre nice to met you, da come aveva risposto Kurenai, significa Piacere di incontrarvi.

Ma più interessante era la ragazza bionda.

Per prima cosa, non era affatto orribile, anzi.
Era piacevolmente sorpreso dalle sue origini orientali. Ma era lo stesso così diversa, con quei capelli così chiari, quella pelle così colorata. E aveva notato anche che, quando la conversazione si era spostata su sua madre, si era rabbuiata istintivamente.
Aveva spostato gli occhi, si era ingobbita un poco.

I capelli però, erano rimasti fermi e inespugnabili. Anche da lontano si vedevano la quantità di molettine per fare quel chignon così largo alla base.
Come se celassero un segreto, quei capelli color delle stelle erano compatti e pronti a non lasciar trasparire niente. E poi, a chi voleva darla a bere? Quella voce pacata e tranquilla non si addiceva a una persona che sprizzava energia da vendere.

Ipocriti, ipocriti, ipocriti, bugiardi e falsi. Nei loro geni c’era comunque lo straniero, e non se ne sarebbe mai andato. Quindi, loro non gli sarebbero mai piaciuti. Punto.

Facendo spallucce, si avviò vero il villaggio, senza sapere che quelli stranieri gli avrebbero scombussolato la sua monotona vita più che mai.







....
Mia prima long ficcy su Naruto: clemenza, pietà.
In realtà è già finita, 26 capitoli più l'epilogo, quindi potrei aggiornare in ogni mio momento libero, ogni due o tre giorni massimo.
Come viene meglio a voi, per intenderci.

Ringrazio moltissimo chi leggerà!
Vostra, SonSara


Lillium Japonicum, giglio giapponese, originario del Giappone.
Ama la mezz’ombra. In autunno va estratto dalla terra e conservato con tutte le radici tra la sabbia o la torba asciutta, in serra fredda.
E’ una specie molto elegante e capricciosa, che viene spesso coltivata in vaso; in giugno e in luglio fa fiori grandi a tromba, profumati, di color viola sfumato con vistose antere.
[Wikipedia]
  
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